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2. La danza liturgica degli Orixás: gesti, azioni e gli schemata degli dèi

2.2 Il corpo-veicolo del medium: imparare a ricevere un corpo altro

[...] Penso che esistano necessariamente dei mezzi biologici per entrare in “comunicazione con Dio”. (MAUSS, 1991, p.409)

Il corpo umano39 nella cultura dei candomblés è uno spazio sacro. Altare di culto e resistenza ancestrale. Una architettura corporea della memoria, composta da diversi parti ognuna collegata ad una forza primordiale e una determinata simbologia dell’Orixá.

Falar do corpo falar é antes de mais nada falar de uma resistência ancestral. [...] O corpo não é veículo. [...] O corpo é a própria ação desse mundo [...] O corpo ha uma memória e essa memória a gente chama de estoque de conhecimento. [...] São experiências acumuladas, experiências passadas, experiências encantadas. [...] O gesto é uma memória corporal

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Per gli Yorubas, la struttura fisica-corporea dell’essere umano è composta da cinque elementi: Ara, Ojiji, Okan, Emi e Ori.

Ara sarebbe il corpo fisico, è la casa oppure il tempio degli altri elementi. Ojiji – il fantasma umano – è la rappresentazione visibile dell’essenza spirituale e accompagnerebbe l’uomo durante tutta la sua vita. Può anche essere tradotto come l’ombra. Okan, letteralmente il cuore o il cuore fisico, sta direttamente in connessione con il sangue, rappresenta lo okan imateriale, luogo della intelligenza, del pensiero e dell’azione. Emi, il principio vitale, sta associato alla respirazione ma non si riduce soltanto all’atto di respirare. E’ il soffio divino, e quando muore l’uomo è consuetudine dire che lo Emi è partito. Significa anche lo spirito o Essere. Una delle denominazioni di Dio è appunto Elemii, Signore degli spiriti. Ori, è l’essenza reale dell’essere, guida e accompagna la persona dalla nascita fino alla morte. Il senso letterale di ori è testa, simbolo della testa interiore – ori inu. Dio è anche chiamato Orise, fonte dalla quale nascono tutti gli esseri. [n.t.] (RIBEIRO, 1988, p.52)

que está vinculada a toda a uma gramática [...] Este corpo que é sagrado e está em relação direta com os ancestrais. As minhas pernas estão vinculadas aos ancestrais, os meus pés estão vinculados aos ancestrais, o esquerdo ao feminino o direito ao masculino. Estão vinculadas a Ogun que é o principio do movimento. A minha mente ela é sagrada não é porque eu penso é porque a minha mente está interligada com a ação do meu corpo. [...] O corpo sagrado. [...] Tradição, memória e dança. [...] (LIMA FABIO, 2011)40

Nei candomblés il corpo sacro degli iniziati verrà educato, disciplinato e organizzato muscolarmente per essere appunto capace di accogliere la memoria di una tradizione ancestrale ed essere efficace nell’eseguire una serie di azioni danzate fatte da gesti “incantati”. Durante un lungo percorso educativo – dove riceve delle informazioni corporee-vocali fondamentali alla trance mistica41 – il sacerdote impara a incorporare e sostenere un corpo altro, cioè diventare un corpo-maschera disciplinato e organico. In sostanza, il corpo nel contesto socio- culturale-religioso dei candomblés dovrebbe possedere la capacità di essere-in- transito tra un’azione fisica e un’altra dimensione trascendentale dell’invisibile.

Nesse processo de iniciação, o iniciado assume qualidades personificadas do Orixá, aprende sobre sua história, assimila os conhecimentos mitológicos e sagrados sobre o seu “Orixá de cabeça” [...] De um modo natural, o Orixá se instala no corpo mediante a internalização das imagens a partir da prática dos rituais. (MARTINS, 2008, p.82)42

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“Parlare riguardo al corpo è innanzitutto parlare di una memoria. Parlare del corpo è lo stesso che parlare di memoria e resistenza ancestrale. Il corpo non è un veicolo è la propria azione. Il corpo ha una memoria, e questa memoria noi la chiamamo fonte di conoscenze. Sono le esperienze conservate, le esperienze ancestrali, esperienze incantate. [...] Il gesto è una memoria corporea e fa parte di una grammatica. [...] Questo corpo è sacro ed è in rapporto diretto con gli ancestrali. Le mie gambe e i miei piedi sono uniti agli ancestrali. Il lato sinistro femminile e il destro maschile sono collegati alla forza principio di Ogum, che rappresenta il movimento. La mia mente è sacra non perchè penso ma perchè è direttamente collegata all’azione del mio corpo. Il corpo sacro. Tradizione, memoria e danza.” [n.t.]

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In questa indagine si userà il termine trance mistica in sostituzione al termine possessione ampiamente utilizzato dagli antropologhi, sociologi, psicologi, ecc., termine esso di grande polemica negli studi sul fenomeno socio-culturale religioso dei candomblés e che ancora oggi ne porta tantissimi pregiudizi. Sul fenomeno della possessione nei candomblés rimando al libro “Lessé Orixá. Nos pés do santo”, in “Transe e possessão no candomblé da Bahia”, di Vivaldo da Costa Lima, 2010, p.257-270.

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“In questo processo di iniziazione, il neofita assume determinate qualità dell’Orixá, impara la sua storia, recepisce le informazioni mitologiche e sacre del suo “Orixá di testa” [...] Di modo naturale l’Orixá si installa nel corpo mediante l’internalizzazione delle immagini e tramite la pratica dei rituali.”[n.t.]

E’, appunto, tramite il processo di iniziazione, in questo percorso educativo corporeo-vocale “sostenuto” da persone autorizzate – capace di trasmettere degli atti tradizionali efficaci – che il neofita imparerà ad incorporare nel suo organismo bio-psichico una tecnica. La parola tecnica in questo caso viene considerata, per dirla con Mauss, come un atto tradizionale efficace. Occorre, dice l’antropologo francese, che sia tradizionale ed efficace poiché non esiste tecnica né trasmissione se non c’è tradizione (MAUSS, 1991, p.391).

La forza dell’essere sovrannaturale sarà quindi “depositata” nel corpo del neofita durante la “feitura” dell’Orixá, ossia, durante il processo di iniziazione esso accoglie la memoria degli ancestrali – incorporandola tramite determinati atteggiamenti – che serviranno in qualche modo a mantenere il sistema socio- culturale-religioso della comunità stessa. Attività corporee specifiche che, eseguite con tecnica e organicità, possono richiamare alla mente di chi le compie e del gruppo, elementi considerati fondamentali al mantenimento di una memoria ancestrale.

[...] ogni gruppo sociale, quindi, affiderà a degli automatismi corporei valori e categorie che esso aspira a conservare. Costoro sapranno come il passato possa ben essere tenuto in mente da una memoria abituale, depositata nel corpo [...] (CONNERTON, 1999, p.117)

Le azioni corporee e vocali apprese dal neofita sono quindi delle “attività di assimilazione” (CONNERTON, 1999), cioè una modalità di attività sociale che diversamente dalla “registrazione” si serve e si esprime attraverso i movimenti della struttura corporea tridimensionale dell’uomo nello spazio.

[...] La direzione verso l’alto contro la gravità, fissa l’atteggiamento base nella nostra esperienza nello spazio vissuto che è legata alla struttura dicotomica della nostra percezione, come quella espressa nelle opposizioni tra alto e basso, sorgere e declinare, arrampicare e cadere, superiore e inferiore, guardare su e guardare in giù. E’ grazie alla natura essenzialmente corporea della nostra esistenza sociale e grazie alle

attività assimilate che formano la base di queste strutturazioni, che questi termini opposti ci forniscono le metafore con le quali pensiamo e viviamo. Le attività che implicano atteggiamenti specificamente culturali ci offrono un sistema mnemonico corporeo.” (CONNERTON, 1999, p.89)

Le abilità operative “assimilate” – atteggiamenti, gesti e azioni fisiche-vocali – faranno parte del “nuovo” organismo bio-psichico del sacerdote e quindi saranno a sua disposizione, predisposte all’atto, si potrebbe dire, più importante del rituale, ossia, l’incorporazione di una forza sovrannaturale tramite la trance mistica. Si potrebbe asserire che queste “nuove” abilità “immagazzinate” conducono il corpo del sacerdote – che esegue ricordandosi corporalmente – in determinate “predisposizioni affettive”, cioè in una “[...] predisposizione, formatasi attraverso la frequente ripetizione di un certo numero di atti particolari [...] efficaci perché sono intimamente legate a noi stessi” (CONNERTON, 1999, p.108).

Quindi gli atti moto-vocali efficaci eseguiti da un organismo disciplinato potrebbero essere la “chiave di volta” necessaria per comprendere il fenomeno della trance mistica nei candomblés. E, ritornando alla citazione di Mauss, se veramente esistono dei mezzi biologici che permettono all’uomo di entrare in comunicazione con il divino, allora forse possiamo ottenere qualche risposta, anche se non definitiva, dalle nuove scoperte delle scienze “dure”, in specifico su determinate conoscenze nel campo della neuroscienza, di cui ci occuperemo specificatamente soprattutto nella terza parte – La neuroscienza cognitiva: prospettive e applicazioni di “nuove” metodologie per l’educazione dell’attore.

Ormai, è fatto consumato che esistono dentro il nostro cervello miliardi di neuroni con un’attività elettrica spontanea e che essi, di qualche maniera, mediante codesta dinamica elettrica spontanea, potrebbero servire da mediatori tra il “mondo” interno dell’organismo umano e le informazioni che vengono dall’esterno. Difatti, secondo Schott-Billmann gli impulsi ritmati dei neuroni consentono che le informazioni venute dall’esterno siano “tradotte” tramite appunto una “danza dei neuroni” decifrabile dal nostro cervello (SCHOTT-

BILMANN, 2011, p.38). Secondo la psicoanalista e biologa francese, i ritmi elettrici dei neuroni – che veicolano delle informazioni tra un mondo interno e l’altro esterno:

[...] danno inizio a onde cerebrali che noi dobbiamo ricordare poiché alcuni ricercatori vedono nella loro risonanza con i ritmi musicali percepiti dall’esterno (in particolare quelli delle percussioni), un meccanismo di innesco della trance. Questa potrebbe nascere da una sincronizzazione dei ritmi musicali, muscolari e cerebrali, così come da una intensificazione delle connessioni tra i due emisferi. Un tale insieme di accensioni e di messa in fase di “gruppi di neuroni” (J.P Changeux) conduce il soggetto ad unirsi così intensamente al ritmo da esserne posseduto: egli diventa, “è” il ritmo e questo lo trascina nel suo dinamismo specifico potendo condurlo fino alla frenesia. (SCHOTT- BILMANN, 2011, p.38-39)

Si potrebbe quindi provare a dichiarare che le abilità operative “assimilate” dal “nuovo” corpo del sacerdote – cioè i ritmi moto-vocali delle azioni degli Orixás – oltreché abilità corporee-vocali capace di riaccendere determinati gesti e atteggiamenti, sono dei programmi neurali prestabiliti, cioè sequenze di movimenti fissati – “piantati” – durante il percorso educativo dell’organismo bio- psichico del neofita. Onde vibrazionali che potranno successivamente essere attivate mediante un determinato programma neurale in diretta connessione con il mondo esterno dei rituali: i ritmi musicali dei tamburi e i canti sacri dei

candomblés. Perciò un corpo organizzato in modo tale da diventare come una

specie di scala di Giacobbe: un “mezzo” biologico che permetterebbe all’uomo di entrare in connessione con la forza divina.

Il processo iniziatico, utilizzato nelle comunità dei candomblés, per introdurre informazioni nell’organismo bio-psichico del neofita allora potrebbe essere considerato, alla luce delle scoperte neuro-scientifiche, un modus operativo pedagogico dinamico e inter-relazionale, cioè un percorso educativo basato sul “dialogo” tra due strutture. Quella interna biologica – la “memoria filogenetica silenziosa” del neofita – e un’altra esterna dei rituali: canti sacri, ritmi polisemici e suoni.

[...] Si può comprendere così l’azione delle danze tradizionali, d’altronde spesso così dinamiche e travolgenti: meno come un apprendimento che imprimerebbe qualcosa nell’organismo, di un “incontro” fra l’esterno e le profondità sconosciute di se stessi con l’intermediazione di una scelta di forme selezionate per la loro provata attitudine a risvegliare un sapere “sconosciuto” (inconscio), competenza motrice prestabilita e implicita. Depositato nel corso dei millenni, è inscritto sotto forma di tracce latenti, inconsce, in una memoria corporea filogenetica silenziosa le cui strutture interne sono riattivabili da forme omologhe proposte dall’esterno. (SCHOTT-BILMANN, 2011, p.50)

Per concludere, si potrebbe asserire che le azioni danzate eseguite dai sacerdoti nei rituali dei candomblés, sarebbero quindi un processo mnemonico corporeo di esperienze moto-vocali ancestrali. Una fonte di memorie riattivate e incorporate nell’organismo biopsichico disciplinato del medium.