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Gli schemata di Oya-Yansan: il principio forza della guerriera (colei che è

2. Altri modus di operare con la tradizione: elementi moto-vocali della matrice

2.2 La danza degli Orixás come metodo di educazione corporea dell’artista della

2.3.6 Gli schemata di Oya-Yansan: il principio forza della guerriera (colei che è

Se il nove è l’espressione essenziale delle cose, il sette caratterizza la successione dei loro atti. In una serie di atti bisogna contare sette stazioni. Se ciascuno dei sette dev’essere studiato in sé nel suo principio e nelle sue conseguenze, bisogna allora cercarvi l’accordo di nona. Ma se un fenomeno è studiato nel suo cammino, bisogna stabilire i sette gradi che questo fenomeno percorre per arrivare al suo termine. Ecco come il nove esprime l’essenza e il sette le successioni delle cose. Il nove è l’espressione essenziale. Il sette è l’espressione della serie. (DELSARTE, 1993, p.175)

Oya, oppure Yansan, la regina dei venti, delle bufere e delle tempeste, è una

divinità collegata all’energia dell’aria e del fuoco. L’unione di questi due elementi costituisce l’aspetto dinamico ed essenziale della manifestazione del principio guerriero femminile di Oya; e il rosso-sangue, colore che la rappresenta, corrisponde all’ase, ossia, alla forza della realizzazione che muove ed è individualizzata (SANTOS, 2008, p.95).

[...] Iansã tem controle sobre a tempestade, sobre os ventos; tem em outras palavras, o controle sobre si. É provavelmente isso que a torna uma grande guerreira. Na guerra, além do controle sobre o outro, é fundamental o domínio sobre si. De fato, entre as três principais esposas de Xangô – Oxum, Obá e Iansã – é ela que desempenha o papel de guerreira que acompanha o marido nas suas aventuras bélicas. (BERNARDO, 2003, p.73)71

Secondo il vocabolario Yorubá-Português, il vocabolo Oya indicherebbe il nome di una principessa della città reale di Irá, in upe, che è stata moglie di Shango. E’ riconosciuta come guerriera dell’impero Yorubano vissuto intorno al 1450 a.C.

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“[...] Iansã ha il potere sulle tempeste, sui venti; in altre parole, ha il potere di dominare se stessa. Ed è probabilmente questa caratteristica, di dominare se stessa, che le permetterebbe di essere una grande guerriera. Quindi, una distinzione fondamentale nell’arte della guerra, dove oltre a dominare l’altro occorre, prima di tutto, che il guerriero abbia dominio su se stesso. Difatti, tra le tre principali moglie di Xangô – Oxum, Obá e Iansã – è soltanto lei che si presenta come una guerriera capace di seguire suo marito durante le avventure belliche.” [n.t.]

Invece, per quel che riguarda l’etimologia di Yansan, il nome con il quale la regina delle tempeste viene conosciuta soprattutto in Brasile, è possibile ipotizzare che esso sia derivato da una congiunzione di due verbi, entrambi intransitivi, della lingua Yoruba. Infatti, si osserva che le azioni di questi verbi rimettono, di qualche maniera, alle caratteristiche della riconosciuta guerriera dell’impero

Yorubano. Quindi, troviamo nella prima parte il verbo YA che vuol dire

marciare, camminare con dei passi spiccati, camminare con superbia; e la seconda parte, composta dal verbo SÁ che sta per spezzare, rompere, tuonare, rivelerebbe oltre alle caratteristiche di Oya, il fenomeno di uno dei suoi elementi, cioè il tuono. Sono perciò verbi che corrispondono alle descrizioni di Yansan che possono essere rintracciabili nei suoi miti e orikis. Le equivalenze delle azioni verbali possono essere riconosciute sia nell’architettura corporea del sacerdote, incorporato dell’energia guerriera di Yansan, sia nelle sequenze delle sue danze.

Em sua dança de fogo ela agita as mãos como se estivesse a espalhar raios, mantendo-as abertas em seus braços suspensos, acenando-as em gestos circulares e indo e vindo rapidamente dentro do espaço dedicado aos orixás, o centro do barracão. Assim, na tradução física de movimentos agressivos, Oyá se representa na dança como fogo. Erguer as mãos para o alto movimentá-las com velocidade aplica-se à narrativa de que este orixá é dona dos ares [...] chuvas, ventos, raios e trovões. (PASSOS, 2008, p.35)72

Tuttavia, secondo gli orikis, il poema sacro che narra i miti degli Orixás oppure le storie degli eroi mitici del popolo Yoruba, il nome Yansan sarebbe un’identificazione dello stato dell’Orixá, cioè letteralmente significherebbe “a

mãe dos nove”; colei che ha generato nove figli.

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“Nella sua danza di fuoco [Oya] agita le sue mani come se spargesse dei fulmini; mantenendole aperte, con le sue braccia sospese in aria, inizia a compiere dei gesti circolari, camminando molto rapidamente dentro lo spazio destinato alle danze degli orixás. Così, nella traduzione fisica, i suoi movimenti di danza la rappresentano come se fosse il proprio fuoco. Il gesto di innalzare le sue mani, con molta velocità, è direttamente collegato alla narrativa mitica dell’orixá [Oya] che è la padrona dell’aria, [...] delle tempeste, dei venti, dei tuoni e dei lampi.” [n.t.]

[...] Un tempo, Oya si lamentava di non avere figli. Questa triste circostanza era dovuta al fatto che lei ignorava quali erano i cibi a lei proibiti. Lei mangiava carne di montone e di ariete, ma era quella di capra raccomandabile per lei. Un babalàwo da lei consultato, le rivelò il suo errore e le raccomandò di fare delle offerte, tra cui doveva figurare della stoffa rossa con cui confezionare gli abiti di Egùngùn. Compiuto questo dovere, Oya diventò madre di nove figlioli, che in yorùbá suona come:

Iyà omo mesan, origine del nome Yansan. [n.t.] (VERGER, 1982, p.166)

Invece, in un altro oriki, nel poema che narra la mitica lotta fra Oya e Ogun – l’Orixá guerriero che è stato il suo primo marito – è possibile trovare un’origine diversa del nome Yansan. L’oriki racconta, appunto, di come Ogun e Oya si affrontarono muniti delle loro barrette magiche che avevano la proprietà di dividere in sette parti gli uomini e in nove le donne che ne venivano colpite. Durante il combattimento essi si picchiarono vicendevolmente e, in tal modo,

Ogun si divise in sette parti – Ogun Meje – e, Oya si divise in nove – Yansan.

[...] Un giorno Ogun aveva offerto a Oya una barretta di ferro, simile a quella che possedeva lui stesso e che aveva la proprietà di dividere in sette parti gli uomini e in nove le donne che ne venivano colpiti durante una disputa. A Shango piaceva molto andare a sedersi nella fucina e spesso posava gli occhi su Oya; costei, a sua volta, lo guardava furtivamente. Shango era molto elegante, troppo elegante racconta addirittura il narratore della storia, i suoi capelli erano intrecciati come quelli di una donna, portava delle collane, braccialetti e orecchini. La sua prestanza e potenza impressionavano Oya. Successe quello che si può prevedere: un bel giorno lei scappò con lui. Ogun si precipitò all’inseguimento dell’amante infedele e, avendo raggiunto i fuggitivi, si mise a combattere con lei. Tutti e due si affrontarono muniti delle loro barrette magiche e si picchiarono vicendevolmente. Fu così che Ogun si divise in sette parti e Oya in nove; in seguito a questo evento Ogun ricevette il nome di Ogun Meje e Oya quello di Yansan [...] [n.t.] (VERGER, 1982, p.166)

Perciò, il nove come espressione essenziale delle cose, ritornando alla citazione di Delsarte rivelerebbe, dunque, il principio, il coronamento degli sforzi, il compimento di una creazione. E, nel caso di Oya, si potrebbe affermare, conforme alle narrative degli orikis, che l’espressione della sua essenza – Yansan – l’abbia ricevuta, soltanto dopo, quando essa si divide in nove parti, oppure, quando

concepisce nove figli, che, in qualche modo, sarebbe ugualmente una forma di divisione. Il numero nove, con il quale Oya viene normalmente connessa, ci rimetterebbe pure alla misura delle gestazioni, ai mesi necessari al completamento del feto, cioè al compimento di una creazione. Infatti, non a caso, nell’arte maya, il numero nove è una cifra sacra femminile della dea luna, Bolon Tiku, che letteralmente significa “Dea Nove”, la dea della luna piena (CHEVALIER e GHEERBRANT, 2006, p.137).

Oya quando si manifesta nei suoi “figli”, i sacerdoti che le sono consacrati,

dimostra ed esegue, tramite la sua architettura corporea, degli atteggiamenti regali, orgogliosi e ardenti. Durante le danze estatiche, si percepisce, prima di tutto, la camminata celere della regina dei venti; difatti, il suo modo di spostarsi nello spazio delle danze sacre è considerato, tra le Yabas, ossia gli Orixás femminili, il più veloce e dinamico.

Oyá se lança a uma coreografia intempestiva, tremeluzindo as mãos, soltando o seu Ke ou Ilá, uma espécie de brado identititário dos orixás em seus terreiros de candomblé e, através da velocidade dos seus movimentos, balança a saia, que colabora visualmente para exprimir a idéia de ventania [...] (PASSOS, 2008, p.35)73

Tuttavia, nella danza di Oya è possibile identificare altri schemata corporei che rivelano il suo titolo di “madre” o regina degli Égún74, cioè colei che comanda il mondo dei morti. Perciò, come regina degli Égún, è possibile riconoscere nell’architettura corporea di Oya-Yansan altre qualità energetiche che cambiano modalità di come vengono eseguiti gli schemata danzanti. Il sacerdote, quando incorpora la manifestazione energetica di Oya Igbale, la signora degli Égún, si muove soavemente e fa dei gesti molto delicati; quindi, egli esegue degli

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“Oya si lancia in una coreografia tempestiva con le sue mani tremolanti, liberando nell’aria il suo Ke o Ilá, una sorta di grido che identifica l’orixá incorporato durante il rituale del Candomblé. Con la velocità dei suoi movimenti, [oya] scuote la sua gonna, che le aiuta a esprimere visivamente l’idea del vento impetuoso [...]” [n.t.]

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Per ulteriori informazioni sulla società segreta degli Égúngún, rimando al capitolo VI “O Sistema religioso e as entidades sobrenaturais: Os ancestrais” in: SANTOS, Juana Elbein dos.“Os nago e a morte”. Petropolis, Editora Vozes, 2008, pp. 102-129

schemata che possiedono un registro corporeo molto prossimo all’energia degli Orixás funfun, cioè al gruppo degli Orixás che appartengono al colore bianco,

come Oxalufã. Dunque, così come l’Orixá Ogun può presentare, nella sua manifestazione incorporata, sette qualità di affinità, anche Oya-Yansan si presenterebbe con altre qualità energetiche che influenzerebbero il suo comportamento gestuale durante le sequenze degli schemata danzanti. Tuttavia, per quel che riguarda lo studio dell’architettura corporea dell’Orixá Oya-Yansan si è scelto di analizzare la figura della sua manifestazione più tempestiva, che si presenta con le mani chiuse appoggiate sul fianco, in una postura di sfida e comando. La scelta di esaminare questa figura in specifico, si deve al fatto di essere la manifestazione più comune di osservare, non soltanto nelle feste dei

candomblés, ma pure nei percorsi educativi corporei che adoperano gli schemata

degli Orixás.

Dunque, osservando l’architettura corporea della manifestazione più tempestiva di

Oya-Yansan, si percepiscono soprattutto due zone energetiche che contribuiscono

alla composizione visuale del principio guerriero della regina dei venti. Nella parte bassa della figura, si distinguono i piedi e le gambe; invece, nella parte alta, la sede delle forze animiche, si evidenziano le mani, le braccia e le avanbraccia. I piedi e le gambe, oltre a servire agli spostamenti nello spazio e dimostrare la forza e la potenza del principio incorporato di Oya-Yansan, funzionano anche come una specie di elemento visivo narrativo capace di, tramite una sequenza di azioni gestuali, rivelare la trasmutazione della regina dei venti, cioè di indicare la sua capacità di trasformarsi, secondo il suo mito, in un bufalo selvaggio che corre nel salone delle danze estatiche. Perciò, quando la regina danza, i suoi piedi sono veloci come il fuoco e, quando si trasforma nel bufalo, i suoi piedi mimano le zampe dell’animale, rivelando così la ferocità della guerriera pronta ad attaccare.

[...] de acordo a sua mitologia, Oyá também é animal, como tal é fechada, rápida e selvagem. É búfalo que inclina a cabeça para baixo e segue desbragadamente o seu curso em correria, mãos para trás, coluna reclinada na horizontal à frente, movimentos abruptos, feições faciais cerradas expressando a sua porção animalesca. (PASSOS, 2008, p.34)75

E’ perciò tramite questa caratteristica animalesca che Oya rivela il suo principio femminile guerriero e ctonio. “[...] Collegata agli aspetti animali del buffalo, la natura femminile di Iansã può essere considerata come il primo livello della manifestazione dell’anima, perciò un femminile più sensuale e primitivo” [n.t.] (ZACHARIAS, 1998, p.174).

Invece, per quel che riguarda la seconda zona energetica degli schemata di Oya-

Yansan, ossia la parte alta della architettura corporea dell’Orixá, le mani e le

braccia hanno una grande importanza nella dinamica della manifestazione incorporata e, soprattutto, nella narrazione mitica del principio di Oya-Yansan. Due sono le sequenze più ricorrenti durante la danza della regina dei venti, cioè: a) le mani nella posizione palette, usando il lessico di Etienne Decroux b) le mani chiuse sopra i fianchi. Perciò, due gesti di fondamentale importanza per comporre appunto gli atteggiamenti femminili guerrieri e che osano di Yansan. Quando entra nel salone delle danze estatiche, danzando come il vento dinamico e caldo della creatività femminile, è possibile verificare nella mano sinistra della regina delle tempeste il suo oggetto di potere, l’ìrùkèrè, cioè una specie di scettro di cuoio con dei pelli di toro appesi nella base principale. Secondo Santos, l’ ìrùkèrè è uno dei principali oggetti utilizzati dai cacciatori poiché hanno le caratteristiche e i poteri sovrannaturali. Infatti, sostiene l’antropologa che “[...] nell’Africa nessun cacciatore avrebbe osato entrare nella foresta senza il suo oggetto di potere, l’ìrùkèrè, [...] poiché esso ha il potere di dominare gli spiriti della foresta” [n.t.] (SANTOS, 2008, p.94). Come i cacciatori africani usano l’ìrùkèrè per

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“[...] Secondo la mitologia, Oyá è anche un animale; essa, nel suo processo di trasmutazione, diventa un animale molto rapido e selvaggio. E’ un bufalo che china la testa in giù [per attaccare] e segue in modo sbracato il suo percorso; [Oya] corre con la colonna piegata in senso orizzontale in avanti e con le mani dietro la schiena; esegue dei movimenti inattesi e il suo viso rivela la maschera della sua essenza animale.” [n.t.]

cacciar via gli spiriti della foresta che potrebbero, in qualche modo, influenzare la loro caccia, così anche la manifestazione incorporata di Yansan si presenta con lo stesso oggetto per cacciar via gli spiriti, in questo caso gli Eguns, cioè gli spiriti dei morti. Se la mano sinistra di Yansan agita nell’aria l’oggetto magico, la destra invece è aperta, a mo’ di palette, verso la parte alta del suo corpo, e spinge in direzione contraria al suo tronco tutte le energie nocive. Ed è tramite essa che

Yansan rivela la sua relazione con lo spazio sacro di Baba Egun, cioè il padre

degli spiriti.

Una delle principali caratteristiche della danza [di Oya-Yansan] si trova giustamente nelle sequenze delle sue azioni che rappresentano le sue mani come se spingessero il vento o gli esseri invisibili. Nel secondo caso, è consueto affermare che, tramite le esecuzioni di questi movimenti, la persona che danza entra in connessione con gli egun – gli ancestrali. [n.t.] (SABINO; LODY, 2011, p.142)

Durante il congresso “Dançando ossas Matrizes: um diálogo entre as danças

afros-brasileiras”, al quale ho partecipato nel novembre 2011, nella città di

Salvador Bahia, ho sentito la conferenza dell’antropologo Fabio Lima, del dipartimento di Studi Africani e Orientali, dell’Universidade Federal da Bahia. Egli durante la quale ha ribadito che il gesto della mano destra di Yansan richiamerebbe una determinata energia e perciò la regina dei venti riproducendo quel gesto, sarebbe in connessione col mondo dei morti, del Baba Egun; dunque, secondo l’antropologo baiano, sarebbe nocivo ripetere quel gesto di Yansan fuori dal contesto religioso dei candomblés (LIMA, 2011). Questa osservazione a mo’ di avvertimento viene fatta, ed è importante sottolineare, da uno studioso che pratica il Candomblé e che fa parte di un gruppo che non sostiene l’uso delle danze degli Orixás fuori dal suo contesto religioso. Secondo l’antropologo Lima (2011), “[...] la danza degli Orixás è sacra e non può essere eseguita fuori dai

terreiros di candomblés. Egli afferma: “[...] io, insieme ad altri colleghi siamo

dell’opinione che la danza degli Orixás non può essere eseguita fuori dal contesto religioso.” Questa divergenza di opinione riguardo all’uso delle danze degli

Orixás fuori dal contesto religioso, fatto storico ricorrente nella città di Salvador,

c’è in tutte le conferenze. Da un lato, ci sono coloro che vogliono mantenere la tradizione riparata nelle mura dei terreiros e, dall’altro lato c’è un gruppo di persone, artisti, ricercatori, ecc., che adopera la danza degli Orixás fuori dallo spazio sacro ritualistico poiché sente che esse fanno parte del corpo-memoria culturale dei soggetti brasiliani.

Il secondo atteggiamento della regina Oya-Yansan composto dalle sue mani chiuse appoggiate sui fianchi, mima una caratteristica che è tipica di Oya, ossia, la sua autorità come regina. Infatti, è il gesto più comune e ricorrente quando il sacerdote incorpora il principio di Oya-Yansan.

Um grande elemento da resistência [...] é a mão nas cadeiras, ou a mão na cintura, que é uma carateristica tipica de Oya; uma postura, um gesto, o gesto é uma memória corporal que está vinculada a toda uma gramática a um idioma [...] colocar a mão nas cadeiras é um gesto de dominio de autoridade [...] é uma postura de uma rainha [...] logo a mão nas cadeiras é um dominio de Yansan, é o gesto que ela mais usa quando incorporada ou incarnada [...] ela coloca a mão nas cadeiras durante o tempo todo porque ela é uma rainha. [...] (LIMA, 2011)76

Tuttavia, la potenza delle mani sui fianchi di Oya-Yansan verrà rinforzata dal suo busto che irradia l’energia altezzosa e ardente di una donna che è cosciente della sua regalità. Alla fine, si potrebbe dire che l’organizzazione della figura di Oya-

Yansan nonché la sua autorità dipenderebbero evidentemente, per dirla con

Decroux (2003), dall’impero del tronco che, impregnato di qualità animica, rivelerebbe gli schemata regali e imporrebbe il rispetto a colui che guarda la manifestazione incorporata della regina guerriera.

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“[...] Un grande elemento della resistenza [...] è le mani sui fianchi, le mãos nas cadeiras oppure mão na cintura, che è un simbolo tipico di Oya; è un atteggiamento, un gesto e, il gesto è una memoria corporale in connessione con una grammatica, una lingua [...] così, le mani sui fianchi è un gesto di autorità [...] è un atteggiamento di una regina [...] dunque, esso fa parte del potere di Yansan, ed è il gesto più ricorrente quando essa si incorpora nel sacerdote [...] essa, infatti, durante le sue danze mantiene le mani sui fianchi perché lei è una regina [...]” [n.t.]

Yansan. Acquerello di Carybé: tratto dal libro “Iconografia dos deuses africanos no Candomblé da Bahia”. Bahia,

2.4 Principi compositivi espressivi delle danze afro-brasiliane nei processi