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Che cos’è un’invenzione?

Da questo momento in poi mi concentrerò sul versante tecnologico e quindi su quello dell’invenzione, specularmente alla scoperta.

In questo primo paragrafo i punti introduttivi da risolvere sono almeno tre:

1. Che cosa si può considerare tecnologia? 2. Che cosa rappresenta un’invenzione? 3. Chi si occupa di inventare?

L’origine della parola tecnologia fa capo alle tecniche, nel senso greco di arte, di quello che un uomo sa fare, sia dal punto di vista intellettuale che manuale. Riprendendo il vocabolario Treccani si tratta di «tutto ciò (ivi comprese le conoscenze matematiche, informatiche, scientifiche) che può essere applicato alla soluzione di problemi pratici, all’ottimizzazione delle procedure, alla presa di decisioni, alla scelta di strategie finalizzate a determinati obiettivi». Da questa definizione si può estrapolare che la tecnologia non si distacca così tanto dalla scienza, in quanto vengono comprese in essa anche conoscenze di tipo scientifico, appunto. La distanza non si trova su un piano gerarchico verticale, per cui una sarebbe più importante o migliore dell’altra, ma su uno orizzontale. Sembra che la differenza essenziale sia di tipo pratico, cioè sull’applicazione alla vita quotidiana. La scienza sembra la materia delle speculazioni (anche se si è visto ampiamente la sua messa in pratica) e la tecnologia pare finalizzata

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ad una semplificazione tramite strumenti. Così come il martello era lo strumento primitivo per imprimere più forza per schiacciare un oggetto e quindi facilitare l’operazione; così adesso lo smartphone è lo strumento che semplifica la comunicazione.

Non si deve banalizzare l’argomento riducendo tutte le tecnologie a strumenti informatici, ma devono essere comprese anche le novità nelle procedure alimentari o sanitarie, per esempio. Quando si tratta di tecnologia ci si lega direttamente al concetto produzione.

L’invenzione in questa ottica è l’introduzione di uno nuovo strumento che porta un progresso, un avanzamento in campo tecnologico. L’invenzione comporta un’innovazione. Il tratto caratterizzante dell’invenzione è la rottura: quando un’innovazione viene introdotta nel mondo comune è una piccola rivoluzione che spezza con quello che c’era prima. Infatti quando un oggetto viene “superato” dal suo successore non si può effettivamente dire che sia stato inventato qualcosa, piuttosto il precedente è stato sostituito con il successivo. La vera invenzione è stata la prima tv, tutte quelle che sono venute dopo, nonostante abbiano sviluppato delle migliorie, sono surrogati della prima.

La scoperta porta con sé uno s-coprire, quindi il disvelamento di qualcosa che prima non era stato considerato; l’invenzione d’altro canto sembra una creazione ex

nihilo. Un ingegnere ha un’intuizione geniale e inventa dal niente, appunto, qualcosa

che probabilmente andrà a cambiare radicalmente un uso quotidiano. Ma davvero è così?

La base dell’invenzione si può ravvisare inizialmente in un’idea. La parola invenzione ha origini latine da in-venio, ossia trovare, inventio, avere la capacità di trovare. Come la mente creativa dello scienziato intuisce un problema di carattere

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scientifico; così quella dell’inventore si adopera per trovare una soluzione in modo tecnologico. Ma quali strumenti e quali materiali usa per inventare? Probabilmente impiegherà quelli a sua disposizione o di facile reperibilità. Intendo dire che se creasse

ex nihilo forse dovrebbe inventare tutto. La forma del nuovo oggetto inventato potrebbe

ricordargli una già vista in passato, oppure potrebbe essere stato influenzato da idee di altri. Sicuramente la peculiarità dell’invenzione è la novità che apporta, ma questo non giustifica una creazione dal niente. La tecnologia è una disciplina con molte connessioni, non si tratta di un assemblaggio di parti o materiali, bensì un’unione di idee tra diversi tecnici, amministratori politici ed economisti. Ognuno di questi personaggi, così come si è visto per la scienza, apporta il proprio contributo. Il termine più appropriato, proprio per evitare l’idea di creazione divina, mi sembra quello che lega un’invenzione al senso di progettare, cioè ideare qualcosa e vagliare le sue possibilità di realizzazione insieme ad un’assemblea, appunto.

Si può notare che possiamo parlare di inventore, per designare un tecnico che si occupa della progettazione di una propria idea, ma non di scopritore per la scienza. L’inventore non deve essere obbligatoriamente un ingegnere, nonostante le probabilità che lo sia siano maggiori di quelle di un uomo comune. Potrebbe anche trattarsi di un imprenditore. Generalizzando si può dire che l’inventore è un tecnico che introduce un’innovazione nel proprio ambito di competenza. Giuridicamente è inteso come colui che consegna un brevetto, il quale lo rende il padre dell’invenzione consegnata e che poi tutelerà i suoi futuri guadagni. Rispetto allo scienziato l’ambito della ricerca del quale sembra essere preponderante nella ricerca “pura”; la competenza dell’inventore sembra essere maggiormente su un piano di sviluppo. Ancora una volta l’argomento si lega strettamente al tema della produzione. Voglio dire che se lo scienziato porta avanti una ricerca nel proprio laboratorio, la pubblica, ma poi non ottiene fondi per poterla inserire

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nel mondo comune, comunque la ricerca rimane a disposizione per essere studiata. Se l’inventore non brevetta la sua invenzione allora il suo lavoro rimarrà incompiuto, il suo scopo finale è di introdurre fisicamente la propria opera nel mondo, iniziare a produrla, come si è osservato per Aramis. Per fare un esempio pratico torno di nuovo a servirmi di Pouchet. Il nostro scienziato in questo caso ha fallito nell’introdurre fisicamente la propria versione dei fermenti, ma le sue ricerche, nonostante la sconfitta, sono rimaste fruibili a chiunque voglia approfondire il suo punto di vista e nessuno metterebbe in dubbio il suo statuto di scienziato. In un’ipotesi controfattuale, se Edison non fosse riuscito a commercializzare e diffondere la sua lampada a incandescenza forse non sarebbe stato considerato un inventore, sebbene nel suo studio quel nuovo strumento fosse presente.

Per riassumere, si può dire che la tecnologia è l’ambito di competenza del tecnico, il compito del quale è quello di progettare strumenti in grado di semplificare le procedure di vita quotidiana. La manifestazione rivoluzionaria della tecnologia è l’invenzione, ossia il momento in cui l’innovazione viene presentata e fa il proprio ingresso nel mondo comune. Il tecnico non si trova a lavorare solitariamente, bensì insieme ai colleghi, che curano la parte economica e politica del progetto, forma un’assemblea, senza la quale non sarebbe in grado di emergere.