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Vita di laboratorio La costruzione dei fatti scientifici

Il primo testo che tratterò è stato scritto nel 1979 a quattro mani da Latour e Steve Woolgar, sociologo britannico e professore all’Università di Oxford. Questo libro non è importante solo perché è il primo pubblicato, ma anche perché introduce una rivoluzione radicale nel modo di intendere la scienza. Il titolo dà già un’indicazione chiara sia sul luogo fisico nel quale è stato svolto lo studio sia sull’argomento. Il tema che viene affrontato è quello del processo grazie al quale i fatti scientifici vengono costruiti, a partire dal laboratorio in particolare. I due autori hanno preso le mosse dal laboratorio di La Jolla, in California, direttore del quale era Jonas Salk. La loro analisi prende inizio dalla seguente domanda: è vero che gli scienziati guardano al mondo con occhi freddi e distanti? Il modo più preciso di rispondere alla questione poteva essere

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solo quello di entrare proprio nel mondo degli scienziati e osservare il loro modo di muoversi.

Latour scrive di aver notato che nel laboratorio regna il disordine, almeno in un primo momento, così il compito degli scienziati è passare da questo stato confusionario all’ordine. Il disordine non è solo di idee, ipotesi e osservazioni, ma anche fisico, di carte, strumenti, manuali. Il processo per costruire l’ordine è l’interesse primario degli scienziati. La soluzione adottata per risolvere la questione è quella di imporre varie cornici nelle quali il rumore di sottofondo del disordine può essere contestualizzato e contenuto; per esempio tutte le osservazioni riguardo un certo argomento verranno separate quasi subito da altre e raccolte insieme. Successivamente è necessario dare un senso alla cornice grazie a dei modelli di spiegazione: se questi modelli hanno successo nel convincere gli altri, allora lo scienziato potrà dire di aver spiegato la propria osservazione; se invece non otterranno alcun consenso dovranno essere rivisti. Si possono trarre due informazioni rilevanti da questa prima considerazione:

1. Avendo Latour già introdotto lo scopo dei modelli, si può comprendere che affinché un’attività scientifica abbia successo è necessaria la persuasione degli

outsiders al laboratorio: chi sta fuori deve essere persuaso che l’attività dentro il

laboratorio sia vera ed oggettiva. Proprio per questo dovremmo occuparci delle iscrizioni, che sono i mezzi attraverso cui gli scienziati possono mettere in atto la retorica della persuasione, e grazie alle quali mascherano loro stessi dietro la Natura, e confondono la loro attività di costruzione e di persuasione.

2. L’attività creativa assume un ruolo fondante per la scienza: gli scienziati devono essere capaci di costruire le cornici, di fabbricare quindi l’ordine. Questo significa anche che gli scienziati non sono in grado di giungere ad un nucleo di

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verità prima non rivelate, non s-coprono19 la natura, bensì la ordinano secondo propri modelli. «Il nostro uso di creatività non si riferisce alla qualità speciale di alcuni individui di ottenere un accesso migliore ad un corpo di verità prima non rivelate; invece questo riflette la nostra premessa che l’attività scientifica è solo un’arena sociale nella quale la conoscenza è costruita»20

.

Le iscrizioni sono propriamente tutti gli scritti di cui gli scienziati si servono (testi universitari, articoli di colleghi, ecc.) e che gli stessi producono alla fine dell’attività laboratoriale e che verranno diffusi. Per gli outsiders queste sono considerate profondamente legate alla sostanza originale; per esempio quando Pasteur ha scritto riguardo i microbi, chi ha accolto questo articolo ha pensato che lo scienziato dopo un’attenta osservazione, con gli strumenti tipici del mestiere, abbia scritto le proprie considerazioni in merito. Latour suggerisce che questa è l’idea che vogliono dare gli scienziati della loro attività, ma che realmente le azioni che svolgono non sono come quelle che vengono propagandate. Le iscrizioni permettono di rendere invisibili i passaggi intermedi che vengono compiuti in laboratorio, quelli che consentono di passare dal disordine all’ordine; inoltre l’iscrizione sembra una conferma o una smentita a una tesi iniziale, come se gli scienziati confutassero o dessero il loro assenso a una teoria che già pensavano prima di iniziare la ricerca. A questo punto gli scienziati non sono più persone che usano solo microscopi, strumenti di precisione nanometrica, ma sono studiosi che usano testi di altri colleghi, articoli, manuali e più che osservare direttamente scrivono molto e per di più lo fanno cercando di usare una determinata retorica, la retorica della persuasione. Questo non significa che gli scienziati non compiano ricerche sul campo, vuol dire solo che per la maggior parte del tempo

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Vorrei che si pensasse al significato etimologico vero e proprio di scoperta come asportazione di una copertura.

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svolgono anche altre attività e l’osservazione diretta giunge in un preciso momento. È necessario capire però cosa intercorre tra il momento dello studio, quello della pubblicazione e quello della ricerca. Il procedimento che permette a Latour di percorrere a ritroso tutto quello che vuole essere mascherato tramite le iscrizioni è la decostruzione21. La decostruzione non è che un primo passo per rivedere significativamente l’idea di scoperta. L’idea degli scienziati è quella di convincere che qualcosa è un fatto senza che abbia avuto una propria storia di costruzione e lo scopo del filosofo è s-velare22 questa operazione.

Grazie alla decostruzione si può capire il momento preciso in cui un fatto si solidifica, cioè quando perde le sue connotazioni spazio temporali; quando non è più un fatto costruito nel laboratorio di La Jolla nel 1977, bensì è un fatto scientifico asettico e atemporale, che sembra sempre stato e ovunque. Nel momento della solidificazione avviene anche un’inversione: l’oggetto scientifico diventa la causa dell’iscrizione e contemporaneamente l’iscrizione diventa lo specchio della realtà fuori23

. Nasce così una corrispondenza tra il fatto e la dichiarazione: l’oggetto appare come un’entità in sé, che vive di vita propria e che è stato scoperto. L’iscrizione sembra essere venuta dopo l’oggetto e non il contrario. La decostruzione permette di invertire l’inversione e ristabilire l’ordine reale dei procedimenti: la dichiarazione non corrisponde alla realtà, così come non corrisponde al fatto scientifico; le cose e le dichiarazioni sembrano corrispondenti perché provengono dalla stessa fonte di produzione, ossia dallo

21 Il termine “decostruzionismo” viene ripreso da Latour dal vocabolario di Derrida, il quale a sua volta si basava sul concetto di Heidegger. Derrida si impegnò ad usare la decostruzione come metodo di confronto fra i testi e gli autori, così da mostrare i pregiudizi, i presupposti impliciti e le contraddizioni, anche inconsapevoli, tra la cultura e il linguaggio.

22 Intendo svelare come togliere un velo da quello che invece vorrebbe essere nascosto.

23 «Un fatto diventa tale quando perde tutte le sue qualificazioni temporali e viene incorporato in un grande corpo di conoscenza attinto da altri. Conseguentemente, c’è una difficoltà associata al riscrivere la storia di un fatto: questo ha, per definizione, perso tutti riferimenti storici. […] Per la maggior parte del tempo, la ricostruzione storica necessariamente perde il processo di solidificazione e l’inversione attraverso cui una dichiarazione diventa un fatto[…]». Latour e Woolgar. [1979], p. 106, trad. mia.

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scienziato. Latour allora oltre a suggerire una nuova visione della scoperta, indica che la realtà non è la causa di un fatto, ma ne è la conseguenza: il “fuori” viene costruito in laboratorio e non è il riferimento costante degli scienziati durante la loro attività. La rivelazione della natura, o meglio l’illusione della rivelazione è necessaria e sono proprio gli scienziati a volerlo, in modo tale che la scienza rimanga con la S, la materia dell’oggettività e dei dogmi.

Un’altra domanda suscitata da questo testo è come mai vengono “scoperti” e indagati certi oggetti piuttosto che altri. La risposta che propone Latour è la teoria del cerchio della credibilità. Ogni scienziato ha una reputazione nel proprio ambito lavorativo e questa è come una merce che può essere scambiata, condivisa, rubata, accumulata o persa. È possibile capire che gli scienziati sono motivati alla ricerca di qualcosa dalla stessa reputazione che si esprime sotto forma di ricompensa. Se uno scienziato indaga un certo oggetto e ottiene un certo successo, allora la sua reputazione aumenterà così come la sua ricompensa economica; viceversa se la ricerca che porta avanti fallisce. Latour introduce nella scienza il lato economico che poi svilupperà sotto diverse sfaccettature, di cui questa ne è una prima. «È certamente possibile intuire che gli scienziati sono motivati da una ricerca per la credibilità nonostante non ne parlino e neghino che la credibilità nella forma della ricompensa sia la loro motivazione»24.

Dal testo Laboratory Life si può concludere che il fatto scientifico quando esce dal laboratorio sotto forma di iscrizione non appare costruito, in quanto sembra rispecchiare uno stato reale e incontrovertibile della natura; che gli outsiders sono stati convinti di non essere stati convinti a credere nell’oggettività della scienza, grazie alla retorica della persuasione utilizzata dagli scienziati; che economia e politica prendono parte all’attività laboratoriale nonostante non siano materie che competono propriamente alla

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scienza. Il risultato è quello che Latour chiama “fiction”25

, cioè una scatola in cui tutto è costruito: una finzione della costruzione dell’ordine, della costruzione della realtà e della scoperta.