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Il sottotitolo di questo testo, scritto dieci anni dopo Laboratory Life, è “come seguire gli scienziati e ingegneri attraverso la società”, infatti quello che viene osservato è la scienza in azione, appunto, il modo in cui si muove effettivamente. Latour introduce il tema della tecnologia accanto a quello della scienza, così gli ingegneri accanto agli scienziati. La scoperta in questo testo è trattata come una black box, scatola nera. Questo termine è usato dai cibernetici quando un pezzo di un macchinario o un insieme di comandi è troppo complesso per essere spiegato. Una scoperta, secondo il nostro filosofo, in questo senso avviene quando la scatola viene chiusa.

Latour distingue le scienze in due categorie: quelle che producono sentenze con modalità positive, cioè quando una dichiarazione viene allontana dal proprio contesto di produzione; e quelle con modalità negative, quando una dichiarazione va verso il

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proprio contesto di produzione. I cosiddetti “fatti solidi” sono il prodotto delle modalità positive, ossia di tutti quei movimenti degli scienziati grazie ai quali tutto l’iter della produzione del fatto stesso viene nascosto. Questa considerazione si lega fortemente a quella che ho esposto in precedenza riguardo il processo di solidificazione: quando un fatto perde le sue connotazioni spazio temporali, si può dire che ha acquisito una modalità positiva. Nonostante l’autore abbia già cercato di dimostrare come gli scienziati non rispondano all’autorità della Natura nelle loro ricerche, e non siano gli unici a poter conoscere gli oggetti della scienza; questi stessi acquistano una nuova caratteristica, quella di spokesman, portavoce. Latour pensa ad una nuova dicitura per riavvicinare umani e non-umani, e conseguentemente i non-umani ai loro contesti di produzione. Gli operatori della scienza sono i portavoce degli oggetti scientifici, parlano in nome delle cose:

«Gli scienziati non dicono niente di più di ciò che è scritto, ma senza il loro commento le iscrizioni direbbero molto meno! C’è una parola per descrivere questa strana situazione, una parola molto importante per tutto quello che seguirà, che è la parola portavoce. […] Il portavoce è qualcuno che parla per qualcuno o qualcosa che non parla.[…] Non c’è molta differenza tra le persone e le cose: hanno entrambi bisogno di qualcuno che parli per loro»28.

Il rapporto di portavoce non è però univoco, ma biunivoco: questo implica che si costruisca una rete, network, tra le cose e le persone. La rete non è altro che una serie di posizioni di umani e non-umani in cui si realizza una certa configurazione che può avere senso solo in certe condizioni. Come ho già cercato di spiegare, la storia di un fatto fa la differenza nella produzione della sua sostanza: un fatto riesce a sopravvivere in una certa rete con certi portavoce, ma potrebbe morire in un’altra rete con una disposizione tra cose e persone diversa.

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Gli outsiders ancora una volta si trovano confusi di fronte a quello che viene propagandato e quello che accade realmente: fuori dal laboratorio sembra che gli scienziati siano gli unici a poter intraprendere determinate ricerche, a decidere la vita o la morte di un oggetto scientifico; dentro il laboratorio, invece, il nuovo oggetto scientifico deve battersi per ottenere il consenso degli scienziati, deve resistere a quelle che Latour chiama “prove di forza”. Gli scienziati non si limitano ad osservare e successivamente a descrivere in modo oggettivo quello che hanno studiato. Un fatto diventa oggettivo se il rapporto tra la cosa e chi parla resiste alle critiche, se è un rapporto stabile a tal punto da appiattire il portavoce sulla cosa per la quale parla, tanto da non vedere più la connessione tra i due. Al contrario, si dice soggettivo se il rapporto non resiste agli attacchi esterni e chi parla non fa altro che rappresentare se stesso e non l’oggetto. Una conseguenza importante di questa osservazione è che oggettivo- soggettivo non stanno nella Natura, ma nella forza del rapporto che si costruisce tra il portavoce e l’oggetto. Il nuovo oggetto che si è instaurato è un eroe, proprio come Ercole, perché si definisce attraverso le sue manifestazioni progressive in risposta alle prove alle quali è sottoposto. L’oggetto in tutto questo processo, se resiste, si solidifica sempre di più, e diventa sempre più inattaccabile, grazie alla forza della rete costruitagli intorno. Infatti la realtà da adesso in poi sarà definita come ciò che resiste. Latour in questo contesto trova necessario dire che i fatti solidificati di questo tipo in realtà sono l’eccezione e non la regola, nonostante il pensiero comune sia il contrario, perché il processo irreversibile della scienza che si vorrebbe instaurare è innaturale e controproducente, in quanto ferma lo sviluppo creativo dell’attività scientifica.

Il fatto scientifico solidificato va a finire nel fondo della scatola nera. La scatola, però, prima di essere chiusa deve essere ben sigillata, in modo che prima di essere riaperta e prima che il fatto venga rimesso in discussione occorreranno argomenti forti.

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Per assicurare una buona chiusura vengono coinvolti gli esterni, attraverso la retorica della persuasione che li convince a difendere un oggetto scientifico in nome della Scienza stessa, sebbene non siano specialisti di tale materia. Inoltre questi soldati devono anche essere controllati affinché difendano l’oggetto in un modo ben specifico voluto dagli scienziati, senza travisare il contenuto della scatola. In questo per gli oppositori non sarà facile anche solo provare ad aprire la scatola.

Le conclusioni principali che si possono trarre da questo testo sono che la scienza deve necessariamente coinvolgere chi non è dentro il laboratorio e da qui anche un’altra motivazione alla persuasione di chi sta fuori; che soggettivo e oggettivo non sono dati di per sé ma sono costruiti con un grande sforzo degli scienziati; che gli scienziati non hanno un accesso privilegiato alla Natura ma fanno in modo che risulti tale. In poche parole: la scienza non è riservata a pochi eletti.