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La speranza di Pandora

Pandora’s Hope è un testo con il quale Latour continua, in modo più preciso, a

rivedere il mondo e a presentarlo come un essere ibrido. La scatola nera, che si è vista in

Science in Action adesso viene smantellata e l’effetto sarà uguale all’apertura del vaso

di Pandora: un turbine di umani, non-umani, associazioni verrà fuori e dovranno essere ricollocati nella loro giusta posizione. L’autore si sforza di riconnettere più relazioni possibili, al fine di riattivare la vascolarizzazione della scienza.

Uno degli scopi principali di questo scritto è mostrare come non ci sia una corrispondenza diretta tra natura e oggetti scientifici, e quindi nemmeno tra il mondo esterno e la mente umana. Si possono riconoscere cinque tipi di attività fondamentali affinché la scienza possa agire nel modo moderno:

1. Mobilizza il mondo: gli scienziati lasciano che sembri che gli oggetti si muovano intorno a loro e non viceversa. Questa azione ricorda particolarmente la critica latouriana alla rivoluzione copernicana di Kant: il soggetto è al centro del mondo e il resto gli ruota intorno.

2. Autonomizza: una disciplina diventa autonoma, creando i suoi propri principi, criteri, metodi e valori.

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3. Alleanza: i non-umani e gli umani si alleano e i primi diventano intangibili grazie alla difesa dei secondi.

4. Presentazione pubblica: gli scienziati sono costretti a curare le relazioni con gli esterni, facendo propaganda alla propria attività.

5. Collegamenti e nodi: questo step è fondamentale perché un fatto scientifico risuoni negli anni a venire. Un oggetto si mantiene perché ha catalizzato tanti alleati e vi ha stretto nodi molto forti, che sono le sue risorse più importanti per la sua difesa.

Queste mosse della scienza sono ben esemplificate da Pasteur. Quando lo scienziato ha iniziato le sue ricerche, una delle prime attività di cui si è occupato è stata quella di convincere i suoi colleghi accademici che la sua ricerca non fosse una storiella, bensì si trattasse di qualcosa che accadeva indipendentemente dalla sua volontà e dalla sua capacità immaginativa. Si vede come ci sia uno sforzo attivo del ricercatore di mostrarsi come un osservatore passivo che s-copre i fermenti. Con un solo step Pasteur ha quasi racchiuso tutti i cinque momenti che ho elencato: cerca di mostrare che i fermenti hanno iniziato a girargli intorno, mentre lui stava fermo, come se i fermenti gli fossero “capitati”; ha iniziato a definire la sua attività in modo completamente autonomo, tanto che oggi si parla di pastorizzazione; ha provato a creare alleanze prima di tutto con i colleghi così che loro potessero sostenerlo nel momento della presentazione pubblica. Per come se ne è parlato fino ad adesso, sembra che il lievito parli a Pasteur una lingua che solo lui è in grado di capire e grazie alla sua mediazione anche noi profani ne siamo resi partecipi. La difficoltà sta nel comprendere che, sì il lievito ha autorizzato lo scienziato a parlare, ma anche lo scienziato ha autorizzato il lievito a parlare in suo nome: l’uno diventa portavoce dell’altro e viceversa. Pasteur ha definito il lievito, ma i fermenti a loro volta definiscono Pasteur come uno scienziato di successo e non c’è

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l’uno senza l’altro. Inoltre gli umani e i non-umani coinvolti si scambiano proprietà reciprocamente, arricchendosi.

Se oggi si chiedesse ad una persona con diploma superiore chi è Pasteur, probabilmente risponderebbe che si tratta dello scienziato che ha “scoperto la pastorizzazione”. Questa sarebbe una prova del fatto che effettivamente il rapporto di influenza tra lo scienziato e l’oggetto è reciproco e biunivoco, indipendentemente da quello che vorrebbero dare ad intendere gli scienziati stessi: grossolanamente Pasteur=pastorizzazione, pastorizzazione=Pasteur. Lo scienziato è identificato come tale solo grazie all’oggetto della sua ricerca, e l’oggetto è stretto in una morsa con lo scienziato che lo ha studiato. «Il punto essenziale che sto cercando di evidenziare è che questa ‘costruzione’ non è in nessun modo la mera ricombinazione di elementi già esistenti. Nel corso dell’esperimento Pasteur e i fermenti si scambiano mutualmente e accrescono le loro proprietà. Pasteur aiuta il fermento a mostrare il suo coraggio, il fermento “aiuta” Pasteur a vincere una delle sue molte medaglie»34

. Il fermento e Pasteur sono due proposizioni che si articolano tra di loro.

Il fermento a questo punto è diventato una sostanza. Nel linguaggio latouriano significa che è un assemblaggio temporaneamente stabile: qualcosa che è stato istituito e che può essere mantenuto durabile e sostenibile. In questa definizione è importante specificare che si tratta di una rete momentanea, perché in ogni istante l’oggetto potrebbe cambiare il suo comportamento e avere la necessità di ridefinirsi. Lo scienziato deve essere sempre pronto a questa eventualità, come si è visto per Aramis.

In conclusione si può dire che, con la ricerca di Pasteur, la società francese e la visione dei microbi sono cambiate grazie all’agenzia comune dell’umano e del non- umano: da una collettività fatta di x entità si passa ad una fatta di x+ (i fermenti) entità.

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Nel mondo comune hanno fatto il loro ingresso i fermenti, come nuovi oggetti, insieme ad un nuovo scienziato. Il voler propagandare la scienza seguendo i cinque punti iniziali vuol dire costruire fatticci: mostrare che gli oggetti sono autonomi, e possono sorpassare gli umani. Alla fine accade che davvero ci sorpassino e da homo faber quale era lo scienziato, diventa homo fabricatus, ossia uno scienziato che fa-fare, lascia-fare alle cose che gli ruotano intorno. L’uomo decade e si rende inumano privandosi della sua capacità di saper fare, costruire, fabbricare, istituire.