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Oggettivo vuol dire giusto?

La questione da affrontare, dopo aver brevemente discusso cosa sia una scoperta e cosa si intende per oggettivo e soggettivo, è l’argomento morale. Una scoperta è sempre giusta, buona?

Se si continuasse a sostenere che la scoperta ha una corrispondenza in qualche modo con la Natura e quindi contiene intrinsecamente la Verità, allora si potrebbe ugualmente sostenere una sorta di giusnaturalismo. Le opportunità che si dipanano in questo frangente allora sono due: una estrema secondo la quale il dibattito scientifico comanda, ordina e prescrive le proprie Verità sopra ogni altra voce della discussione; l’altra più moderata, per la quale la voce della scienza entra nel dibattito insieme alla considerazione di altri elementi politici, economici e via dicendo. Rimanendo sul primo polo, se la scoperta risulta essere naturale, allo stesso modo dovrebbe naturalmente dirigere gli altri spazi della vita. In questa visione la Natura legifererebbe in molti aspetti, sarebbe quasi come un Leviatano, e solo gli scienziati, i professionisti della materia sarebbero gli unici autorizzati a prendere parola. Questa concezione però potrebbe essere abbracciata anche da chi non creda alla corrispondenza tra scoperta e Natura. Si può dire che questa idea morale della scienza rimane un’utopia lontana dalla realtà quotidiana.

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Nell’esperienza di quasi tutti capita di pronunciare la propria opinione su qualcosa che non gli compete direttamente. Nel caso della scienza, che si interseca strettamente con quello della politica e della morale, viene chiesto espressamente di esprimersi. Il primo esempio che ho pensato in merito è stato quello del referendum, come avevo anticipato nel paragrafo precedente. Nei referendum del 1987 e del 2011 si è stati chiamati a scegliere in Italia sul tema dell’energia nucleare. Durante il periodo di propaganda si sono espressi politici e scienziati, ma molti dei cittadini votanti non erano né l’uno né l’altro, eppure sono stati invitati a scegliere. Allora quale è stato il motore propulsivo che ha convinto molti a scegliere in un modo o in un altro? I mass media hanno sicuramente fatto la loro parte, come ogni giornalista o personaggio pubblico che si sia espresso. Ma ognuno porgendo l’orecchio a più voci non solo ha preso una decisione che per la maggior parte aveva a che fare con la scienza; ha preso una decisione che aveva a che fare anche con la “cosa migliore” per il Paese. C’entrava la politica, la scienza e la morale nella scienza. L’unico che potrà dire se la scelta presa era la migliore possibile sarà il tempo. Solo con il passare degli anni si vedrà se gli effetti e le conseguenze di questa decisione saranno più fecondi di quanto non lo sarebbe stata l’altra.

Questa riflessione mi porta a credere che non tutte le scoperte sono buone, ma neanche cattive. Nel momento in cui uno studio emerge, dal punto di vista scientifico direi che ha un valore neutro fin tanto che rimane nel suo luogo di produzione. Se un oggetto scientifico fosse vincolato al solo piano epistemico, si potrebbe dire che non ha alcun valore specifico. Quando un nuovo oggetto sta per essere inserito nel panorama comune insieme a quelli già esistenti e saranno le conseguenze che si succederanno nel tempo a dire se questo nuovo protagonista potrà rimanere nel mondo comune perché “buono”, o meno. Il caso forse più esemplare è quello in ambito farmaceutico. Per non

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allontanarsi da Pasteur e dall’attualità si potrebbe tornare ai vaccini. Voglio usare questo esempio per ribadire che un oggetto scientifico può essere sempre messo in discussione da qualsiasi attore del collettivo, che sia un politico o un economo o un outsiders, ma sempre sul loro piano di competenza, non andando ad intaccare il piano vero e proprio della conoscenza scientifica. Questo comporta che si possa discutere sul piano morale della questione vaccini, ma non sulle prove scientifiche.

I primi studi sui vaccini cominciarono nel 1796 con Edward Jenner, il quale si concentrò sul vaiolo delle mucche. Nel 1800 Pasteur intuì che si poteva sviluppare un’immunità nel corpo attraverso certe modificazioni. La rivoluzione fu rumorosa e prorompente. In un mondo in cui si sarebbe potuti morire anche per quella che oggi è una semplice bronchite, ci si sarebbe potuti salvare grazie al vaccino anche da malattie molto più gravi e contagiose. Oggi l’opinione pubblica si sta dividendo su questo tema, in quanto non tutti riconoscono la stessa utilità dei vaccini. Ma il vaccino è stata una scoperta cattiva per questo? I vaccini forse hanno salvato molte più vite di quante ne hanno uccise o segnate per sempre, ma il focus dell’attenzione si deve concentrare sul mondo in cui siamo. Non siamo nel 1800, periodo in cui i neonati morivano con una certa frequenza, e le persone benestanti, per quanto ricche, non possedevano le stesse condizioni igieniche. I vaccini, oggetto scientifico, sono stati oggi messi in discussione dal punto di vista della loro efficacia e della loro giustezza da quelli che fino ad adesso ho chiamato outsiders. Quello che è stato messo in discussione però non è il piano epistemico di questo oggetto, bensì quello politico, economico e morale. Proprio perché sono questi aspetti ad essere cambiati nel tempo, si è sentita la necessità di ridiscuterli, rinegoziarli. La discussione si è allargata in merito al numero di vaccini obbligatori che sono stati stabiliti dal Decreto legge 7 giugno 2017 n° 73, non sugli studi scientifici che hanno dimostrato che non c’è correlazione tra l’autismo e i vaccini.

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Così come è successo ai vaccini si è visto accadere anche all’amianto. Per i vaccini sta accadendo che sia la politica ad entrare con forza nella discussione e a decidere cosa si deve fare e cosa no, in base ad una stima di ciò che è meglio per tutti. L’amianto invece è stato completamente smantellato perché nocivo, ergo perché cattivo! Probabilmente provando a rivedere gli scopi e gli impieghi di questo materiale forse si sarebbe riusciti a dargli una seconda vita, non nociva, ma buona.

Concludendo, intendo nuovamente allontanarmi da un’idea della scoperta con qualsiasi tipo di corrispondenza con la Natura e qualsiasi relazione con la Verità, quindi dalla conseguenza di una bontà morale a prescindere. Dire se una scoperta è buona o cattiva sta a chi è fuori dal laboratorio e, come aveva diviso i compiti nel collettivo Latour, spetta a chi si occupa dell’ambito morale, di cosa è meglio per tutti. Inoltre una decisione del genere può essere rivista in base ai cambiamenti spazio temporali e alle rinegoziazioni che un oggetto scientifico può subire.