• Non ci sono risultati.

Che cos’è una scoperta?

In questo paragrafo sono tre i punti essenziali che mi prefiggo di affrontare:

1. Scoperta nella scienza 2. Scoperta nella propaganda 3. A chi appartiene la scoperta

A più riprese si è detto che il termine “scoperta” è usato in ambito scientifico. Il vocabolario Treccani in merito scrive che si tratta dell’«acquisizione alla conoscenza e all’esperienza umana di luoghi, nozioni, fatti, oggetti, o anche di leggi, proprietà scientifiche, e sim., prima ignorati»42. Quello che si deve approfondire di questa definizione è il “prima ignorati”. Sembra che si tratti effettivamente di una s-coperta, di qualcosa che prima di quel momento rivelatorio non solo fosse ignorato dal fautore del

70

disvelamento, ma anche dal resto del mondo. Il fatto che ci sia qualcosa di ignorato però non vuol dire che qualcosa prima non esista, perché se così fosse si potrebbe cadere nell’accusa di nominalismo. Non è perché qualcosa non ha un nome che qualcosa non esiste43. Quello che fa la differenza tra una scoperta nel senso sopra detto e il modo di procedere della scienza reale, è l’esperimento. Si pensi all’esempio che si è visto di più fino ad ora: Pasteur. Lo scienziato nel 1854 divenne professore a Lille e si interessò44 alla trasformazione dello zucchero in alcool, in particolare nella birra. Questo interesse prese maggiormente campo nel momento in cui Pouchet, professore a Rouen, sostenne, grazie ad un esperimento, la generazione spontanea. In questa contesa, oltre alla lotta per il prestigio personale, si aggiunse l’interesse economico di ottenere ognuno fondi per la propria ricerca (2500 franchi). Per 6 anni si susseguirono esprimenti sfrenati alla ricerca di un risultato concreto. Solo dopo 10 anni dall’inizio, nel 1864, Pasteur e Pouchet presentano i loro risultati alla Sorbona, dove una commissione si espresse a favore del primo, come la storia ci insegna.

Quello che è più interessante ai fini della mia considerazione è notare come Pasteur si sia interessato lui per primo a quello che poi ha “scoperto”, e non che sia “capitato”. Infatti è accaduto proprio nel momento in cui i suoi strumenti a disposizione erano maggiori grazie alla sua assunzione come professore. Inoltre il suo competitor ha giocato un ruolo molto importante, così come la remunerazione economica e la fama. Lo scienziato non è inciampato per caso nei fermenti s-coprendoli, ma ha sudato, lottato per portare alla luce il suo lavoro ed avere la meglio su Pouchet. Non è la fortuna che permette una scoperta in ambito scientifico, ma sono gli sforzi del ricercatore. Per queste ragioni, per l’influenza preponderante di elementi esterni di vario carattere, non

43 Cfr. paragrafo 9, capitolo 3. 44 Corsivo mio.

71

mi sembra appropriato parlare di scoperta come rivelazione, nonostante continui a caratterizzare qualcosa che prima era ignorato. L’esperimento che dà credito o meno a una scoperta è la fatica continua e costante di sviluppare un’intuizione dello scienziato, che magari può certo aver avuto per caso, ma poi sviluppa per la sua volontà di fama, di potere, di denaro, di realizzazione personale.

Per affrontare il tema della propaganda si deve tenere a mente che molto spesso sono i protagonisti della scienza che se ne occupano in prima persona o comunque approvano un certo tipo di terminologia che viene adottata nei loro confronti; inoltre la propaganda è il mezzo che collega gli scienziati al mondo esterno ed è la prima cosa che esce dal laboratorio.

Uno dei casi che ai miei occhi è risultato sempre eclatante è la “scoperta dell’America” come titolo di molti paragrafi di manuali scolastici. Parlare di scoperta in questo senso ci fa immaginare che nel 1492 Cristoforo Colombo abbia rivelato il nuovo mondo agli Europei. In questo esempio ci può essere qualcosa della scoperta nel precedete senso dizionaristico, in quanto il nostro esploratore era convinto di incontrare qualcos’altro e aveva iniziato quel viaggio per cercare altre terre. Lui per primo fu meravigliato da ciò che si presentò davanti ai suoi occhi: un nuovo popolo, un’altra cultura, ma soprattutto un nuovo continente. L’atteggiamento di Colombo e di Pasteur si può credere che fosse diverso come il loro ruolo, un esploratore e uno scienziato. Uno dei caratteri dell’esploratore è proprio l’andare in cerca di qualcosa che sorprenda, che non ci si aspetta, come le terre inesplorate, appunto. Lo scienziato invece cerca conferme delle proprie idee con prove che siano ritenute oggettive o quantomeno alle quali tutti possano aver accesso. Quello che però accomuna questi due personaggi è la propaganda: Colombo scoprì l’America così come Pasteur scoprì i fermenti. La propaganda è quella che più condiziona l’opinione pubblica, per questo i nostri occhi

72

sono abituati a leggere la parola “scoperta” nella scienza piuttosto che “instaurazione”, per esempio. Questi due personaggi vengono trattati nello stesso modo in termini di divulgazione, nonostante i loro metodi, il loro ambito di competenza, i loro interessi fossero molto distanti. Credo che sia opportuno parlare di scoperta per Colombo, ma non parlare dello stesso tipo di scoperta per Pasteur, per i motivi che ho esposto anche precedentemente, tra i quali spicca la pratica dell’esperimento.

In primis è necessario sottolineare che sono gli scienziati a fare la retorica scientifica

molto spesso, e così a sostenere che sono loro stessi che decidono di “vendersi” in un certo modo al mondo esterno. Il problema della scoperta nella propaganda nasce nel momento in cui l’opinione pubblica si forma sull’idea che scoperta=oggettività e che, per questo, lo scienziato non possa rivedere la propria teoria. La propaganda ha la forza di creare un pregiudizio del genere. Un mese si legge “Pasteur, noto scienziato, scopre i fermenti”, e il mese dopo “Pasteur ritratta la scoperta sui fermenti”. Agli outsiders una scoperta sembra sempiterna, immutabile, unica e inerte latourianamente, ma non è detto che col passare del tempo, anche di poco tempo, non si possa rinegoziare. Questo mi sembra uno dei motivi più validi per cui si dovrebbe cercare un nuovo termine che possa racchiudere in sé l’impegno personale dello scienziato e la sua facoltà di rivedere ciò che lui stesso ha sperimentato. Nella questione dell’oggettività si trova una doppia faccia dello scienziato stesso. Da una parte egli si impegna con tutto se stesso affinché il suo studio acquisti, anche agli occhi dei profani, un’aura di oggettività; dall’altra, così facendo, sminuisce il proprio lavoro di anni e anni in cui lui per primo si è messo in gioco e ha avuto intuizioni straordinarie. È come se lo scienziato cedesse tutti i suoi meriti alla Natura, nella quale è inciampato e che gli ha permesso di scoprire qualcosa di nuovo, e il suo merito in questo modo sarebbe solo quello di essere, come si è visto, il

73

portavoce. Lo scienziato decide cosa fare della sua figura, del suo personaggio e la maschera che indossa nella propaganda è quella del portatore di Verità.

L’ultima questione che rimane da affrontare in questo paragrafo è a chi appartenga una scoperta. Comunemente oltre alla scoperta dei fermenti, a Pasteur è attribuita anche quella dei vaccini. A lavorare a questa importante innovazione non fu da solo, uno dei suoi collaboratori più importanti fu Roux, cofondatore dell’Istituto Pasteur. Se si chiede ad un profano chi ha scoperto i vaccini, probabilmente risponderà Pasteur. In molti dei suoi studi lo scienziato non è da solo, ma ha un team, un’équipe che lo assiste, lo aiuta, gli permette di riposarsi quando è stanco banalmente, corregge piccoli errori. Il merito però molto spesso viene attribuito ad un solo personaggio, che poi diventa famoso, viene citato in altri articoli scientifici, invitato a congressi importanti, in breve entra in quello che Latour aveva chiamato “cerchio della credibilità”. Sul versante opposto può accadere di essere dimenticati se, nonostante l’impegno e l’ardua ricerca, si viene sovrastati da un altro collega. Più credibilità si raggiunge, più fama si ottiene, più meriti si raccolgono, più soldi si guadagnano; e viceversa. Ancora una volta quello che fa la differenza è la retorica. Chi sta fuori dal laboratorio legge i giornali e a meno che non si interessi e approfondisca una ricerca, se la testata attribuisce ad un certo scienziato quella scoperta allora rimarrà negli annali quel nome.

Spero di aver chiarito come la retorica scientifica giochi un ruolo essenziale per il modo in cui l’idea della scoperta viene diffusa nel mondo fuori dal laboratorio. I motivi fondamentali per cui questo termine dovrebbe essere rivisto è che non si tratta di un atto casuale voluto dalla Natura; non si incappa in una scoperta senza certe condizioni pratiche, come un laboratorio con certi strumenti e un interesse particolare; esiste un autore senza l’intuizione del quale probabilmente la ricerca non avrebbe preso campo; la

74

propaganda usa la scoperta per conferire attribuire alla scienza la S, come la materia della Verità.