• Non ci sono risultati.

Cosa i new media hanno cambiato nel modo di fare informazione

ULTIME NOTIZIE DALLA RETE

4. Cosa i new media hanno cambiato nel modo di fare informazione

Già nel primo capitolo ci eravamo occupati di analizzare i cambiamenti che la rivoluzione digitale e la nascita dei primi quotidiani online avevano apportato al tradizionale modo di fare giornalismo. Vale la pena ora soffermarsi su questi aspetti alla luce del sovrapporsi degli effetti della rivoluzione di Internet a quelli prodotti dai new media -che proprio dalla tecnologia del World Wide Web sono scaturiti- per cercare di vedere non solo quali siano i principali mutamenti che la professione ha subito ma anche come il giornalista abbia dovuto cambiare il proprio metodo di lavoro, nonostante la sua missione di mediatore tra la realtà e il pubblico dei lettori sia rimasta sostanzialmente invariata. Come si muove dunque il professionista dell‟informazione oggi che con un semplice clic del mouse può avere a portata di mano tutte le notizie del mondo? Che cosa è cambiato per il giornalista dell‟era digitale che si è trovato a scrivere non più sulla macchina da scrivere ma su un personal computer che gli forniva programmi di scrittura sempre più evoluti, in grado di dargli l‟esatto numero di battute digitate in qualsiasi momento e agevolandolo nella stesura dei pezzi? Per chi è approdato alla professione negli anni Novanta, la macchina da scrivere – simbolo del

Gli effetti sulla funzione giornalistica del World Wide Web prima e dei new media poi

La vecchia macchina da scrivere

giornalismo tradizionale - era infatti solo un “rudimentale pezzo di modernariato da acquistare per esibire con orgoglio in salotto73”.

Innanzi tutto partiamo da una premessa sulla funzione giornalistica. Marco Pratellesi sostiene la tesi condivisibile che la professione del giornalista, contrariamente a quanto sostengono in molti, non sia affatto cambiata con l‟avvento delle nuove tecnologie digitali74. Il giornalista, afferma Pratellesi75,

“oggi più che mai è un mediatore che seleziona e gerarchizza le notizie per tutti coloro che, facendo un altro lavoro, non hanno il tempo per scegliere tra i fatti che ogni giorno vengono riversati nel flusso mediatico cosa sia degno di essere portato in primo piano e cosa, invece, sia destinato a rimanere sommerso sotto l‟impetuoso vortice delle informazioni”. Il dovere del giornalista, aggiunge poi, è quello di “dare tutte le notizie che vale la pena dare, informare, interpretare i fatti più complessi e, quando possibile, divertire rispettando tutte le regole deontologiche proprie della professione”. Si calcola del resto che nei primi tre anni del terzo millennio siano circolate più informazioni nel mondo che nei tre secoli precedenti: è chiaro pertanto che per il cittadino che ambisca a un‟informazione qualificata, dotata degli elementi che la connotino come notizia, quindi di interesse pubblico e utile a chi la riceve, e che non strizzi l‟occhio alla pubblicità, sia necessario un esperto abituato a trattare con la materia “notiziabile” offerta dalla realtà per interpretarla e rielaborarla dentro uno schema giornalistico. La realtà si è fatta più complessa, proprio perché si dispone di più informazioni, e queste sono state rese più facilmente accessibili grazie al web. Si pensi agli attentati dell‟11 settembre: in quell‟occasione, forse più che in ogni altra, il mondo comprese come ormai ci fosse il bisogno di conoscere i fatti mentre questi si stavano verificando. Milioni di persone in tutto il pianeta si collegarono al web per assistere in diretta agli avvenimenti in corso, ascoltare i commenti e le interviste, vedere le ricostruzioni degli attacchi alle Twin Towers. Impensabile aspettare il giorno successivo per avere le notizie. Sulla tempestività i media online sono infatti imbattibili, ed è questa loro dote a renderli insostituibili. La tempestività (insieme alle altre tre caratteristiche tipiche dell‟informazione

73Ivi, p. 26

74Marco Pratellesi, New Journalism, Mondadori, Milano 2004, p. IX

75Ibidem

Marco Pratellesi:

la professione del giornalista segue immutata

L’ambizione del cittadino a un’informazione qualificata

L’11 settembre sui blog

I new medi imbattibili sulla tempestività

online che sono l‟interattività, l‟ipertestualità e la personalizzazione), fa sì che questa batta sul tempo anche radio e televisione, comunque condizionate dai palinsesti, affiancandosi al lavoro svolto dalle agenzie e talvolta riuscendo perfino a superarle in velocità. Ma cosa sarebbe stato della possibilità di comprendere quell‟evento drammatico e di colossale importante per l‟umanità senza l‟intervento di una mediazione giornalistica?

Tuttavia nell‟ “era dell‟accesso” (l‟espressione è di Jeremy Rifkin, in un saggio sulla New Economy), il giornalista come il fruitore dell‟informazione è immerso in un flusso continuo di informazioni reperibile sempre e ovunque da tutti; ed è proprio questo ad aver reso più complicato il mestiere del giornalista che dovrà imparare a usare e padroneggiare nuovi strumenti di ricerca, e anche di verifica, un ostacolo sempre più difficile da superare nel momento in cui le notizie arrivano da fonti mediate, sia che si tratti di un comunicato di un ufficio stampa, sia che provenga da un sito sconosciuto. Per essere giornalisti del futuro si dovrà essere capaci di destreggiarsi con scioltezza tra testi, file audio e video, e quanto più si è avanzati sul piano tecnologico, tanto più cresceranno le chance di entrare nella professione, per cui oggi occorre essere dotati di una somma di saperi. I media hanno inoltre assunto un‟importanza fondamentale per le nazioni, e così l‟esigenza di un‟informazione globalizzata. Di qui deriva la riforma attualmente in corso che ha reso obbligatorio il possesso di una laurea per chi desideri accedere alla professione, non più solo subordinata come un tempo all‟iscrizione all‟Ordine dei Giornalisti, senza la richiesta di titoli accademici.

Quanto alla sostanza del lavoro giornalistico, Paul Bradshaw, docente al articoli oggi lo consentono più che mai.

76 Dal sito www.onlinejournalismblog.com, post del 6 marzo 2008

L’ “era

La crescita dei dilettanti: per alcuni eventi di grande portata non è più necessario fare riferimento alla stampa ma basta affidarsi allo “user generated content” che circola in Rete.

La distribuzione fisica della stampa non è più un problema, evidentemente.

Tutte le notizie a distanza di un clic: il giornalista può accedere a documentazioni o rapporti inediti con più facilità, ma lo stesso possono fare i lettori, che potranno quindi verificare di persona la bontà dell‟informazione.

“Really Simple Syndication”, RSS: è un sistema semplice e comodo per essere informati in tempo reale, che è stato finora molto sottovalutato. Grazie ai feed Rss, è possibile ricevere sul proprio computer aggiornamenti sulle ultime notizie di un determinato argomento scelto dall‟utente che vengono pubblicate dal sito. Chi ha un blog può così diffondere in maniera semplice e immediata le news, e il lettore può interagire unicamente con una fonte, o perfino con un autore per essere continuamente aggiornato.

Le mappe: è oggi possibile inserirle con facilità al fianco di qualunque articolo, semplificando le cose anche per quanto riguarda il follow up delle vicende che hanno uno svolgimento dilatato nel tempo e nello spazio.

Dall’iperlocale all’internazionale: la pubblicità sui siti di informazione online può spaziare da quella locale a quella internazionale.

Database: la più grande potenzialità non sfruttata della Rete.

Misurabilità: attraverso commenti, clic, email è dato subito sapere se e quanto le notizie piacciano o colpiscano l‟attenzione.

Multimedialità: l‟esplosione del podcast e dell‟uso del video, che possono dire -come le immagini- più di mille parole. Anche i giornalisti della carta stampata hanno imparato a capirlo.

Per un professione come quella del giornalista, avvolta da un‟aura di romanticismo, l‟era di Internet non ha però privato di questo valore aggiunto un mestiere che, fino a qualche decennio fa, poteva svolgersi solo consumando la suola delle scarpe alla ricerca di storie e facendo il giro di

commissariati di polizia e ospedali a caccia di notizie dell‟ultima ora? Si prenda il giornalismo di guerra, e la mitica figura dell‟inviato. Se la CNN aveva consentito un aggiornamento continuo durante la Guerra del Golfo grazie ai suoi giornalisti diffusi in modo capillare sul territorio (ma in sicure postazioni d‟albergo), cosa ne era stato del reporter che riusciva a strappare la storia del soldato lontano dai familiari, che immortalava l‟orrore della morte vivendolo sul posto? Per molte piccole e medie redazioni, l‟inviato è stata una figura che poco a poco è uscita di scena, chiamata sempre meno a spostarsi anche in virtù dell‟elevato costo che i viaggi implicano. Sono diventati prima un lusso, e poi una specie in via di estinzione77. Solo la guerra in Afghanistan, o altri eventi per cui il solo osservare tramite Internet e a distanza, non era sufficiente a spiegare e capire quello che stava succedendo, ha riportato alla luce l‟importanza della figura dell‟inviato, ridando lustro al mestiere del giornalismo spesso ridotto a un mero lavoro di post-produzione al desk.

Marco Pratellesi78 nel suo libro ricorda come il reporter sia a volte anche strumentalizzato dalle politiche delle nazioni: la seconda guerra del Golfo ad esempio doveva essere il conflitto più visto della storia, l‟intelligence americana voleva che si guadagnasse il consenso dell‟opinione pubblica. Di qui nacque la figura del giornalista “embedded”, che vive affianco ai soldati per raccontare quello che vede e finirà per sentirsi coinvolto nel loro punto di vista, condividendone i valori e trasmettendoli al pubblico: una sindrome ben studiata e sfruttata dagli americani.

Il giornalismo più autentico, quello che va fino in fondo ai fatti e cerca la verità, non può prescindere dal contatto diretto, e non mediato da Internet, con la realtà e con le persone che la vivono. Giornalisti di questo tipo continuano a morire sul campo, ogni giorno in tutto il mondo, perché considerati scomodi o perché non si accontentano di guardare i fatti attraverso il filtro (spesso falsante) di uno schermo. Anna Politkovskaja, attivista per i diritti umani russa, assassinata nel 2006 per i suoi reportage dalla Cecenia non allineati al potere, assurge a simbolo di questa coraggiosa categoria. E‟ in questo tipo di giornalismo che bisogna continuare a credere, sfruttando dei

77Ivi, p.30

78 Ibidem

L’erosione della figura dell’inviato di guerra

Il giornalista

“embedded”

Il giornalismo autentico che cerca la verità

Il coraggio dei fuori classe del mestiere.

Anna

Politkovskaja

new media le infinite potenzialità che offrono senza cedere alla tentazioni di adagiarsi pigramente sulla comodità, perdendo la capacità e lo stimolo di andare sul posto a documentarsi di persona.

“Una democrazia non può funzionare con una stampa sull‟orlo del precipizio economico”.

(Presidente della Repubblica francese Sarkozy, in un recente intervento sulle politiche editoriali)

IV Capitolo