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I problemi del mercato editoriale italiano. Il costante calo delle vendite dei giornali

La doppia crisi dei giornali

1. I problemi del mercato editoriale italiano. Il costante calo delle vendite dei giornali

Affronteremo la spinosa questione della crisi della carta stampata in Italia individuandone due momenti: il primo, quello a partire dagli anni Novanta, in cui la crisi e quindi il calo delle vendite sono riconducibili a una serie di fattori tipici del sostrato culturale italiano oltre che alla concorrenza esercitata dalla televisione prima e da Internet poi (la crisi strutturale); il secondo, quello degli ultimi anni, che ha rincarato la dose, portando a una drastica riduzione degli introiti pubblicitari per i quotidiani a causa della profonda crisi economica che ha colpito tutto il mondo (la crisi congiunturale).

Quello della scarsità di lettori in Italia è un problema remoto, che affonda le sue radici nel terreno socio-culturale del Secondo dopoguerra. Al pari della crisi del giornalismo, si tratta di un problema che non presenta soluzioni rapide, né tanto meno vicine, in quanto profondo e strutturale. E‟ condivisibile a questo proposito l‟analisi del professor Mario Morcellini in Multigiornalismi su questa particolarità tutta italiana, che si è soliti definire come “eccezione italiana”, per la quale – a differenza che all‟estero, sia in Europa che negli Stati Uniti - la popolazione media è più dedita alla fruizione televisiva, o comunque dell‟audiovisivo in generale, piuttosto che alla lettura, soprattutto quella dei quotidiani (mentre quella dei periodici ha sempre riscosso un maggiore successo, anche se ridottosi negli anni).

La crisi strutturale dell’editoria italiana

La popolazione italiana più dedita al consumo di tv

La tesi di Morcellini è che in Italia si sia instaurata un‟industria culturale che ha fatto prevalere un modello di comunicazione su uno di informazione, e che ha spinto verso l‟audiovisivo affidando un ruolo centrale alla televisione ed

“erodendo lo spazio proprio del testo e della scrittura”28. Si sono perciò creati due popoli, quello della comunicazione (il televisivo), e quello dell‟informazione (i lettori), secondo un percorso storico bizzarro che ha visto demandarsi alla televisione il compito preliminare di diffondere l‟istruzione (un esempio per tutti è stata la trasmissione “Non è mai troppo tardi” condotta dal 1960 al 1968 dal professor Alberto Manzi), che in un‟Italia ancora piegata dall‟ignoranza ha contribuito in modo determinante all‟alfabetizzazione delle masse. Questo stesso percorso è avvenuto in forma rovesciata in altri Paesi, dove sono stati i libri e i giornali a fare largo, solo in un secondo momento, al cinema e alla radio, e quindi alla tv.

In Italia invece, sostiene Morcellini, manca una moderna cultura di massa, laddove si intenda per questa uno spazio senza una rigida suddivisione tra una

“plebea” fruizione televisiva, e una “colta” lettura di stampa e libri, ma dove siano ammessi standard culturali collettivi più elevati che non debbano faticare ad affermarsi solo perché poco televisivi. Una delle colpe –prosegue il professore- risiede nella scuola, dove si trasmettono e si consolidano quelle che saranno le abitudini culturali delle future generazioni: è evidente infatti che in Italia le cose non sono andate nel senso di una commistione tra istruzione e mondo delle istituzioni, tanto che non si è ancora raggiunto l‟obiettivo -apparentemente banale- di introdurre il giornale nelle scuole.

Questo stesso sfaldamento, ribadisce Morcellini, si riflette nella mancanza di partecipazione dei cittadini alla cosa comune, nell‟ ”anoressia del senso comunitario”29, presente anche nel giornalismo.

In un contesto simile, la diffusione dei giornali non poteva che arrancare di fronte alla concorrenza esercitata dalla televisione, e più che mai di fronte ai new media emersi negli anni Novanta. Non è bastato ai giornali cambiare il proprio linguaggio per renderlo più vicino a quello della televisione e del suo

28 Mario Morcellini, Multigiornalismi, Guerini e Associati, 2005, p.29

29 Ivi, p.33

Morcellini: in Italia manca una moderna cultura di massa

La diffusione dei giornali arranca in Italia

Il popolo della comunicazione e il popolo

dell’informazione

pubblico, o aggiustare la grafica alle esigenze di un lettore abituato a informarsi più vedendo che leggendo. Il modello di giornalismo nostrano, colpevole di un‟eccessiva vicinanza al potere politico e carente in questo senso di un vero ruolo di mediazione tra poteri forti e società civile, non è riuscito in molti casi a seguire il passo dei mutamenti, aggravando il problema preesistente della scarsa abitudine alla lettura e disperdendo un potenziale bacino di nuovi e futuri lettori qual è il pubblico dei giovani. Il giornalismo ha perso la sua occasione di fidelizzare il lettore, compito al quale si può assolvere solo assumendo le distanze dal potere per avvicinarsi al cittadino, informandolo e consentendo così la formazione dell‟opinione pubblica. Per tutti questi fattori messi insieme la crisi è stata inesorabile.

Analizzeremo ora alcuni dati che dimostrano come questo stato di cose abbia influito – negli anni Novanta e agli inizi degli anni Duemila - sulle vendite dei giornali e sulle loro tirature, in costante calo da alcuni anni per quanto riguarda la versione cartacea, a fronte invece di un aumento della loro fruizione online (come vedremo in seguito).

EVOLUZIONE DELLE TIRATURE E VENDITE DEI GIORNALI QUOTIDIANI (MEDIE GIORNALIERE 1999-2001)

Fonte: Fieg, La Stampa in Italia 1998-2001 (proiezione in base ai dati forniti da 49 testate quotidiane)30

Anno Tirature

medie

Variaz.% Vendite Variaz.%medie

1990 9.763.197 1,2 6.808.501 0,6

1991 9.492.087 -2,8 6.505.426 -4,5

1992 9.492.087 -0,7 6.525.529 0,3

1993 9.245.797 -1,9 6.358.997 -2,4

1994 9.030.007 -2,3 6.208.188 -2,4

1995 8.599.394 -4,8 5.976.847 -3,7

1996 8.503.177 -1,1 5.881.350 -1,6

1997 8.143.897 -4,2 5.869.602 -0,2

1998 8.156.405 0,2 5.881.421 0,2

1999 8.204.477 0,6 5.913.514 0,5

2000 8.469.856 3,2 6.073.158 2,7

2001 8.639.253 2,0 6.098.058 0,4

Fonte: Fieg, La Stampa in Italia 1998-2001 (proiezione in base ai dati forniti da 49 testate quotidiane)31

30 Carlo Sorrentino, Il Giornalismo, Carocci, Roma 2008, p.177

Il calo delle copie cartacee e l’aumento della fruizione online

In Italia un giornalismo colpevole di eccessiva vicinanza al potere

Il calo delle vendite dei quotidiani dal 1990 al 2001 è stato causato non solo dall‟assestamento del mercato in seguito al picco di vendite registrato negli anni Ottanta, ma soprattutto in virtù della concorrenza di altri media, in primis quello televisivo che proprio in questo decennio lanciò, come obbligo per l‟emittenza sia privata che pubblica, i notiziari. Sono di questi anni infatti i Tg delle reti Mediaset32.

Va anche notato come in Italia, a differenza che in altri Paesi – in primis la Gran Bretagna – non si sia mai affermato un doppio mercato per il giornalismo, costituito da un pubblico diversificato, uno per prodotti di èlite e un altro per prodotti di massa. Da questo è derivato, oltre al basso numero di copie diffuse per abitante, l‟effetto di una sostituzione della stampa popolare con i periodici (settimanali e mensili), che hanno scalzato i quotidiani ottenendo soprattutto in passato un buon seguito (ormai attenuato dai new media e dalla “super-concorrenza” televisiva)33.

La differenza dell‟Italia rispetto agli altri Paesi nelle abitudini di lettura dei quotidiani è lampante, come emerge da questa tabella:

DIFFUSIONE DEI QUOTIDIANI NEL MONDO AL 1996 (Copie vendute ogni

31 Carlo Sorrentino, Il Giornalismo, Carocci, Roma 2008, p.177

32 Ivi, p.89

Stati Uniti 297

Repubblica ceca 254

Austria 230

Malesia 228

Francia 182

Canada 175

Repubblica slovacca 174

Estonia 171

Belgio 163

Ungheria 161

Irlanda 157

Croazia 110

Polonia 105

Spagna 105

Italia 105

Cipro 96

Portogallo 93

Grecia 78

Fonte: Wan, World Press Trends34

Vediamo ora invece come l‟uso di Internet sia cresciuto in modo esponenziale già dai primi anni dopo la sua diffusione su larga scala (fine anni Novanta), innescando a sua volta una forte concorrenza nei confronti della carta stampata.

UTENTI DI PC

1997 1998 1999 2000

Utenti pc 5.130 6.100 6.800 10.140

Utenti Internet 493 749 1.094 4.600

Età utenti Internet (anni)

31,3 32,5 34,3

Scolarità utenti Internet (anni)

13,3 13,3 12,5

Uso Internet (minuti/giorno)

30,0 29,6

Fonte: I-Lab. Centro di ricerca sull’economia digitale della Bocconi, L’utenza Internet 200035.

34 Ibidem

35 Ivi, p.190

Inseriamo ora i dati che indicano quali sono i mezzi preferiti dagli italiani per aggiornarsi: la riprova che la televisione resta il mezzo favorito, seguito però dai quotidiani.

LE OPINIONI SUI MEZZI DI INFORMAZIONE

Telegiornali Giornali radio

Quotidiani Periodici Internet

Mezzo preferito per

aggiornarsi

81,5 15,5 42,9 13,1 5

Mezzo più credibile

70,3 12,9 43,9 8,4 4,9

Mezzo più completo

69,2 9 44 9,1 6,2

Fonte: Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, 200036

Un altro dei motivi all‟origine del calo delle vendite dei quotidiani, si evince da un brano di un saggio pubblicato 50 anni fa.In un tempo in cui l‟era digitale era qualcosa di sconosciuto, e “Internet” una parola che ancora doveva nascere, un famoso giornalista collaboratore di quotidiani tra cui “La Stampa”

e “La Repubblica”, faceva alcune riflessioni che testimoniavano la paradossale lontananza tra giornali e pubblico di lettori a cui i primi dovrebbero essere rivolti, denunciando un‟incomunicabilità tra due mondi che tuttora potrebbe valere come spiegazione della loro scarsa diffusione, o quanto meno giustificare perché non siano in aumento i cittadini che vi si affidano per informarsi. Era il 1959, e l‟autore un Enzo Forcella che parlava di un vizio di fondo del giornalismo politico, estendibile a volte a tutti i campi della professione. Ecco il suo illuminato intervento su “Tempo presente”, nel giugno 1959.

“Il giornalista politico, nel nostro Paese, può contare su circa millecinquecento lettori: i ministri e i sottosegretari (tutti), i parlamentari (parte), i dirigenti di partito, sindacalisti, alti prelati e qualche industriale che vuole mostrarsi informato. Il resto

36 Ivi, p.91

La lontananza giornali-pubblico

I

millecinquecento lettori del giornalista politico di Enzo Forcella

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non conta, anche se il giornale vende trecentomila copie. Prima di tutto non è accertato che i lettori comuni leggano le prime pagine dei giornali, e in ogni caso la loro influenza è minima. Tutto il sistema è organizzato sul rapporto tra il giornalista politico e quel gruppo di lettori privilegiati. Trascurando questo elemento, ci si esclude la comprensione dell‟aspetto più caratteristico del giornalismo politico, forse della intera politica italiana: è la atmosfera delle recite in famiglia, con protagonisti che si conoscono fin dall‟infanzia si offrono a vicenda le battute, parlano una lingua allusiva e, anche quando si detestano, si vogliono bene. Si recita soltanto per il proprio piacere, beninteso, dal momento che non esiste pubblico pagante”37.