• Non ci sono risultati.

Costi ambientali e Performance finanziarie

3. FOCUS SU UNA COMPONENTE DELLA CSR: L’ ENVIRONMENTAL IMPACT

3.1 Costi ambientali e Performance finanziarie

Come già espresso nel precedente capitolo mediante gli esperimenti condotti per valutare l'impatto della CSR sulle performance finanziarie, la componente relativa all’impatto ambientale è una tra le più costose e complesse da gestire. Dal momento che ogni attività a favore dell'ambiente porta con sé costi elevati, può essere interessante valutare la relazione tra questi costi ambientali e le performance finanziarie dell'azienda che le mette in atto.

Particolare attenzione al legame tra costi ambientali e performance finanziarie è stata riservata dalle unità di ricerca giapponesi. Si ricorderà che gli studi di Balabanis e al. (1998), concludevano che, dal momento che questa tipologia di attività necessitava di grande dispendio di risorse, il loro impatto sulla CFP era negativo.

La realtà giapponese permette di dissentire. Le differenti conclusioni alle quali si giunge possono essere attribuite all’orizzonte temporale usato per l’indagine75 e al grado di profondità d’indagine sul tema ambientale. Come si vedrà nel proseguo, non è possibile formulare una teoria generalizzata, raggruppando sotto la terminologia di “impatto ambientale” diverse pratiche caratterizzate da peculiarità in grado di condizionarne le conseguenze in termini economico-finanziari.

Nell’analisi di questo genere di problematica è fondamentale innanzitutto il concetto di “Environmental Accounting” (EA). Secondo l’accezione americana, l’EA è definibile come “the identification, measurement, and allocation of environmental costs, the integration of these environmental costs into business decisions, and the subsequent communication of the information to a company’s stakeholders”76.

Dal punto di vista giapponese l’EA “aims at achieving sustainable development maintaining a favorable relationship with the community, and pursuing effective and efficient environmental conservation activities,” (Japan’s Environmental Accounting Guidelines, 2005).

75 L’impatto che queste attività a valenza ambientale hanno è altamente condizionato dal fattore “tempo”.

Mentre nel breve, ma anche nel medio termine, i costi necessari per adeguarsi alle prassi necessarie per la salvaguardia ambientale, sono talmente alti da generare flussi in uscita non controbilanciati dai benefici, nel lungo termine tali benefici emergono, e vanno a rappresentare un vantaggio competitivo.

Dal punto di vista metodologico, l’environmental accounting può essere messo in pratica tramite tre vie:

 Rendicontazione delle emissioni. Prevede l’identificazione di emissioni inquinanti di ogni settore economico e la costruzione di una matrice che aiuti a monitorarne l’impatto.

 Conventional National Account. Misura il flusso di beni e servizi, che generano da una determinata produzione e da un dato stock di capitale, sotto l’ipotesi che questi prodotti e servizi prodotti da un’azienda hanno un’impatto sull’ambiente  Il PIL Verde. Con esso è possibile rilevare e monitorare le conseguenze negative

che si generano sull’ambiente dalla produzione di beni e servizi delle diverse aziende nonché le ripercussioni della crescita economica sull’ecosistema.77 È interessante notare che, a fianco a questi meccanismi di rendicontazione, che dovrebbero servire a porre attenzione e a sensibilizzare sul problema inquinamento, sono state poste delle vere e proprie norme che ne limitano la quantità producibile78. I paesi aderenti al protocollo di Kyoto (16 febbraio 2005) sono soggetti a un limite dato di inquinamento79, superato il quale non potranno più aumentare il proprio grado di inquinamento, senza incorrere in pesanti sanzioni. Tale vincolo in determinate realtà, quali possono essere quelle dei paesi in via di sviluppo, può essere un freno non indifferente alla crescita. Per arginare il vincolo è nata, pertanto, una vera e propria compravendita tra paesi delle quantità di inquinamento. In questo modo si passa da un limite nazionale a un limite globale: ad ogni paese spetta una determinata capacità produttiva in termini di inquinamento; tale quantità può essere venduta a piacimento, purché il limite di inquinamento globale risulti rispettato.

Negli ultimi anni, in seguito ai gravi danni ecologico-ambientali che si sono iniziati a registrare nel secolo scorso, è cresciuto sempre più l’interesse della società, dai governi al singolo cittadino, verso la salvaguardia ambientale. Ciò ha fatto sì che, non solo all’interno delle singole aziende si sviluppasse la figura del “environmental management”, ma che questo acquistasse anche rilevanza non marginale. Il rispetto

77 Come si vedrà in seguito, nel paragrafo 3.3.1, la costruzione di questo indicatore è assai complessa, e non

soggetta a linee guida universalmente riconosciute. Tuttavia esso sta sempre più interessando economisti ed ecologisti: è in atto un tentativo di costruire prassi con valenza globale.

78 Le norme ad oggi esistenti, riguardano esclusivamente alcuni elementi dell’environmental impact, non

tutti; per esempio vi sono leggi che regolamentano le quantità producibili di waste emission, ma non per le green house gas emission.

79 Per ulteriori informazioni si rimanda alla direttiva “Emissions Trading”: http://www.info-

dell’ambiente è diventato, pertanto un fattore discriminate per le aziende, specialmente per quelle dei paesi più industrializzati. Questo fattore critico di successo è diventato persino capace di influenzare le performance finanziarie e la profittabilità. Il fatto che le imprese siano sensibili o meno alle problematiche ambientali, non solo può rappresentare un vantaggio dal punto di vista delle minori (o dall’assenza di) sanzioni legali, ma anche per il rilevante tornaconto in termini di immagine che l’adozione di pratiche ecosostenibili può generare. Si pensi, per esempio, allo sforzo che molte aziende del settore alimentare stanno compiendo per eliminare l’olio di palma, considerato una delle ragioni della deforestazione, e per pubblicizzarne l’assenza nei rispettivi prodotti. I danni sulla reputazione e sull’immagine sono forse più temibili dei costi immediati, sono infatti capaci di portare a risultati negativi nel medio/lungo termine, non facili da risolvere. È pertanto affermabile, che se da una parte è vero che le azioni ambientali richiedono un ingente costo per metterle in pratica, penalizzante nel breve termine, è altrettanto vero che non metterle in essere porta a distorsioni e a pesanti penalizzazioni nel lungo termine.

Anche l’evidenza empirica, come mostrato da Chiang nel 2015, ha portato a dire che “le aziende contraddistinte da alti coefficienti di performance ambientali e alti livelli di performance finanziaria sono comunque più profittevoli di quelle che hanno, a parità del resto, il primo coefficiente basso”.80

È doveroso sottolineare che le differenze di vedute dei diversi stakeholder possono portare ad affermare che il segno della relazione tra performance finanziarie e quelle ambientale sia positivo o negativo, a seconda dello specifico caso. Per chiarire si forniscono alcuni esempi. È evidente che un investitore speculativo sarà potenzialmente interessato più agli aspetti di breve termine che a quelli di medio lungo, pertanto preferirà scegliere aziende non coinvolte nel tentativo di risolvere i problemi ambientali; vorrà infatti massimizzare il suo investimento nel minor tempo possibile, non vorrà rischiare che il valore del proprio investimento subisca diminuzioni dovute al sostenimento di costi ambientali eccessivamente elevati. All’opposto un consumatore potrà preferire acquistare da aziende che mostrano serietà e rispetto per il pianeta, identificando in questo

80 Per quanto riguarda la relazione tra performance ambientali e finanziarie, alcuni studiosi, tra i quali si

cita Kimbara (2010), hanno ipotizzano anche in questo caso una relazione ad U inversa tra le due performance.

comportamento anche un’indicazione dell’interesse dell’azienda verso la categoria dei consumatori e al loro benessere.

In aggiunta a quanto detto sinora è possibile scendere più nello specifico, andando ad indagare più nel dettaglio di questo fenomeno: l’attenzione verso l’ambiente può essere declinata sotto più sfumature. È possibile che certe categorie di stakeholder, sebbene già propense ad attribuire un valore positivo al coinvolgimento delle aziende nella sfera ambientale in generale, vadano a valutare maggiormente alcuni doveri specifici rispetto ad altri. Per esempio, c’è chi ritiene più importante porre rimedio al surriscaldamento globale, chi all’inquinamento delle acque con materiali tossici e non biodegradabili. Se questo è vero, l’azienda ancora una volta dovrà mettere in atto un’indagine introspettiva, specifica, tramite il proprio environmental management, che vada ad analizzare: quali sono gli aspetti ambientali rilevanti e sensibili per l’operare dell’azienda, i punti di debolezza del proprio agire che possono portare delle ripercussioni negative in termini di entrate e infine quali sono gli stakeholder dei quali si vuole ottenere l’appoggio (e i loro interessi).

Nel paragrafo successivo si andrà a vedere in particolare, come queste differenze di percezione degli stakeholder, nei confronti dei diversi aspetti ambientali, e le peculiarità proprie delle diverse componenti, rientranti nel concetto generale di “environmental issues”, possano portare a conclusioni nettamente diverse in merito al legame tra costi ambientali e performance finanziarie.

Per il momento è interessante, a parere di chi scrive, riportare quelle che sono state indicate come le maggiori categorie di costo legate alla salvaguardia dell’ambiente. Queste sono state sapientemente elencate dal Ministero dell’ambiente del Giappone e sono:

1) Business Area Cost: environmental conservation cost to control environmental impact from a business area by production and service activities.

2) Upstream/Downstream Cost: environmental cost to control environmental impact, upstream or downstream result of production and service activities. 3) Management Activity Cost: environmental cost from management activities 4) Research and Development Cost: environmental cost from research and development activities

5) Social Activity Cost: environmental cost from social activities.

6) Environmental Damage Costs: environmental costs corresponding to environmental damages.

Si noti che questi costi sono da intendersi, sia come spese ma anche come investimenti, e pertanto ci si aspetta di ottenere anche un tornaconto da questi costi sostenuti.

Queste sei componenti di costo possono essere raggruppate in tre sottoinsiemi:  Costi relativi alla conservazione dell’ambiente;

 Costi relativi alla gestione degli aspetti ambientali;  Costi relativi alle attività sociali.

Ognuno di questi insiemi raggruppa al suo interno costi relativi a spese e investimenti inerenti diversi aspetti: impatto ambientale, R&S, indennizzi ambientali.

A titolo esemplificativo, nella tabella 3.1 si riporta una classificazione tabellare che illustra le diverse aree e il loro contributo alla variabilità dei risultati dei tre sottoinsiemi che si sono individuati per un’azienda del settore elettronico (in Giappone) nel periodo 2005-2010 (Chiang e al.,2015).

La tabella indica nella prima colonna le varie classi di costo con un’accezione sia di spesa che di investimento. Nelle successive colonne vengono indicati i tre macro raggruppamenti che si sono costruiti: la component 1 è relativa alla conservazione dell’ambiente; la component 2 alle attività dell’environmetal management; la component 3 alle social activity.

Quello che preme in questa sede, è valutare l’incidenza delle diverse classi di costo nella component 1. Come si può vedere le componenti di costo che influenzano la component 1 sono 8 (in grassetto nella tabella), esse complessivamente contribuiscono al 56% dell’average variance extracted81, ciò a significare che queste componenti di costo

81 “average variance extracted (AVE) is a measure of the amount of variance that is captured by a construct

in relation to the amount of variance due to measurement error. The average variance extracted can be calculated as follows: 𝐴𝑉𝐸 = ∑𝑘𝑖=1λ𝑖2

∑𝑘𝑖=1𝜆𝑖2+∑𝑘𝑖=1𝑉𝑎𝑟(𝑒𝑖)

Here, k is the number of items, 𝜆𝑖 the factor loading of item i and Var (ei)the variance of the error of item

incidono per più della metà sul costo complessivo sostenuto per la salvaguardia ambientale.

La tabella mostra anche l’incidenza delle altre componenti sulle rispettive classi: risulta essere del 17% dell’average variance extracted7 quella esercitata dalle spese e dagli investimenti in attività di environmental management nella component 2, e del 12% dell’average variance extracted7 quella delle spese e degli investimenti in social activity nella component 3.

Per osservare in che modo questi costi individuati possono influenzare le performance finanziarie di un’azienda ci si rifà a uno studio condotto da Chiang e al. nel 2015, su un

Tabella 3.1 Analisi Fattoriale: estrazione delle componenti principali per i costi di salvaguardia ambientale.

campione di 105 aziende giapponesi appartenenti al settore elettronico, che analizza i dati dal 2005 al 201182.

Chiang parte col costruire un’equazione di correlazione di questo tipo: 𝐶𝐹𝑃 = 𝛽0+

𝛽1∗ (𝑒𝑛𝑣𝑖𝑟𝑜𝑛𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑙 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑒𝑟𝑣𝑎𝑡𝑖𝑜𝑛 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑠) +

𝛽2∗ (𝑛𝑢𝑚𝑏𝑒𝑟 𝑜𝑓 𝑒𝑚𝑝𝑙𝑜𝑦𝑒𝑒𝑠)

Dove 𝛽0 è una costante, 𝛽1 e 𝛽2 sono i coefficienti di regressione, e il numero degli impiegati è utilizzato come variabile di controllo, quale proxy per la dimensione. La relazione causale è stata esaminata misurando se la variabile dipendente (CFP) in un determinato anno (il 2011) è stata in qualche modo influenzata dalla media dei valori, registrati negli anni precedenti (2005-2010), delle variabili indipendenti.

Le risultanze empiriche hanno portato a esiti significativi favorevoli all’ipotesi di una relazione sussistente tra i due fattori in gioco. Si riportano le conclusioni dello studio nella tabella 3.2.

82 Lo studio al quale si fa riferimento, è condotto per valutare anche altri aspetti, quali la relazione tra CFP

e costi per la conservazione dei livelli di rifiuti tossici e CO2 e tra CFP e CSR rating. A noi, qui interessa

riportare solo l’aspetto inerente il legame tra costi ambientali e performance finanziarie.

Tabella 3.2 Risultati analisi di regressione tra costi ambientali e performance finanziarie

Da quanto è possibile notare dalla tabella, i costi relativi alla salvaguardia dell’ambiente risultano avere un impatto significativamente positivo sia sulle entrate nette sia sul loro valore lordo, pre tasse (questi due valori, sono qui indici della performance finanziaria). Il test F, indica che entrambi i modelli che si sono costruiti sono significativi, dal momento che in ambedue i casi il suo valore supera i10 punti, suo valore soglia di significatività.

Volendo vedere in che modo ogni singola componente del “environmental conservation cost”, precedentemente individuate nella tabella 3.1, sia correlata con la performance finanziaria, si riporta la seguente matrice in tabella 3.3, rappresentante il legame tra ogni singola tipologia di costo e il risultato lordo, prima delle tasse.

Tabella 3.3 Correlazione tra singole variabili del environmental conservation cost e risultato prima delle tasse

Fonte: Chiang, e al 2015

“P” indica il grado di significatività ottenuto con il test statistico, più il valore è piccolo, maggiore è la significatività.

Da quanto emerge, tra le componenti dell’environmental conservation cost (in grassetto nella tabella 3.3) solo due, gli investimenti a monte per il contenimento dell’impatto ambientale e le spese per gli indennizzi, in alcuni anni (rispettivamente dal 2007 al 2010 e nel 2010) portano a risultati non significativi, e pertanto sono privi di rilevanza statistica. Le restanti componenti invece mostrano una correlazione positiva, statisticamente rilevante83.

Pertanto, da quel che risulta da questa ricerca condotta nella realtà nipponica, è possibile affermare vi sia una relazione significativamente positiva tra i costi sostenuti per la conservazione, salvaguardia dell’ambiente e le entrate di un’azienda84.

Nel prosieguo si intende analizzare in che modo la regolamentazione da parte dello stato, su precisi aspetti ambientali, possa generare delle diversità nel modo di percepire le iniziative a favore dell’ambiente e relazionarsi con esse da parte degli stakeholder coinvolti, rispetto ad altre attività non regolamentate.