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La CSR nelle istituzioni finanziarie e la finanza etica

4. LA CSR E IL MONDO DELLA FINANZA

4.4 La CSR nelle istituzioni finanziarie e la finanza etica

Finora è stata esaminata l’implementazione della CSR nell’ambito delle aziende industriali, e si è visto che la sua adozione è stata soggetta a un iter lungo e mutevole nel tempo. Allo stesso modo, si è osservato come nel tempo siano cambiate anche le considerazioni degli analisti e degli investitori in merito all’adozione di iniziative e attività socialmente responsabili da parte delle aziende. Analogamente è interessante indagare su come queste pratiche si sono relazionate col mondo della finanza, in particolare con gli intermediari finanziari, prima fra tutti la banca130.

Innanzitutto è importante sottolineare che il settore finanziario ha risposto alla sfida del sostenibile in ritardo rispetto agli altri settori industriali, in genere più inquinanti, e con una minore velocità di crescita131. Questo è accaduto dal momento che da sempre è

130 Dal momento che le banche rappresentano il più antico e il più diffuso intermediario finanziario. 131 Cfr Coulson e Dixon (1995)

ritenuto un ambito relativamente non inquinante, sebbene la sua vasta dimensione e il suo raggio d’azione lo rendono tale da avere un notevole impatto sull’ambiente ospitante. Gradualmente nel tempo, ci si è accorti del potere detenuto dal settore finanziario e pertanto è cresciuta l’attenzione nei suoi confronti. Facendo particolare riferimento alle banche, si è posta attenzione sulla loro capacità di influenzare, e di essere a loro volta condizionate, dall’impatto ambientale e sociale generato indirettamente, tramite i loro clienti e investimenti132. È pertanto possibile rimarcare che sebbene inizialmente “it could be argued that banks are not so much interested in the impact of bank lending upon the environmental as in the impact of the environment upon bank lending” (Thompson e Cowton 2004), ad oggi le medesime banche (e più in generale l’intero settore finanziario) hanno di gran lunga accresciuto il loro interesse sulle iniziative di CSR relative al prestito bancario e al project financing.

Appurato che le banche nella nostra società agiscono quali principali intermediari finanziari e hanno un notevole impatto sulla società e un ruolo fondamentale nel processo di sviluppo economico di un paese, può essere interessante vedere come queste si adoperano per implementare nelle loro attività la CSR.

L’attività bancaria è un’attività sui generis, nettamente differente rispetto a ogni altra attività produttiva del settore industriale, pertanto anche le pratiche di CSR che può mettere in pratica differiscono da quelle delle imprese industriali. Nel contesto bancario una maggiore enfasi sarà posta sulla responsabilità sociali relative alle aree del prestito, degli investimenti e delle operazioni di asset management, ovvero quelle aree nelle quali la lotta contro la corruzione e il riciclaggio sono doveri dominanti.

Come ogni altra azienda industriale fornitrice di beni e servizi, gli intermediari avranno quegli obblighi morali e sociali verso la società che le ospita: soddisfacimento dei bisogni che il mercato presenta, creazione di valore e di posti di lavoro, rispetto dei diritti umani, attenzione agli interessi dei propri stakeholder, rispetto ambientale etc., ma in aggiunta a tali obblighi comuni, possiedono anche specifici doveri sociali spettanti alle istituzioni finanziarie che derivano dal preciso ruolo all’interno della società che per definizione questi organismi ricoprono133. La loro principale funzione sociale si può dire essere quella di fornire il servizio di intermediazione che consente di mettere in relazione soggetti che

132 Anche se le banche non hanno un impatto diretto sull’ambiente, la responsabilità socio-ambientale

indiretta può comunque aumentare qualora esse concedano credito ad aziende che inquinano l’ambiente, producono prodotti pericolosi o violano i diritti umani.

133 Nelle economie dei paesi sviluppati questa funzione sociale è ricoperta sia dalle banche che dai mercati

hanno risorse finanziarie in eccesso (risparmi) e soggetti che necessitano di tali risorse per effettuare investimenti. A fianco a tali funzioni se ne trovano altre secondarie come quella relativa alla fornitura di strumenti di investimenti differenziati per rischio, grado di liquidità, sicurezza e rendimento compatibili con diverse classi di investitori, da una parte, e quella inerente alla predisposizione di efficaci strumenti di finanziamento adatti e specifici per le diverse tipologie di clientela (persone fisiche, persone giuridiche, etc.). È possibile affermare che di fatto, in parte l’attività bancaria è già per sua natura (teorica) pensata per adempiere a scopi sociali. Ciò che ci si aspetta da un’organizzazione di questo tipo è infatti che contribuisca alla crescita del paese in cui è ubicata e che ne attenui la povertà, sebbene le crisi dell’epoca moderna e contemporanea hanno mostrato che tali aspettative spesso e volentieri sono state disattese.

Non è un caso infatti che una marcata svolta nell’integrazione della CSR all’interno delle istituzioni finanziarie è stata fornita per l'appunto dall’ultima grande crisi finanziaria scoppiata in America nel 2008. In seguito a tale grande esempio di sconsideratezza e immoralità, il mondo è insorto sottolineando la necessità di tornare a una finanza più trasparente e a misura d’uomo che, oltre che a preoccuparsi degli aspetti economico- finanziari, ponga attenzione anche agli aspetti socio-ambientali. È necessaria una finanza, che non pregiudichi il benessere dell’umanità, ma che sia strumentale alla sua creazione. Ecco dunque che dopo la grande esuberanza irrazionale dei mercati finanziari, sfociata nella crisi del 2008, si è fatta piano piano largo una mutata concezione della finanza, denominata “finanza etica”. Quest’ultima, senza ripudiare le forme della finanza tradizionale (intermediazione, raccolta, prestiti), ne riformula i valori di riferimento: la persona e non il capitale, l’idea e non il patrimonio, l’equa remunerazione dell’investimento e non la speculazione patologica (Quirici, 2013). Secondo questa visione, il mondo finanziario non può più essere considerato (se mai fosse stato possibile farlo) un contesto a se stante, anzi esso è in tutto e per tutto in relazione col mondo reale che lo supporta: su di esso esercita influenza, e da esso, a sua volta, è condizionato. L’umanità è pertanto coinvolta in prima persona in quelle che sono le questioni finanziarie, e queste ultime devono essere strutturate in modo tale da rispettare la loro originaria missione, ovvero quella di contribuire allo sviluppo di un sistema economico funzionale alla creazione di benessere per le persone.

La social responsibility a livello del settore finanziario può essere illustrata facendo riferimento a quattro dimensioni:

 Responsabilità Economica. È la principale responsabilità delle banche; consiste nel fornire prodotti e servizi di qualità che consentano di contenere e/o gestire il rischio e allo stesso tempo di essere profittevoli, in modo tale di consentire la crescita economica.

 Responsabilità Legale. È quella che impone di agire nei limiti di leggi imposte da organismi di vigilanza internazionali e nazionali, nonché nel rispetto delle complementari leggi statutarie autoimposte.

 Responsabilità Etica. Consiste nell’adottare pratiche oneste e trasparenti che vanno oltre la compliance alle leggi: fare la “cosa giusta” riguarda anche le scelte di investimento e la concessione di prestiti alle aziende.

 Responsabilità Discrezionale (filantropia). Coincide con la scelta volontaria di contribuire allo sviluppo della società e all’innalzamento della qualità della vita. Nonostante sia una scelta discrezionale essa sta sempre più diventando una prassi comune.

Per rappresentare graficamente quanto esposto, possiamo fare riferimento a una piramide che mostri come è distribuita l’importanza delle diverse responsabilità all’interno dell’attività bancaria (figura 4.12)

Figura 4.12 Piramide CSR: distribuzione della responsabilità all’interno dell’attività bancaria

Un fattore che pur essendo comune a tutte le aziende, assume per quelle appartenenti al settore finanziario particolare rilevanza è la reputazione: è un fattore imprescindibile per le aziende bancarie, in quanto principale elemento di distinzione, gestire la propria reputazione per differenziarsi dalla concorrenza e mantenere la fiducia degli stakeholder. Si è detto in precedenza che le attività di CSR sono in grado di migliorare l’immagine e la reputazione di un’azienda che le attua. Ed è pertanto consequenziale che dopo un danno reputazionale per l’intero settore, come quello inflitto dalla crisi finanziaria del 2008, queste aziende stiano cercando di riguadagnare credibilità anche mediante una maggiore attenzione agli aspetti sociali e ambientali, come suggerito dalla CSR, come dimostrano anche alcuni studi in materia che riportiamo brevemente.

Un’indagine134 condotta da Mobin, Zillur e Imran (2014) su un campione di 350 impiegati di banca (di diverso livello), in India, ha cercato di comprendere quali attività di CSR fossero maggiormente praticate dalle banche. Il responso è stato il seguente: la maggiore attenzione è posta sulla sicurezza degli impiegati sul posto di lavoro; in secondo luogo si trova l’interesse per il benessere del contesto sociale; mentre solo una lieve considerazione è data alla questione ambientale.

Sebbene tale graduatoria possa essere spiegata facendo appello al fatto che in India solo più recentemente si è iniziato a porre lo sguardo sugli aspetti ambientali, tale conclusione non sembra del tutto convincente. Invero, è più probabile che le attività bancarie, dal momento che non sono per loro natura capaci di apportare direttamente un impatto dannoso sull’ambiente, tendano a trascurare, o meglio ad attribuire una minor importanza a tale componente. Questa affermazione è ulteriormente suffragata da uno studio americano del 2014135 che analizza la disclosure circa le pratiche di CSR (report) messa in atto da un campione di banche statunitensi dal 2009 al 2011136: l’87% dei report dava informazioni in merito allo staff e alle condizioni di lavoro in cui operava137; il 47% dei report rilasciava informazioni circa il coinvolgimento nelle risoluzioni dei problemi della società; il 44% dei report analizzati informava circa i prodotti sociali, la qualità dei servizi e la soddisfazione dei clienti; solo il 12% informava circa le iniziative e i progetti promossi a livello ambientale.

134 Sotto forma di questionari inviati al personale di banche indiane nel Marzo 2014. 135 Cfr. Jizi, Salama, Dixon, Stratling (2014).

136 Le osservazioni furono complessivamente 98 (2009), 97 (2010), 96 (2011), per un totale di 291 report. 137 Le banche sembrano ritenere questa voce la principale per importanza, dal momento che il personale

Come si nota anche nella realtà americana, analogamente a quella indiana, la maggiore attenzione sia in termini di attività di CSR che di disclosure in merito, è rivolta allo staff e alle condizioni di sicurezza sul posto di lavoro. Tutto ciò a conferma ulteriore che per un intermediario finanziario la credibilità e la serietà del proprio personale nonché la sicurezza sul posto di lavoro sono fattori di principale importanza.

La questione ambientale invece non appare essere di primaria preoccupazione all’interno delle banche. Come accennato in precedenza tale tendenza è spiegabile col fatto che le banche direttamente non hanno un grande impatto sull’ambiente per loro stessa natura. Sebbene alcune iniziative siano state messe in essere, specialmente negli ultimi anni, grazie alla telematizzazione di alcune pratiche e allo sviluppo di materiali più ecosostenibili per quel che riguarda i prodotti come bancomat e carte di credito138, rimangono comunque in secondo piano rispetto all’attuazione di altre attività di CSR. Le banche tendono a preoccuparsi più dell’impatto indiretto sull’ambiente, ovvero su quello che esercitano le imprese che loro si apprestano a finanziare. Tale attività, del tutto legittima da parte degli intermediari finanziari, può tuttavia rappresentare quasi una debolezza o un danno reputazionale non irrilevante: le società ambientaliste potrebbero non apprezzare e in qualche modo boicottare e danneggiare la credibilità di una banca, qualora queste risultino abituali al finanziamento di progetti di natura inquinate o socialmente disdicevole.

Tale preoccupazione ha portato negli ultimi anni le banche a sviluppare un sistema di governance più trasparente e comprensibile dall’esterno, e a dare la precedenza a quegli investimenti che, a parità di profittabilità economica, dal punto di vista sociale, culturale e ambientale risultassero più meritevoli.

Ad oggi è possibile affermare che un orientamento etico e sostenibile anche del settore bancario è sempre più considerato da tutti gli stakeholder: i risparmiatori/ finanziatori vogliono sapere come viene canalizzato il proprio denaro; le organizzazioni non governative (NGO) vogliono sapere quale settore la banca sta finanziando con le proprie risorse; gli investitori sono preoccupati dei ritorni negativi che possono subire qualora la banca subisca un danno reputazionale o sia protagonista di scandali derivanti dal finanziamento di “bad companies” (inquinanti o non rispettanti i diritti umani); etc.

138 Per quanto riguarda la telematizzazione di alcune pratiche si può citare, a titolo esemplificativo, l’invio

per posta elettronica di estratti conto e altre informazioni di servizio che nel passato richiedevano un ingente consumo di carta; per il secondo aspetto si cita come esempio l’iniziativa del 1997, messa in essere da una banca cooperativa in associazione con Greenpeace, che prevedeva la generazione di carte di credito biodegradabili con lo scopo di ridurre i residui chimici nell’ambiente.

A livello europeo è stata condotta un’interessante ricerca139 che ha portato alla luce le principali attività di CSR messe in essere dalle 17 maggiori banche multinazionali originarie del continente140. Da quanto emerso le aree sulle quali si presta più attenzione in ottica di CSR sono: la responsabilità indiretta causata dai clienti; i doveri nei confronti del personale; i doveri nei confronti della società; lo sviluppo dell’inclusione finanziaria (processo mediante il quale si cerca di finanziare anche le realtà produttive di più piccola dimensione, o i soggetti che non riescono a fornire le garanzie tradizionali); lotta contro la corruzione e il riciclaggio di denaro; gli impatti diretti sull’ambiente.

In aggiunta all’individuazione delle aree con importanza sociale maggiore, la ricerca è utile per comprendere anche quali sono gli strumenti adottati nel concreto dalle banche per mettere in atto iniziative con risvolti sociali e quali sono le iniziative (volontarie) messe in essere dal singolo intermediario.

Per quanto riguarda gli strumenti più utilizzati si presenta il seguente elenco: codici di condotta; sistemi di management; forme ad hoc di relazione con i diversi stakeholder; contabilità e rendicontazione socio- ambientale; adattamenti dei prodotti alle richieste derivanti dal contesto sociale ma anche ambientale in cui si è inseriti.

Parlando invece delle iniziative messe in atto su base volontaria, è possibile selezionare tre macro aree: attenuazione dei cambiamenti climatici, promozione dell’uguaglianza di genere, lotta contro corruzione e riciclaggio di denaro. Per ogni macro area possono essere individuate diverse attività. Tra le più frequenti si trovano: ridurre le emissioni di gas serra e puntare sulle energie rinnovabili ( in riferimento all’impatto ambientale diretto che le banche possono generare) e tenere in considerazione l’impatto che le aziende richiedenti credito hanno sull’ambiente, in particolare sul cambiamento climatico (impatto indiretto); promozione di pari opportunità tra i sessi in termini di posti di lavoro, possibilità di avanzamento di carriera e remunerazione nonché uguale trattamento di genere nella vendita di prodotti e servizi sia in termini di accesso al servizio che di costo applicato; ridurre al minimo il rischio di corruzione e le attività di riciclaggio, anche mediante una maggiore trasparenza dei processi messi in essere.

139http://www.rareeu.net/fileadmin/user_upload/internal/project_documents/Sector_Survey/RARE_CSR_

Survey_Banking_Sector.pdf

140 Germany (5: Deutsche Bank, Dresdner Bank, KfW Bankengruppe, West LB, Hypo Vereinsbank

(HVB)), UK (2: Royal Bank of Scotland (RBS), Cooperative Bank), Switzerland (1: UBS), France (1: Caisse Nationale des Caisses d‘Epargne (CNCE)), Netherlands (1: ABN AMRO), Italy (3: Unicredit Group, Gruppo San Paolo IMI, Gruppo Monte dei Paschi di Siena (MPS)), Belgium (2: DEXIA, KBC), Spain (2: Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (BBVA), Caja Madrid).

In aggiunta alle “comuni” attività di CSR che, come si è visto, partendo dalle pratiche riferibili a qualsiasi tipologia di azienda, si arricchiscono di talune accezioni specifiche per gli intermediari finanziari, è doveroso sottolineare l’emergere, nei tempi moderni, di una realtà ancora più spinta verso l’etica: la banca etica.

La banca etica è stata puntualmente definita dalla Federazione Europea Banche Etiche (FEBEA) nel 2010 come una banca che “have the objective of achieving a positive impact in the collection and in the use of money. They invest in new activities such as organic farming, renewable energies, the Third sector (or not-for-profit sector), Fair Trade. They respond more and more to the needs of those who are excluded from the banking system, and to the needs of savers and investors who are increasingly interested in the way their savings are used”.

È importante a questo punto non creare confusione tra le terminologie. Vi è una sostanziale differenza tra ciò che è definibile “banca etica” e ciò che invece è una banca tradizionale bendisposta verso l’attuazione di pratiche di CSR.

Se infatti è indubbio che le attività messe in atto dalle banche tradizionali contribuiscano positivamente a fornire un’immagine di correttezza etica, è altrettanto vero che talvolta tali iniziative vengono realizzate, come fossero una qualsiasi strategia di marketing volta ad aumentare la credibilità e la reputazione agli occhi dei propri stakeholder, per avere ritorni profittevoli in termini economici.

Per la banca etica ciò non è contemplabile, il comportamento etico è un qualcosa che deve guidare la filosofia manageriale dell’intera organizzazione, ovvero deve essere una sorta di “raison d’être” che nasce dalla condivisione di quei principi base suggeriti dalla finanza etica.

Una tra le maggiori differenze tra le due realtà è che la banca etica dà priorità agli investimenti etici o comunque a quegli investimenti orientati a finanziare progetti che porteranno a uno sviluppo socio ambientale, nonostante questi possano condurre a minori profitti141.

Al di là di tali differenze è evidente che i due concetti non sono avulsi l’uno dall’altro. Anzi sono estremamente interconnessi. La finanza etica, e di conseguenza la banca etica, infatti è un modello di fare business (bancario) che scaturisce dall’emergere delle nuove

141 In una banca tradizionale ciò sarebbe impensabile: si opterebbe per un investimento etico solamente

qualora esso sia in grado di garantire un profitto non inferiore (pertanto, pari o superiore) a quello di un qualsiasi altro tipo di investimento non etico.

spinte dell’economia sostenibile, basate sull’applicazione dei principi della CSR. Da questo punto di partenza, comune ad entrambe le tipologie di banche, la banca etica va oltre facendo diventare i principi di CSR parte fondamentale del core business; primi tra tutti valori come: la trasparenza assoluta sull’informazione in merito agli investimenti effettuati; la selezione degli investimenti in base al rispetto di determinati requisiti quali per esempio l’uso responsabile delle risorse, l’applicazione di prezzi equi; il finanziamento dell’economia reale in tutte le sue accezioni.

In Italia un primo tentativo per fornire indicazioni strutturate circa cosa debba intendersi con “finanza etica” e soprattutto su quali principi debba fondarsi è stato fatto con la stesura del “Manifesto della finanza etica” nel 1998142. Questo documento indica fondamentalmente sette principi ai quali si deve attenere la finanza etica per essere definita tale. Sono:

 Il credito in tutte le sue forme è un diritto umano;

 L’efficienza è concepita come un elemento della responsabilità etica;

 Non è legittimo l’arricchimento che si basa sul solo possesso di denaro o su operazioni meramente speculative;

 La finanza è trasparente;

 Alle scelte importanti dell’impresa devono partecipare oltre ai soci anche i risparmiatori;

 I criteri di riferimento per gli impieghi sono ambientali e sociali oltre che economici;

 Il gestore che orienta tutta l’attività della finanza deve aderire in maniera globale e coerente (e si deve dichiarare disposto al monitoraggio da parte di risparmiatori ed istituzioni di garanzia).

Da quel che emerge sia tra i principi elencati nel Manifesto della finanza etica, sia dalla descrizione delle aree di responsabilità della banca, uno degli aspetti più rimarcati è la necessità di rispettare il diritto umano al credito. La finanza etica non accetta discriminazioni tra destinatari degli impieghi e si apre a più ampie vedute in merito alle garanzie accettate sui crediti concessi. A tal proposito negli ultimi anni si sono fatti campo nuovi ed efficaci strumenti di sviluppo economico, imprenditoriale, sociale e di lotta alla

142 Per ulteriori approfondimenti in merito: https://www.bancaetica.it/sites/bancaetica.it/files/web/la-

povertà, che permettono l'accesso ai servizi finanziari anche alle persone in condizioni di povertà ed emarginazione: il microcredito e, più in generale, la microfinanza.

La microfinanza è un concetto che raggruppa uno svariato numero di prodotti e servizi finanziari offerti da istituti bancari specializzati verso una categoria specifica di clienti: