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Il costituzionalismo multilivello: la tutela dei diritti sociali nell’ordinamento internazionale regionale e nell’Unione Europea fra conflittualità e coordinamento

Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico Università di Pisa

2. Il costituzionalismo multilivello: la tutela dei diritti sociali nell’ordinamento internazionale regionale e nell’Unione Europea fra conflittualità e coordinamento

Quando si parla di costituzionalismo multilivello la maggior parte degli studiosi fa riferimento prevalentemente5 o esclusivamente6 alle problematiche connesse ai rapporti fra la disciplina costituzionale

dei diritti ed principi contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed ora anche nella Carta dei diritti dell’UE. Tre ordinamenti e tre sistemi giurisdizionali di garanzia dei diritti spesso in contrapposizione fra di loro, ma che cercano di convivere e di evitare le possibili ricorrenti “guerre”, viste in passato7, attivando piuttosto una sorta di coordinamento che qualche volta implica un self-restraint da

parte di una Corte e, tal altra, un intervento espansivo della propria competenza.

Senza poter entrare in questa sede sull’ampia discussione che vi è stata sull’evoluzione del “dialogo fra le Corti” ed in particolare, da ultimo, sulle due decisioni della Corte di giustizia del Lussemburgo sulla vicenda Taricco8 e la pregiudiziale di costituzionalità della Corte costituzionale, tuttavia si può affermare,

anche se in modo apodittico, che emerge dalla giurisprudenza costituzionale e delle Corti europee la ricerca di un indirizzo collaborativo al fine di riconoscere a ciascun giudice il proprio ambito d’intervento, che ancora non si è assestato e necessita forse di ulteriori chiarimenti reciproci con decisioni che attualmente sono in itinere.

D’altra parte l’ordinanza di rimessione della questione pregiudiziale della Corte costituzionale è proprio indirizzata a consentire al giudice europeo di esercitare meglio i suoi poteri e contenere la portata della sua pronuncia, proprio al fine di evitare una contrapposizione ed un’applicazione del principio dei controlimiti che, a detta della stessa Corte, dovrebbe costituire l’ipotesi limite del suo sindacato di

5 Su questa linea è il lavoro collettaneo P. BILANCIA- E. DE MARCO (a cura di), La tutela multilivello dei diritti.

Punti di crisi, problemi aperti momenti di stabilizzazione, Giuffrè, Milano 2004 dove la maggior parte dei contributi

riguardano appunto i rapporti con l’UE o la CEDU, ma sono anche presenti lavori dedicati completamente ai diritti tutelati a livello regionale (F.PIZZETTI, La tutela dei diritti nei livelli substatali, 185 ss e B. CARAVITA di TORITTO, La tutela dei diritti nei nuovi Statuti regionali, 233 ss.).

6 G. DEMURO, Costituzionalismo europeo e tutela multilivello dei diritti, Giappichelli, Torino, 2009; A. CARDONE, La

tutela multilivello dei diritti fondamentali, Giuffrè, Milano, 2012.

7 Si pensi solo a come si è giunti a riconoscere il potere di disapplicazione da parte del giudice comune delle norme

interne in contrasto con normativa comunitaria, su cui vedasi per tutti F. SORRENTINO, Le fonti del diritto italiano, Cedam, Padova 2015, part. 23 ss. e 94 ss.

8 Sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a. C-105/14, EU:C:2015:555, l’ord. della Corte costituzionale del 23

novembre 2016, la risposta della Grande Sezione sent.5 dicembre 2017 C-42/17, EU:C:2017 ed infine l’ultima sentenza della Corte costituzionale, che per ora dovrebbe aver concluso la c.d “saga Taricco”, sent. n. 115 del 2018. Sul fatto che tale pronuncia chiuda questo “colloquio” a distanza fra le due Corti dubitano C. AMALFITANO-O. POLLICINO, Jusqu’ici tout va bien… ma non sino alla fine della storia. Luci, ombre ed atterraggio della sentenza n. 115/2018

della Corte costituzionale che chiude (?) la saga Taricco, in Diritti comparati, 5 giugno 2018. Vedasi peraltro altri commenti

alla sentenza di C. CUPELLI, La Corte costituzionale chiude al caso Taricco e apre ad un diritto penale europeo ‘certo’, in Diritto

costituzionalità. Ed in questa direzione di self restraint o comunque di non contrapposizione sembra collocarsi da ultimo anche la nostra Corte di Cassazione che, nell’analitica e circostanziata ordinanza n. 3831 del 16 febbraio 2018 di rimessione alla Corte costituzionale, in risposta alla sent. 269 del 20179, ha

rimesso al giudice costituzionale e non al giudice europeo la questione in ordine alle conseguenze del mancato accoglimento delle ragioni dell’impugnazione derivanti dalla violazione di principi e di diritti tutelati contemporaneamente dalla Costituzione e dalla Carta dei diritti10. In altre parole la Cassazione

nel rimettere una questione di costituzionalità al giudice delle leggi ha messo in dubbio il principio affermato nella sentenza n. 269 del 2017 in ordine alla preferenza della pregiudizialità costituzionale, rispetto alla pregiudizialità europea ed anzi con l’affermazione che dinanzi ad un mancato accoglimento della questione da parte della Corte italiana, la Cassazione possa poi rivolgersi con una nuova pregiudiziale alla Corte dell’Unione sia con altri motivi, che con gli stessi già proposti ed eventualmente rigettati dalla Consulta. Sembra quindi che si apra lo spazio per una nuova conflittualità fra le Corti.

Non omogeneo è tuttavia l’indirizzo della Corte di Cassazione, perché in una sentenza11, fra l’altro

successiva all’ordinanza n. 3831 di cui sopra, si è limitata a disattendere l’impostazione della Corte costituzionale contenuta nella sent. n. 269/2017, disapplicando direttamente la norma interna che prevedeva una diversità di trattamento pensionistico fra donne e uomini, determinando una discriminazione diretta per ragioni di sesso su cui era già intervenuta la Corte di Lussemburgo. Ma ciò

9 Tale decisione della Corte è stata ampiamente commentata sia da costituzionalisti, sia da studiosi del diritto

dell’Unione, fra cui L. SALVATO, Quattro interrogativi preliminari al dibattito aperto dalla sentenza n. 269 del 2017 (18

dicembre 2017), forumcostituzionale.it; A. RUGGERI, Svolta della Consulta sulle questioni di diritto eurocomunitario assiologicamente pregnanti, attratte nell’orbita del sindacato accentato di costituzionalità , pur se riguardanti norme dell’Unione self- executing (a margine di Corte cost. n. 269 del 2017) , in Diritti comparati, 3/2017, p. 230 ss.; C. CARUSO, La Corte costituzionale riprende il “cammino comunitario”: invito alla discussione sulla sentenza n. 269/2017 (18 dicembre 2017), in Forumcostituzionale.it; A. GUAZZAROTTI, Un “atto interruttivo dell’usucapione” delle attribuzioni della Corte costituzionale? In margine alla sent. n. 269/2017, in Forumcostituzionale.it 18 dicembre 2017; A. RUGGERI, Ancora in tema di congiunte violazioni della Costituzione e del diritto dell’Unione, dal punto di vista della Corte di giustizia (Prima Sez., 20 dicembre 2017, Global Starnet), in Diritti Comparati, 1/2018; D. TEGA, La sentenza n. 269 del 2017 e il concorso dei rimedi giurisdizionali costituzionali ed europei, in Forumcostituzionale.it, 24 gennaio 2018; G. SCACCIA, L’inversione della “doppia pregiudiziale” nella sentenza della Corte costituzionale n. 269/2017: presupposti teorici e problemi applicativi, in Forumcostituzionale.it, 25

gennaio 2018.

10 Anche tale ordinanza di rimessione è stata oggetto di numerosi commenti dottrinari. Cfr. fra gli altri A.

RUGGERI, Una prima, cauta ed interlocutoria risposta della Cassazione a Corte cost. n. 269/2017 (a prima lettura di Cass., II

sez. civ., 16 febbraio 2018 n. 3831, Bolognesi c. Consob), in Consultaonline.org, 2018, ID, Dopo la sentenza n. 269 del 2017 sarà il legislatore a far da paciere tra le Corti, in Consultaonline.it, fasc. 1, 2018; F. MARTINES, Procedimenti pregiudiziali e applicazione di parametri costituzionali ed europei a tutela dei diritti fondamentali, in Osservatoriosullefonti.it, fasc. 1, 2018; R. G.

CONTI, An, quomodo e quando del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia quando è 'in gioco' la Carta dei diritti fondamentali

UE. Riflessioni preoccupate dopo Corte cost. n. 269/2017 e a margine di Cass. n. 3831/2018, in Giudicedonna.it, fasc. 4, 2017;

D. TEGA, Il seguito in Cassazione della pronucia della Corte costituzionale n. 269 del 2017: prove pratiche di applicazione, in

Questionegiustizia.it, 12 marzo 2018;

che appare rilevante sono due precisazioni della Cassazione, ossia che il principio del primario ricorso alla Corte costituzionale, espresso nel punto 5.2 della sent. 269/2017, costituisce solo un obiter dictum, fra l’altro oggetto di discussione in dottrina per i suoi effetti in ordine “all’immediato e tempestivo esercizio dei poteri che al giudice ordinario attribuisce l’ordinamento dell’Unione onde garantire una pronta effettività ai diritti che sono garantiti a livello sovranazionale”.

In secondo luogo la Cassazione auspica che, al di là dell’obiter dictum a cui riconosce un valore ridotto, “la Corte delle leggi voglia apportare comunque chiarimenti in futuro su un punto rimasto comunque oscuro (...) e cioè su cosa debba fare il giudice ordinario allora che la tutela invocata operi attraverso il combinato disposto tra le direttive e le disposizioni della carta dei diritti, posto che le prime dovrebbero essere interpretate anche alla luce della seconda che ne costituisce in realtà un parametro di legittimità sostanziale”.

Si tratta di pronunce che affrontano ora solo indirettamente il tema della tutela dei diritti sociali, ma che hanno ed avranno forti implicazioni sull’interpretazione e sull’organo legittimato a dare la corretta interpretazione delle norme a tutela di tali valori.

D’altra parte se i diritti vengono letti ed interpretati da ottiche diverse ed avendo come base di riferimento normative diverse, inevitabilmente le conseguenze che ne possono derivare, in termini di decisioni adottate, possono non essere omogenee e non si tratta tanto di avere la massima tutela di un diritto, quanto la “giusta” tutela che non interferisca e non limiti altri diritti parimenti garantiti12.

Al di là di questo dialogo apparentemente pacato ed interlocutorio fra le Corti di vertice del nostro e dell’ordinamento europeo, si evince una significativa incertezza non solo sul rapporto fra questi organi e fra i relativi ordinamenti, quanto anche sul contenuto stesso di tali diritti e come questi operino nel rispetto delle tradizioni costituzionali comuni dei singoli Stati, così come delle norme europee ed internazionali (ratificate) rese effettive dalle altre Corti.

D’altra parte la nostra Corte costituzionale si è spesso indirizzata a valorizzare i principi elaborati da tali Corti, ma la garanzia e l’effettività dei diritti sociali dipende dalle modalità d’attuazione di essi da parte degli enti locali, regioni, province e comuni in rapporto agli ambiti di competenza amministrativa. L’effettiva tutela dipende, in altre parole, da un insieme complesso di ordinamenti e di soggetti che in vario modo partecipano e influiscono sulla loro attuazione.

Nessun dubbio può sussistere in ordine al fatto che la competenza europea, quella nazionale ed anche quella regionale debbano in questi settori convivere, tanto che anche la Corte costituzionale nella sentenza n. 118/2015 (sul referendum consultivo veneto), fra i tanti profili affrontati precisa che “l’ordinamento

repubblicano è fondato altresì su principi che includono il pluralismo sociale e istituzionale e l’autonomia territoriale, oltre che l’apertura all’integrazione sovranazionale e all’ordinamento internazionale”, cosicché la tutela multilivello dei diritti sociali costituisce la base portante, l’assetto diversificato della loro tutela. Occorre quindi verificare come e se all’interno dei vari ordinamenti vi sia un effettivo riconoscimento dei diritti sociali, che non si può limitare solo all’esistenza di un contenuto normativo adeguato, ma anche all’istituzione di organismi che verifichino ed agevolino la loro effettività. D’altra parte, la tutela multilivello dei diritti sociali si pone in modo parzialmente diverso rispetto a quella necessaria per gli altri diritti, in quanto generalmente13 richiede un intervento attivo dei singoli ordinamenti che ne devono

garantire l’esercizio, cosicché accanto ad un’affermazione generale del diritto stesso, che può essere proclamata in una Carta o comunque circostanziata in una decisione giudiziale europea, è poi necessario che vi siano le risorse economiche per garantirne l’effettività. La crisi economica e finanziaria, ormai in atto da un decennio e che sicuramente avrà effetti a cascata in Italia a lungo nel tempo, ha reso più difficoltosa la perdurante sostenibilità di livelli di tutela adeguati. Si tratta di un’aggressione che non si arresta ai profili materiali legati all’effettiva garanzia di questi diritti da prestazione; diritti “che costano” e sono stati sinora sostenuti mediante l’erogazione di ingenti risorse pubbliche, non più disponibili nella stessa misura del passato. Se di questo (e soltanto di questo) si trattasse, alla situazione critica in atto potrebbe essere attribuita una consistenza meramente temporanea che dovrebbe venir meno nel momento in cui tale situazione economica nel lungo tempo dovesse attenuarsi.

Il fenomeno che sta progressivamente maturando presenta un’estensione di ben più vasta portata ed agisce in profondità, non limitandosi alla sfera dell’economia, della società, della politica e della finanza pubblica, ma mette in discussione l’idea stessa del valore di questi diritti e della dottrina costituzionale sottostante. In altri termini, si stanno mettendo in discussione alcuni dei principi fondamentali e dei paradigmi che hanno conformato l’idea stessa ed il valore del costituzionalismo europeo del novecento e che avevano trovato larga accoglienza nella nostra Costituzione. Se da un lato con la fine del secolo scorso l’idea dello stato sociale è definitivamente consolidata come uno dei tratti fondamentali ed irrinunciabili del costituzionalismo europeo14, dall’altro rimangono problemi connessi all’effettività di tali diritti ed anzi

si riscontra una disomogeneità di tutela all’interno degli Stati europei particolarmente significativa, che mette in dubbio lo stesso concetto di “cittadinanza europea”.

13 Ma non è sempre necessaria. “Si pensi ai diritti a scegliere il proprio medico, a non farsi curare, a scegliere il tipo

di istruzione che si preferisce, il cui contenuto è l’esercizio di spazi di libertà” (così M. LUCIANI, Diritti sociali e

livelli essenziali delle prestazioni pubbliche nei sessant’anni della Corte costituzionale, in AIC, 2016, fasc. 3, 7).

14 Anche se poi messi in dubbio o comunque considerati come un limite dell’organizzazione statale su cui cfr.

quanto già analizzato nell’Introduzione a E. CATELANI – R. TARCHI, (a cura di), I diritti sociali nella pluralità degli

D’altra parte la Carta Europea dei Diritti dell’Uomo a livello internazionale e la Carta dei diritti dell’Unione europea hanno sicuramente rafforzato la tutela dei diritti nel nostro ordinamento, almeno con riguardo all’affermazione dei principi ad essi sottesi, anche se questo non significa, come si è già accennato, che nella realtà dei fatti il moltiplicarsi delle sedi di protezione dei diritti sociali “sia un fenomeno positivo”15. La pluralità dei livelli normativi fa sì che vi sia innanzitutto il rischio di una

sovrapposizione di norme, la cui eventuale conflittualità non sempre può essere risolta con le classiche regole per il superamento delle antinomie normative. A ciò si deve aggiungere che la poca chiarezza in ordine all’individuazione dell’organo giurisdizionale depositario dell’ultima parola sulla determinazione del contenuto dei diritti accentua tale incertezza di tutela.

Il Consiglio d’Europa rappresenta l’organismo internazionale regionale più attivo da un punto di vista operativo a garantire la tutela dei diritti sociali in particolare attraverso l’elaborazione della Carta sociale europea, firmata nella prima stesura a Torino nel 1961 e poi riformulata nell’attuale contenuto nel 1996 a Strasburgo16, che ha istituito fra l’altro il Comitato europeo dei diritti sociali che è responsabile del

controllo di conformità degli Stati aderenti alla Carta17. Tale organo, formato da esperti indipendenti, è

incaricato del controllo di conformità alla Carta sociale europea ed in particolare ha il compito di valutare se le normative nazionali e le misure di attuazione del diritto dell'UE siano conformi alle prescrizioni della Carta sociale europea, nonché è competente a rispondere a reclami collettivi, presentati da organizzazioni dotate di specifici requisiti e che possono richiedere l’accertamento della violazione di disposizioni della Carta Sociale Europea da parte di uno Stato membro.

Si tratta di una struttura organizzativa in realtà poco utilizzata come strumento di controllo e di stimolo da parte dei soggetti interessati degli Stati membri, ed ancora non sufficientemente valorizzata anche da parte dell’Unione europea e della Corte di Lussemburgo. D’altra parte molti dei principi e dei diritti che vengono enunciati nella Carta sociale presentano caratteri di genericità e spesso sono formulati in senso programmatico, piuttosto che in forma precettiva. Si fa spesso uso della formula “le Parti s’impegnano a promuovere...”, “a favorire...”, “ad incentivare”, “ad adoperarsi per elevare progressivamente” e comunque “per quanto possibile” e “come opportuno”, ossia con una formulazione che lascia ampio spazio alle modalità di attuazione e che hanno un valore di precettività assai ridotto.

15 Così M. LUCIANI, Diritti sociali e livelli essenziali delle prestazioni, cit.

16 Entrata poi in vigore nel 1999 attraverso la legge di ratifica del trattato n. 30 del 1999; cfr. E. LONGO, Le

relazioni giuridiche nel sistema dei diritti sociali. Profili teorici e prassi costituzionali, Cedam, Padova 2012.

17 Cfr. sul ruolo della CEDS C. PANZERA, Diritti ineffettivi? Gli strumenti di tutela della Carta sociale europea, in Rivista

AIC, fasc. 1, 2017; E. STRAZIUSO, La Carta sociale del Consiglio d’Europa e l’organo di controllo: Il Comitato europeo dei diritti sociali. Nuovi sviluppi e prospettive di tutela, in Rivista GruppodiPisa, 3, 2012.

Diverso è ovviamente il valore e la forza riconosciuta alla CEDU ed alla Carta dei diritti dell’UE, sia per la forza delle pronunce delle rispettive Corti chiamate ad applicare le norme, sia perché, come ha detto anche la Corte costituzionale e la Corte europea, la Carta dei diritti è parte integrante dell’ordinamento giuridico europeo.

Occorre, comunque, tener presente che nella CEDU i diritti sociali non sono presi direttamente in considerazione, se non limitatamente al diritto all’istruzione contenuto nell’art. 2 del protocollo addizionale alla Convenzione approvato a Parigi il 20 marzo del 1952 dove si dice che “Il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”. Nella Convenzione del 1950 si era già richiamato, sia pur per inciso il diritto d’insegnare come espressione della libertà di manifestazione del pensiero (art. 9). D’altra parte nella giurisprudenza della Corte EDU di Strasburgo la tutela dei diritti sociali “resta subordinata all’esistenza di previsioni legislative nell’ordinamento nazionale in cui è rilevata la violazione delle norme”. Si è quindi affermato che gli Stati godono di un margine di apprezzamento nel determinare la loro politica sociale e che le autorità nazionali si trovano in una posizione privilegiata in rapporto alle necessità relative ai singoli ordinamenti. Specie “quando sono in gioco questioni di politica generale, sulle quali possono ragionevolmente esistere profonde divergenze in uno Stato democratico”.

Nella Carta di Nizza, ora pienamente efficace nell’ordinamento dell’Unione i diritti sociali invece sono ampiamente disciplinati, a partire dal diritto all’istruzione disciplinato come primo diritto sociale all’art. 14, a tutti i diritti di solidarietà connessi al diritto al lavoro (art. 15 e artt. 27-34), al diritto alla salute (art. 35) ed all’ambiente (art. 37).

Diritti questi affermati, ma poi affidati alla tutela dei singoli Stati.

Al di là delle proclamazioni di principio o agli interventi delle Corti europee per violazione della Carta dei diritti o per la Carta sociale o la CEDU, ancora poco viene realizzato da parte degli ordinamenti giuridici europei ed alle eventuali sanzioni. Ma questo non esclude che la discussione ed i buoni propositi stiano operando a livello europeo con l’adozione della proclamazione inter-istituzionale avvenuta nel consiglio europeo di Gōtenberg sulla redazione di un nuovo testo della Carta sociale e, più in generale, con il dibattito che si è aperto in UE sulla proclamazione del pilastro europeo dei diritti sociali.

Occorre, per ora, fare riferimento alle regole che disciplinano i rispettivi ordinamenti per comprendere l’effettività della tutela di tali diritti, in particolare tenendo conto delle peculiarità di un’organizzazione territoriale multilivello come la nostra.

Molti sono comunque gli studi sulla tutela regionale sui diritti sociali e sui limiti di essa18. Può essere utile

in questa sede invece indagare se in uno stato regionale come il nostro e come quello spagnolo, la tutela differenziata in virtù dell’autonomia regionale sia origine di ulteriori discriminazioni o comunque violazione del fondamentale principio d’eguaglianza.

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