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Professore associato di Diritto amministrativo Università degli Studi G d’Annunzio

1. Oggetto e confini dello studio

Lo studio che qui si svilupperà intende rispondere a due quesiti a partire da due premesse/osservazioni. La prima osservazione riguarda la doppia funzione delle politiche sociali, le quali, da una parte, sono strumentali a rispondere, in via diretta, a certi bisogni della popolazione ritenuti di interesse pubblico e, dall’altra, sono finalizzate a incrementare, indirettamente, lo sviluppo economico1.

La seconda riguarda le principali dimensioni della crisi che l’Ue e gli Stati membri stanno attraversando, vale a dire il profilo economico/finanziario e il profilo della integrazione, del quale ultimo si sono avute peraltro recenti evidenze in ambito sia eurounitario (come testimonia la vicenda Brexit) sia nazionale (come testimonia la vicenda della Catalogna).

I quesiti concernono la consistenza dell’attuale ruolo dell’Ue e il modo in cui esso incide sulla sovranità degli Stati.

1 A es., quanto al settore sanitario, perché «l’accesso a servizi di alta qualità […] può ridurre le disuguaglianze […],

l’esclusione sociale e la povertà, obiettivi chiave della Strategia Europa 2020», EUROFOUND, Access to healthcare

in times of crisis, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2014. In una prospettiva più ampia,

l’accesso a ‘servizi di interesse generale’ di alta qualità è considerato un elemento essenziale delle azioni di protezione sociale, contribuendo a favorire una ‘crescita inclusiva’, che a sua volta rappresenta uno degli obiettivi principali della Strategia Europa 2020 (COMMISSIONE EUROPEA, Europe 2020 Strategy, 2010). Le azioni di protezione sociale, peraltro, andrebbero adeguatamente calibrate, per evitare a es. l’effetto disincentivante di alcune di esse rispetto alla ricerca della occupazione, cfr. K. BEAUMONT – K. MIRECKA – I. STYCZYŃSKA, Social

harmonization in the eyes of Polish stakeholders – in search of consensus, CASE - Center for Social and Economic Research,

Il contesto della ricerca non è tuttavia generale, ma riguarda in particolare l’ambito delle politiche sociali, a sua volta interessato da due fenomeni: in primo luogo, l’attuale stato di avanzamento del processo di integrazione europea, sebbene in crisi, rende la dimensione nazionale in molti casi inadeguata a rispondere a certi bisogni della popolazione; in secondo luogo, la contrazione della sovranità degli Stati rappresenta un fattore di pericolo per la tenuta dei sistemi di welfare nazionali. Da un lato, infatti, la disciplina dei diritti in ciascuno Stato membro può influenzare la circolazione delle persone e dei servizi nell’Unione2;

dall’altro, la circolazione delle persone e dei servizi nell’Unione può influenzare la spesa sociale dello Stato ospitante e dello Stato di appartenenza del cittadino migrante3.

Qui si può evidenziare un profilo di fatto in grado di tenere insieme, pur se con riferimento a un solo segmento della intera prospettiva, le premesse/osservazioni, le dimensioni e i quesiti cui sin’ora si è fatto riferimento: la circolazione dei cittadini Ue da un Paese Ue all’altro (verosimilmente con qualche differenza fra quelli dell’eurozona e quelli esterni a essa) ha determinato condizioni di sofferenza (o almeno la percezione di condizioni di sofferenza) del Paese ospitante in relazione all’onere di garanzia delle prestazioni sociali o a oneri di genere diverso, e dunque ha rappresentato anche una delle cause

2 Si pensi al ben noto fenomeno del dumping sociale che, in una prospettiva più ampia, e avendo riguardo al

beneficiario della prestazione sociale piuttosto che all’impresa datrice di lavoro, può essere definito turismo sociale, cfr. U. NEERGAARD, Europe and the Welfare State – Friends, Foes, or…?, in Legal Studies Research Paper Series, Università di Copenhagen, n. 29/2017, p. 11. Questo interessa prevalentemente le politiche nazionali sull’occupazione e rappresenta un fattore negativo nella misura in cui si inneschino meccanismi di competizione al ribasso fra gli Stati nella determinazione del costo del lavoro e delle garanzie per i lavoratori, al fine di incentivare le imprese a delocalizzare la produzione nei Paesi ove il livello di tali oneri è più ridotto: si determinerebbe quindi una incentivazione distorta delle libertà di circolazione. Tuttavia da tempo la Corte di Giustizia ha evidenziato che una certa uniformità, fra gli Stati membri, nella garanzia delle prestazioni sociali e nella disciplina degli oneri burocratici per fruirne (si pensi alle autorizzazioni), è strumentale a garantire la libertà di circolazione dei servizi e delle persone, a es. perché, in base sia al Regolamento Ce sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (833/2004) sia alla Direttiva Ue sui diritti dei pazienti migranti da uno Stato Ue all’altro (24/2011), la circostanza che una certa prestazione sia garantita dal sistema sanitario pubblico dello Stato di appartenenza del paziente rappresenta la condizione affinchè essa possa essere fruita anche in altro Paese Ue con oneri a carico dello Stato di affiliazione del migrante (v, ex multis, Corte Giust. Ue, C-255/09, European Commission v. Portuguese Republic, 2011; Corte Giust. Ue, C-211/08, Commission v. Spain, 2010; Corte Giust. Ue, C-368/98 Vanbraekel, 2001; Corte Giust. Ue, C-157/99, Smits v. Peerbooms, 2001). Ciò avviene in via diretta, secondo il sistema del Regolamento, se il paziente

possiede la tessera europea di assicurazione di malattia e le cure non sono programmate né fruibili nel Paese di appartenenza in tempi e modi compatibili con il quadro clinico del richiedente; alle stesse condizioni, per le cure specialistiche, ospedaliere e programmate è richiesta invece anche una autorizzazione preventiva dello Stato di appartenenza. Il sistema della Direttiva riguarda invece solo le cure programmate e si differenzia da quello del Regolamento, oltre che per tale profilo, poiché il costo della prestazione fruita non è anticipato dallo Stato, ma da questo rimborsato previo pagamento del paziente e previa autorizzazione (che non si può negare se la cura non è fruibile nel Paese di affiliazione in modi e tempi compatibili con il quadro clinico del richiedente) in alcuni casi particolari.

3 Cfr. Corte Giust. Ue, C-238/82, Duphar Bv et al., 1984; Corte Giust. Ue, C-204/90, Bachmann v. Belgium, 1992; Corte

Giust. Ue, C-158/96, Kohll v. Union des caisses de maladie, 1998; Corte Giust. Ue, C-211/08, Commission v. Spain, 2010; Corte Giust. Ue, C-368/98 Vanbraekel, 2001; Corte Giust. Ue, C-255/09, European Commission v. Portuguese

dell’erompere di istanze separazioniste nei confronti dell’ordinamento eurounitario. A questo profilo, che riguarda il solo nesso causale fra circolazione dei cittadini Ue e istanze separazioniste, si aggiungono quelli riguardanti gli effetti dei diversi tipi di migrazione sulle politiche pubbliche (in atto o in potenza, per rispondere a certi bisogni in ragione del raggiungimento di certi obiettivi) nei due differenti scenari dell’Unione mantenuta o della separazione.

Si potrebbe pertanto prevedere una intensificazione del ruolo dell’Unione nelle politiche sociali (come già accaduto in passato) in ragione del rapporto di interconnessione fra circolazione dei cittadini e dei servizi nell’Ue, sviluppo dei sistemi di welfare e sviluppo economico. Tuttavia, se nel primo settore (le quattro libertà di circolazione) l’Ue ha competenze esclusive, nel secondo e nel terzo (sviluppo dei sistemi di welfare e sviluppo economico) prevalentemente concorrenti o di sostegno, coordinamento e completamento (infra).

La dimensione eurounitaria di questo scenario si fonda attualmente sul Modello Sociale Europeo, il quale è stato edificato (1) sulla progressiva estensione delle politiche comunitarie al di là dell’originario nucleo della realizzazione e della gestione del mercato comune e dell’unione economica e monetaria, a partire soprattutto dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso; nonché (2) sulla formulazione, a partire dall’inizio del nuovo millennio, della teoria (principalmente riconducibile alle posizioni della Corte di Giustizia e della Commissione) dei servizi sociali come servizi di interesse economico generale in via di principio soggetti al regime comunitario in materia di concorrenza e mercato interno, a meno che ciò non osti alla specifica missione loro affidata4.

Occorre pertanto far convergere i due quesiti generali sopra richiamati in un quesito particolare, e dunque chiedersi come, in questo contesto, l’Ue stia facendo fronte al proprio bisogno di rafforzare il Modello Sociale Europeo, funzionale a sua volta a sostenere lo sviluppo economico, e quale sia per l’effetto il rapporto fra il ruolo dell’Ue e la sovranità degli Stati nel perseguimento di questo obiettivo.

Sarà analizzata in particolare la strategia eurounitaria basata sulla adozione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, intrapresa nel 2016 e giunta, alla fine del 2017, a una proclamazione interistituzionale da parte del

4 Cfr. COM (2006), 2006/177, COMMISSIONE EUROPEA, Implementing the Community Lisbon programme: Social

services of general interest in the European Union; COM (2006), SEC 1195/4, COMMISSIONE EUROPEA, Consultation on a community action in the field of healthcare services; COM (2007), 2007/725, COMMISSIONE EUROPEA, Accompanying the Communication on "A single market for 21st century Europe" - Services of general interest, including social services of general interest: a new European commitment; D. SORACE, I servizi “pubblici” economici nell’ordinamento nazionale ed europeo, alla fine del primo decennio del XXI secolo, in Dir. amm., n. 1/2010, pp. 1 ss.; F. MERUSI, Lo schema della regolazione dei servizi di interesse economico generale, in Dir. amm., n. 2/2010, pp. 313 ss.; S. CIVITARESE MATTEUCCI, Servizi sanitari, mercato e «modello sociale europeo», in MCR, n. 1/2009, pp. 179 ss.; S. GOBBATO, Diritto comunitario della concorrenza e servizi di interesse generale di carattere sociale. Note a margine della recente giurisprudenza della Corte di giustizia, in Dir. Un. Eur., n. 4/2005, pp. 797 ss.; U. NEERGAARD, Europe and the Welfare State – Friends, Foes, or…?, op.cit., pp.

Consiglio, del Parlamento e della Commissione: si cercherà di individuarne il significato, le potenzialità e i limiti.

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