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Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico Università di Pisa

3. La tutela dei diritti sociali: Spagna ed Italia a confronto.

Il problema dell’effettività della tutela dei diritti sociali, formalmente oggetto di una pluralità di richiami e di affermazioni generali di tutela, sia nella Costituzione italiana, che spagnola, anche attraverso l’elencazione delle finalità generali e degli obiettivi delle regioni e delle Comunità autonome in Spagna, subisce poi una significativa disparità di trattamento nel momento in cui questi diritti devono essere garantiti dalle istituzioni locali.

In realtà la disciplina costituzionale dei due ordinamenti in parte si differenzia nella sostanza, perché al di là di una formale qualificazione di Stato sociale contenuto nell’art. 1 Cost. spagnola, nel successivo art. 53 si distinguono le varie modalità di tutela dei diritti fra quelli che possiamo qualificare diritti fondamentali e quelli che invece necessitano di un intervento attivo da parte del legislatore e, all’interno di questi, sicuramente i diritti sociali19. In particolare nell’ art. 53 si stabilisce che solo i diritti contenuti

nel capitolo II del titolo I della Costituzione abbiano un valore vincolante, così da relegare in un secondo piano, ai fini della tutela dell’ordinamento gli altri diritti contenuti nel capitolo III, compresi alcuni diritti sociali come il diritto alla salute20. Non altrettanto si può dire invece con riguardo al diritto all’educazione,

disciplinato nell’art. 27, ossia all’interno delle norme del capitolo II e quindi che possono essere garantiti dinanzi ai Tribunali ordinari. Peraltro proprio l’art. 27 è richiamato dall’art. 149 della Costituzione che elenca le materie di competenza esclusiva dello Stato ed al n. 30 di tale norma si dice che lo Stato ha il compito di disciplinare le “condizioni per il conseguimento, rilascio e omologazione dei titoli accademici e professionali e norme fondamentali per lo svolgimento dell’art. 27 della Costituzione, al fine di assicurare l’attuazione degli obblighi dei pubblici poteri in questa materia”. In altre parole, la competenza legislativa statale attiene alle modalità di garanzia dell’insegnamento religioso, alla programmazione

18 Cfr. fra gli altri A. MORELLI, L. TRUCCO (a cura di), Diritti e autonomie territoriali, Torino, Giappichelli, 2014;

M. D’AMICO – F. BIONDI (a cura di), Diritti sociali e crisi economica, Franco Angeli, 2017.

19 In particolare il terzo comma dell’art. 53 della Costituzione spagnola (CE) prevede che “Il riconoscimento, il rispetto

e la protezione dei principi riconosciuti nel capitolo terzo ispireranno la legislazione positiva, la prassi giudiziaria e l’azione dei pubblici poteri”.

20 Minor tutela è parimenti garantita ai “diritti linguistici”, disciplinati nell’art. 3 CE e quindi nel titolo preliminare

della Costituzione, non godendo, pertanto, della speciale protezione prevista nell’art. 53 comma 2 con riguardo ai diritti fondamentali. Cfr. l’attenta analisi del tema di G. POGGESCHI-E. CUKANI, I diritti linguistici in Spagna:

generale dell’insegnamento e alle modalità di verifica del sistema educativo. Tutto il resto è affidato alla competenza legislativa delle Comunità autonome e da qui l’ampia discrezionalità specialmente in tema di insegnamento della lingua ed uso della lingua veicolare, come vedremo meglio ultra. D’altra parte l’art. 148 c. 1 n. 17 della Cost. spagnola precisa anche che le Comunità autonome hanno competenza all’insegnamento della lingua della Comunità stessa, cosicché la Costituzione lascia di fatto ampio spazio ad una diversificazione dell’insegnamento nelle varie aree.

Il diritto alla salute viceversa disciplinato nell’art. 43 Cost. spagnola rientra fra le norme che potremmo definire programmatiche, in quanto il loro riconoscimento, il rispetto e la tutela devono “ispirare” la legislazione positiva, la prassi giudiziaria e l’azione dei pubblici poteri, ma i relativi principi non possono essere considerati direttamente tutelabili senza la veicolazione della legge attuativa. Quindi se non “privi di efficacia giuridica” (come dice la nostra Corte costituzionale con riguardo ai principi generali ed ai diritti richiamati negli Statuti regionali) certo hanno un’efficacia ridotta, affievolita e comunque mediata dalla legislazione statale o delle Comunità autonome.

Altrettanto si può poi dire per quanto riguarda gli altri diritti sociali: assistenza e previdenza, tutela dell’ambiente, diritto alla cultura ed anche il diritto all’ambiente.

Sicuramente diversa è la tutela dei diritti sociali in Italia, perché, nonostante l’assenza di qualificazione formale di stato sociale in Costituzione, la tutela di tutti i diritti è considerata paritaria21. La loro effettività,

tuttavia, dipende dalle modalità attraverso cui si realizza l’organizzazione della loro tutela, affidata prevalentemente, in entrambi gli ordinamenti, all’autonomia regionale, sia per quanto riguarda la tutela della salute, sia dell’insegnamento.

21 E’ noto che la Costituzione italiana, si possa dire “ispirata” ai principi dello Stato sociale, ma certamente non si

definisce tale, né parla in senso tecnico di “diritti sociali” nella formulazione del ’48 e solo con la riforma del titolo V nel 2001 si sia introdotto il nomen “diritto sociale”, proprio là dove si attribuisce alla competenza esclusiva statale di determinare i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. L’assenza nella formulazione del ’48 di un riferimento allo Stato sociale o ai diritti sociali, non esclude che la Costituzione italiana abbia sempre riconosciuto e tutelato i diritti sociali, innanzitutto grazie alle due norme di carattere generale sulla tutela dei diritti rappresentate dall’art. 2 e dall’art. 3 Cost. Nel “riconoscere” i diritti inviolabili dell’uomo (art. 2) la Costituzione infatti si pone in posizione secondaria e, si potrebbe dire, di subordinazione rispetto a diritti preesistenti e connaturati all’esistenza stessa dell’uomo “sia come singolo, sia nelle formazioni sociali” e nell’art. 3 comma 2, introducendo il principio di eguaglianza sostanziale, pone le basi fondamentali di ogni diritto sociale, ossia la necessità di tutelare la parità dei “punti di partenza”. La dottrina italiana, ormai da tempo, è concorde nel ritenere che non vi sia contraddizione fra diritti fondamentali e diritti sociali, ma anzi che il riconoscimento delle libertà (presupposto dello Stato di diritto) trovi la propria base e fondamento proprio nell’eguaglianza (Stato sociale) (M. LUCIANI, Sui diritti sociali, in Studi in onore di Manlio

Mazziotti di Celso, vol II, Cedam, Padova, 1995, 103, dove in particolare si riferisce allo scritto di M. MAZZIOTTI

DI CELSO, Lo spirito del diritto sociale nelle costituzioni e nelle leggi della Francia rivoluzionaria, in Arch. Giur. F. Serafini, vol CXLVII, 1954). Ciò non esclude che il riconoscimento dei diritti di libertà fin dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 e la conseguente nascita del concetto dello Stato di diritto, abbia attribuito ai diritti di libertà una posizione di privilegio rispetto ai diritti sociali, che erano quindi visti come diritti “minori”.

Questo fa sì che, salvo la possibilità da parte dello Stato di determinare e disciplinare quelli che in Italia vengono qualificati i livelli essenziali delle prestazioni dei diritti sociali, tutto il resto deve essere garantito da un intervento normativo ed amministrativo dell’ente locale e comunque dalla regione. Tutela che può essere maggiore, rispetto a quella che potrebbe essere garantita da un’organizzazione centralizzata dello Stato, qualora vi sia un’efficiente gestione delle amministrazioni locali, ma potrebbe viceversa essere fortemente compromessa nelle situazioni di inefficienza organizzativa.

Cosa significa maggiore o minore tutela? In materia sanitaria, ad esempio, l’estensione delle cure alla medicina odontoiatrica da parte del servizio sanitario regionale in Alto-Adige e non nelle altre regioni, costituisce sicuramente un quid pluris, così come costituisce una maggiore garanzia lo svolgimento di un intervento operatorio nella metà del tempo previsto dai livelli essenziali delle prestazioni. Se tale ottimo risultato in termini di effettività della tutela dei diritti e delle prestazioni è supportato non solo e non tanto da un sistema organizzativo che garantisce la massima efficienza, quanto da un sistema fiscale che attribuisce ad alcune regioni una situazione economica completamente diversa dalle altre (che causa poi conseguentemente minori entrate fiscali per le regioni ordinarie), può essere percepito dal cittadino come fonte di diseguaglianze e determina poi di fatto una diversità di tutela dei diritti fondamentali. Questo ovviamente non significa che non debba essere valorizzata ed incentivata, se possibile, la maggior efficienza di determinate regioni. Parimenti, non si può certo puntare ad una situazione di parità al ribasso, ma i risultati maggiori non possono e non debbono dipendere da una situazione economica migliore derivante da un rapporto fiscale diverso, da una finanza pubblica e da un sistema tributario che agevola solo alcune regioni, pur nel rispetto dei principi di autonomia finanziaria affermati nell’art. 119 Cost. Altrettanto si può dire con riguardo al diritto all’insegnamento22. Qualora la diversa normativa ed

organizzazione regionale sulla formazione professionale consenta di valorizzare la connessione della scuola con le imprese presenti nella regione, ne deriva come conseguenza la percezione di questa differenziazione come strumento legittimo per valorizzare le diverse caratteristiche territoriali e produttive.

Ma i dubbi, in ordine al rispetto del principio d’eguaglianza, sia pur all’interno della differenziazione territoriale, si pongono quando sussiste una competenza regionale più ampia in conseguenza di uno Statuto speciale o in virtù dell’applicazione dell’art. 116 comma 3 Cost., che consenta ampia discrezionalità di disciplina, vincolata solo dal rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, al limite dei

22 Sul tema dell’insegnamento cfr. A.M. POGGI, Istruzione, formazione e servizi alla persona tra Regioni e Comunità

nazionale, Giappichelli, Torino, 2002; ID., I diritti delle persone. Lo Stato sociale come Repubblica dei diritti e dei doveri,

principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme di riforma economico-sociale, ma che, di fatto, sono origine di diseguaglianze.

4. Alcuni esempi di tutela differenziata a livello regionale che costituiscono un rischio per la

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