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4. L'identità della Crimea nella cultura russa

4.3 Crimea, angolo di paradiso

Per Potemkin la Crimea non rappresentava solamente un luogo da cui la Russia potesse attingere un passato classico: leggendo sempre la sua corrispondenza con Caterina, troviamo che: “Таврический Херсон - источник нашего християнства, а потому и людскости” 100, cioè “il Chersoneso Taurico è la fonte della nostra cristianità,

e quindi della nostra umanità”. 101

Perché potesse avvenire l'identificazione della penisola con il luogo da cui era iniziata la storia della Russia cristiana, fu enfatizzata l'immagine della Crimea come paradiso terrestre. Anche Caterina quindi cominciò a sostenere che la creazione di giardini era uno dei più importanti obiettivi in Tauride. 102 L'idea era conseguenza anche

della naturale fertilità della regione, che solo il potere imperiale avrebbe però saputo, secondo Caterina, ordinare in uno splendido giardino, riflesso del benefico effetto dell'intervento del potere autocratico.

Andreas Schönle, nel suo articolo Garden of the Empire: Catherine's

Appropriation of the Crimea, analizza la tentata trasformazione della Crimea nel

giardino del paradiso terrestre a disposizione della Russia confrontando il trattamento che le autorità imperiali riservavano da una parte alla vegetazione e dall'altra alle tante etnie che popolavano la Crimea, rendendola paragonabile a una Babele di popoli. Ne emerge che la prima caratteristica che Schönle attribuisce a questo giardino è quella di

eclettica concentrazione (europea e asiatica, settentrionale e mediterranea, nel punto

d'incontro di più assi culturali e geografici), sia vegetale che geografica ed etnica. 103

Ancora, se l'idea di giardino richiama anche quella di intervento artificiale che sottomette la spontaneità naturale, qualcosa di simile viene attuato anche nei confronti delle popolazioni cristiane di Crimea, fatte trasferire nel 1778 nella provincia di Azov; Schönle evidenzia però come le politiche nei loro confronti non fossero totalmente assimilazioniste:

100V.S. Lopatin (a cura di), Ekaterina II i G.A. Potemkin, cit., pp. 272-273. 101La traduzione è mia.

102A. Schönle, Garden of the Empire: Catherine's Appropriation of the Crimea, “Slavic Review”, Vol. 60, n° 1, spring 2001, p. 3.

[I]mmigrants could become subjects of the empire, yet remain true to themselves as a people – a concession undoubtedly made easier by the fact that they were Christians. […] despite the greater degree of otherness they [the Tatars] represented as an Islamic people, Catherine extended to them the same model of controlled, peaceful cohabitation with mutual respect for cultural and religious differences. The garden […] became a master trope of this model of multicultural coexistence. 104

I migranti potevano divenire soggetti dell'impero pur rimanendo fedeli a se stessi come popolo, una concessione indubbiamente agevolata dal fatto che erano cristiani. […] nonostante il maggior grado di diversità che essi [i tatari] rappresentavano, in quanto popolo islamico, Caterina estese anche a loro lo stesso modello di pacifica e controllata coabitazione, accompagnata dal mutuo rispetto per le differenze culturali e religiose. Il giardino […] divenne uno dei tropi principali di questo modello di coesistenza multiculturale. 105

Nei primi decenni del diciannovesimo secolo il ruolo simbolico della Crimea diventò sempre più quello di luogo d'origine della fede russa, riflettendo la filosofia di Nicola I, sorretta dai pilastri individuati dal conte Uvarov in “Ortodossia, autocrazia, narodnost'”. Gli intellettuali si dedicarono allora alla ricerca delle tracce del passato cristiano della Crimea, rappresentato da testimonianze romane, genovesi, e soprattutto bizantine; particolare attenzione iniziò a ricevere la leggenda di Korsun (Chersonesos) e del battesimo del principe Vladimir. 106 Mosca, che desiderava rivendicare l'eredità

(spirituale e culturale) di Costantinopoli come capitale dell'impero cristiano d'Oriente dal momento della caduta di quest'ultima, grazie alla Crimea, poteva finalmente stabilire un legame diretto con Atene, senza essere più obbligata a dover attingere da Roma e Kiev. 107 Ciò naturalmente comportò una grande crescita dell'autocoscienza nazionale

russa.

La Crimea subì quindi un processo di acquisizione dell'identità cristiana, che raggiunse il suo massimo apice nella proposta della creazione di un nuovo monte Athos. Il monte sacro, situato su una delle propaggini della penisola Calcidica in Grecia, era il cuore della spiritualità e delle tradizioni dell'ortodossia cristiana, importante per la cristianità orientale quanto Gerusalemme o Costantinopoli: con i suoi venti monasteri

104Ivi.

105La traduzione è mia.

106M. Kozelsky, Christianizing Crimea, cit., p. 49. 107A. Zorin, Kormja dvuglavogo orla..., cit., p. 36.

tra greci, russi, serbi e bulgari, era stato per un millennio meta di pellegrinaggi internazionali. Una repubblica monastica indipendente finita poi sotto il dominio turco; dato che il vero monte sacro si trovava nel territorio dell'impero ottomano ed era quindi difficile e pericoloso da raggiungere per i cristiani ortodossi, si pensò di creare una nuova repubblica monastica proprio in Crimea. Se citiamo questo fatto è proprio perché rappresenta un'ulteriore testimonianza della capacità della penisola di accogliere e far coesistere culture diverse, anche se in questo caso accomunate dalla comune fede ortodossa. La costituzione di un nuovo Athos doveva inoltre rispondere alle necessità di un numero sempre maggiore di immigrati dalla penisola balcanica, che sfuggivano alle condizioni di inferiorità imposte ai cristiani sotto il controllo ottomano. 108

Il progetto faceva capo all'Arcivescovo Innokentij (1800-1857), rettore per dieci anni dell'Accademia spirituale di Kiev, poi membro del Santo Sinodo, brillante oratore, sostenitore dell'importanza del ruolo della religione nella costituzione dell'identità nazionale109; nel 1850 egli propose di ripristinare i luoghi sacri, sia che si trattasse di

rovine bizantine abbandonate o ancora frequentate dai greci e dai cristiani balcanici, in modo da ricercare una radice comune a tutte le popolazioni coinvolte e da dimostrare la santità indiscutibile dei luoghi prescelti. La proposta dell'Arcivescovo fu accettata dal Santo Sinodo, riconoscendo l'influsso benefico che essa avrebbe prodotto per l'intero paese e per i visitatori stranieri. 110 A progetto appena iniziato, però, i promotori si

videro costretti ad un brusco arresto, dovuto allo scoppio della guerra di Crimea; i monasteri, che attendevano di ospitare le nuove comunità di monaci, fornirono rifugio alle truppe inglesi e francesi, mentre altri finirono per essere abbandonati. 111 Tuttavia

l'idea della Crimea come luogo sacro non sarebbe stata completamente cancellata dalla guerra, e la penisola avrebbe continuato a richiamare un senso di santità e sacralità nell'immaginario nazionale russo.

108M. Kozelsky, Christianizing Crimea, cit., p. 67. 109Ivi, pp. 17-19.

110Ivi, p. 85. 111Ivi, p. 124.