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Il diluvio universale e altre opere a tema religioso

7. I grandi capolavori, le guerre e l'impegno sociale a Feodosija

7.7 Il diluvio universale e altre opere a tema religioso

Verso la fine dello stesso anno 1861 Ajvazovskij stava lavorando anche ad altri temi: realizzò i quadri Vsemirnyj potop (Diluvio universale) e Kogda Noj so svoimi

životnymy spuskaetsja s veršiny Ararata (Noè con gli animali scende dalla vetta

dell'Ararat). Si tratta di temi molto importanti per l'artista, che li userà come soggetto anche di altre opere nel corso degli anni; purtroppo, queste prime tele dedicate alla rappresentazione del diluvio universale e alla discesa di Noè dall'Ararat non sono arrivate fino a noi. 307

Ajvazovskij è molto legato a questi temi, che fanno parte della storia e della tradizione culturale del suo popolo; fin da tempi antichissimi il territorio dell'Armenia

storica aveva conosciuto anche una dimensione mitica. Primo tra tutti, il mito dell'Eden, che vedeva l'Armenia situata nel punto preciso in cui Dio aveva creato il paradiso terrestre; questa credenza si basava sul fatto che in Armenia scorrevano i quattro fiumi che secondo la tradizione biblica bagnavano il giardino dell'Eden: Gabon, Eufrate, Tigri, Fison. 308 Al luogo che ha generato la vita è legato anche il luogo in cui la vita è

rinata dopo la distruzione: il monte Ararat, su cui si è posata l'arca di Noè dopo che il diluvio era passato, era collocato sul territorio dell'antica Armenia storica ed era ritenuto sacro dagli armeni. All'inizio del primo millennio a. C. il nome stesso del primo regno stabilitosi su questo territorio, il regno di Urartu, era legato al nome della montagna; più tardi, a cominciare dai secoli undicesimo e dodicesimo, il monte iniziò ad essere associato al racconto biblico di Noè, venendo identificato con la terra emersa su cui si sarebbe incagliata l'arca dopo la fine del diluvio. Questo probabilmente era dovuto al fatto che l'Ararat, in realtà un vulcano estinto, con i suoi 5.156 m d'altezza era il massiccio più alto dell'intera Anatolia.

Perché per Ajvazovskij, così fedele alle proprie tradizioni religiose e culturali armene, rappresentare queste scene e questi luoghi era un compito delicato e della massima importanza, tale da meritare ripetuti tentativi nella ricerca della perfezione. Le due tele del 1861 raccontano due diversi momenti del storia di Noè, narrata nel libro della Genesi.

Diluvio universale (fig. 19), nella versione realizzata nel 1864, è conservato al

Museo russo statale. 309 Il quadro, di grandi dimensioni, si concentra sul momento più

drammatico; è dominato da colori scuri, dalle maestose e terribili onde che inghiottono minuscoli animali e uomini, intenti a cercare di salvarsi o a invocare un perdono ormai già negato. La composizione del disegno rivela una linea ascendente che guida l'occhio dell'osservatore dal folto gruppo di uomini in secondo piano a quello meno numeroso e meglio definito in alto sulla sinistra, per culminare, come in Caos, nel grande squarcio di luce che rappresenta l'essenza divina. Giustamente alcuni paralleli sono stati fatti tra questa tela e L'ultimo giorno di Pompei di Brjullov. Le due tele condividono la scelta di una forte luce fredda che sottolinea lo sgomento e il terrore dei personaggi. Lo stile adottato da Ajvazovskij per questo quadro inoltre rende il soggetto quasi più mitologico

308A. Manoukian, La struttura sociale del popolo armeno, in Gli armeni, cit., p. 69. 309M. Sargsjan, Žizn’ velikogo marinista. Ivan Konstantinovič Ajvazovskij, cit., p. 121.

che religioso, se non fosse per la presenza della luce abbagliante, e tuttavia di un colore diverso, meno freddo, nell'angolo di sinistra.

Noè scende dall'Ararat, conservato a Erevan nella versione del 1889,310 raffigura

invece il momento di quiete e serenità dopo la tempesta, ed è dominato da colori tenui e chiari. Sullo sfondo svettano le due cime del Grande e del Piccolo Ararat. La processione di animali si snoda a perdita d'occhio dietro Noè che cammina con la sua famiglia verso la terra emersa.

La data di realizzazione di quest'ultima opera dimostra come davvero per tutta la vita Ajvazovskij sia stato ispirato da questo soggetto e come abbia cercato la propria maniera di renderlo; Noè scende dall'Ararat mostra in effetti l'assenza della spiccata tendenza alle grandi grandi scene drammatiche caratteristiche del romanticismo e l'approdo ad uno stile più realistico. Le immagini e i temi della cultura armena si fondono con le tendenze artistiche dominanti nella Russia del diciannovesimo secolo.

Il quadro eseguito dall'artista nel 1882, Dolina gory Ararat (Valle del monte Ararat), che rappresenta una silenziosa e serena alba sul monte Ararat, è un esempio figurativo della perfetta convivenza delle due identità, russa e armena, di Ajvazovskij. In primo piano, è possibile vedere una carovana di uomini in viaggio; la strada che percorrono è costeggiata da un lato da numerosi chačkar, croci in pietra finemente scolpite, tipiche della tradizione armena. Sul lato sinistro del quadro si può notare come su una di queste croci di pietra sia presente la firma armena dell'autore, accompagnata dall'anno di realizzazione: “Ajvazjan 1882 g.”; tuttavia sul lato destro, nell'angolo in basso è possibile vedere una seconda croce che porta ancora il nome dell'artista, stavolta nella variante russa: Ajvazovskij. 311

Altre produzioni legate al tema religioso degli stessi anni sono Choždenie po

vodam (Cristo cammina sulle acque) (fig. 21), 1863, e Sotvorenie mira (La creazione),

1864. Anche qui le figure divine, Cristo nel primo caso e Dio, il Creatore, nel secondo, appaiono come pura luce. La luce, ritiene il critico Š. Chačatrian, gioca un ruolo fondamentale nell'opera dell'artista: il mare, le nuvole, lo spazio aereo, tutto è

310Ivi, p. 121. 311Ivi, pp. 175-176.

rappresentazione della luce, una luce che plasma, che porta conoscenza, simbolo della vita e dell'eternità, come voleva la tradizione armena. 312

Nel 1866, in seguito ad un incendio che aveva colpito la chiesa di un paese dell'Armenia occidentale, il vescovo dell'eparchia si era rivolto ad Ajvazovskij con la richiesta che realizzasse un ritratto di San Gregorio Illuminatore, il santo che aveva portato il paese alla conversione nel quarto secolo. L'artista naturalmente si mise subito all'opera e per il risultato ricevette anche i ringraziamenti e l'ammirazione del patriarca Gevorg IV, oltre che la considerazione delle comunità limitrofe a quella beneficiata.

Qualche tempo dopo, all'inizio degli anni '90 del diciottesimo secolo, Ajvazovskij realizzò anche una tela (fig. 22) destinata alla cattedrale della città di Feodosija, dedicata a San Sergio. Per la tela fu scelto un soggetto storico-patriottico: la rappresentazione di Vardan Mamikonjan, generale dell'esercito armeno del quinto secolo canonizzato, dopo essere stato dichiarato martire, dalla chiesa apostolica. Di fronte alla crescente pressione esercitata dai persiani affinché gli armeni si convertissero alla religione mazdea, Mamikonjan si sacrificò nella battaglia di Avarajr per garantire la libertà di religione al proprio popolo, diventando così un vero e proprio eroe, venerato dal popolo. Sono parte della storia armena le famose parole di Mamikonian secondo le quali la religione cristiana non era come un abito che i persiani potevano togliere agli armeni, essa era per loro come la pelle. Un legame indissolubile tra nazionalità e religione. 313 Il ritratto eseguito da Ajvazovskij mostra il generale in tutto il suo

coraggio e il suo vigore; va sottolineato il fatto che, sebbene esistessero diversi dipinti che avevano per tema la battaglia di Avarajr o il generale Mamikonjan, quello di Ajvazovskij fu il primo ad essere realizzato con la tecnica dei colori ad olio. 314

Destinata a raccontare la storia della cultura armena fu anche la tela Osvjaščenie

Grigoriem Prosvetitelem mesta zakladki sobora Ečmiadzina (Gregorio Illuminatore

consacra il luogo dove sarà costruita la cattedrale di Ečmiadzin), dipinta da Ajvazovskij nel 1892. San Gregorio Illuminatore, come già ricordato, fu l'apostolo d'Armenia, a cui viene attribuita l'opera di conversione del re Tiridate III nel 301 (secondo la tradizione),

312N.Gomcjan, S ljubov'ju k pevcu morja, <http://www.golosarmenii.am/article/?id=23613/s-lyubovyu- k-pevcu-morya> ultimo accesso 02 agosto 2014.

313B.L. Zekiyan, Armenian Self-perceprion between Ottomans and Safavids, “Orientalia Christian Periodica”, n° 75, 2009, p. 82.

che divenne poi il primo sovrano nella storia ad accettare il cristianesimo come religione di stato. Il quadro si rifà alla storia, tramandata dalle cronache armene, secondo la quale Ečmiadzin sarebbe il luogo in cui San Gregorio aveva sognato di vedere discendere Cristo; Ečmiadzin significa infatti “discese l'Unigenito”. Per questo il luogo era stato scelto come sito di costruzione della cattedrale, iniziata nel 303, e successivamente come sito del patriarcato armeno. 315

Fig. 20: Gora Ararat (Monte Ararat), 1885, olio su tela, 23x34, Museo della congregazione armena dei mechitaristi, Venezia.

Fig. 21: Choždenie po vodam (Cristo cammina sulle acque), 1890, olio su tela, 70x50 cm, collezione privata.

Pagina precedente; fig. 22: Kljatva pered Avarajskoj bitvoj (Giuramento prima della battaglia di Avarajr), 1892, olio su tela, 158x97 cm, Feodosijskaja kartinnaja galereja im. I.K. Ajvazovskogo, Feodosija.