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RELAZIONE DEL PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI BRESCIA PER L’INAUGURAZIONE DELL’ ANNO

1. I PRINCIPALI FENOMENI CRIMINALI DEL DISTRETTO E LA RELATIVA ATTIVITA’DI CONTRASTO ALLE PROCURE

1.2. La criminalità organizzata

Il territorio del distretto continua, come detto, ad essere interessato dalla presenza di una criminalità organizzata sempre più invadente e minacciosa. Si conferma l’operatività nel territorio del distretto di organizzazioni criminali che facendo ricorso a metodi e tradizioni di quelle d’origine hanno dato vita ad associazioni di stampo mafioso autonome e indipendenti ma non meno pericolose ed agguerrite.

Il Procuratore distrettuale evidenzia che la criminalità operante nel bresciano è alquanto raffinata in quanto capace di adattarsi alle dinamiche dello specifico sistema economico. La perniciosità del fenomeno consiste nell’imponente flusso di liquidità messo in circolazione dalle organizzazioni criminali reso possibile da un consolidato rapporto tra le imprese criminali e alcuni liberi professionisti locali che mettono a disposizione i propri “servizi” per la commissione di lucrosi

L’ingente mole di investimenti finanziari effettuati con capitali di origine illecita, al di là di ogni altra considerazione e come da tempo evidenziato dagli esperti, altera negativamente le regole di una sana economia di mercato in quanto mette in grande difficoltà chi per operare è costretto a rivolgersi ai canali del prestito bancario e che così finisce inevitabilmente per non essere più concorrenziale.

Questo spiega perché una parte degli imprenditori, benché consapevole dei rischi connessi, talora ceda alla tentazione di fare affari con le organizzazioni criminali o addirittura si proponga loro a tal fine.

L’intreccio degli interessi è fin troppo evidente: le organizzazioni criminali trovano modo di impiegare nel mondo delle imprese parte dell’enorme massa di liquidità di cui dispongono, mentre gli imprenditori che fruiscono di tali innesti di liquidità senza i vincoli e i costi necessariamente imposti dal ceto bancario divengono più concorrenziali sul mercato.

Naturalmente il prezzo da pagare è molto alto perché ci si ritrova in azienda – quali soci o finanziatori – criminali privi di ogni scrupolo, divenendone complici.

Quando riesce ad infiltrarsi nel tessuto economico la criminalità organizzata denota poi, come è facilmente immaginabile, un assoluto disprezzo per le regole fiscali fissate dallo Stato.

Il che fa sì che alle infiltrazioni si accompagni molto spesso anche la commissione di reati fiscali e di riciclaggio.

In punto di intreccio tra crimine organizzato e reati economici, nel periodo di riferimento, merita di essere ricordata, in particolare, la cd. indagine “Leonessa”.

Il relativo procedimento penale - iscritto a carico di Marchese Rosario e di numerosi altri soggetti indagati per i reati di cui agli artt. 416 bis, 416 ter, 648 ter n. 1, 319 c.p., 2, 8 e 10 quater D.

Lgs. n. 74/2000, aggravati dall’art. 7 D.L. 203/91 – si è sviluppato su tre filoni investigativi: criminalità organizzata, reati contro la P.A. e reati fiscali.

A riprova della rilevanza di tale procedimento va evidenziato che nel settembre 2019 sono state eseguite numerose ordinanze cautelari personali per ciascuno dei tre filoni (30 per quello relativo alla criminalità organizzata con contestazione relativa anche all’art. 416 bis c.p.; 14 per quello relativo ai reati contro la Pubblica Amministrazione; 27, infine, per quello relativo ai reati fiscali di fatture false e indebite compensazioni). Contestualmente è stato anche disposto il sequestro preventivo di beni per circa 100 milioni di euro, sequestro che è stato solo parzialmente eseguito.

A conclusione delle indagini preliminari, tra il gennaio e il luglio del 2020, è stata quindi esercitata l’azione penale in relazione a tutti e tre i filoni investigativi nei confronti di 105 imputati per 122 capi di incolpazione per il filone criminalità organizzata e 416 bis c.p.; nei confronti di 21 imputati per 43 capi d’incolpazione per il filone relativo ai reati contro la P.A. e nei confronti di 31 imputati per 35 capi di incolpazione per quello relativo ai reati fiscali.

Complessivamente, pertanto, è stato richiesto il rinvio a giudizio di ben 157 imputati in relazione a 200 diversi capi di incolpazione.

L’indagine ha permesso di disvelare una struttura associativa criminale di stampo mafioso operante anzitutto a Brescia, ma anche in altri Comuni dei distretti di Milano e Torino, caratterizzata da autonomia programmatica, operativa e decisionale rispetto ad altre cosche mafiose di Gela (tra cui quelle Rinzivillo, Emmanuello e la cosca cd. Stidda di Gela, famiglie criminali la cui mafiosità è stata già accertata da numerose sentenze coperte da giudicato) alle quali era comunque legata da rapporti federativi o da alleanze.

L’attività del sodalizio criminale è risultata essere finalizzata alla penetrazione dell’imprenditoria bresciana attraverso il ricorso a modalità operative basate sull’omertà, sulla soggezione e sulla capacità intimidatoria proprie delle cosche di riferimento.

Con la peculiarità che nel caso di specie l’azione criminale ha, come detto, interessato anche il comparto finanziario attraverso la sistematica frode fiscale, a dimostrazione che la criminalità organizzata sa perfettamente adattarsi alle singole realtà territoriali quando questo le può consentire di implementare i suoi margini di indebito arricchimento.

I proventi illeciti conseguiti, infatti, sono stati riciclati finanziando attività economiche - di cui gli associati si assicuravano così il controllo - legate all’offerta di servizi di gestione aziendale e di procacciamento di profitti ingiusti per sé o per altri (in particolare offrendo e cedendo crediti fittizi con cui compensare debiti fiscali sotto la soglia di punibilità fissata dal legislatore).

Quanto accertato nel corso di questa indagine altro non è che l’esportazione al Nord di un modello criminale mafioso creato a Gela, caratterizzato in quelle zone da una straordinaria forza di intimidazione, e perfettamente replicato nei suoi aspetti essenziali in Lombardia con l’unica differenza rappresentata dal settore criminale - quello finanziario - oggetto delle mire espansionistiche del clan, settore criminale che necessariamente ha imposto al clan di operare una profonda metamorfosi nelle modalità di approccio criminale alla diversa realtà sociale.

Dall’estorsione si è passati alla consulenza fiscale, il kalashnikov si è trasformato in un innocuo modello di versamento F24, chi prima uccideva adesso si presenta come uno stimato uomo d’affari, non esistono più commercianti vittime ma solo imprenditori complici, il vecchio trattore è diventato, quasi per incanto, una Porsche Cayenne, i soldi si sono moltiplicati e adesso transitano su conti correnti aperti in vari istituti di credito.

Un modello di organizzazione mafiosa, dunque, che, pur essendo arcaico quanto ai metodi omertosi e di intimidazione, è al contempo nuovo, dinamico e imprenditoriale, come tale, pertanto, sempre più invasivo e quindi sempre più pericoloso.

Dal punto di vista strettamente giuridico va infine evidenziato che l’indagine “Leonessa” ha fornito l’occasione alla Procura di Brescia per ottenere dalla Corte di Cassazione – superando un precedente giurisprudenziale di segno contrario – una importante pronuncia favorevole alla tesi sostenuta della configurabilità del reato di indebite compensazioni tra crediti d'imposta (fittizi) e debiti previdenziali e assistenziali (reali).

Merita poi di essere ricordato che nel giugno del 2020, e quindi nel periodo di riferimento, si è concluso il troncone del processo cd. “PAPA” nel quale gli imputati hanno optato per il giudizio abbreviato.

La sentenza pronunciata dal G.U.P. del Tribunale di Brescia ha confermato la piena correttezza dell’impostazione accusatoria sostenuta dalla D.D.A di Brescia condannando i dodici imputati che avevano scelto tale rito alternativo a pene detentive severe (complessivamente 74 anni e 6 mesi di reclusione) per i reati, tra l’altro, di associazione per delinquere di tipo mafioso e di estorsioni aggravate dal metodo mafioso.

La relativa indagine, come già riferito in occasione della relazione dello scorso anno, aveva preso le mosse dall’incendio di 14 autoarticolati di un’azienda di trasporti di Bergamo ed aveva permesso di individuare l’operatività, sull’asse Bergamo-Brescia, di un’associazione per delinquere di stampo mafioso collegata alla cosca di ‘ndrangheta Tegano-De Stefano di Reggio Calabria –

8 una delle più potenti dell’intera Calabria – dedita al recupero crediti con modalità mafiose, il che vuol dire ricorrendo a condotte estorsive in danno di imprenditori del comparto ortofrutticolo.

La circostanza che siano stati altri imprenditori lombardi a richiedere alla criminalità organizzata tale illecito servizio di recupero crediti desto sconcerto perché testimonia come talora possa essere l’imprenditoria stessa la causa dell’infiltrazione nel tessuto economico locale delle cosche.

In fase processuale in primo grado, oltre all’altro troncone del processo cd. “PAPA”, si trova anche il processo cd. “Tre Monelli” nei confronti di Massimo SORRENTINO ed altre 22 persone in ordine a tutta una serie di reati, tra cui estorsioni e danneggiamenti aggravati dal metodo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, corruzione, ricettazione, armi ed altro, di cui pure si è diffusamente riferito nella relazione dello scorso anno.

Per quanto concerne il territorio del circondario di Bergamo, la presenza di cosche di

‘ndrangheta calabrese è storicamente dimostrata da tante indagini di polizia giudiziaria che hanno messo in evidenza come tali consorterie siano impegnate, seguendo schemi e metodi tipicamente mafiosi, nell’inserimento, soprattutto, nei settori economici dell’edilizia, della ristorazione e della gestione di locali notturni, attività che, unitamente al traffico di stupefacenti, hanno permesso loro una consistente azione di infiltrazione e di radicamento nel tessuto sociale ed economico locale.

Anche nella provincia di Bergamo sono sempre più frequenti i casi di imprenditori locali che si dimostrano compiacenti nei confronti delle cosche calabresi facendosi coinvolgere consapevolmente in attività di riciclaggio e di false fatturazioni.

Viene in particolare menzionata un’attività investigativa su soggetti appartenenti ad un’associazione a delinquere di tipo mafioso denominata “‘ndrina dei PAPARO”, già operante nell’

hinterland milanese, i cui vertici si sono trasferiti nella provincia di Bergamo, dove, inserendosi nel tessuto socio-economico hanno acquisito, attraverso dei prestanome, due aziende operanti nel settore della carpenteria metallica.

Il Procuratore di Bergamo segnala l’importanza nella lotta alla criminalità mafiosa del ricorso allo strumento delle cd. “interdittive antimafia” di competenza del Prefetto, ragione per la quale sta incentivando la collaborazione con l’Autorità prefettizia così da fornire a quest’ultima ogni materiale utile ai fini dell’assunzione di tali provvedimenti interdittivi.

Anche i circondari di Mantova e Cremona, infine, continuano ad essere interessati da sistematici tentativi della criminalità organizzata – soprattutto di stampo ‘ndranghetista - di infiltrazione nel loro tessuto economico e sociale.

Il Procuratore di Mantova ricorda, in particolare, le sentenze emesse nel 2018 nei processi c.d.

“Pesci” e “Aemilia” che hanno accertato nel mantovano l’esistenza di una ‘ndrina diretta emanazione della Cosca Grande Aracri di Curto, ma autonoma ed indipendente da essa, infliggendo pene molto severe per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p.

Particolare attenzione viene pertanto dedicata dalle rispettive Procure al monitoraggio dei c.d.

reati “spia” (incendi dolosi, danneggiamenti, estorsioni, usure, riciclaggio, reati fiscali relativi all’emissione/utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, minacce ecc.) che segnano purtroppo un tendenziale preoccupante aumento a riprova dell’inquietante livello di pericolosità d’infiltrazione raggiunto.

Per quanto concerne il narcotraffico, molte sono state le indagini che hanno confermato la presenza sull’intero territorio di numerosi sodalizi criminosi dediti al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti che hanno richiesto il massimo impegno da parte delle forze di polizia e della magistratura.

Preoccupa soprattutto lo stabile radicamento sul territorio del distretto di organizzazioni straniere di varia etnia a carattere stranazionale (albanese, rumena, magrebina, nigeriana, ecc.) che convivono pacificamente con quelle italiane a dimostrazione che la piazza è molto vasta e che c’è posto per tutti.

La D.D.A. segnala, in particolare, i seguenti processi:

- il processo cd. “CAMALEONTE bis” nei confronti di SALLAKU Samir ed altri 27 indagati ai quali sono stati contestati numerosissimi episodi di traffico internazionale di sostanze stupefacenti: Nel corso delle indagini sono stati disposti ben 23 arresti ritardati ai sensi dell’art.

9 l. n. 146/2006 ed accertate numerose importazioni in Italia di ingenti quantitativi di cocaina.

Nel febbraio del 2020 il processo si è concluso con il rito abbreviato avanti al GUP di Brescia con accoglimento sostanziale delle richieste di condanna della Procura.

- il processo cd. “METROPOLIS” nei confronti di BAKU Endrin ed altri 53 indagati, ai quali è stato contestato di aver costituito una associazione finalizzata al narcotraffico e di avervi fatto parte, conclusosi a sua volta nel febbraio del 2020 con il rito abbreviato avanti al GUP di Brescia sempre con accoglimento sostanziale delle richieste di condanna formulate dalla pubblica accusa.

- il processo cd. “BOCA” nei confronti di ADEMI Alban ed altri 22 indagati che ha permesso di accertare 44 importazioni in Italia di ingenti quantitativi di cocaina da parte di due diverse organizzazioni di narcotrafficanti albanesi, pure conclusosi con il rito abbreviato e con il riconoscimento da parte del GUP di Brescia della fondatezza delle contestazioni mosse.

- Il processo cd. “YZEIRAJ” e il processo cd. “NARCOS 3” sono invece attualmente in fase dibattimentale avanti al Tribunale di Brescia. Nel primo processo, a carico di YZEIRAJ Kristo ed altri 4 indagati, è contestato il reato associativo unitamente ad una serie di importazioni di droga dall’Albania. Nel secondo, a carico di MAMMOLITI Biagio e SOSA Lino Andres, è sempre contestato il reato associativo unitamente in questo caso a circa 20 macro importazioni di cocaina da Santo Domingo.

Il Procuratore di Bergamo conferma che nel suo circondario risultano operanti sodalizi criminali a carattere transnazionale dediti al traffico della droga, per lo più suddivisi per nazionalità, ed in particolare:

• numerosi gruppi di nazionalità albanese perlopiù impegnati nel traffico internazionale di stupefacenti e nello sfruttamento-favoreggiamento della prostituzione; le molte indagini condotte hanno permesso di delineare le peculiarità di dette organizzazioni fortemente radicate sul territorio e caratterizzate da un criterio di associazionismo stabile che è paragonabile sotto un profilo sociologico a quello della ‘ndrangheta in quanto i sodali, legati da un vincolo criminogeno, appartengono spesso allo stesso nucleo familiare, alla stessa città o addirittura allo stesso quartiere;

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• l’emergente presenza di soggetti di nazionalità nigeriana che si dedicano allo sfruttamento della prostituzione ed allo spaccio di sostanze stupefacenti;

• una pluralità di soggetti di nazionalità magrebina che estemporaneamente si organizzano per dedicarsi al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Per il contrasto a queste preoccupanti manifestazioni criminali la Procura di Bergamo sta sempre più indirizzandosi, di concerto con le Forze di polizia, rientrando tra le sue prerogative, verso la promozione di procedimenti di prevenzione, ritenendoli particolarmente incisivi, molto temuti ed anche meno impegnativi in termini di tempo e di raccolta del materiale probatorio.

1.3. Il terrorismo

Sul fronte del terrorismo – il cui dato statistico complessivo evidenzia un significativo aumento delle iscrizioni che passano 12 a 16 - il Procuratore distrettuale evidenzia, per quanto concerne il terrorismo interno, che vi sono preoccupanti segnali provenienti da frange, mai sopite, che si richiamano, da un lato, alla lotta armata comunista e, dall’altro, all’anarchia.

Ricorda che sono stati commessi diversi atti intimidatori rivolti contro i presidenti delle Associazione degli industriali, quella lombarda, quella bresciana e quella bergamasca. Il presidente di Confindustria Lombardia ed il Presidente di Confindustria Bergamo hanno ricevuto lettere minatorie, alcune delle quali contenenti anche un proiettile, mentre più recentemente il presidente dell'Associazione industriale bresciana si è visto recapitare un pacco - ordigno che, alla prova degli artificieri, è risultato essere potenzialmente offensivo.

Ritiene ragionevole ipotizzare che questo risveglio di matrice eversiva faccia leva sulla crisi economica indotta da quella sanitaria e che quindi sia da ipotizzare che le azioni dimostrative potranno anche intensificarsi quando nel prossimo futuro verranno meno alcuni strumenti del welfare di prevista durata contingente. Il diuturno e lodevole impegno delle Forze di polizia nell’attività di prevenzione e di contrasto non potrà quindi conoscere in questo delicato comparto alcun rallentamento.

Menziona il Procuratore distrettuale i seguenti procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi con finalità di terrorismo di matrice anarco insurrezionalista:

- il procedimento a carico di OXOLI Manuel per il reato di cui agli artt. 378, 390 c.p. e 270 bis1 c.p.

(favoreggiamento con finalità di terrorismo) definito con sentenza di condanna ad anni 3 mesi 2 di reclusione ed € 700 di multa;

- il procedimento a carico di POMBO DA SILVA Gabriel ed altri per il reato di cui all’art. 270 bis c.p., nel corso del quale lo stesso è stato raggiunto da mandato di arresto internazionale ed attualmente si trova detenuto in Spagna.

In relazione viceversa al terrorismo esterno, nel periodo di riferimento, risultano essere giunti a definizione alcuni importanti procedimenti connotati da condotte con finalità di terrorismo di matrice jihadista:

- il processo a carico di EL ABBOUBI Anas per il reato di cui all’art. 270 quinquies c.p.

(addestramento con finalità di terrorismo a mezzo internet) definito con sentenza di condanna alla pena di anni 6 di reclusione;

- il processo a carico di KHAN Yasin per il reato di cui all’art. 414 c.p. (apologia con finalità di terrorismo a mezzo internet) definito con sentenza di condanna alla pena di anni 1 mesi 3 e giorni 11 di reclusione;

- il processo a carico di BOUGANA Samir per il reato di cui all’art. 270 bis c.p. (associazione con finalità di terrorismo) definito con sentenza di condanna ad anni 4 di reclusione. Si è trattato del primo caso di foreign fighter di nazionalità italiana che si era addirittura inserito nella Polizia religiosa dello Stato Islamico e che, sottoposto a mandato di arresto internazionale, er stato estradato dalla Siria nel luglio del 2019.

Se dunque nel periodo di riferimento si deve rilevare con soddisfazione che nel nostro distretto non si sono registrati episodi violenti di terrorismo di matrice jihadista non v’è dubbio però che è assolutamente indispensabile che lo Stato non abbassi la guardia e che continui a monitorare con grande attenzione la situazione così da evitare che soggetti vicini a movimenti, organizzazioni o frange estremiste possano radicalizzarsi, in particolare quali “attentatori solitari”, “foreign fighters” o

“homegrown”.