RELAZIONE DEL PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI BRESCIA PER L’INAUGURAZIONE DELL’ ANNO
4. LA PROCURA DELLA REPUBBLICA PER I MINORENNI DI BRESCIA
Per la Procura di Mantova deve innanzitutto segnalarsi come il Procuratore abbia proseguito anche nel periodo di riferimento - attraverso l’emanazione di tutta una serie di ordini di servizio, direttive e linee guida di cui non si può dare conto nel dettaglio in questa sede per ragioni di spazio – l’opera iniziata sin dal momento del suo insediamento per il superamento delle numerose criticità che affliggevano l’Ufficio. Opera che a questo punto può dirsi con soddisfazione essere stata nella sostanza ultimata
Il Procuratore segnala poi a sua volta di aver sottoscritto apposite convenzioni con il Comune e la Provincia di Mantova per garantire all’Ufficio la collaborazione di lavoratori socialmente utili e di aderenti ad associazioni di carattere volontaristico.
È stato così possibile ottenere il distacco presso la Procura di Mantova di n. 2 lavoratori dal Comune di Mantova, di n. 1 L.S.U. e n. 2 volontari di Associazioni riconosciute, giuste apposite convenzioni con la Provincia di Mantova.
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4. LA PROCURA DELLA REPUBBLICA PER I MINORENNI DI BRESCIA
In premessa il Procuratore rimarca la penosa carenza di personale, mezzi e strutture che da anni affligge l’Ufficio nello svolgimento dei suoi molteplici, gravosi e complessi compiti.
Limitandosi al personale di magistratura, osserva che la valutazione comparativa dei carichi per magistrato in relazione alle altre Procure minorili così come altri indicatori - quali il rapporto fra popolazione e magistrato o fra popolazione minorile e magistrato - rappresentano in modo evidente
l’affermata sproporzione ed insufficienza delle piante organiche solo recentemente aumentate di una unità.
In relazione all’organico precedente, un Procuratore e due sostituti, che è l’organico che ha operato nel periodo di riferimento, ad esempio, a fronte di un rapporto di un magistrato per meno di 50.000 minorenni residenti (Procure di Messina, Trento, Reggio Calabria, Potenza, Cagliari, Caltanissetta, Sassari, Taranto e Campobasso) e di un magistrato per meno di 100.000 minori residenti (Procure di Napoli, Bari, Catanzaro, Perugia, Catania, Lecce, Salerno Palermo, Trieste, Genova, Bolzano), Brescia vantava il non invidiabile primato di un magistrato per 179.809 minorenni che è il doppio del dato medio nazionale di un magistrato per 90.800 minorenni (dato tratto dalla relazione ministeriale allo schema di decreto per l’aumento delle piante organiche e tabella comparativa elaborata su dati ISTAT relativi al 2018).
L’aumento dell’organico determinato dalle nuove piante recentemente approvate porterà un indubbio miglioramento, anche se insufficiente a giudizio del Procuratore.
Venendo al merito dell’attività svolta va rilevato che il periodo di restrizioni alla circolazione delle persone determinato dall’emergenza sanitaria, che nei mesi fra marzo e maggio 2020 ha inciso significativamente sulla commissione di reati, riducendo sia pur temporaneamente i cosiddetti reati da strada, ha avuto solo un blandissimo effetto riduttivo sul numero delle segnalazioni civili, la cui trattazione costituisce l’area di maggiore impegno della Procura minorile.
Le segnalazioni di condizioni di rischio o pregiudizio per i minorenni sono state in quest’annualità 2214, rispetto alle 2486 dell’annualità 2019/2020, e alle 2453 dell’annualità 2018/2019. Appare dalla qualità delle segnalazioni civili che la protratta convivenza forzata delle famiglie, in assenza degli interventi in presenza degli operatori sociali e degli altri strumenti di sostegno per i minori e le famiglie (quali ad esempio la frequenza ai centri socioeducativi o ad attività educative, sportive o di volontariato) abbia spesso esasperato le problematiche esistenti e peggiorato le condizioni dei minori.
Nonostante le rigorose restrizioni alla presenza in ufficio nel periodo di massimo allarme sanitario e le carenze di organico, la Procura non ha mai cessato di operare: nell’annualità in esame ha proposto al Tribunale per i Minorenni 567 ricorsi per controllo sulla responsabilità genitoriale, 44 ricorsi per la tutela di minori dalla condotta irregolare o prossimi alla maggiore età, 65 ricorsi per la verifica dello stato di adottabilità per abbandono morale o materiale e 168 ricorsi per la nomina di tutore e verifica delle misure di assistenza per minori stranieri non accompagnati (questi ultimi in crescita rispetto ai 112 dell’annualità precedente). Le archiviazioni di atti civili senza proposizione di ricorso sono state 813. Sono stati espressi inoltre 2057 pareri.
Quanto alle problematiche dell’area penale, il Procuratore sottolinea che anche in questa annualità la tipologia dei reati denunciati commessi da minorenni non si discosta sostanzialmente per numero e gravità da quella rilevata negli anni passati.
Il minore deviante, almeno nella realtà del distretto della Lombardia orientale, è normalmente autore di reati abbastanza categorizzati (danneggiamenti, furti e ricettazioni, rapine ed estorsioni, risse e lesioni, violenze sessuali, atti persecutori, maltrattamenti in famiglia, diffusione di immagini pornografiche a mezzo di social network e reti informatiche, piccolo e medio spaccio di stupefacenti – soprattutto hashish e marijuana-, per citare le tipologie più ricorrenti).
I procedimenti iscritti contro noti sono stati 1221 (nell’annualità precedente 1199), di cui però 138 consistono in violazioni delle normative per la prevenzione del contagio da Covid-19, successivamente depenalizzati e trasmessi per competenza alle Prefetture; e quelli contro ignoti 105
42 (nell’annualità precedente 105). Sostanzialmente stabili risultano le denunce per violazioni degli artt.
600 ter e quater c.p., così come quelle per furti, rapine ed estorsioni (208+93+28=329 a fronte di 213+71+32=316); risultano invece significativamente diminuite (da 60 a 40) le denunce per reati sessuali e per atti persecutori (da 34 a 18).
La maggior parte dei fatti denunciati, al di là del titolo di reato e dell’inquadramento statistico, è di contenuta entità e pericolosità: i reati contro la pubblica amministrazione sono pressoché esclusivamente resistenze a pubblico ufficiale o oltraggi; i reati di comune pericolo sono quasi esclusivamente lanci pericolosi di cose; non vi sono stati omicidi; vi è stato un unico omicidio colposo da circolazione stradale.
Conseguentemente anche le attività di indagine preliminare seguono per lo più schemi consolidati ed avvengono normalmente nei tempi previsti. Molto spesso tali condotte devianti traggono origine da inceppamenti del percorso maturativo, spesso correlati a deficit cognitivi, a carenze educative o ad altre gravi criticità dell’ambiente familiare e sociale.
Il blocco delle attività in presenza, determinato dal confinamento nei mesi da marzo a maggio 2020, ha causato un forte rallentamento delle indagini, un incremento delle pendenze, e un ostacolo all’applicazione di quegli strumenti (indagine psicosociale sul minore, percorso di mediazione con la vittima, avvio ad attività rieducative sotto la guida del Servizio Sociale Minorile) che normalmente richiedono o presuppongono l’espletamento dapprima dell’interrogatorio indi di attività in presenza con operatori.
Anche in questa annualità risulta perciò del tutto ingiustificato, ed anzi è apertamente contraddetto dai dati, qualsiasi timore o percezione di una esplosione o anche solo di una crescita della criminalità minorile. Tuttavia anche condotte di contenuta gravità possono generare, e di fatto spesso generano, forte allarme e reazione dell’opinione pubblica, a volte non proporzionate alla obiettiva gravità (ad es. in caso di danneggiamenti di beni pubblici o immagini religiose esposte al pubblico, sassaiole o altri disturbi alla vita delle persone, e simili). La realtà sociale del distretto è caratterizzata da comunità medio piccole, nelle quali si sviluppa una forte coesione sociale che si percepisce ferita e indignata da tali condotte.
Nella relazione redatta lo scorso anno veniva evidenziato, e trova conferma anche in questa annualità, che nella Lombardia orientale risultano totalmente assenti veri e propri raggruppamenti giovanili strutturati dediti sistematicamente ad attività criminali, del tipo di quelli presenti invece in altri territori, quali le “maras” o le “pandillas”.
I gruppi che qui vengono indicati come “baby gang” sono in effetti aggregazioni più fluide, composte da adolescenti, prevalentemente maschi, tanto italiani quanto stranieri, che solidarizzano fra loro, danno al loro gruppo un nome possibilmente evocativo di forza e di trasgressione (e si dotano di una chat WhatsApp); cercano il confronto con altri analoghi gruppi di pari; commettono prepotenze, anche molestando e turbando la tranquillità dei cittadini, e commettono reati, principalmente aggressioni, furti, rapine “da strada”.
La Procura ha istruito svariati processi, e per molti di questi indagati ha chiesto ed ottenuto misure cautelari. Ma la concreta conoscenza di ciascuno di questi ragazzi, autori di reato, fa emergere dati che dovrebbero evocare la necessità di capillari interventi precedenti e diversi dall’intervento penale. Un’elevata percentuale di questi ragazzi ha deficit cognitivi non riconosciuti, o riconosciuti tardivamente; o problematiche di strutturazione psichica, mai riconosciute e mai curate; deficit educativi o ad altre gravi criticità dell’ambiente familiare, non tempestivamente rilevati o non
efficacemente fronteggiati; percorsi scolastici accidentati, con bocciature precoci e precoce abbandono della scuola, senza un correlativo inserimento nel mondo del lavoro.
Si tratta perciò di un fenomeno sociale, più e prima che di un fenomeno criminale; ed è su un terreno sociale che va contrastato, ferma restando la risposta penale, la cui efficacia è però limitata in quanto è concentrata sul singolo soggetto autore di reato ed interviene a valle della commissione del fatto.
Nonostante la presenza di una folta popolazione giovanile proveniente da famiglie immigrate di oltre 150 etnie e nazioni, di prima e seconda generazione, non sono stati segnalati finora fenomeni di radicalizzazione di minori, né di coinvolgimento in attività penalmente rilevanti collegate al terrorismo o alla sua apologia o diffusione, o di adesioni ad attività combattenti all’estero.
Un profilo di rischio sussiste. I ragazzi provenienti da queste famiglie, anche se già cittadini italiani, sono portatori di esigenze complesse rivolte all’integrazione, combattuti tra le esigenze di inclusione ed omologazione al gruppo dei pari e il richiamo identitario, tanto più rilevante quanto più i giovani avvertono le fragilità della loro condizione e il rischio di esclusione o marginalizzazione. I genitori sono spesso in forte difficoltà a fornire solidi modelli educativi nel nuovo contesto di vita e spesso sono percepiti come deboli o perdenti nel contesto sociale e dunque poco autorevoli verso i figli che in quel contesto bramano affermarsi.
Anche in questo ambito, tuttavia, il migliore e più efficace mezzo di contrasto non può considerarsi la repressione penale, bensì lo sviluppo di progetti di valorizzazione e di inclusione e di un generale clima che in radice, fin dalle scuole materne combatta quei sentimenti di esclusione, di svilimento e di conseguente rabbia e odio da cui spesso traggono origine i percorsi di radicalizzazione.
Non risultano emersi nel distretto fenomeni di arruolamento o integrazioni di minori in associazioni criminali di stampo mafioso o camorristico, né coinvolgimenti di minori in attività di associazioni eversive o terroristiche.
Non vengono neppure segnalate nel periodo in questione indagini di particolare spiccata rilevanza per tipologia di reato, per intrinseche caratteristiche dei fatti o per problematiche giuridiche affrontate.
L’importante indagine nei confronti di soggetto all’epoca minorenne per l’ipotesi di partecipazione alla strage di Piazza della Loggia, condotta in stretto coordinamento con la parallela indagine della Procura ordinaria, è in fase di imminente definizione.
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