2. Gli arrivi e gli sbarchi
3.2 Criminalizzare la mobilità
Un altro lato della securitizzazione dell‘immigrazione, assieme al frame bellico, è la sua criminalizzazione. A tal riguardo è necessario considerare due questioni parallele e spesso tangenti. Da un lato, le migrazioni vengono associate a fenomeni criminali come il traffico d‘organi e di persone ad opera di organizzazioni criminali, più o meno strutturate, la produzione di visti e permessi di soggiorno falsi, il rapimento e il trasporto forzato di donne al fine di farle prostituire in altri paesi.
Dall‘altro lato, i paesi occidentali hanno sviluppato nel recente passato una crescente tendenza al controllo sociale e alla schedatura di informazioni, anche biometriche, dei cittadini: gli immigrati hanno rappresentato una sorta di avanguardia nella sperimentazione di tali pratiche84. La proposta (poi attuata) di raccolta dei rilievi fotodattiloscopici di tutti gli immigrati e dei nomadi, anche minorenni, che ha tenuto banco per mesi nel dibattito politico italiano, ne è un chiaro esempio. Ma è stata soprattutto l‘introduzione del reato di clandestinità a sancire definitivamente la criminalizzazione della migrazione: quello che per gli europei è un diritto universale inalienabile, sancito da trattati e convenzioni, diventa un reato penale per l‘Altro. L‘argomento ha interessato primariamente la diatriba politica, nonostante proposte e posizioni securitarie si siano rivelate del tutto trasversali tra gli schieramenti; pertanto, anche la trattazione giornalistica risulta essere fortemente sbilanciata verso il resoconto continuo delle posizioni e delle dichiarazioni dei singoli esponenti politici.
L‘impiego massiccio del criminonimo clandestini (39.371) o in alternativa del più burocratico irregolari (7.135) e dei sintagmi immigrazione irregolare, immigrazione
clandestina e immigrazione illegale è di per sé una spia piuttosto evidente della
criminalizzazione delle migrazioni, che, nella sua versione più estrema, (la penalizzazione), ontologizza e cristallizza attraverso l‘atto di nominazione una condizione in realtà solamente temporanea degli individui (il passaggio o il soggiorno in uno stato estero), contribuendo a fomentare l‘associazione automatica tra immigrazione e criminalità. Se consideriamo il linguaggio come una pratica non solo linguistica, ma soprattutto sociale, in un costante rapporto dialettico con il reale tale per cui è socialmente costituito e socialmente costitutivo (Fairclough 1995b: 55); se affermiamo, insomma, la sua capacità di creare e modificare la
84 Si pensi ad esempio al progetto di carta d‘identità europea, corredata da impronte digitali e
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realtà e allo stesso tempo di venirne continuamente influenzato, possiamo facilmente comprendere come il potere delle élite di controllare i soggetti passi anche, e spesso, attraverso il linguaggio e le forme che sceglie di impiegare per plasmare la società:
Le pratiche discorsive avrebbero dunque la potenzialità di riprodurre continuamente discriminazioni e violenze verbali, di porre alcuni individui in posizioni sociali subalterne. Una potenzialità che non scaturisce dalla semplice utilizzazione di parole offensive, ma dalla più profonda capacità dell‘atto di interpellazione di creare il soggetto a cui è indirizzato e di far sì che quest‘ultimo si riconosca nei contenuti di quell‘interpellazione (Orrù 2014b: 55).
Adottare forme come clandestini o irregolari, perciò, pone i soggetti istantaneamente in una condizione problematica. Se ad essi sommiamo altre forme come clandestino (13.456),
clandestina (14.096) e clandestinità (4.761) otteniamo un numero complessivo di occorrenze
molto alto (71.684) all‘interno dello stesso lemma, che si attesta, quindi, come scelta definitoria di gran lunga più adottata nella stampa, preceduta solamente dal più generico
immigrati e dall‘iperonimo stranieri. Va da sé che, nonostante la sua indubbia importanza, il
dato non può essere assunto in un modo rozzo e decontestualizzato; è necessario tenere sempre in conto i possibili usi metaforici o inerenti ad altre pratiche non necessariamente criminali (le ―corse clandestine‖, le ―scommesse clandestine‖, le ―relazioni clandestine‖) e non di meno gli usi critici e la possibile messa in discussione di tale terminologia.
Il ridotto numero di occorrenze di clandestinità è tuttavia sufficiente a collocare il vocabolo tra le keyword più rilevanti del corpus (101a), buona parte delle quali (il 27,95%) concentrata nel 2009, anno di introduzione del reato. Specularmente immigrazione,
clandestina e clandestinità sono le parole che più di tutte le altre appaiono insieme a reato.
Altro segnale della tendenza a criminalizzare la figura dell‘immigrato è la rilevanza nel corpus della parola impronte: sono 3.794 le occorrenze nel nostro corpus contro le 1.638 del corpus di riferimento. Il dato si riferisce chiaramente all‘insistenza nel dibattito politico delle proposte – successivamente attuate – di rilevare le impronte digitali (e non a caso prendere le
impronte è il cluster più ricorrente dopo il più ovvio le impronte digitali) agli immigrati
prima, e ai nomadi poi.
Come accennato poco sopra, al fine di giustificare i controlli di carattere militare e poliziesco e una legislazione restrittiva e lesiva dei diritti personali, l‘arrivo dei migranti può essere messo in relazione alla necessità di limitare il proliferare di aree di criminalità capaci di sfruttare il fenomeno migratorio; ciò porta a un uso frequente di riferimenti al racket (le cui
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principali collocazioni, dopo prostituzione, sono, non a caso, clandestini, immigrazione e
immigrati). Un aspetto particolarmente interessante a tal riguardo è la mancanza di qualsiasi
nesso causale tra il proibizionismo legislativo e le attività criminali in questo genere di articoli di cronaca.
(74) «Immigrati, il governo lancia l'emergenza cinesi». Se le organizzazioni criminali si avvalgono delle stesse strutture logistiche comuni per contrabbando, traffico di droga e di armi e trasporto di poveracci, come ha sottolineato Brutti, gli Stati tenuti a contrastarle dispongono di un coordinamento insufficiente e si dibattono tra le rispettive rigidità burocratiche (CS 11/08/2000).
(75) «―Invasione‖ di romeni dopo la sanatoria Un racket dei passaporti per immigrare» (CS 31/03/2004).
(76) «L'allarme degli 007: "Il racket dei clandestini vuole scatenare il caos"». C‘è una tattica criminale dei "network nordafricani" che tengono le redini dell'immigrazione clandestina: far riempire i Cpt, i centri di accoglienza per immigrati, fino a provocarne la saturazione. Gestendo i tempi degli sbarchi, organizzando rivolte, fughe. E "le autorità" sembrano soccombere ai numeri: non riuscendo a identificarli, consegnano ai clandestini l'intimazione ad andarsene, carta straccia per chi fa di tutto pur di non lasciare l'Italia. Una resa (GN 24/04/2008).
(77) «SORPRESA Le navi dei disperati sbarcano in Corsica Sarà merito nostro?». Una cosa è certa: con lo sbarco a Bonifacio, il racket della immigrazione clandestina attraverso il Mediterraneo ha aperto un nuovo fronte, aggiungendo la Francia alla lista dei Paesi di prima linea, finora composta solo da Grecia, Malta, Italia e Spagna (GN 23/01/2010).
(78) «Immigrati, vertice da Amato». Il timore del governo è che possano correre in fretta fra i trafficanti di schiavi le notizie sulla presunta illegittimità dei centri immigrati. E che questo possa invogliare il racket ad aumentare i viaggi via terra e via mare (RP 10/11/2000).
(79) «Un traffico di clandestini dall'Egitto a Torino L'organizzazione vendeva visti ―regolari‖ per 10 mila dollari». A Torino, epicentro dell'ennesima inchiesta sul traffico di carne umana, venivano presi in consegna dal racket, ―coperto‖ da una societa‘ di import export con sede a Torino, direttamente al Cairo e imbarcati con passaporti regolari sugli aerei di linea della Egypt Air diretti a Malta. Di qui, a bordo di navi di linea raggiungevano i porti della Sicilia (ST 21/03/2001).
La rappresentazione dei controlli come guerra/lotta alla criminalità trova negli scafisti il ―nemico‖ ideale. Dopo scafisti, di cui già si è detto in precedenza, il termine più utilizzato per
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identificare i passeur è trafficanti; esso risulta essere tra l‘altro in una posizione sufficientemente elevata tra le parole chiave del nostro corpus: 421a con 2.060 occorrenze totali, presente in ben 412 testi su 490. Analizzando i cluster linguistici85 mediante i software, essi vengono generalmente definiti come trafficanti di uomini (225 occorrenze); trafficanti di
esseri umani (96); trafficanti di clandestini (86); trafficanti di immigrati (22); trafficanti di persone (20) e più enfaticamente trafficanti di carne umana (30); trafficanti di merce umana
(28) e trafficanti di schiavi (6), segnaliamo, infine, anche banda di trafficanti (39). Affini sono anche le forme mercanti di uomini (92), mercanti di schiavi (65); mercanti di carne
umana (23); mercanti di esseri umani (16); mercanti di clandestini (14). Tra i cluster della
parola trafficanti di cui tenere conto è necessario menzionare anche contro i trafficanti (70);
lotta ai trafficanti (35) e contrasto ai trafficanti (14). Vediamo di seguito alcuni esempi
discorsivi che mostrano come l‘immigrazione venga messa in parallelo con alcune attività criminali.
L‘estratto da Il Giornale è particolarmente esemplificativo di diverse strategie discorsive. L‘argomentazione prende le mosse dalla negazione di possibili accuse di razzismo (van Dijk 1992; Goodman 2010) («L'Italia non è un Paese razzista») ed è utile a presentare positivamente l‘immagine del governo («ed è intenzione del governo agire affinché non lo diventi»). Viene instaurato di fatto un nesso causale tra immigrazione e razzismo, tale per cui all‘aumentare dell‘immigrazione contestualmente, e inevitabilmente, un paese diventerebbe razzista. L‘uso dell‘aggettivo ‗nuovo‘ presuppone grammaticalmente l‘opposizione al suo contrario, rappresentando, quindi, anche un giudizio di valore sulle precedenti normative, da ritenersi inadeguate a prevenire il razzismo in Italia in quanto troppo poco restrittive. Il giornalista sfrutta inoltre il riferimento ad autorità esterne, anche se presentate in modo vago nel discorso, per conferire credibilità alle proprie posizioni («Come notato da diversi osservatori non di parte»). Le «norme più dure» e limitanti per l‘accesso e il soggiorno nel territorio italiano vengono tematizzate come necessarie al contrasto a fenomeni criminali («Lo sfruttamento dei clandestini da parte della criminalità»; «i trafficanti di uomini»; «cessazione degli sbarchi») o, paradossalmente, per tutelare gli immigrati regolari; nonostante alcune ricerche (vd. Ambrosini 2006) abbiano evidenziato come il 70% circa degli stranieri soggiornanti legalmente in Italia siano dovuti passare per uno o più periodi di permanenza irregolare. Questo genere di argomentazione in cui si stabilisce la dicotomia tra immigrati
85 Ovvero segmenti di più parole (nel nostro caso tre, ma il valore può essere impostato a piacimento),
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regolari e irregolari fa parte del processo di discriminazione discorsiva e sociale, per cui le persone vengono definite e accettate nella società solamente in base alla loro condizione amministrativa/legale, condizione fortemente influenzata dalla provenienza geografica delle persone. Il richiamo esplicito agli «sbarchi», inoltre, stabilisce il legame tra immigrazione clandestina e arrivi via mare, mentre, come notato in precedenza, essi costituiscono solo una piccolissima parte degli ingressi irregolari nel paese; l‘effetto è, pertanto, in prima istanza quello di criminalizzare i ―clandestini‖ tout court, e in seconda battuta i cosiddetti boat
people, gli unici consistentemente al centro delle cronache.
«La svolta è arrivata con il reato di clandestinità». La questione dell'immigrazione clandestina è di grande importanza e delicatezza. Distinguere l'immigrazione clandestina dagli immigrati regolari è la prima forma di tutela per questi ultimi e per accelerare il loro processo di integrazione nella società italiana. L'Italia non è un Paese razzista ed è intenzione del governo agire affinché non lo diventi. Proprio per evitare questo pericolo e per colpire lo sfruttamento dei clandestini da parte della criminalità, sono state approvate nuove leggi e messe in atto nuove iniziative nazionali e internazionali. Come notato da diversi osservatori non di parte, il reato di clandestinità è la rivendicazione da parte dello Stato del suo diritto al pieno controllo del territorio e dei suoi confini, il "tratto fondante" delle prerogative di uno Stato: il principio della sovranità territoriale. Il reato di clandestinità, le norme più dure contro i trafficanti di uomini e contro chi favorisce la permanenza dei clandestini in Italia, l'attuazione a partire da maggio 2009 dell'accordo con la Libia che ha di fatto portato alla cessazione degli sbarchi, sono misure che hanno cominciato a dare frutti nel 2009 (GN 18/03/2010).
Nell‘articolo seguente, l‘immigrazione clandestina viene accostata ad altre realtà criminali di grossa entità come il terrorismo e la mafia; ciò contribuisce a calarla in un frame criminogeno, grazie alla relazione con attività violente e pericolose. La sensazione viene amplificata dal ricorso al lessico ansiogeno: «un‘emergenza», «strumenti straordinari». Le parole fanno parte originariamente di una dichiarazione del ministro Amato; l‘assenza delle virgolette testimonia, pertanto, l‘adesione all‘interpretazione governativa degli eventi.
Gli interventi del governo vengono ricondotti, anche in questo caso, al contrasto agli scafisti («trafficanti di uomini», «mercanti di schiavi») rafforzando il legame tra clandestinità, criminalità e provenienza geografica. Le misure legislative necessitano di un inasprimento (tipico il ricorso a veri e propri stilemi del linguaggio giornalistico come «giro di vite»), mentre le vecchie norme vengono connotate negativamente dall‘aggettivo «blanda». Il
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dualismo tra vecchie e nuove leggi serve, probabilmente, allo scopo di trasmettere l‘immagine di un governo forte e determinato. Vi è poi un ampio uso del lessico giuridico e poliziesco: «pool», «investigatori», «magistrati specializzati», «garantire alla giustizia», «intervento legislativo», «reato».
«―Due pool contro i trafficanti di uomini‖ - Amato annuncia il giro di vite. Mastella: carcere obbligatorio per gli scafisti». ROMA – L‘immigrazione clandestina come terrorismo e mafia. Un‘emergenza da affrontare con strumenti straordinari. E così, un pool di investigatori darà la caccia a tutto campo ai mercanti di schiavi. Mentre una squadra di magistrati specializzati proverà a garantire alla giustizia gli scafisti. Il giro di vite sarà completato da un intervento legislativo deciso dal governo per modificare la norma che sanziona ad oggi in misura assai blanda il reato di immigrazione clandestina: ai trafficanti sarà esteso il reato di tratta umana, perseguito dalla procura nazionale antimafia. Sono le contromisure adottate dal Viminale al termine del vertice tecnico convocato d‘urgenza dal ministro Giuliano Amato e al quale hanno preso parte il procuratore antimafia Pietro Grasso, i vice capi della polizia Antonio Manganelli e Alessandro Pansa, i vertici dello Sco, della questura di Agrigento, i capi di stato maggiore della finanza e dei carabinieri (RP 23/08/2006).
Come si può evincere già dalla titolazione dell‘articolo seguente, Libero appoggia pienamente la linea securitaria; il pezzo, infatti, tematizza espressamente la correlazione tra criminalità e immigrazione: «SICUREZZA E IMMIGRATI». L‘uso di ‗sicurezza‘, inoltre, comunica espressamente l‘assunzione di un punto di vista vittimistico; esso fa infatti appello alla sensazione di sicurezza/insicurezza percepita dal cittadino. A tale scopo, Libero giustifica le proprie posizioni facendo in seguito appello alla categoria collettivizzante e assai generica della «gente comune» («piace molto alla gente comune»). Il «reato di clandestinità» e il «carcere per i clandestini» sono ritenuti provvedimenti necessari. L‘immigrazione viene etichettata come «selvaggia», ovvero senza controlli, e globalmente portatrice di criminalità e degrado in Italia: «porto franco dei criminali» e «porcilaia a cielo aperto».
«SICUREZZA E IMMIGRATI - AHI AHI, CARO SILVIO - Berlusconi sembra tentennare sul decreto che prevede il carcere per i clandestini Sarebbe un errore. Lasci invece carta bianca al ministro Maroni. E vada avanti». Silvio Berlusconi perdonerà, ma abbiamo l'impressione che tiri una brutta aria sulla sua testa. Ci riferiamo al cosiddetto pacchetto sicurezza, in particolare al reato di clandestinità. Che piace molto alla gente comune, perché dimostra l'intenzione del governo di combattere sul serio l'immigrazione
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selvaggia che ha ridotto l‘Italia a porto franco per criminali e, in certi casi, a porcilaia a cielo aperto. Però non piace affatto né alla Chiesa (in proposito si è espresso il Papa in prima persona) né alla sinistra massimalista e neppure a qualche Paese europeo, per non parlare dell'Onu che ha giudicato senza conoscere la materia di cui si tratta.
L‘aspetto securitario ha avuto una notevole importanza nel corso della prima decade degli anni 2000 nello stabilire la connessione quasi automatica tra immigrazione e criminalità in parte dell‘opinione pubblica. Sospinta dall‘acceso dibattito politico e da proposte di legge sempre più restrittive e improntate alla securitizzazione delle migrazioni, la stampa italiana ha dovuto, in parte, aderire a tale frame interpretativo, per un preciso dovere cronachistico o per evidenti sintonie politico-ideologiche, come nei casi di Libero e Il Giornale.
Sia i dati statistici sia quelli qualitativi hanno evidenziato come entrambe le attitudini interpretative (immigrazione come criminalità e controllo securitario della stessa) verso gli arrivi dei migranti siano ben consolidate nei quotidiani nazionali. Esse, sommate ai toni allarmistici e ansiogeni della narrazione bellica dell‘invasione, tessono una fitta serie di rimandi e costruzioni discorsive che inquadrano la figura del migrante in una cornice negativa, al cui interno vengono sovrarappresentati gli aspetti meno tollerabili per la nazione di arrivo. La progettualità quasi sempre insita nel percorso migratorio, carica di sacrifici personali, viene appiattita e nascosta dietro alla volontà di gruppi criminali di organizzare il maggior numero di viaggi possibile. Inoltre, il prosperare di attività illegali, tipicamente collegato al proibizionismo, raramente viene messo in relazione alle scelte legislative.
Vedremo nei capitoli successivi come l‘assimilazione dell‘immigrazione alla delinquenza sia solo una parte della più vasta ossessione securitaria europea/italiana e come essa influenzi pervasivamente il rapporto con l‘Altro.