4. Rapine, violenze, stupri: l‘etnicizzazione dei crimini
4.3 Violenze sessuali
Deviando in parte dallo schema ormai canonico con cui abbiamo condotto le nostre analisi fino a questo momento (ovvero partendo da alcuni dati quantitativi estratti dalle
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quattro testate principali per arrivare a esempi testuali concreti), lo scrutinio delle pagine raccolte da Libero ha evidenziato un‘attenzione molto elevata per i casi di violenze sessuali, in misura evidentemente maggiore rispetto a quanto sembri trasparire, almeno a un primo sguardo, dagli altri giornali.
Le violenze sessuali sono certamente tra gli atti più sanzionati socialmente dalle comunità; esse hanno assunto a più riprese le dimensioni di «rapsodici panici morali» (Maneri 2001: 12). Stanley Cohen ha definito il panico morale nel suo pionieristico studio del 1972 come quella situazione in cui:
A condition, episode, person or group of persons emerges to become defined as a threat to societal values and interests; its nature is presented in a stylized and stereo-typical fashion by the mass media; the moral barricades are manned by editors, bishops, politicians and other right-thinking people; socially accredited experts pronounce their diagnoses and solutions; ways of coping are evolved or (more often) resorted to; the condition then disappears, submerges or deteriorates and becomes more visible. Sometimes the object of the panic is quite novel and at other times something which has been in existence long enough, but suddenly appears in the limelight. Sometimes the panic is passed over and is forgotten, except in folklore and collective memory; at other times it has more serious and long lasting repercussions and might produce such changes as those in legal and social policy or even in the way society conceives itself (Cohen 1972: 28).
La struttura del panico morale in effetti ben si presta a descrivere le continue ―emergenze‖ incardinate ormai da anni nella cronaca quotidiana italiana e alimentate dalla propaganda politica; tra queste l‘emergenza sicurezza più di altre offre l‘occasione per diversi attori sociali di trarre benefici immediati in termini di consenso105 con risposte tanto immediate quanto simboliche, come l‘espulsione degli immigrati o lo sgombero dei campi nomadi, che soddisfano il bisogno percepito di sicurezza ed eliminano l‘Altro dall‘orizzonte fisico.
Tuttavia, pur attingendo ad alcune delle felici intuizioni teoriche e interpretative della teoria del panico morale, non è nostra intenzione riproporre in questa sede un approccio
105 «I panici morali costituiscono un efficace teatro per la rappresentazione del legame che unisce politici,
agenti del controllo sociale e media da una parte e «gente» dall‘altra. In particolare, i politici vengono legittimati come rappresentanti e – insieme alle istituzioni addette al controllo sociale – come protettori; i media come portavoce» (Maneri 2001: 14).
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analitico che per risultare fruttuoso necessita di strumenti differenti rispetto ai nostri106, di un‘analisi rivolta più all‘aspetto qualitativo e più selettiva nei confronti del materiale, di uno sguardo orientato maggiormente a un singolo caso saliente e concentrato nell‘arco di un periodo di tempo ristretto o comunque maneggevole da parte del singolo ricercatore. Viceversa, la nostra investigazione, che pure tenta di offrire il più possibile un‘analisi qualitativa delle strategie discorsive, investe un orizzonte temporale decisamente più vasto (e per questo più attendibile sotto altri punti di vista); inoltre, la composizione materiale del corpus, raccolto elettronicamente, non consente di tener conto di alcuni fattori rilevanti per un‘analisi contestuale sufficientemente accurata107
.
Nondimeno, attraverso i software di analisi dei testi, è possibile osservare la distribuzione temporale delle occorrenze di ogni lemma, al fine di verificare se, come ipotizziamo, esse si concentrino o meno in quantità anomale in periodi di tempo molto circoscritti. Da un primo punto di vista, partendo da un orizzonte ampio, i nostri dati indicano che fino al 2004 i reati di tipo sessuale non apparivano tra le notizie più frequenti sui quotidiani: sia il numero totale di occorrenze sia la loro consistenza sul numero complessivo di parole vedono prevalere le annate dal 2005 al 2010 dei quattro quotidiani. In particolare, il 2005 vede un balzo in avanti soprattutto da parte del Corriere della Sera, il cui numero di occorrenze si moltiplica di ben 7 volte (da 51 a 373), e de Il Giornale, 5 volte (da 46 a 227).
Il grafico (3.3) consente di prendere atto della curva di attenzione nel corso degli anni, grazie al peso specifico del lemma stupr* ogni mille parole del corpus. I dati mostrano che tra il 2005 e il 2008 vi è un sostanziale equilibrio, con variazioni e piccoli picchi verso l‘alto o verso il basso a seconda dell‘anno o della testata, fino a conoscere un significativo incremento nel 2009: La Stampa passa da 156 a 427 occorrenze; il Corriere da 234 a 539; Il Giornale da 265 a 445; la Repubblica da 349 a 712. Dal grafico (3.4) è, infine, possibile osservare il tanto repentino quanto drastico crollo delle occorrenze nell‘anno successivo; i livelli risultano essere perfino sensibilmente più bassi rispetto al dato tendenziale precedente. Anche Libero, seppur non comparabile dal punto di vista quantitativo, mostra un andamento pressoché identico.
106 Per un esempio pregevole di tale metodologia applicata allo studio del rapporto tra immigrazione e
criminalità si veda Maneri (2001), nel quale l‘autore delinea una puntuale analisi di due casi di studio proprio sulla tematica degli stupri nella stampa locale e nazionale.
107 Non è possibile, ad esempio, osservare la dimensione dei titoli, la collocazione degli articoli nella
pagina, la presenza di foto, schede e infografiche; non sempre è inoltre possibile risalire alla esatta sezione tematica del quotidiano o al numero di pagina.
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I numeri sembrano, pertanto, indicare due momenti ben precisi: possiamo ipotizzare due (o più) eventi che hanno scosso particolarmente l‘opinione pubblica, tanto da determinare un tale sproporzionato interesse. Può essere interessante a questo punto restringere il fuoco della nostra lente sui due anni in questione, al fine di individuare la ragione di deviazioni così considerevoli. La distanza temporale tra i due eventi è quanto mai utile per poter verificare, in seguito, se e quali cambiamenti siano occorsi in questo genere di trattazione in chiave diacronica.
Grafico 3.3 Occorrenze di stupr* ogni 1000 parole Grafico 3.4 Numero occorrenze stupr*
Per quanto concerne il 2005, è all‘interno del mese di giugno che si addensa il maggior numero di occorrenze: il Corriere della Sera ne registra 207 su 373 totali, pari al 55,49%; Il
Giornale 126 su 227, 55,50%; la Repubblica 126 su 330, 38,18% e, infine, La Stampa 58 su
142, 40,88%.
Le cifre appena riportate riflettono la dimensione locale degli eventi: i due quotidiani milanesi (il Corriere e Il Giornale) sono i più solerti a dar conto degli sviluppi delle vicende. A scuotere l‘opinione pubblica sono alcuni casi di cronaca, uno stupro a Milano, uno a Bologna, ai quali si somma un omicidio a Varese ad opera di un ragazzo albanese che darà vita a contestazioni xenofobe e manifestazioni della destra estrema. Due soli casi di cronaca che pure sembrano dare il via a un allarme più ampio e raggiungono nel giro di alcuni giorni le pagine della cronaca nazionale.
L‘insistente adozione di strategie referenziali de-spazializzanti e degli etnonimi da un lato riflette la scelta di attribuire importanza alla provenienza dei criminali per l‘interpretazione generale dell‘articolo; dall‘altro lato il frequente accostamento degli etnonimi a criminonimi e ad altre scelte definitorie può risultare in una sovrapposizione delle due categorie, stabilendo uno stretto legame tra alterità e pericolo sociale. Riportiamo solo
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alcuni, pochi, esempi a titolo illustrativo tra gli innumerevoli presenti nei circa 200 articoli sulle vicende in esame.
(49) «Aggredita da due romeni commessa salvata dallo stupro» (RP 09/06/2005).
(50) «È STATA SPINTA E POI TRASCINATA IN UN PRATO ALLA PERIFERIA DELLA CITTÀ Minori tentano di violentare una ragazza Presi a Roma: sono due clandestini romeni che lavavano i vetri» (ST 09/06/2005).
(51) «AGGREDITA CON IL FIDANZATO: "ERANO STRANIERI" Bologna, stuprata a 15 anni nel parco» (ST 20/06/2005).
(52) «ERA APPARTATA IN PERIFERIA. DUE SETTIMANE FA UN ALTRO CASO IN CITTÀ. I RESPONSABILI, TUTTI ROMENI, ERANO STATI ARRESTATI Violentata dal branco, allarme stupri a Milano In tre assaltano la sua auto con un martello» (GN 21/06/2005).
Nell‘esempio (53) tale tendenza passa anche dall‘uso dell‘aggettivo «ennesima», a indicare l‘aspetto consuetudinario di situazioni socialmente devianti da parte di quelli che dall‘autore vengono raggruppati, con una referenza collettivizzante, come «immigrati dell‘Est».
(53) «―Vieni nella mia baracca in pineta‖. E la violenta». La porta in pineta, la violenta. A meno di 24 ore dal fatto l‘uomo, un romeno di 21 anni, è stato arrestato. Si è consumata a Ostia l‘ennesima storia di degrado ed emarginazione che vede protagonisti gli immigrati dell‘Est. Lui, I.C., un clandestino romeno che vive nella baraccopoli delle Acque Rosse, lei una spagnola di 20 anni da tempo residente ad Acilia (GN 10/06/2005).
La regola della piramide rovesciata è uno dei cardini della scrittura giornalistica contemporanea; essa prevede che le informazioni ritenute principali vengano distribuite all‘inizio dell‘articolo per poi essere dettagliate e raccontate solo in seguito. Nell‘estratto in (54), tra le informazioni salienti fornite nella testa dell‘articolo ritroviamo una focalizzazione a più riprese sull‘estraneità (stranieri), lo status giuridico (clandestini) e la nazionalità (marocchina) degli stupratori.
(54) «Stupro a Bologna Arrestati due giovani marocchini» Li hanno presi i due stranieri che sabato pomeriggio, in un parco pubblico, hanno violentato e rapinato una ragazzina di 15 anni davanti al fidanzato 17enne: anche loro sono ragazzi, forse minorenni, clandestini, di nazionalità marocchina (ST 22/06/2005).
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Libero estremizza ulteriormente l‘etnicizzazione del crimine titolando a cinque colonne:
«Gli extracomunitari stuprano ancora». La problematicità dell‘enunciato è evidente. Non solo viene fatto uso del termine burocratico, ormai ammantatosi negli anni di una connotazione negativa, che raggruppa tutti gli stranieri indistintamente e quasi estende la responsabilità dei crimini a tutta la categoria; ma essi sono anche il soggetto e il tema di una frase semplice ed enfatica dove l‘uso dell‘avverbio di tempo («ancora») presuppone sia la continuità degli eventi criminali sia l‘esistenza dei precedenti.
(55) «Gli extracomunitari stuprano ancora A poche ore di distanza si ripete l‘aggressione di Bologna: assalita una coppia a Milano. Un gruppo di immigrati dell‘est violenta la ragazza e picchia il fidanzato» Milano - Gli extracomunitari stuprano un‘altra volta. Non è ancora chiusa la caccia ai due slavi che sabato pomeriggio a Bologna hanno violentato a turno una 15enne, che se ne apre un‘altra a Milano (LB 21/06/2005).
Una delle componenti salienti dell‘episodio milanese è senz‘altro il fatto che si tratti di una violenza di gruppo, aspetto che accresce lo sdegno e la riprovazione per il crimine. Non a caso i responsabili vengono definiti primariamente e fin da subito attraverso una metafora animale particolarmente vivida, ovvero quella del branco. L‘uso delle metafore animali è tipico del discorso orientato a pregiudizio e concorre spesso a deumanizzare la figura dell‘immigrato (Santa Ana 1999; Montali et al. 2013). È necessario precisare che in questa sede non si sta certamente sminuendo la reale gravità degli episodi di cronaca trattati, piuttosto è pertinente ai fini della nostra trattazione riflettere sull‘elevato tasso di enfasi che circonda la ricostruzione cronachistica e sulla sostanziale coerenza delle strategie retorico- discorsive impiegate nella rappresentazione dello straniero108.
Il primo articolo sulla vicenda di via Ripamonti a Milano, pubblicato dal Corriere della
Sera, conferma, infatti, la salienza dell‘elemento del gruppo, selezionato per introdurre la
notizia ai lettori e presente in numerosi altri titoli: «Stuprata a Milano, preso tutto il branco (GN 08/06/2005); «Violenza su un‘altra ragazza I sospetti cadono sul branco» (RP 09/06/2005); «Violentata dal branco, allarme stupri a Milano» (ST 21/06/2005). Anche qui come in occasione di precedenti analisi, possiamo vedere come il traslato non si presenti da
108 I testi non occorrono in isolamento, ma vivono (anche) grazie ai rapporti intertestuali che intrattengono
tra loro (Bachtin 1986; Fairclough 1995a); è la somma di vari strumenti linguistici (la quantificazione, le metafore, i riferimenti collettivi), capaci di dar vita a effetti come la spersonalizzazione e lo svilimento di una specifica categoria di persone, attraverso più contesti discorsivi (gli sbarchi, la criminalità, il conflitto sociale) a consolidare un quadro rappresentativo coerente del migrante.
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solo, ma venga arricchito da altri elementi appartenenti al corrispettivo campo semantico similarmente metaforici; pertanto, il luogo dove vivono i colpevoli può essere coerentemente definito la «tana del branco», (57), mentre il più anziano del gruppo è il «capobranco» (56) e i più giovani possono essere «due piccoli animali da preda» (58).
(56) «Arrestata la banda dello stupro». Sui documenti c' è scritto che si chiama Vasile Olimpiu Bolog, in giro è conosciuto come Macho. E basta il soprannome per lasciare intendere quale ruolo abbia avuto sugli altri. è lui, accusano i detective, il capobranco. è lui ad avere istigato allo stupro collettivo i compagni appena maggiorenni (Valentin Dimitru, detto Leonard, di 20 anni, e Remi Stan di 18 anni) e i due ragazzini del gruppo (RP 08/06/2005).
(57) «Ho una figlia, non la faccio uscire sola». Finiscono anche quelli, e l‘ultimo bastione di umanità si ferma al civico 367. Otto famiglie. Attorno, autostrade e campagne. Strada statale 412, quartieri Vigentina e Vaiano Valle, parco agricolo Milano sud. Più giù, Opera. Nel labirinto che precede campi e risaie, via Chopin, la tana del branco (GN 06/06/2005).
(58) «Donna violentata in Centrale da due quindicenni» Due piccoli animali da preda, clandestini di 15 anni «affidati» unicamente a se stessi, che si aggirano in Centrale, eletta loro personale territorio da caccia (GN 28/06/2005).
I protagonisti assumono anche qualità negative ritenute intrinseche degli animali, per cui le loro azioni vengono descritte come «un branco selvaggio»; «ne abusano con ferocia»; «Con la ferocia delle belve»; «l‘istinto delle belve». Le vittime, invece, vengono raffigurate come le «prede più deboli».
(59) «Rapita e violentata, lo choc di Milano». Qui almeno quattro stupratori si sono accaniti a turno, come un branco selvaggio, contro la vittima […] Appena i motori si spengono, quattro stranieri bloccano la studentessa e ne abusano con ferocia, mentre il quinto assiste alla scena (CS 06/06/2005).
(60) «Violentata dal branco, allarme stupri a Milano». MILANO Erano in tre, armati di martello. Hanno aspettato un pò, fino a quando la stretta intimità nell'abitacolo dell'utilitaria ha iniziato ad appannare i vetri. E allora hanno colpito: con la ferocia delle belve, l'istinto delle bestie per le prede più deboli. (ST 21/06/2005).
La devianza dell‘immigrato può essere anche ricondotta a fattori culturali. Nell‘estratto (61), ricavato dal Corriere della Sera, tale pratica passa attraverso la citazione di una fonte autorevole, in quanto esperta (una psicologa); tra tutti gli elementi d‘analisi, è l‘aspetto
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valoriale («Rifiutano la nostra morale») a essere prescelto per inquadrare l‘interpretazione delle vicende nella titolazione.
In un editoriale in prima pagina su Il Giornale (62), la metafora biologica del Dna («non avere la cultura del lavoro nel proprio Dna») va oltre la semplice culturalizzazione dell‘attributo deviante, il quale viene inscritto nell‘identità stessa dei rom; affermazioni che rispecchiano, inoltre, una visione essenzialista dell‘identità, intesa come fissa e immutabile («anche quando vengono ospitati e assistiti […] non modificano il loro comportamento»). Si può notare in aggiunta anche la tipica (macro)strategia di presentazione positiva del proprio
ingroup e la rappresentazione negativa dell‘outgroup (van Dijk 2004 [2000]): il comune li
assiste, loro si comportano male.
(61) «―Rifiutano la nostra morale e non temono la condanna‖». ―Che cosa spinge dei giovani a un'aggressione che è improprio definire bestiale perché solo gli uomini possono giungere a tanto?‖. Se lo chiede la psicologa Silvia Vegetti Finzi. Difficile trovare una risposta univoca di fronte all'ennesimo episodio di violenza commessa dal branco. Per Silvia Vegetti Finzi comportamenti così violenti possono essere indotti da più fattori E la diversa percezione delle regole? ―È un'altra faccia del problema. La difficoltà di comprendere e condividere la nostra morale, fondata sull'autocontrollo piuttosto che sulla paura del castigo, gioca un ruolo fondamentale‖ (CS 05/06/2005).
(62) «Troppi rom a Milano IL COMMENTO». Ogni tentativo di educazione e di inserimento nella nostra società è finora fallito, perché i rom originari dei Balcani scampati al tentativo di sterminio operato da Hitler sono l'unica etnia europea a non avere la cultura del lavoro nel proprio Dna, e anche quando vengono ospitati e assistiti come cerca di fare il Comune, non modificano il loro comportamento (GN 10/06/2005).
Così come nel caso delle rapine in villa, anche per quanto concerne le violenze sessuali uno dei temi più ricorrenti è la comparsa della violenza a turbare il normale e sereno equilibrio delle vittime e dell‘intera comunità. Nel caso di Milano, dove gli episodi sono soprattutto ai danni di coppie, è la dimensione intima e personale ad essere messa maggiormente in risalto. La presenza di talune scelte linguistiche e stilistiche particolarmente enfatiche non sorprende e non deve sorprendere: le ricostruzioni cronachistiche impiegano spesso una serie di dettagli e soluzioni narrative brillanti o ammiccanti per attrarre il lettore e coinvolgerlo. Rispondono a questo fenomeno generale soluzioni dal forte impatto visivo («La
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stretta intimità dell‘abitacolo dell‘utilitaria ha iniziato ad appannare i vetri»; «una mazzata al finestrino che è esploso come una bomba») o emozionale («piombati da un istante di dolcezza in un baratro di terrore»).
(63) «Violentata dal branco, allarme stupri a Milano». Erano in tre, armati di martello. Hanno aspettato un pò, fino a quando la stretta intimità nell'abitacolo dell'utilitaria ha iniziato ad appannare i vetri. E allora hanno colpito: con la ferocia delle belve, l'istinto delle bestie per le prede più deboli. Una mazzata al finestrino che è esploso in frantumi come una bomba Poi li hanno tirati fuori per i capelli, per le braccia. Lei 19 anni, studentessa, lui poco più di venti. Un Anna e Marco qualsiasi piombati da un istante di dolcezza in un baratro di terrore. In due hanno picchiato lui, il terzo ha violentato lei (ST 21/06/2005).
Mentre per quanto concerne Bologna è l‘intera città, la sua comunità e le sue abitudini ad essere maggiormente esposta al trauma. L‘esempio (64) è altamente rappresentativo di tale prospettiva: la titolazione immette inequivocabilmente il lettore in questa dimensione interpretativa, dove il verbo scoprire presuppone semanticamente che la cittadinanza non fosse avvezza a questo genere di sensazioni («la città scopre la paura»), similarmente ‗diventare‘ marca invece un mutamento nell‘indole collettiva («diventa inquieta»). Ma è soprattutto la scelta narrativa dell‘autore a enfatizzare la contrapposizione tra i due opposti stati: la città viene dipinta come una realtà quasi bucolica, in cui per «signore» e «bimbi» l‘unico motivo di stupore era incarnato dall‘apparizione di un daino al parco: «si dorme con le porte aperte» e «Qui ci sono i bambini che inseguono gli aquiloni e i vecchi che spiegano i tavoli di plastica all'ombra dei lecci per la partitina a carte». Un‘«atmosfera di pace» che viene interrotta dalla violenza. Il periodare dell‘autore si fa improvvisamente più serrato e le frasi più brevi; la velocità e il ritmo della lettura aumentano durante il racconto delle violenze, con una scrittura ricca di particolari e dagli effetti quasi cinematografici (Gualdo 2007: 83-ss) che aiuta il lettore a immaginare la sequenza.
(64) «La città scopre la paura. E diventa inquieta». Pochi mesi fa nel parco di Villa Spada hanno visto un daino. Le signore che chiacchieravano sulla panchina si sono zittite. I bimbi che giocavano sull'altalena si sono fermati per quella apparizione. Poi l'animale è ritornato tra le frasche, e nessuno ne ha più saputo nulla. Sabato pomeriggio era come oggi. Con questo sole, e questa atmosfera di pace. C'era una ragazza di quindici anni che camminava sul prato con il suo fidanzato. Sono stati avvicinati da un gruppo di persone più grandi di loro, stranieri, forse romeni.
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Avevano i coltelli. Li hanno portati venti metri più giù, tra i cespugli. A lui hanno tenuto una lama premuta sulla gola. Lei è stata violentata. A turno, più volte. Erano le cinque del pomeriggio. […] Le signore che raccontano convinte del daino sono le stesse che fanno fatica a credere a questa bestialità. «Perché qui non può succedere», dice una di loro. Qui ci sono i bambini che inseguono gli aquiloni, e i vecchi che spiegano i tavoli di plastica all'ombra dei lecci per la partitina a carte. […] È successo qui, nei Parioli di Bologna, dove si dorme con le porte aperte, come recita il cartello di una agenzia immobiliare (CS 21/06/2005).
Le violenze si inseriscono in situazioni familiari, quotidiane, ―tranquille‖: «aveva passato una tranquilla serata in centro» (65); «tornava dopo una serata con gli amici», «per passare tranquillamente alcune ore sui prati» (66); «la studentessa sta parlando tranquillamente con l‘amico» (67). Frangenti sconvolti completamente dall‘ingresso in scena improvviso degli assalitori: «i maniaci […] hanno assalito la giovane mentre era in macchina con il fidanzato» (65); «invece sono entrati in un incubo che non dimenticheranno mai»; «Improvvisamente arriva un'auto […] da cui scendono cinque giovani sconosciuti, tutti armati