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4. Rapine, violenze, stupri: l‘etnicizzazione dei crimini

4.4 Emergenza stupri-allarme immigrazione

Nel secondo dei momenti che abbiamo individuato, il 2009, la curva di attenzione dei quotidiani sulle notizie relative alle violenze sessuali si allunga notevolmente rispetto ai casi precedenti, in cui dopo poco più di un mese la tematica viene sostanzialmente abbandonata. Nel grafico (3.5) è possibile apprezzare l‘evoluzione del tema attraverso una semplice analisi quantitativa delle occorrenze a partire dagli ultimi due mesi del 2008: possiamo notare come il numero di occorrenze relative al lemma stupr* inizi a sollevarsi repentinamente nel mese di gennaio e conosca una nettissima accelerazione in febbraio, il calo nel mese successivo è

110 Nei giorni immediatamente successivi ai singoli episodi, essi passano gradualmente dalla cronaca

locale, nelle ultime pagine dei quotidiani (ad esempio, le pagine 49, 50, 51 sul Corriere della Sera), alla cronaca nazionale (pagine 9, 10, 11) fino ai lanci e agli editoriali in prima pagina, seguiti da ampi reportage nelle primissime pagine nazionali (pagine 2, 3, 4, 5).

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vistoso, ma il livello rimane elevato rispetto alla media almeno fino ad aprile, per tornare, infine, ai livelli canonici nel resto dell‘anno.

3.5 Curva attenzione tema stupri 2009

Può essere una manciata di casi, seppur particolarmente toccanti o salienti, a causare un‘impennata tanto straordinaria? Ricordiamo che le occorrenze passano dalle 1.005 del 2008 alle 2.121 del 2009, di cui 1.235 (il 58,22% del totale) nei soli mesi di febbraio e marzo, più dell‘intero anno precedente e più dell‘intero 2005. Una delle ipotesi che possiamo formulare, facendo anche appello alla memoria contestuale, è che l‘oscillazione sia collegata al dibattito politico in corso sul cosiddetto ―pacchetto sicurezza‖, approvato sotto forma di decreto legge proprio nel febbraio 2009 e modificato qualche mese più tardi con l‘introduzione del reato di immigrazione clandestina; lo scrutinio dei testi aiuterà a confermare o smentire la nostra ipotesi.

Alcune prove preliminari, intanto, ci vengono fornite dai dati quantitativi: tra le parole chiave dei mesi da gennaio ad aprile diverse riguardano la vicenda del parco della Caffarella111: romeni, stupro, romeno, Caffarella, violenza, Racz e Loyos (i cognomi dei due uomini arrestati in un primo momento, ma poi rivelatisi estranei ai fatti), violentata, stupri,

vittima, aggressioni e guidonia. Tuttavia, tutti questi vocaboli vengono superati nel loro

111 È bene riportare brevemente la vicenda. Il 14 febbraio 2009, una ragazza di 14 anni viene assalita da

due persone mentre si trova al parco della Caffarella (Roma) con il proprio fidanzato. La rapina ai danni dei due giovani viene aggravata dalla doppia violenza sessuale subita dalla ragazza.

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valore di keyness da ronde, segno evidente della centralità del confronto sulle norme di sicurezza in discussione parallelamente agli episodi.

Nel mese di gennaio è un episodio a Guidonia, cittadina nella provincia romana, ad alimentare l‘interesse per la tematica delle violenze sessuali; essa risulta ancora attiva nei primi giorni di febbraio, per via di alcuni episodi di cronaca analoghi, fino ad arrivare al caso della Caffarella, che probabilmente ricopre il ruolo di vero e proprio ―detonatore‖ del clamore mediatico.

È interessante come sia marzo e non febbraio (mese dell‘evento) a registrare il maggior numero di occorrenze di Caffarella; il caso è indice di quella che potremmo definire serializzazione delle vicende: un fatto di cronaca entra prepotentemente nel dibattito pubblico e continua a essere seguito nei suoi sviluppi giudiziari e investigativi nelle settimane a venire, quando non per mesi o anni.

Tutti quegli elementi narrativi e linguistici che abbiamo potuto osservare nelle pagine precedenti si mantengono costanti a distanza di anni negli articoli del 2009; senza quindi insistere ulteriormente su di essi, rifletteremo ora su un altro aspetto peculiare nella trattazione della tematica in oggetto, ossia le reazioni politiche e le risposte messe in campo per arginare la cosiddetta ―emergenza stupri‖.

Il rapporto tra politica e giornalismo si basa su una mutua interdipendenza. I quotidiani ricercano le dichiarazioni dell‘élite politica sia per ricavarne informazioni utili sia perché, data la rilevanza della fonte stessa, esse risultano essere assai notiziabili. Allo stesso tempo i politici necessitano del mezzo giornalistico sia per la ricerca del consenso e della notorietà personali sia per imporre la propria visione ideologica nel dibattito pubblico. Ciò fa sì che, come osservato da Hall et al. (1978): «The result of this structured preference given in the media to the opinions of the powerful is that these 'spokesmen' become what we call the primary definers of topics» (Hall et al. 1978: 58). L‘élite politica ha, quindi, una forte capacità di influenzare e orientare le cornici interpretative entro cui incardinare un evento o una serie di eventi: alcuni casi di violenze sessuali vengono racchiuse nella cornice dell‘―emergenza stupri‖; allo stesso tempo quest‘ultima si inserisce tra i problemi relativi alla presenza degli stranieri e all‘immigrazione o, come nel 2005, affianca l‘―emergenza nomadi/rom‖. Certo non bisogna cedere a facili sovrainterpretazioni o, peggio ancora, al banale determinismo, secondo il quale i media o i politici possiederebbero una capacità immediata e inarrestabile di plasmare le credenze dei cittadini; nonostante la classe politica sia in grado di intervenire materialmente sul discorso, all‘interno della sfera pubblica è presente una pluralità di voci e interpretazioni

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che in parte mitiga gli effetti egemonici dell‘élite. Per giunta, non bisogna correre il rischio di postulare un lettore asettico, una scatola vuota da riempire; il lettore agisce reinterpretando le informazioni recepite anche in base alla propria esperienza personale e ai propri convincimenti. Tuttavia, è indubbio che la tematizzazione offerta dagli organi di stampa giochi un ruolo nell‘elaborazione quotidiana delle informazioni, soprattutto quando comune a più testate (e media) e grazie al ruolo fiduciario che si stabilisce tra lettore ed editore.

Gli episodi di violenza sessuale dei primi mesi del 2009 ampiamente riportati dalla stampa si compiono negli stessi giorni in cui in Parlamento si discutono le misure relative a quello che è stato ribattezzato ―Pacchetto sicurezza‖, al cui interno trovano spazio diversi interventi volti a regolamentare l‘immigrazione. Le soluzioni generalmente individuate per far fronte all‘―emergenza stupri‖ ruotano intorno all‘espulsione dei clandestini, allo sgombero dei campi nomadi e, in maniera molto più circoscritta, su proposta della Lega Nord, alla castrazione chimica; tutte e tre compaiono presto o tardi nel dibattito in entrambi i nostri due anni di riferimento. L‘allora governo di centrodestra lega, dunque, indissolubilmente i due fenomeni nella propria azione politica. Una delle misure, inizialmente bocciata dal voto parlamentare, concerneva l‘allungamento del tempo massimo di trattenimento degli immigrati nei Centri di prima accoglienza. La misura veniva giustificata con l‘esigenza di accertare l‘identità dei migranti ed effettuarne l‘espulsione quando necessario.

La sovrapponibilità dei due temi è lapalissiana negli esempi seguenti, tratti dal Corriere

della Sera. Nel primo è la titolazione a giustapporre gli argomenti, facenti parte

evidentemente dello stesso decreto; mentre nel secondo viene riportata una dichiarazione del vicesindaco di Milano (di centrodestra) che attesta la corrispondenza tra immigrazione e criminalità.

(104) «Immigrati, il governo battuto No alla sosta di 18 mesi nei Cpa Passa la norma contro i domiciliari facili agli stupratori» (CS 05/02/2009).

(105) «Serve un giro di vite E i responsabili restino in carcere». L'ennesima violenza ―conferma purtroppo alcune costanti - dice De Corato -. La prima è che la legge attuale è troppo morbida e non incute paura agli stupratori, che una volta acciuffati si ritrovano a casa dopo qualche giorno. La seconda è che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini. Ciò dovrebbe bastare per fare aprire un capitolo serio sul discorso immigrazione e sui costi che la comunità paga in termini di integrazione‖ (CS 09/02/2009).

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L‘accostamento diretto tra immigrazione e criminalità è spesso frutto di posizioni politiche ben definite, e per questo facilmente riconoscibili come ideologiche, ma può essere rinforzato dalle scelte editoriali dei quotidiani attraverso strumenti apparentemente meno marcati, come l‘impaginazione degli articoli: ad esempio, trovano spazio contemporaneamente nelle stesse pagine (in questo caso sotto la sezione PRIMO PIANO del

Corriere della Sera) sia le cronache degli stupri attuati da cittadini stranieri e delle norme

ideate dal governo per far fronte all‘―emergenza‖ sia la questione degli sbarchi dei migranti a Lampedusa; pertanto un articolo come quello riportato in (107) finisce per confermare di fatto l‘interpretazione del sottosegretario Mantovano riportata nella stessa pagina.

(106) «Tre nomi diversi, tre espulsioni La beffa dello stupratore di Bologna» Il caso Sbarco, fuga, 2 arresti. E ritorno in libertà. Alfano manda gli ispettori (CS 16/02/2009).

(107) «Niente domiciliari a chi stupra Il governo accelera la riforma». E adesso il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano rilancia: «Bisogna rendersi conto che mandare via queste persone è una priorità. A Lampedusa abbiamo un migliaio di tunisini che torneranno a girare per le nostre città visto che il governo di Tunisi ha accettato soltanto rimpatri scaglionati per i prossimi sei mesi. Chi dice no, suggerisca anche un'alternativa valida» (CS 16/02/2009).

L‘esempio (108) è tratto, invece, da un‘intervista e rappresenta una delle domande rivolte dal giornalista all‘allora sindaco di Bologna, Sergio Cofferati. L‘introduzione del tema nel discorso e la forma dichiarativa e non interrogativa della proposizione sono già di per sé indicative dell‘aderenza del giornalista al frame dell‘immigrato-stupratore, respinto però nella risposta dall‘intervistato, noto politico di centrosinistra («la violenza sulle donne ha una radice culturale, che non riguarda soltanto gli extracomunitari»).

(108) «Cofferati: perché quel criminale era fuori?». Un altro stupro, un altro immigrato ―Questi orrendi episodi si trascinano il rischio di orrende generalizzazioni. Io non ci sto. Non è il modo di affrontare la questione‖. Quale, allora? ―È di tutta evidenza il fatto che la violenza sulle donne ha una radice culturale, che non riguarda soltanto gli extracomunitari‖ (CS 15/02/2009).

Va da sé che attraversando lo spettro ideologico e culturale dei nostri quotidiani si incorra in una maggiore o minore radicalizzazione ed esplicitazione dei collegamenti tra immigrazione e criminalità. Il Giornale esibisce un atteggiamento deciso nel formulare

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l‘associazione tra ingressi degli stranieri, reati e necessità dell‘espulsione e di sanzioni specifiche nei loro confronti. A differenza del Corriere, orienta il suo quadro interpretativo generale facendo leva sulla presenza degli immigrati sul suolo italiano e sulla critica verso l‘operato della magistratura. Nell‘esempio (111), la frase «i clandestini continuano a circolare in piena libertà» è inserita tra l‘informazione dell‘avvenuta violenza e l‘annuncio di possibili misure da parte del governo; la giustapposizione dei tre elementi suggerisce il collegamento immediato tra stupro-clandestinità-misure repressive e attraverso la generalizzazione (l‘uso dell‘articolo determinativo, «i clandestini») associa un‘intera categoria di persone alla minaccia per la sicurezza e alle violenze sessuali. In questo caso l‘espressione di continuità dettata dal verbo fraseologico («continuano a circolare in libertà») presuppone che il protrarsi dell‘azione sia in realtà un fatto negativo: per via degli stupri (tutti) i clandestini non dovrebbero essere liberi di circolare.

(109) Un altro stupro, questa volta a Milano, dove una ragazza è stata violentata da un nordafricano. I clandestini continuano a circolare in piena libertà. Ora il governo prepara misure più dure: niente arresti domiciliari per i violentatori (GN 16/02/2009).

(110) «EMERGENZA SICUREZZA Ancora violenze sessuali, ancora criminalità d‘importazione. E, nel caso di Bologna, dove il colpevole è stato subito fermato, l‘amara sorpresa: a stuprare una quindicenne è stato un clandestino che avrebbe dovuto essere ovunque tranne che in strada a commettere un reato orribile, visto che era già stato arrestato due volte e aveva in tasca un foglio di via (GN 16/02/2009).

(111) «Il Paese dove sono tutti liberi. Di delinquere Rapinatori, assassini, violentatori: tutti entrati irregolarmente in Italia, tutti regolarmente rintracciati e lasciati in giro a commettere crimini col foglio di via in tasca. Per lo stupratore di Bologna Alfano invia gli ispettori» (GN 16/02/2009).

L‘oggetto della critica del quotidiano è spesso la magistratura, rea di liberare o non perseguire con efficacia i clandestini; ciò si evince negli estratti proposti di seguito dall‘espressione di agentività (e quindi di responsabilità) sia in frasi attive («i giudici liberano il clandestino») che passive («clandestino messo in libertà due volte dai giudici»). Mettere in risalto l‘azione dei giudici equivale a presupporne implicitamente un ruolo di responsabilità (o colpa in certi casi) personale riguardo alle vicende; viene esclusa, pertanto, la possibilità che

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siano le norme a non essere efficaci o ad aver prodotto storture e rallentamenti, che provocano quella che Il Giornale stesso definisce «una fabbrica di clandestini»112 (114).

(112) I giudici liberano il clandestino E lui stupra una quindicenne Bologna, il tunisino aveva il foglio di via ed era già stato arrestato due volte ma è uscito grazie ai cavilli della giustizia. Due stranieri violentano ragazzina a Roma. Mantovano al Giornale: «Basta col buonismo» (GN 15/02/2009)

(113) «Ragazzina stuprata dal clandestino messo in libertà 2 volte dai giudici Bologna: la quindicenne trascinata in un cespuglio e picchiata L‘aggressore arrestato in flagrante: è un tunisino in Italia da aprile» (GN 15/02/2009).

(114) «Il retroscena Vi spiego come un tribunale diventa fabbrica di clandestini» (GN 16/02/2009).

La caratteristica editoriale di Libero è quella di porsi non solo come un foglio che riporti le notizie o il dibattito politico in quanto tali; esso piuttosto entra nel vivo delle polemiche, le alimenta e offre la propria posizione in modo aperto e non mediato. L‘orientamento ultraconservatore della testata milanese e la sua avversione alla presenza di stranieri in Italia portano a titolazioni spesso estreme e d‘effetto. Così sulla prima pagina del primo febbraio 2009 campeggia a cinque colonne il titolo «PREMIATI GLI STUPRATORI», al quale viene anteposto l‘occhiello «COME PREVISTO DA LIBERO». Non manca la sottolineatura della nazionalità degli «stupratori» («sono due romeni»).

Possiamo notare, ancora, come più elementi ideologici si intreccino nel discorso: marcare il genere del magistrato autore del provvedimento («un gip donna scarcera») implicitamente comunica che il sesso dovrebbe influenzare in qualche modo le decisioni del giudice e indurlo a una maggiore rigidità. L‘impiego del termine generico «scarcerazione» per definire la misura adottata (la custodia agli arresti domiciliari) potrebbe presupporre che i due stranieri siano stati, di fatto, rimessi nello stato di piena libertà, sensazione rinforzata dall‘uso evidentemente polemico di «premiati».

L‘informazione racchiusa nel titolo è, in aggiunta, più che imprecisa: i due romeni scarcerati, come si apprende dall‘articolo all‘interno del quotidiano, non sono in realtà due stupratori, ma due persone arrestate per «favoreggiamento», ovvero per aver aiutato i quattro artefici delle violenze a nascondersi. Non è certo compito nostro discutere della gravità dei reati compiuti da alcuni individui, tantomeno è nostro interesse indulgere su questioni di etica

112 Si veda ad esempio la ricostruzione che fa Quassoli (1999) delle routine giudiziarie in cui sono

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professionale o sul grado di verità delle affermazioni contenute negli articoli; ci preme rimarcare, semmai, come un organo di stampa possa in questo caso dare un‘informazione tendenziosa e palesemente viziata dal tipo di messaggio ideologico che desidera trasmettere. La collocazione in prima pagina, la grandezza della titolazione e la scelta linguistica dei vocaboli sono chiaramente volte a suscitare un forte impatto emotivo nel lettore, confermandone o rinforzandone, pertanto, i pregiudizi.

Figura 3.1 Prima pagina Libero 1 febbraio 2009

L‘associazione tra criminalità e immigrazione è del resto reiterata ed evidente nella retorica di Libero; ne dà plastica rappresentazione il titolo dell‘esempio (115), nel quale il parallelismo tra la costruzione (un aggettivo che denota la ricorsività degli eventi posto a determinare il sostantivo indicante l‘attore sociale) del soggetto («soliti clandestini») e dell‘oggetto («ennesime ragazzine italiane») della proposizione veicola in modo semplice e immediato il messaggio di etnicizzazione del crimine. L‘enfasi posta sia sullo statuto giuridico del colpevole (clandestini) sia sulla nazionalità delle vittime (italiane) amplifica la gravità del crimine.

La lunga e articolata argomentazione proposta dall‘autore serve invece a un duplice scopo. Il primo è quello di disinnescare le accuse di razzismo e xenofobia: anticiparle nel discorso mira ad immunizzarne gli effetti e indebolirne la portata in vista della mossa argomentativa successiva (l‘empatia verso le vittime) presentando (o preservando) allo stesso tempo un‘immagine positiva dell‘ingroup di appartenenza. La frase che fa da cerniera tra le due parti («non dubitiamo che gli assertori di questa tesi siano in buona fede») ha il fine di far apparire l‘autore come ragionevole e la sua argomentazione come equilibrata.

Il secondo scopo, invece, è quello di rinforzare l‘etnicizzazione del crimine e amplificarne la gravità. L‘uso dell‘empatia (van Dijk 2004 [2000]: 111) messo in campo

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dall‘autore nella seconda parte del testo, infatti, si rivela assai efficace grazie alla drammatizzazione della prosa, ricca di dettagli emotivamente e visivamente forti: «sulla quale un tunisino, incurante delle sue grida, ha sfogato le proprie voglia dopo averle rotto il naso a botte»; «trent‘anni in due, lui picchiato, lei violentata da aggressori venuti dall‘Est, stile Guidonia». I due casi assurgono al ruolo di esempi (van Dijk 2004 [2000]: 112-3), atti tanto a generalizzare l‘immagine dell‘immigrato stupratore quanto a indebolire le accuse di razzismo verso le posizioni di rigore speciale nei confronti degli stranieri.

(115) «A Bologna e a Roma Soliti clandestini stuprano ennesime ragazzine italiane». L‘argomento lo conosciamo e vorremmo sperare che, questa volta almeno, ci venga risparmiato: quando le cronache raccontano di stupri commessi da stranieri, c‘è chi non per tempo a ribadire che la maggior parte degli abusi sessuali avviene tra le mura domestiche e neppure lo si viene a sapere. Occuparsene, con ampieza ritenuta sempre eccessiva, nel caso in cui siano immigrati a usare (…) violenza su una donna, sarebbe dunque un indizio di xenofobia, se non un subdolo espediente per spargere il germe del razzismo. Non dubitiamo che gli assertori di questa tesi siano in buona fede e credano fino in fondo a quello che scrivono o enunciano dagli schermi televisivi.

Vorremmo tuttavia invitarli a recarsi a Bologna, per spiegare le proprie ragioni alla ragazzina, quindici anni appena, sulla quale un tunisino, incurante delle sue grida, ha sfogato le proprie voglia dopo averle rotto il naso a botte. Lo dicano anche alla sua famiglia che le colpe sono delle Bossi-Fini, dell‘accoglienza insufficiente e della mancata integrazione. Lo ripetano ai fidanzatini di Roma, trent‘anni in due, lui picchiato, lei violentata da aggressori venuti dall‘Est, stile Guidonia (LB 15/02/2009).

L‘oggetto della critica, così come per il Il Giornale, è sovente la magistratura. I giudici artefici delle scarcerazioni o delle mancate espulsioni degli immigrati vengono definiti «buonisti» (esattamente come chi si oppone alle discriminazioni o taccia talune posizioni come xenofobe), un vocabolo che serve a diminuire la portata della critica e dell‘argomentazione o a esprimere una valutazione sul corretto operato dei magistrati. La «Tolleranza cento» si contrappone alla, spesso invocata, ―tolleranza zero‖.

(116) «tolleranza cento Scarcerazioni facili e giudici buonisti: il criminale non paga». Forse però le toghe non hanno tenuto conto dell‘effetto collaterale provocato dalla linea della ―tollernza cento‖ contrapposta alla ―tolleranza zero‖: stupratori affidati

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ai servizi sociali e automobilisti ubriachi rimessi al volante che tornano a fare stragi in libertà sulle strade mettono a dura prova la fiducia nella magistratura e nelle istituzioni in genere (LB 03/02/2009).

Nonostante il giornalista muova la propria argomentazione da premesse garantiste («Non apparteniamo alla schiera dei garantisti a corrente alternata») nei confronti degli imputati, apparentemente a prescindere dalla loro identità («Ben vengano i provvedimenti a favore degli indagati, se le norme lo consentono»), tuttavia le misure del diritto a garanzia degli accusati non dovrebbero valere o dovrebbero essere ridimensionate a seconda del caso specifico e delle contingenze («Ma la natura e le circostanze di questo caso avrebbero richiesto decisioni più meditate»). Nella fattispecie le ―circostanze‖ ricostruite nell‘articolo vengono connotate primariamente dalla provenienza degli accusati («Romeni scarcerati come previsto»). Si potrebbe, dunque, dedurre che le procedure e le tutele previste dalla legge non dovrebbero essere applicate agli stranieri o per quei crimini commessi maggiormente dagli stranieri.

(117) «Stupro premiato Romeni scarcerati». Non apparteniamo alla schiera dei garantisti a corrente alternata, per i quali gli amici devono farla franca e gli altria a marcire in prigione. Ben vengano i provvedimenti a favore degli indagati, se le norme lo consentono. Ma la natura e le circostanze di questo caso avrebbero richiesto decisioni più meditate. I due erano finiti le [sic.] manette per favoreggiamento: avevano cioè aiutato i quattro presunti autori della violenza a sottrarsi alla cattura. La pena massima prevista per tale reato è di quattro anni e, tenuto conto del fatto che i soggetti in questione sono incensurati, non avrebbero probabilmente dovuto scontare pene detentive anche nell‘eventualità di una condanna. Quindi fuori subito, con la sola restrizione dei domiciliari (LB 01/02/2009).

A conferma di questa interpretazione possiamo riportare un altro titolo e il paratesto che