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LA CRISI DEL DEBITO DEGLI STATI DELL’EUROZONA E L’ ATTIVITA’ DELLE AGENZIE DI RATING.

LA CRISI DEL DEBITO SOVRANO DELL’EUROZONA.

2.1. LA CRISI DEL DEBITO DEGLI STATI DELL’EUROZONA E L’ ATTIVITA’ DELLE AGENZIE DI RATING.

L’Unione Europea tra il 2009 ed il 2013 ha vissuto una profonda crisi economico- finanziaria, che ha avuto origine in Grecia per poi diffondersi nei Paesi periferici dell’Eurozona31.

Tale crisi ha minato la stabilità finanziaria dell’Unione europea, a causa del rischio di insolvenza di alcuni Stati membri.32

30 “S&P:rischi geopolitici, una minaccia per i rating sovrani nel 2015” in

www.wallstreetitalia.it

31 Pace L.F.,” La crisi del sistema euro: ex facto oritur ius, in Il debito

sovrano tra tutela del credito e salvaguardia della funzione dello Stato di Mauro

M.R. e Pernazza F. , Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2014, p.208-209. 32 Napolitano G., “La crisi del debito sovrano e il rafforzamento della

La prima fase di tale drammatica congiuntura ha avuto inizio nel 2009, quando il neo- eletto governo greco comunicò la reale entità del deficit pubblico, pari al 13,7% del PIL e non al 3,7%, come, invece, venne in precedenza dichiarato alle varie istituzioni europee; la conseguenza di detta comunicazione fu il progressivo incremento del tasso di interesse dei titoli di stato ellenici, che raggiunsero il valore dell’8% nel 2010. L’inizio della crisi greca fu decretato dai downgrading effettuati dalle agenzie di rating: la prima agenzia ad iniziare il progressivo declassamento del merito creditizio ellenico fu Fitch, seguita da S&P’s e da Moody’s33 .

Si trattava della prima gravissima crisi del debito di uno Stato appartenente all’Eurozona, crisi che rischiava di estendersi ad altri Stati membri, a causa del fatto che, nell’eventualità di una ristrutturazione dei titoli di stato ellenici, numerosi istituti bancari (principalmente tedeschi e francesi) detentori di tali strumenti avrebbero subito ingenti perdite.

In un tale contesto, la problematica che si presentava era la seguente: lo Stato membro in difficoltà sarebbe dovuto intervenire a sostegno del sistema bancario, fornendo la liquidità necessaria al fine di evitarne il default, ma una tale eventualità avrebbe ingenerato un incremento del deficit/PIL dello Stato, il quale sarebbe stato costretto a

33 “ Fitch avvia la danza abbassando il rating ellenico di un gradino, da A ad A-, il 22 ottobre 2009 e lo declassa ancora di un altro, a BBB+, l’ 8 dicembre; pochi giorni dopo, il 15 dicembre, S&P’s declassa direttamente di due gradini, da A a BBB+; Moody’s, per ultima abbassa di uno, da A1 ad A2, il 22 dicembre. Inoltre tutte e tre le agenzie pongono la Grecia sotto outlook negativo. Il 24 febbraio 2010 Fitch effettua un netto declassamento del rating delle quattro principali banche elleniche e, il 9 aprile, taglia il rating sovrano di due gradini, a

dichiarare il proprio default ovvero a chiedere un salvataggio alle istituzioni europee competenti.

L’ UE affrontò la crisi greca con un piano di intervento, che prevedeva accordi bilaterali di finanziamento da parte degli Stati membri con il coordinamento della Commissione Europea e del Fondo Monetario Internazionale.

L’Unione Europea si è trovata a dover affrontare una situazione di emergenza, non avendo a disposizione alcun meccanismo giuridico-economico, che prevedesse e consentisse di poter fronteggiare la gestione della prima gravissima crisi del merito creditizio degli Stati sovrani dell’Euro-zona, crisi che era stata generata dall’insostenibilità del debito pubblico di uno Stato membro e che era potenzialmente in grado di coinvolgere, non soltanto altri Stati membri, ma anche la tenuta della stessa moneta unica.34

La crisi della zona euro può essere ricondotta a quattro fattori distinti, ma correlati fra loro: politiche pubbliche, profondamente diverse tra loro, sia in ambito fiscale che sociale, spesso condotte dagli Stati membri, superando il limite di un’ effettiva sostenibilità finanziaria; mancato funzionamento dei meccanismi economico-giuridici a tutela della moneta unica, conseguenza, peraltro, del progressivo allentamento dei vincoli posti dal Patto di stabilità; assenza di coordinamento, a livello centrale, delle politiche in tema di finanza pubblica; tardiva riforma della vigilanza europea, che, se

34 Napolitano G. , La crisi del debito sovrano e il rafforzamento della

attuata, avrebbe potuto meglio monitorare le finanze pubbliche degli Stati membri sovrani, assicurando, con ciò, la tenuta della stabilità finanziaria della zona euro35. L’UE, in un primo momento, mise in atto interventi di emergenza, attraverso due tipologie di accordi: il Loan Facility Agreement e l’Intercreditor Agreement.

Nel primo accordo, stipulato tra la Grecia e gli altri Stati membri, venivano definiti i doveri e i diritti reciproci, nell’ambito di un programma triennale coordinato con la Commissione europea; nel secondo accordo, invece, stipulato tra gli Stati membri, ad esclusione della Grecia, venivano stabiliti i diritti ed i doveri reciproci per quel che riguardava l’operatività del programma di aiuti.

Questa tipologia di interventi intergovernativi non erano previsti dai Trattati e, pertanto, non erano posti in essere nell’ambito delle procedure comunitarie, ma erano soggetti all’approvazione da parte dei singoli Stati membri, in base alle rispettive legislazioni nazionali36. Dopo questa prima, insufficiente, fase di interventi di carattere temporaneo, si è avuto il passaggio all’istituzionalizzazione dei meccanismi di sostegno finanziari tramite la costituzione, nel maggio del 2010, dapprima, dell’EFSM (Europan Financial Stability Mechanism) e dell’EFSF (European Financial Stability Facility), contestualmente, la BCE attuava il programma SMP (Security Market Program), che consisteva nell’acquisto sul mercato secondario dei titoli di stato dei Paesi dell’Eurozona in difficoltà.

Il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria, istituito con il regolamento n.407/201037, prevedeva una procedura complessa, che si attuava con la richiesta dello Stato membro in difficoltà e si concludeva con la decisione del Consiglio a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione Europea.

Questo meccanismo di sostegno finanziario istituzionalizzato aveva natura intergovernativa e non poteva attivarsi d’ ufficio, per il rispetto del principio di sovranità38. Attraverso l’ EFSF39 sono state attuate le misure di sostegno all’Irlanda ed al Portogallo ed è stata fornita la seconda fase di aiuti alla Grecia.

Il Fondo europeo di stabilità si finanzia tramite l’emissione di obbligazioni garantite dagli Stati membri, pertanto, un eventuale abbassamento del rating del merito creditizio di uno o più Stati membri incide direttamente sulla capacità del Fondo di reperire nuovi capitali, poiché un’ eventuale downgrading del debito sovrano determina la perdita di valore delle garanzie offerte dagli Stati sovrani40.

La seconda fase della crisi ebbe inizio a seguito dell’accordo di Deauville, stipulato nell’ottobre del 2010 e promosso da Francia e Germania41.

Tale accordo sanciva una sorta di compromesso tra due posizione diametralmente opposte: da un lato ,la Germania, che optava per sanzioni automatiche in caso di

37 Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio dell’11 maggio 2010 che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria www.eur- lex.europa.eu.

38 Op.cit., p. 392.

39 L’EFSF venne costituito in forma di s.r.l. di diritto lussemburghese con un unico socio, il Granducato del Lussemburgo, il 7 giugno del 2010.

40 Ibidem, p.395.

41 Pace L.F., La crisi del sistema euro:ex facto oritur ius in Il debito sovrano

tra tutela del credito e salvaguardia della funzione dello Stato a cura di Mauro

violazione del Patto di stabilità e crescita42, dall’altro lato la Francia, che, invece, optava per una procedura decisionale e non automatica in seno agli Stati membri. L’ accordo di Deauville sanciva che, nel caso in cui uno Stato dell’Eurozona si fosse trovato nella necessità di ricorrere ad un salvataggio esterno (bail-out), ci sarebbe stato un haircut del valore nominale dei titoli di Stato, ovverosia, una ristrutturazione del debito pubblico.

Il mercato reagì con una vendita in massa dei titoli degli Stati dell’Eurozona in difficoltà, che determinò un forte rialzo dei tassi di interesse dei titoli di debito degli Stati in crisi.

L’accordo di Deauville incise negativamente sulla già delicata situazione finanziaria irlandese, in quanto si assistette a massicce vendite dei titoli irlandesi, il cui tasso di interesse aumentò fino a raggiungere la soglia del 7,25%.

L’Irlanda, dopo un iniziale rifiuto di dichiarare il bail-out, solo nel novembre 2010 chiese formalmente il salvataggio alla Ue ed al FMI. Contestualmente si apriva la crisi del Portogallo, il quale si trovava ad avere una bassa crescita del PIL, un disavanzo della bilancia commerciale del 7%, un rapporto deficit/PIL pari all’ 8,6%43. In una tale congiuntura, le agenzie di rating effettuarono il downgrade dei titoli di portoghesi e, pertanto il Portogallo chiese ufficialmente il salvataggio alla UE e al FMI.44

42 Il Patto prevedeva, come requisiti fondamentali del sistema-euro, il non superamento della soglia del 3% del rapporto deficit/PIL e del 60% del rapporto

La terza fase della crisi del debito sovrano riguardò l’ Italia e la Spagna e si suddivise in due sotto fasi distinte caratterizzate dagli interventi della BCE, mediante l’ attuazione del programma SMP e del programma OMT45.

La discussione, a livello centrale, riguardo all’opportunità o meno di una ristrutturazione del debito ellenico, fu una delle cause che dette origine alla terza fase della crisi, poiché la reazione dei mercati ad una tale eventualità fu quella di una vendita in massa dei titoli di stato spagnoli ed italiani, i cui tassi di interesse superarono il limite del 5% per l’ Italia e oltre il 6% per la Spagna.

La situazione dell’Italia divergeva da quella spagnola, in quanto le difficoltà del nostro Paese consistevano in un deficit pubblico elevato, crescita economica limitata, mentre la Spagna aveva patito una bolla speculativa immobiliare che aveva causato un accrescimento del debito privato ed un alto livello di disoccupazione46.

La BCE intervenne tramite un programma di acquisto di titoli di Stato italiani e spagnoli (SMP), con la precipua finalità di ridurre i rispettivi tassi di interesse.

Tale intervento era condizionato al fatto che sia l’Italia che la Spagna attuassero riforme economico- strutturali.

A livello europeo venne inasprita la disciplina del PSC attraverso il Six pack, un pacchetto normativo che introduceva un meccanismo sanzionatorio quasi automatico nei confronti degli Stati dell’Eurozona che avessero violato il PSC47.

45 Pace L.F., La crisi del sistema euro: ex facto oritor ius, in Il debito

sovrano tra tutela del credito e salvaguardia della funzione dello Stato a cura di

Mauro M.R. e Pernazza, cit., p.235-238. 46 Ivi,p. 239.

47 Capriglione F., Semeraro G., Crisi finanziaria e dei debiti sovrani, Utet giuridica,Torino, 2012,p. 123-127.

Il sistema bancario europeo si trovava in una difficile congiuntura, che venne fronteggiata dalla BCE con il programma di politica monetaria non standard Long Term Refinancing Operation (LTRO), il quale prevedeva che la BCE fornisse liquidità alle banche senza limiti di quantità e ad un tasso di interesse pari all’1% e che le banche acquistassero i titoli di stato degli Stati periferici in difficoltà (Italia e Spagna), i quali titoli andavano a costituire, poi, i collateral forniti dalle banche alla BCE.

Il programma LTRO venne attivato due volte, nel contempo gli stati dell’eurozona istituivano, mediante apposito trattato, un fondo salva-Stati permanente denominato MES (Meccanismo Europeo di Stabilità)48.

Il MES, attuato con trattato nel 2012, costituisce l’istituzionalizzazione delle misure temporanee e straordinarie adottate fino a quel momento.

Si tratta di un organismo che presenta numerose peculiarità: ha la natura giuridica di ente di diritto pubblico internazionale e non è soggetto ai controlli delle istituzioni UE, ha una struttura intergovernativa che si riflette nella composizione del suo organo di vertice, denominato Consiglio dei Governatori, di cui fanno parte i ministri delle finanze degli Stati membri dell’eurozona.

Il Consiglio esercita il potere deliberativo in tema di sostegno finanziario agli Stati membri richiedenti, ma non soggiace alla disciplina europea in tema di trasparenza e di controllo in sede giurisdizionale, infatti, in ipotesi di contrasto tra uno Stato membro dell’eurozona ed il MES, è il Consiglio dei governatori a dirimere la

controversia ed in caso di contestazioni da parte dello Stato membro, la causa è portata innanzi alla Corte di Giustizia europea.

Pur operando il MES, senza obbligo di relazionare al Parlamento Europeo, è tuttavia tenuto ad agire nel rispetto, sia del quadro di sorveglianza dell’Unione Europea sia delle procedure UE.

Infatti, la Commissione ha il compito di disciplinare la procedura con regolamento ed unitamente al Consiglio ha l’obbligo di relazionare al Parlamento europeo per quel che riguarda l’attività del MES.

Il Meccanismo europeo di stabilità è nettamente divergente rispetto al Fesf, in quanto ottiene i finanziamenti direttamente dagli Stati e, quindi, non attraverso garanzie, le quali possono risentire maggiormente delle variazioni delle valutazioni effettuate dalle agenzie di rating sul merito creditizio degli Stati sovrani.

Al fine di vedersi attribuiti i ratings più elevati da parte delle agenzie, il MES è stato dotato di un capitale sottoscritto pari a settecento miliardi di euro.49

Nonostante le misure straordinarie prese dalla BCE, la situazione finanziaria europea, in particolare di Italia e Spagna, non migliorò, i titoli di stato decennali italiani, infatti, raggiunsero la soglia del 5,99% e quelli spagnoli quella del 6,79%, pertanto la BCE presentò l’ OMT (Outright Monetary Transaction), un nuovo programma di acquisto dei titoli di stato dei Paesi dell’Eurozona sul mercato secondario senza limiti di quantità. Tale programma introduceva il principio di condizionalità, in base al quale l’intervento della BCE era subordinato alla decisione vincolante degli Stati membri.

49 Napolitano G.”La crisi del debito sovrano e il rafforzamento della

Il programma OMT non fu mai attuato.

La quarta fase della crisi ebbe inizio nel febbraio del 2012 e fu conseguenza degli effetti negativi che la ristrutturazione del debito ellenico ebbe effetti sul sistema bancario di Cipro. Gli istituti ciprioti avevano investito nei titoli di stato ellenici anche successivamente agli accordi di Deauville del 2010, ed erano entrati in crisi di liquidità per le perdite accumulate.

La crisi cipriota presentava delle particolarità per le modalità con cui fu affrontata e risolta dalle istituzioni europee.

Cipro aveva un sistema bancario che rappresentava l’ 800% del PIL e nel quale erano investiti principalmente capitali russi.

UE, FMI e BCE erano concordi nel prevedere un salvataggio sotto forma di bail-in, nel rispetto della normativa europea sull’Unione bancaria, che si fondava anche sul principio del private sector involvment.

Venne emanato un pacchetto normativo, integrativo del Six pack, denominato Two pack, un sistema di norme costituito da due regolamenti, attraverso i quali veniva stabilito il controllo da parte della Commissione Ue sulle leggi di bilancio degli Stati membri.

2.2. GLI EFFETTI DELLA CRISI DEL DEBITO SOVRANO SULLA TUTELA