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LE MISURE DI AUSTERITA’ ED I DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA.

LA CRISI DEL DEBITO SOVRANO DELL’EUROZONA.

2.3. LE MISURE DI AUSTERITA’ ED I DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA.

La crisi economico-finanziaria ha impattato negativamente su tutti i diritti fondamentali, sia su quelli economico-sociali, sia su quelli civili e politici, in quanto gli Stati membri, nel tentativo di tutelare la stabilità finanziaria dell’Eurozona, hanno adottato misure di austerità al fine di salvaguardare i bilanci statali.59

In particolare, il principio di condizionalità60 all’assistenza finanziaria fornita di concerto dal FMI, dalla UE e dalla BCE, ha comportato, per gli Stati con un livello di indebitamento insostenibile, l’ adozione di politiche economiche restrittive, tali da compromettere il pieno godimento dei diritti fondamentali rientranti nella Carta di Nizza, la quale è divenuta giuridicamente vincolante per gli Stati membri e per la UE con il Trattato di Lisbona, che ha inserito nel TUE l’ art. 6 secondo il quale “ «[l]'Unione riconosce i diritti, le libertà ed i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea […], che ha lo stesso valore giuridico dei trattati»61. La Carta, pertanto, rientra nel diritto primario dell'Unione europea ed in quanto tale, funge da parametro per esaminare la validità del diritto secondario dell'UE e delle misure nazionali di attuazione.

Sebbene l’art.51 par.1 della Carta imponga il rispetto della stessa alle “istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà” ed anche

59 Fontana G.”Crisi economica ed effettività dei diritti sociali in Europa” in

www.forumcostituzionale.it, p. 1-2. 60 Ivi, p. 9 e ss.

61 Versione consolidata del Trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea 2012/C 326/01 in www.eur-lex.europa.eu.; Bronzini G.”Le tutele dei diritti fondamentali e la loro effettività:il ruolo della

Carta di Nizza”in www.europeanrights.eu, p. 1, 7; per un approfondimento cfr. Bronzini G.”Le misure di austerity e la giurisprudenza “multilivello”. Verso lo

scollamento tra protezione europea e protezione interna?” in

“agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione”, si pongono numerosi problemi interpretativi nel momento in cui si viene a considerare la Carta quale parametro di legittimità delle misure di austerità adottate dagli Stati membri nel contesto dell’operatività del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), nato con la finalità di fornire assistenza finanziaria agli Stati in crisi e stabilizzare l’Eurozona. Pertanto, si avranno misure di austerità che rientrano nel campo di applicazione della Carta e misure di austerità che non vi rientrano; tra le prime vi sono le politiche economiche adottate dagli Stati membri per ridurre i disavanzi di bilancio in conformità al MESFS ed al Six-Pac62, tra le seconde vi sono le misure di austerity poste in essere in base al MES, che è uno strumento di assistenza finanziaria, che si pone al di fuori del diritto dell’Unione al pari del Fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF)63.

Il problema centrale, a livello giuridico, è dato dal fatto che per il MES manca una disposizione normativa analoga a quella dell’art.273 del TFUE, che attribuisce alla Corte di giustizia UE competenze a conoscere qualsiasi controversia fra Stati membri in connessione con l’ oggetto dei trattati.

Pertanto, mentre in prima battuta sembrerebbe che il MES, pur operando al di fuori dell’ambito della UE, sia comunque strettamente collegato con l’ ordinamento europeo, data la sua finalità di salvaguardia della stabilità finanziaria dell’Eurozona, e

62 Mola L.”Profili di compatibilità delle misure di austerità con la Carta dei

che , pertanto, sia soggetto all’applicazione della Carta dei diritti fondamentali, ad una più attenta analisi, ci si accorge che, in realtà, tale tentativo di ricondurre il MES entro il diritto dell’Unione rimane impraticabile, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia.64

Nella sentenza Pringle ( nota 65 ), infatti, la Corte di Giustizia ha stabilito che, poiché il MES è stato instaurato al di fuori del diritto dell’Unione Europea e riguarda politiche economiche proprie degli Stati membri, l’azione di questi ultimi in materia non può ritenersi soggetta al rispetto della Carta dei diritti fondamentali della UE e pertanto l’agere del MES è sottratto al controllo della Corte di giustizia.

Nella sentenza Pringle la Corte pur ammettendo che il MES possa avere un impatto negativo sul diritto dell’Unione, e quindi sui diritti fondamentali66, tuttavia, interpreta restrittivamente l’ art. 51, par.I della Carta di Nizza, in quanto statuisce che “ gli Stati

64 Russo D. “ I vincoli in materia di tutela dei diritti sociali:alcuni spunti

dalla giurisprudenza recente sulle”misure di austerità” in

www.osservatoriosullefonti.it,,p.12.

65 Causa C-370/12 sentenza della Corte di Giustizia in seduta plenaria in www.eur-lex.europa.eu. La sentenza non ha accolto la domanda pregiudiziale avente ad oggetto la validità della decisione 2011/199/UE del Consiglio europeo del 25 marzo 2011 che modifica l’art.136 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea relativamente ad un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l’euro. La domanda è stata presentata dal parlamentare irlandese Pringle, nell’ambito di un ricorso in appello contro una sentenza della High Court irlandese, contro il Governo irlandese, l’ Irlanda ed il procuratore di Stato, ed era diretta a far constatre che l’emendamento dell’art. 136 TFUE ad opera dell’art.1 della decisione 2011/199 costituiva una modifica illegittima del trattato FUE. Inoltre, la domanda era diretta anche a far constatare che, ratificando, approvando o accettando il Trattato, che istituisce il meccanismo europeo di stabilità, l’Irlanda avrebbe assunto obblighi incompatibili con i trattati sui quali è fondata l’UE.

membri non attuano il diritto dell’Unione ai sensi dell’art.51,par.I,della Carta allorché instaurano un meccanismo di stabilità come il MES”.67

Da ciò si evince il fatto che i nuovi strumenti di gestione della crisi del debito degli Stati sovrani dell’eurozona hanno adottato politiche di austerità hanno operato, in assenza del sindacato della Corte di giustizia UE.

Le politiche di austerità hanno determinato la caduta della prescrittività dei diritti fondamentali68, incidendo negativamente sul welfare.

La crisi finanziaria ha messo in atto una spinta decostruttiva del processo di integrazione europea, che si riflette sulla tutela dei diritti fondamentali 69riconosciuti dalla Carta di Nizza.

I diritti economici e sociali rappresentano la categoria di diritti più direttamente toccata dalle politiche recessive statali autonome e dalla condizionalità necessaria prevista dalle organizzazioni internazionali quali la Banca mondiale ed il Fondo monetario internazionale.

In un tale contesto, una parte della dottrina internazionalista ha cercato di arginare l’ indebolimento delle garanzie di tutela dei diritti fondamentali, tramite il ricorso al

67 Op.cit., p.13-14. L’ autrice critica l’ impostazione della Corte di Giustizia in quanto ritiene che sia possibile adottare un’ interpretazione estensiva della locuzione di “ambito di applicazione del diritto dell’Unione” in modo tale da ricomprendervi anche le misure adottate dagli Stati coinvolti nel MES. Secondo l’autrice, in tal modo viene ad essere disattesa la finalità precipua dell’art.51, ossia il riparto della copertura dei diritti fondamentali tra Stati membri ed Unione Europea e che rappresenta la logica conseguenza della cessione di sovranità all’Unione.

principio di autodeterminazione dei popoli o a quello della sovranità statale permanente sulle proprie risorse naturali. La dottrina maggioritaria, invece, ha fatto riferimento agli obblighi convenzionali previsti dal Patto sui diritti economici, sociali e culturali e dalla Carta sociale europea.70

Al di là delle diverse impostazioni dottrinarie, è fuor di dubbio che la crisi economica degli Stati della zona euro ha inciso sull’effettività dei diritti sociali nell’Unione Europea71, ridisegnando il Trattato di Maastricht, il quale aveva affidato la gestione della politica economica agli Stati membri nell’ottica di un coordinamento in quanto “materia di interesse comune” (art.5 e art.119 TFUE).

Il Trattato aveva previsto dei vincoli in tema di disciplina di bilancio ai sensi dell’art.126 TFUE, utilizzando il soft law in tema di coordinamento delle politiche economiche ai sensi dell’art. 121 TFUE, secondo cui, i compiti di sorveglianza sulle politiche economiche degli Stati dell’Unione erano affidati alla Commissione ed al Consiglio, il quale aveva unicamente il potere di effettuare mere raccomandazioni agli Stati membri.

Per quel che riguarda le politiche sociali, il quadro era analogo, in quanto era previsto un coordinamento ai sensi dell’art.156 TFUE ovvero “prescrizioni minime applicabili progressivamente”. Questo impianto è stato profondamente modificato a seguito della crisi del debito degli Stati dell’eurozona, in quanto con il principio di condizionalità,

70 Picone P.“Capitalismo finanziario e nuovi orientamenti dell’ordinamento

internazionale” in Diritti umani e diritto internazionale, Il Mulino, Bologna,

2015,p.5-26.

71 Fontana G."Crisi economica ed effettività dei diritti sociali in Europa” in

non viene più lasciata all’autonomia statale la gestione delle politiche economiche, ma viene prevista una nuova governance economica europea , che ha il suoi perno nell’ ESMA e che determina interventi diretti sulle riforme strutturali, nel rispetto della regola del pareggio di bilancio prevista dal Fiscal Compact, che gli ordinamenti nazionali devono adottare al fine di poter beneficiare dell’assistenza finanziaria necessaria.

Tutto ciò, inevitabilmente, comporta, una ricaduta sul piano dell’effettività dei diritti sociali, in quanto risulta compressa la discrezionalità degli Stati nell’ambito della gestione delle politiche economiche e sociali nazionali.

Tale contesto, generatosi dall’adozione di misure necessarie e necessitate dalla crisi economica, risulta ancor più grave, poiché le politiche economiche o sociali non sono state trasferite in capo al Parlamento Europeo.72

La dottrina sottolinea come il processo di integrazione europea, risulti minato nelle sue fondamenta, in quanto si è creata una forte divaricazione tra Stati forti capaci di tutelare la propria sovranità e Stati deboli soggetti totalmente al principio di condizionalità, con il rischio di vedere tramontare la costruzione di un modello di integrazione orientato alla “promozione di un’adeguata protezione sociale, alla lotta contro l’esclusione sociale” di cui all’art.9 TFUE.73

Su questa riflessione dottrinaria si innesta la tematica della crisi del concetto di sovranità associata alla crisi economica attuale( nota 74) .

La crisi dello Stato non è da considerarsi come crisi del modello organizzativo statuale, ma come crisi circoscritta a casi specifici in cui uno Stato si trova in una situazione di difficoltà.

Pertanto, non può ritenersi superato il concetto di Stato, in quanto, nonostante le numerose competenze attribuite all’Unione, la sovranità rimane agli Stati e gli atti della UE hanno effetti diretti, in quanto adottati sulla base della volontà statale74. Il problema che si pone, semmai, è un altro, ossia il fatto che nel momento in cui il Fondo monetario internazionale ed il Meccanismo europeo di stabilità concedono assistenza finanziaria condizionata alla realizzazione di riforme strutturali si assiste al superamento del costituzionalismo europeo del secondo dopoguerra, il quale si incentra sul sistema dei diritti fondamentali75.

Nel “Rapporto sulla riforma del sistema monetario e finanziario internazionale” redatto nel 2009, nell’ambito delle Nazioni Unite, da una commissione di esperti sotto la presidenza e la guida di Joseph Stigliz, vennero studiati gli effetti della ristrutturazione del debito sovrano sui diritti fondamentali76

Anche se lo studio era incentrato sull’analisi di Paesi non occidentali, il Rapporto specificava comunque il fatto che i rilievi ivi contenuti erano passibili di essere generalizzati.

74 Ibidem. p. 5.

75 Somma A. “Scontro tra capitalismi,crisi del debito e diritti fondamentali”in Il

debito sovrano tra tutela del credito e salvaguardia della funzione dello Stato a

cura di Mauro M.R. e Pernazza F.,cit.,p.161 76 Op.cit.,p.162.

In particolare, nel Rapporto vennero esaminati gli effetti negativi che le politiche di austerità hanno avuto sui diritti all’istruzione, alla salute ed alla pensione. In base al rapporto, le attuali modalità di ristrutturazione del debito sovrano non tengono adeguatamente conto della tutela dei diritti sociali.

Dallo studio si evince la necessità che le procedure di ristrutturazione77avvengano nel rispetto del principio democratico.

Il Rapporto, inoltre, auspica che sia predisposto un quadro di regole certe in tema di ristrutturazione dei debiti sovrani, che non privilegino più i creditori pubblici e privati che si trovino in una posizione di maggior forza contrattuale.

Le procedure di ristrutturazione dovrebbero, pertanto, ispirarsi ai principi di equità e di sostenibilità e favorire il default dello Stato sovrano debitore, nel rispetto del principio democratico, che può consentire un’attenta analisi di numerosi fattori che condizionano l’ entità del debito, quali la sua provenienza, le circostanze che lo hanno originato, l’identità e le caratteristiche dei creditori, siano essi pubblici o privati. Il Rapporto, poi, prende in esame svariate categorie di debiti per le quali poter invocarne una riduzione oppure la cancellazione, soffermandosi in particolare su quella dei cosiddetti “debiti odiosi”, che riguarda la tipologia di debiti che sono stati contratti dai governanti a danno del proprio Paese, e che, pertanto, a seguito della destituzione del governo, non devono essere più onorati.

2.1.4. LA RELAZIONE TRA I GIUDIZI DELLE AGENZIE E GLI ANNUNCI DELLE MISURE DI AUSTERITA’ DA PARTE