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Le agenzie di rating e la crisi del debito degli Stati della zona euro

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO I.

LE AGENZIE DI RATING GLOBALI

1.ORIGINE STORICA ED EVOLUZIONE.

2.L’ESPANSIONE DELLE BIG THREE. 2.1.MOODY’S.

2.2.STANDARD’S&POOR’S. 2.3.FITCH.

3.IL RUOLO E LA FUNZIONE DELLE AGENZIE DI RATING GLOBALI: LA PROBLEMATICA DELLE ASIMMETRIE INFORMATIVE.

4.IL RATING: DEFINIZIONE, TIPOLOGIA E CLASSIFICAZIONE.

5.LA METODOLOGIA DI ELABORAZIONE DEL RATING DEGLI STATI SOVRANI.

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CAPITOLO II.

LA CRISI DEL DEBITO DELL’EUROZONA.

2.1.LA CRISI DEL DEBITO DEGLI STATI DELL’EUROZONA E L’ATTIVITA’ DELLE AGENZIE DI RATING.

2.2.GLI EFFETTI DELLA CRISI DEL DEBITO SOVRANO SULLA TUTELA DEI DIRITTI UMANI: IL QUADRO GIURIDICO INTERNAZIONALE.

2.3.LE MISURE DI AUSTERITA’ ED I DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA.

2.4.LA RELAZIONE TRA I GIUDIZI DELLE AGENZIE E GLI ANNUNCI DELLE MISURE DI AUSTERITA’ DA PARTE DEGLI STATI SOVRANI DELLA ZONA EURO.

CAPITOLO III.

IL RATING SOVRANO E LA DISCIPLINA EUROPEA DELLE AGENZIE DI RATING.

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3.1.LA QUALITA’ DEL RATING SOVRANO:PROFILI DI CRITICITA’.

3.2.IL REGOLAMENTO CE N. 1060/2009:LA CREAZIONE DI UN QUADRO COMUNE DI NORME VOLTE A MIGLIORARE LA QUALITA’ DEI RATING NELL’UE.

3.3.IL REGOLAMENTO CE N. 513/2011:L’ATTRIBUZIONE AD UN’ AUTORITA’ CENTRALE DEL CONTROLLO SULLE AGENZIE DI RATING.

3.4. IL REGOLAMENTO CE N. 462/2013: LE MISURE VOLTE A RIDURRE IL CONFLITTO DI INTERESSI DELLE AGENZIE DI RATING.

CAPITOLO IV.

CONFLITTO DI INTERESSI, VIGILANZA,

RESPONSABILITA’,GIURISDIZIONE: PROBLEMATICHE GIURIDICHE.

4.1.I CONFLITTI DI INTERESSE CHE POSSONO DERIVARE DALL’ASSETTO PROPRIETARIO DELLE AGENZIE DI RATING.

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4.3.LA RESPONSABILITA’ CIVILE DELLE AGENZIE DI RATING.

4.4.LA DETERMINAZIONE DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE IN CASO DI AZIONI.

4.5.LA CENTRALITA’ DELLA LEX MERCATUS NEL DIRITTO UE E LE POSSIBILI REGOLE UNIFORMI IN TEMA DI COMPETENZA GIURISDIZIONALE.

CONCLUSIONI.

BIBLIOGRAFIA.

SITOGRAFIA.

(5)

INTRODUZIONE

Il tema delle agenzie di rating e dell’influenza che queste possono avere e di fatto hanno sui mercati finanziari mondiali è divenuto attuale successivamente alla crisi finanziaria dei derivati, che ha avuto origine negli Stati Uniti nel 2008 per poi diffondersi in Europa, incidendo negativamente sulle economie degli Stati della zona euro e contribuendo a determinare una fortissima crisi del debito, particolarmente severa per gli Stati sovrani periferici dell’Eurozona.

La credibilità delle agenzie, che prima del 2008 non era mai stata messa in discussione, ha subito un pesante crollo soprattutto in conseguenza del fallimento della banca d’affari Lehman Brothers, a cui era stato assegnato come rating una tripla A. Gli Stati Uniti, di fronte ad un tale clamoroso errore di valutazione, nel 2010 reagirono inasprendo la disciplina regolamentare con il Dodd Franck Act, una legge che ha istituito l’ Office of credit ratings, ossia un’ organo di vigilanza nell’ambito della Securit and Exchange Commision (SEC).

La novità più importante, che emerge dalla disciplina normativa contenuta nel Dodd Franck Act, consiste nel ridimensionamento della cosiddetta “licenza regolatoria”, di cui fino a quel momento avevano goduto quelle agenzie di rating che avevano ottenuto lo status di NSRO-Nationally Recognized Statistical Rating Organizations (dal 1975 al 2008 la SEC ha attribuito questa qualifica a pochissime agenzie).1

1 Ferri G. e Lacitignola “Le agenzie di rating”, Il Mulino, Bologna, 2014,p.17.

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Si può affermare che tale riforma, se da un lato ha sancito la fine del contesto di autodisciplina e deregulation in cui si sono trovate ad operare le agenzie sino a quel momento, dall’altro ha riconosciuto implicitamente la necessarietà, per i mercati finanziari globali, dei giudizi delle CRA, i quali devono essere, inevitabilmente, assoggettati ad una stringente regolamentazione pubblica2..

La riforma ha segnato anche due fallimenti, da un lato quello del concetto di autodisciplina delle agenzie, secondo cui era sufficiente un mero codice di condotta per l’autoregolamentazione di aspetti di importanza cruciale per i mercati, quali la qualità dei giudizi, le metodologie di analisi e il conflitto d’interessi (l’International Organization of Securities Commission-IOSCO, nel 2004, pubblicò il Code of conduct for credit rating agencies)3, dall’altro quello della teoria reputazionale, basata sul modello anglosassone dei Reputational Intermediaris, secondo cui gli intermediari reputazionali sono soggetti privati a cui, per il solo fatto che essi offrano le informazioni necessarie ai mercati nei casi di asimetrie informative, viene automaticamente riconosciuto loro un alto grado di credibilità e di affidabilità. La teoria reputazionale fu contestata aspramente, per la prima volta da Partnoy il quale ha evidenziato il fenomeno della cosiddetta overreliance dei giudizi delle agenzie, ossia una sovrastima delle loro capacità valutative e predittive dovuta da un accrescimento del potere di mercato delle agenzie non supportato da un’ altrettanto

2 Sirianni G. “Il rating sovrano” in www.costituzionalismo.it, 2/2012, p.10-11.

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incremento della qualità dei giudizi, che, anzi, col tempo, si era irreversibilmente deteriorata a danno dei mercati finanziari globali.

Fatta questa doverosa premessa introduttiva, è opportuno anticipare il contenuto del presente elaborato, che si incentra esclusivamente su di una determinata tipologia di ratings e di emittenti, ossia i ratings degli Stati sovrani della zona euro.

Nel primo capitolo verrà illustrata l’origine storica e l’evoluzione che hanno avuto le più importanti Credit Report Agencies internazionali americane, le cosiddette big three, Moody’s, Standar&Poor’s e Fitch. Verranno, invece, escluse dall’indagine le altre agenzie internazionale e nazionali, come ad esempio la cinese Dagong, perché il dibattito internazionale in materia è stato sollecitato dalla comune convinzione del ruolo giocato dalle big three nella gravità e vastità della crisi economico-finanziaria occidentale, che ha avuto origine, peraltro, negli Stati Uniti, come precedentemente ricordato.

Sempre nel primo capitolo, poi, verrà analizzato il ruolo e la funzione assunta dalle CRA sui mercati finanziari e la metodologia di elaborazione dei ratings, con particolare riguardo ai ratings sovrani.

Il secondo capitolo si incentrerà, invece, sul tema relativo alla crisi del debito degli Stati della zona euro e sulle stringenti misure di emergenza adottate dall’Unione Europea per fronteggiare quella che è stata la crisi maggiore, per dimensioni ed importanza, capace di mettere in pericolo le fondamenta stesse, non soltanto della moneta unica, ma anche dell’Unione stessa.

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Verrà esaminato, poi, sia l’impatto che ha avuto la crisi del debito degli Stati sovrani sul quadro giuridico internazionale in tema di diritti umani, che gli effetti che le misure di austerità, adottate da svariati Stati membri della zona euro, hanno avuto sui diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione.

Il terzo capitolo si occuperà del quadro normativo comunitario dal 2009 al 2013, finalizzato a migliorare la qualità dei giudizi delle CRA, a creare un organismo di vigilanza a livello centrale ed a ridurre il problema maggiore delle agenzie, ossia l’ontologico conflitto di interessi generato dagli opachi rapporti di proprietà.

L’ultimo capitolo approfondirà quest’ultima tematica ed, inoltre, affronterà le problematiche giuridiche che si pongono nei seguenti ambiti: disciplina della vigilanza centrale europea a seguito del regolamento n. 1060/2009 come modificato dal regolamento n. 513/2011 e problematica della giurisdizione alla luce della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n.8076 del 22 maggio 2012.

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CAPITOLO I

LE AGENZIE DI RATING GLOBALI

1. ORIGINE STORICA ED EVOLUZIONE.

Le agenzie di rating hanno avuto origine nel XX secolo negli Stati Uniti, a seguito della crescente domanda di infrastrutture connessa all’evoluzione industriale ed allo sviluppo economico-sociale.

Infatti, fu il sempre più crescente fabbisogno di sviluppo della rete ferroviaria americana e dei trasporti in generale a rendere necessario il reperimento di capitali mediante l’emissione di titoli di debito privati4.

Si precisa che il sistema finanziario statunitense, per tutto l’800, conosceva unicamente obbligazioni sovrane o a garanzia statale e quindi non si poneva il problema del “rischio emittente”5, data la solvibilità generale, all’epoca, degli Stati sovrani.

In un tale contesto furono le esigenze del mercato, per la precisione, esigenze di ottenere informazioni corrette, che portarono alla nascita delle agenzie di rating attuali.

4 Ferri G. e Lacitignola P., Le agenzie di rating, Il Mulino, Bologna, 2014,p-17.

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Tale necessità informativa veniva primordialmente soddisfatta informalmente, mediante mere lettere di raccomandazione, che venivano scambiate vicendevolmente tra gli investitori, ma con l’accrescersi dei traffici commerciali, un tale operare era oramai divenuto del tutto inadeguato ed insufficiente per il mercato finanziario, che si stava formando6.

Si diffusero, così, le agenzie di “credit reporting”, che, sostanzialmente, fornivano un servizio a pagamento avente ad oggetto il reperimento di informazioni estremamente dettagliate ed analitiche dedicate al settore commerciale.

Un altro canale di diffusione informativo era rappresentato dalla stampa specializzata e dalle banche di investimento, le quali, nei primi del’900, erano diventate le principali fornitrici di informazioni finanziarie per il mercato.

Tuttavia, si verificò presto il declino del ruolo di monitoraggio assunto dalle banche di investimento a seguito delle crescenti perdite subite dal mercato finanziario e la conseguente sfiducia degli investitori. Da qui la cogente esigenza di trovare una diversa modalità informativa, che portò alla nascita delle tra rating agency globali odierne: Moody’s, Fitch e Standard & Poor’s.

Nel 1909 nacque la prima agenzia di rating ad opera di John Moody, con lo scopo precipuo di fornire informazioni sui titoli obbligazionari emessi dalle società operanti nel settore ferroviario.

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Originariamente, non si è avuto un mercato concorrenziale, in quanto Fitch venne fondata nel 1913 e Standard & Poor’s nel 1916.7

Fu in questa fase che si ebbe il passaggio da un sistema informativo informale, basato su valori e principi di “buona reputazione” ad un sistema informativo certificatorio finalizzato ad orientare gli investitori nella scelta dei titoli.

Il meccanismo era questo: il pubblico dei risparmiatori fruiva dei ratings, dietro il pagamento di un canone periodico.

Ripercorrendo l’evoluzione storica delle tre agenzie di rating globali, si nota come, in un primo momento, il settore di interesse delle agenzie era limitato agli Stati Uniti ed al solo comparto commerciale ed industriale, per poi successivamente, estendersi a quello dei titoli di debito governativi ed amministrativi.

L’espansione verso i rating sovrani esteri avvenne nel 1919 ad opera dell’agenzia Moody’s, in particolare, verso la Gran Bretagna, l’Italia, la Francia ed il Giappone8. Pertanto, un decennio prima dell’inizio della Grande Depressione, conseguente al crollo della Borsa statunitense del 1929, Moody’s formulò una nuova operatività, avente ad oggetto l’elaborazione di giudizi non richiesti da parte degli emittenti, ossia dagli Stati sovrani economicamente più avanzati dell’epoca. A partire dagli anni ‘30, le autorità americane competenti iniziarono ad attribuire una sorta di “licenza regolatoria” alle agenzie, avente ad oggetto i titoli di debito che le banche detenevano nei loro portafogli.

7 Troisi A. “Le agenzie di rating. Regime disciplinare e profili evolutivi, CEDAM, Padova, 2013,p.65.

8 Troisi A. “Le agenzie di rating. Regime disciplinare e profili

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A questo periodo di grande sviluppo delle tre agenzie, fece seguito una fase di declino, dovuta a svariate ragioni, tra cui il fatto che il mercato dei titoli di debito era costituito, prevalentemente, da titoli governativi o amministrativi, i quali, data l’affidabilità degli emittenti, non necessitavano dell’operatività delle agenzie. A partire dagli anni’70 si assistette ad un rifiorire delle agenzie di rating, a causa del progresso economico statunitense e dell’espandersi dei mercati finanziari verso nuovi prodotti, nonché verso nuovi settori industriali.9 In quel periodo vi fu un grande cambiamento nel modello operativo dei rating: il passaggio dall’investor pay model all’issuer pay model. Le ragioni di tale evoluzioni, secondo alcuni autori, sono da ricondursi al fenomeno del cosiddetto free-riding, dovuto alla diffusione delle fotocopiatrici, che avevano permesso che gli utenti ottenessero celermente copie dei giudizi da chi aveva richiesto le valutazioni, determinando, con ciò, una riduzione dell’attività delle agenzie. Al di là delle possibili cause che hanno determinato tale mutamento nell’operatività delle agenzie di rating, quello che è da sottolineare è la differenza tra questi due modelli: nel primo, il pagamento delle valutazioni era a carico dell’investitore che lo aveva richiesto e per il quale ciò che contava non era la positività o meno del giudizio ma la sua affidabilità, nel secondo tra le agenzie e gli i clienti-fruitori dei ratings si venivano a creare dei veri e propri rapporti contrattuali sinallagmatici mediante i quali i clienti stessi fornivano alle agenzie tutti i dati necessari, affinché queste ultime potessero elaborare un giudizio di affidabilità creditizia a fronte del pagamento di un corrispettivo economico.

(13)

Questo modello operativo è attualmente vigente ed alimenta costantemente il dibattito sull’affidabilità delle agenzie di rating10.

2. L’ ESPANSIONE DELLE BIG THREE.

2.1 MOODY’S.

Nel 1900 la società di John Moody, la John Moody’s & Company, pubblicò il Manual

of Industrial and Miscellaneus Securities, una raccolta di informazioni su azioni ed

obbligazioni di enti governativi e di società del settore manifatturiero, alimentare e minerario.

Questa pubblicazione ebbe grandissimo successo in tutti gli Stati Uniti, ma la crisi dei mercati finanziari del 1907 colpì la società di John Moody, il quale, tuttavia, riuscì ad innovare l’operatività della sua impresa, fornendo, non soltanto una raccolta di informazioni, ma anche un’analisi tecnica dei titoli ed una valutazione della loro affidabilità, principalmente in riferimento al settore ferroviario. Moody’s, per esprimere i giudizi, utilizzò la simbologia alfanumerica, che era stata adottata dalle ottocentesche società di credit reporting.

10 Nori G. “La sovranità degli Stati, il rating e le regole sulla

concorrenza”, in

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Nel 1909 venne pubblicato il Moody’s Analyses of Railroad Investments, un compendio, in cui venivano enunciati i criteri di valutazione delle società operanti nel settore ferroviario.

Nel 1913 l’area di interesse venne estesa al settore industriale ed alle società di pubblica utilità e nel 1914 a quello delle obbligazioni emesse dai governi locali. L’ agenzia di rating rimase operativa anche durante la Grande Depressione e negli anni 70 si espanse verso il mercato del commercial paper e dei depositi bancari. E’ in questo periodo che muta il rapporto tra l’agenzia, l’emittente e l’investitore, in quanto i costi del servizio di rating vengono sostenuti non più dall’investitore, ma dall’emittente, sia esso una società, uno Stato, un istituto bancario.

Attualmente, l’agenzia ha una posizione di primissimo piano nel mercato dei rating. Per avere un’idea della dimensione che ha a livello globale, basti pensare che le sue valutazioni riguardano oltre 9.300 clienti, 2.400 istituzioni nel mondo, 100 Stati sovrani, 12.000 emittenti, 29.000 emittenti di finanza pubblica e 96.000 prodotti di finanza strutturata. Moddy’s è diffusa in tutto il mondo con uffici che impiegano 3.000 persone, di cui 1.000 analisti, ha stretto partnerships con agenzie nazionali localizzate in Paesi emergenti11.

(15)

Le origini di Standard&Poor’s sono da ricondursi al 1860, anno in cui Henry Varnum Poor pubblicò l’opera History of Railroads and Canals in the United States, antesignana dei report degli analisti finanziari odierni.

Nel 1906 Poor fondò Standard Statistics Bourreau, con la finalità di procurare agli investitori tutte le informazioni necessarie in termine di valutazione dei rischi.

Il 1916 è l’anno in cui ufficialmente l’agenzia fu fondata.

Fin dai sue prime origini, l’agenzia iniziò a formulare valutazioni relativamente alle obbligazioni e solo successivamente estese la propria area di interesse ai ratings pubblici, incominciando, dapprima, a fornire giudizi sul merito creditizio dei comuni ed in un secondo momento su quello degli Stati sovrani. Nel 1941 dalla fusione con Poor’s Publishing nacque l’attuale Standard & Poor’s, acquisita nel 1966 dal gruppo editoriale McGraw-Hill.

Standard&Poor’s si colloca al secondo posto per volume d’affari, sul mercato globale della agenzie di rating.

Fornisce giudizi per un valore di debito pari a 32 miliardi di dollari distribuito in cento Paesi nel mondo.

Il dipartimento Standard&Poor’s Equity Research è uno dei global leader nella fornitura di informazioni di investimento indipendenti, offrendo la copertura su circa 2.000 azioni.

L’agenzia ha una diffusione capillare a livello mondiale in 23 Stati, impiegando oltre 8.500 dipendenti, di cui 1.400 analisti finanziari.

(16)

Attualmente ha esteso la sua presenza in Cina, Indonesia e Malesia, tramite accordi di affiliazione con le agenzie nazionali di questi Paesi.12

2.3 FITCH.

John Knowles Fitch nel 1913 fondò la Fitch Publishing Company, una società che forniva statistiche finanziarie agli investitori, pubblicate sui volumi Fitch Bond Book e Fitch Stock and Bond Manual.

L’aerea di interesse dell’agenzia riguardava le società quotate sulla borsa di New York.

Nel 1924 Fitch adottò una scala di rating, in cui i titoli venivano classificati in valori da AAA a D, con la finalità di effettuare un’analisi indipendente dei titoli finanziari. La ramp dell’agenzia fu valutata positiva dalla comunità finanziaria americana dell’epoca, la quale la utilizzò come parametro di riferimento per la propria operatività sui mercati.

L’agenzia, negli anni’70 conobbe un alto grado di espansione, dovuto, soprattutto, al fatto che fu una delle prime, assieme a Moody’s e Standard&Poor’s, ad ottenere il riconoscimento di NSRO da parte della SEC (l’autorità di vigilanza finanziaria statunitense), riconoscimento indispensabile per poter operare sul territorio americano. Un anno molto importante per Fitch fu sicuramente il 1989, quando l’agenzia venne ricapitalizzata, incrementando, così, la propria operatività. Nel 1997, a seguito della

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fusione con IBCA Limited, con sede a Londra, e della conseguente sua acquisizione ad opera della Fimalac S.A., una holding anglo-francese, che aveva incorporato la IBCA, Fitch potè accrescere la sua posizione sul mercato globale bancario e dei ratings sovrani.

Fu grazie a questa fusione che Fitch riusci imporsi a livello globale, acquisendo ulteriori quote di mercato.

Attualmente l’agenzia occupa oltre 2.100 dipendenti ed ha 50 uffici localizzati in tutto il mondo13.

3. IL RUOLO E LA FUNZIONE DELLE AGENZIE DI RATING GLOBALI: LA PROBLEMATICA DELLE ASIMMETRIE INFORMATIVE.

In dottrina si discute molto sulla funzione delle agenzie di rating.

Secondo alcuni autori14, le agenzie di rating attenuano le asimmetrie informative dei mercati finanziari, riducendone, così, le relative inefficienze.

I ratings rappresentano gli indicatori della qualità di credito di un’emittente, pertanto, hanno la funzione di ridurre la cosiddetta selezione avversa (adverse selection) ed il rischio morale (moral hazard) in capo agli investitori, poiché sono in grado di fornire loro le informazioni dal punto di vista della solvibilità o meno di una società, di un

13 Www.Fitch.com; Ferri G. e Lacitignola P. “Le agenzie di rating”,cit., p.

28.

14 Facci G. “Le agenzie di rating e la responsabilità per le informazioni

inesatte “in www.ilcaso.it, doc.n.99/2008,p.5.; Castaldo A. e Palla L.”L’informazione nei mercati finanziari: il ruolo delle agenzie di

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ente privato, di uno Stato sovrano. Il meccanismo della selezione avversa consiste in questo: gli investitori, avendo un’errata percezione in merito alla solidità economico-finanziaria di un dato soggetto emittente, vengono indotti ad effettuare scelte di investimento non adeguate, in quanto non basate su di una corretta valutazione del merito creditizio dell’emittente15.

La tipologia di asimmetria informativa definibile di adverse selection ha la caratteristica di verificarsi prima che si instauri un rapporto tra l’emittente e l’investitore; il moral hazard, invece, ha la caratteristica di verificarsi in un momento successivo rispetto a quando viene in essere il rapporto tra emittente ed investitore. In questa seconda tipologia di asimmetria informativa, può accadere che l’emittente ponga in essere, dopo aver stipulato il contratto, comportamenti non corretti, che vadano ad incidere negativamente sul suo merito creditizio. Secondo altri autori (Partnoy16), i rating, di fatto, al contrario, non hanno la funzione di attenuare le asimmetrie informative, poiché il loro contenuto è limitato e non innovativo, perché, in concreto, contiene un’informazione già obsoleta, in quanto, nel momento in cui l’agenzia emette il giudizio, non fa altro che riflettere una valutazione che il mercato ha già assimilato Inoltre, sempre secondo questa parte della dottrina, le eventuali e sensibili reazioni dei mercati alle variazioni di scala dei rating dipendono dalle variazioni regolamentari e non dalle variazioni del rischio di credito.

15 Ferri G. e Lacitignola P.” Le agenzie di rating”,cit.p. .52-54.

16 Partnoy F.”The Siskel and Ebert of Financial markets?:Two thumbs down

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Sulla funzione e sul conseguente ruolo di regolatore del mercato, il dibattito è aperto tra i maggiori autori17.

Se da un lato, le agenzie di rating, attraverso la loro attività di monitoraggio dei vari prodotti, tra cui i titoli di debito degli Stati sovrani, contribuiscono a disincentivare comportamenti non corretti degli emittenti, è necessario sottolineare, che tale considerazione ha rilevanza, soprattutto, per i rating richiesti, i quali prevedono un’elaborata e costosa procedura di scambio di informazioni tra l’agenzia e l’emittente, che si distingue nettamente rispetto alla procedura di assegnazione dei rating non richiesti.

Nel caso degli Stati, generalmente, per lo meno per quel che riguarda i Paesi economicamente più sviluppati, non si viene a creare un rapporto sinallagmatico tra emittente ed agenzia di rating, in base al quale, il primo, avendo interesse ad ottenere una buona reputazione sul mercato, si rivolge alla seconda al fine di avere un giudizio positivo sul proprio merito creditizio.

Nel caso degli emittenti sovrani, l’agenzia di rating formula, di solito, giudizi non richiesti dagli Stati e ciò pone numerose problematiche giuridiche, in relazione alla legittimità di un tale operato, poiché un ente certificatore espressione di un potere privato è abilitato dai regolatori a formulare valutazioni sul merito creditizio di Stati che sono sovrani nell’esercizio dei propri poteri pubblici.18

4. IL RATING: DEFINIZIONE, TIPOLOGIA E CLASSIFICAZIONE.

17 Ferri G. e Lacitignola P.,cit.,p.56 e ss. 18 Sirianni G.”Il rating sovrano”, cit.,p. 8.

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Il rating è definito da Moody’s come “un’opinione sulla capacità futura di un’emittente di adempiere, alle scadenze prestabilite, al pagamento del capitale e degli interessi relativi ad una specifica obbligazione”19; secondo il legislatore europeo, il rating può essere assimilato ad un “parere relativo del merito creditizio di un’entità, di un’obbligazione di debito o finanziaria, di titoli di debito, di azioni privilegiate o di altri strumenti finanziari, o di un’emittente di un debito, di un’obbligazione di debito o finanziaria, di titoli di debito, di azioni privilegiate o di altri strumenti finanziari20”. Quindi, il rating è un giudizio, che ha per oggetto la capacità di una società, di un ente pubblico, un intermediario finanziario, uno Stato sovrano, di adempiere ai propri obblighi finanziari ad una determinata scadenza. Tale giudizio, espresso in valori alfanumerici, sintetizza, schematicamente, uno svariato numero di informazioni e si basa su valutazioni sia qualitative che quantitative che collocano l’emittente sui diversi livelli di scala riconosciuti a livello internazionale. A ciascun livello di tale classificazione è strettamente correlato il rischio default, il cui giudizio è dato in termini di probabilità di insolvenza e non rappresenta una misura assoluta.

Nell’ambito della scala di rating si ha una suddivisione tra due sezioni: la investement grade e la speculative grade.

L’emittente ha interesse a rientrare nella sezione investement grade, per due ordini di motivi: in primo luogo, poichè l’emittente paga uno spread maggiore in relazione al

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rating assegnato, in secondo luogo, l’emittente, a seconda del settore in cui è inserito, può essere pregiudicato in sede regolamentare, in quanto la regolamentazione, in alcuni casi, può inibire l’acquisto di prodotti emessi da soggetti classificati nella sezione speculative grade da parte di investitori collettivi, enti pubblici, intermediari finanziari, in altri casi, può imporre l’ accantonamento di capitali in quantità superiori al livello minimo previsto21. Di seguito la tabella delle scale di rating di Moody’s, di Standard & Poor’s e di Fitch. Le differenze tra le ramps sono minime e poco significative.

Moody’s

Aaa Qualità elevata

Aa1 Alta qualità

Aa2 Alta qualità

Aa3 Alta qualità

A1 Forte capacità di adempimento

A2 Forte capacità di adempimento

A3 Forte capacità di adempimento

Baa1 Adeguata capacità di adempimento

Baa2 Adeguata capacità di adempimento

Baa3 Adeguata capacità di adempimento

Ba1 Probabile capacità di adempimento

Ba2 Probabile capacità di adempimento

Ba3 Probabile capacità di adempimento

B1 Elevato rischio

B2 Elevato rischio

B3 Elevato rischio

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Caa Vulnerabilità al default

Ca In bancarotta o default

STANDARD & POOR’S/FITCH

AA+ Alta qualità

AA Alta qualità

AA- Alta qualità

A+ Forte capacità di adempimento

A Forte capacità di adempimento

A- Forte capacità di adempimento

BBB+ Adeguata capacità di adempimento

BBB Adeguata capacità di adempimento

BBB- Adeguata capacità di adempimento

BB+ Probabile capacità di adempimento

BB Probabile capacità di adempimento

BB- Probabile capacità di adempimento

B+ Elevato rischio B Elevato rischio B- Elevato rischio CCC+ Vulnerabilità al default CCC Vulnerabilità al default CCC- Vulnerabilità al default C In bancarotta o default D In bancarotta o default

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I giudizi evidenziati in giallo, nelle due tabelle, indicano le classi di rating qualificate come speculative grade, mentre le zone bianche indicano le classi di rating classificate come investement grade.

Come si può notare, a ciascuna classe di rating corrisponde una valutazione della solvibilità dell’emittente, suscettibile di ampia interpretazione da parte dell’investitore, fruitore finale del rating: qualità elevata, alta qualità, forte capacità di adempimento, adeguata capacità di adempimento, elevato rischio, vulnerabilità al default, in bancarotta o default.

Alla luce di tale considerazione, pertanto, appare fondamentale il concetto di default, in quanto strettamente correlato con il giudizio sintetico alfanumerico.

In termini generici, il concetto di default si riconduce alla definizione giuridica di insolvenza, che è la situazione di incapacità di onorare le obbligazioni contratte entro i termini stabiliti e con i normali mezzi di pagamento.

La definizione adottata da Moody’s e da Standard&Poor’s è molto simile e sostanzialmente consiste nel considerare il default come il venir meno della capacità o della volontà del debitore di adempiere a una o più obbligazioni rispettandone i termini originari22.

4. LA METODOLOGIA DI ELABORAZIONE DEL RATING DEGLI STATI SOVRANI.

22 Ivi ,p.,64-67

(24)

Il problema sotteso al concetto di rating è sempre stato rappresentato dalle procedure di assegnazione del rating, da sempre soggette a critiche per una scarsa trasparenza nella dichiarazione dello stato di default.

Le agenzie adottano tutte le medesime procedure di assegnazione del rating, le quali si suddividono in due categorie: le procedure di sollicited rating, che si basano su una specifica richiesta dell’emittente e le procedure di unsolicited rating, che si fondano, invece, su un’iniziativa autonoma dell’agenzia23.

Il giudizio di rating viene corredato di valutazioni riguardanti la possibile evoluzione del giudizio stesso; in particolare, il giudizio relativo all’evolversi della situazione nel breve periodo è definibile come watch, e può avere valore positivo se l’agenzia prevede di migliorare il rating, negativo se, invece, l’agenzia prevede un’evoluzione in senso peggiorativo o se il giudizio è da considerarsi indefinibile, poiché in evoluzione. Nell’ipotesi di watch negativo l’andamento del rating potrebbe anche comportare notevoli variazioni sulla scala alfanumerica dei valori.

L’ altro termine definitorio che interessa i giudizi valutativi vi è l’outlook, il quale esprime una sorta di valutazione prospettica del rating nel breve periodo nei seguenti termini: positivo, negativo, stabile, in evoluzione.

Sostanzialmente le agenzie, quando non sono nella condizione di effettuare giudizi precisi di carattere negativo tali da incidere sulla classificazione a suo tempo elaborata, utilizzano la definizione outlook negativo, in modo tale da non modificare il valore assegnato alla scala alfanumerica.

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Conseguentemente, il rating dichiarato “sotto osservazione” può restare invariato con watch o outlook negativi, condizionando comunque la percezione dei mercati. Nel caso dei rating sovrani, nella valutazione delle agenzie hanno rilevanza non soltanto i rischi economici o finanziari dello Stato oggetto di analisi, ma anche il rischio di instabilità politica ed il rischio dovuto al verificarsi di calamità naturali o guerre ed alla capacità di uno Stato di reagire a tali eventi, che hanno l’effetto di rendere vulnerabile l’assetto economico di un Paese.24 Inoltre, il rating sovrano ha influenza sui ratings di imprese ed enti operanti sul territorio dal momento che questi ultimi non possono ricevere una valutazione superiore al giudizio attribuito allo Stato: è questo il cosiddetto “country ceiling effect”, che può penalizzare realtà locali produttive e virtuose25.

Per quanto riguarda i criteri di valutazione dei rating sovrani (sovereign rating criteria), le agenzie si basano su elementi politici, economici e sociali in un dato arco temporale (short term rating e long term rating).

I giudizi unsolicited vengono formulati sulla base di analisi di informazioni qualitative reperite direttamente sui mercati finanziari, non potendo basarsi sul procedimento utilizzato per i solicited rating, i quali presuppongono uno scambio di informazioni dettagliate tra l’emittente e l’agenzia di rating.

24 Www.Standard&Poor’s”.com.

25 Zaninelli M. “Il processo di costruzione del country-rating:una breve

(26)

Tale metodologia operativa ha contribuito a qualificare questa tipologia di rating come mere opinioni generiche, ponendosi con ciò la problematica dell’affidabilità di dette analisi.

Standard & Poor’s sottolinea come il giudizio unsollicited sia diretto a certificare “la capacità e la volontà” di uno Stato di onorare i propri impegni alle scadenze stabilite, ossia tale giudizio è finalizzato alla valutazione del merito creditizio di uno Stato sovrano.

I criteri utilizzati da Standard&Poor’s sono analoghi a quelli impiegati dalle altre due agenzie.

I giudizi valutativi si fondano sull’esame del comportamento di uno Stato sovrano durante un determinato ciclo economico e politico pregresso e sulle possibili evoluzioni future.

Vengono presi in considerazione cinque fattori chiave: 1. l’efficacia istituzionale e i rischi politici

2. la struttura economica e le prospettive di crescita

3. la liquidità esterna e la posizione internazionale d’investimento 4. la performance e la flessibilità fiscale e l’onere del debito 5. la flessibilità monetaria

Ad ognuno di questi fattori viene assegnato un punteggio da 1 (posizione più forte) a 6 (posizione più debole).

(27)

A ciò si aggiunge che il fattore n.1 riguarda il punteggio politico, il n.2 quello economico, il n.3 il punteggio esterno, il n.4 quello fiscale, il n.5 il punteggio monetario.

Il punteggio politico e quello economico formano il profilo politico ed economico, il punteggio esterno, fiscale e monetario formano, invece, il profilo di flessibilità e performance26.

Il rating sovrano viene determinato in valuta estera o locale; nell’analisi del rating in valuta estera vengono valutati entrambi i profili sopracitati, mentre il rating in valuta locale viene determinato sulla base di quello in valuta estera aumentato da zero a due livelli (notche).

Può accadere che il rating sovrano in valuta locale sia più alto di quello in valuta estera, questo poiché uno Stato possiede la sovranità in materia di politica monetaria interna.

Nell’ipotesi in cui un’emittente sovrano appartenga ad un’unione monetaria, questo fenomeno ovviamente, non può verificarsi, poiché la politica monetaria viene affidata ad una Banca Centrale, come avviene nel caso degli Stati dell’Eurozona.

Il rating sovrano in valuta estera si determina tenendo conto dei fattori di aggiustamento straordinari, ossia della congiuntura macro-economica e si fonda su cinque fattori principali, che si riflettono sui punteggi relativi.

Questi fattori sono rappresentati da:

26 “I criteri per l’assegnazione dei rating ai Paesi sovrani” in www.Standard&Poor’s.it.

(28)

1. efficacia delle politiche governative e di gestione del rischio politico (punteggio politico)

2. struttura economica e prospettive di crescita (punteggio economico)

3. liquidità esterna e fabbisogno di finanziamento internazionale (punteggio esterno)

4. flessibilità fiscale, performance fiscali e onere del debito (punteggio fiscale) 5. flessibilità fiscale e monetaria del governo (punteggio monetario).

I punteggi vanno da una scala da 1 a 6, ossia dalla posizione forte a quella debole. I cinque punteggi vengono uniti a formare il profilo politico ed economico ed il profilo di flessibilità e performance.

Il profilo politico ed economico è dato dalla media del punteggio politico e di quello economico ed esprime la valutazione dell’agenzia in relazione “alla capacità di resistenza dell’economia di un Paese, alla solidità e alla stabilità delle istituzioni governative e all’efficacia delle sue politiche; il profilo di flessibilità e performance riflette, invece, il giudizio dell’agenzia in merito alla “sostenibilità dell’equilibrio fiscale e dell’onere del debito di un governo”, tenuto conto della “posizione esterna del Paese, nonché della flessibilità fiscale e monetaria del governo”.

Il valore del profilo è dato dalla media del punteggio esterno, di quello fiscale e di quello monetario.

Il profilo politico-economico ed il profilo di flessibilità e performance determinano un livello di rating indicativo.

(29)

Il rating in valuta estera può differire notevolmente (fino a due livelli) in relazione a caratteristiche straordinarie che possono influire in modo considerevole sull’affidabilità creditizia di uno Stato sovrano27. Standard&Poor’s prende in considerazione le seguenti caratteristiche straordinarie28:

liquidità esterna. Il rating in valuta estera, nel caso in cui la liquidità esterna dell’emittente sovrano fosse estremamente debole, sarebbe inferiore al rating indicativo.

L’agenzia, come termine di confronto, utilizza il benchmark per i livelli più deboli di liquidità esterna;

situazione fiscale. Il rating in valuta estera, nell’ipotesi in cui la situazione fiscale fosse estremamente debole, sarebbe inferiore rispetto al benchmark per i livelli più bassi;

posizione patrimoniale netta generale. Laddove la liquidità di uno Stato fosse eccezionalmente ampia rispetto a quella di altri emittenti sovrani collocati sulla medesima classe di rating, il rating in valuta estera sarebbe superiore del rating indicativo;

rischio politico e onere del debito. Il punteggio politico assume un peso rilevante anche nel caso in cui l’emittente sovrano abbia un patrimonio netto ampio. L’importanza assunta dal punteggio politico trova la sua ragion d’essere nel fatto che le agenzie valutano lo storico dei default degli Stati, da

27 Zaninelli M. “Il processo di costruzione del contry-rating: una breve

rassegna”,op.cit.,p.70-71.

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cui emerge che i rischi politici e di governance generano una politica economica inefficace in situazioni di crisi, il che, di fatto, si traduce nel default;

rischio di ricadenziamento. Il rating sovrano viene rideterminato tenendo conto dei piani di ristrutturazione del debito attuati dall’emittente statale; rischio di sicurezza. In caso di rischio di guerra imminente, il rating in valuta estera può divergere dal rating indicativo in relazione agli attesi effetti del conflitto sul merito creditizio dello Stato. In alcuni casi, tutto ciò si traduce in una correzione al ribasso del punteggio politico;

gravi catastrofi naturali. In caso di eventi naturali catastrofici, ma di rara evenienza, il rating sovrano può deviare dal livello di quello indicativo in considerazione della severità dei danni e dei loro effetti sui fondamentali economici dell’emittente sovrano. In generale, poi, si sottolinea che, quando uno Stato è costantemente soggetto a catastrofi naturali ovvero a condizioni climatico-metereologiche avverse, tali elementi influiscono sulle analisi dell’agenzia in merito alla situazione economica ed alla capacità di reazione dei governi.

Standard&Poor’s non considera come fattore di correzione straordinaria il finanziamento ottenuto da un Paese, ad opera di un altro emittente sovrano (FMI, ad esempio: il caso della Grecia appare paradigmatico), nel caso in cui non fosse più nella condizione di poter contrarre debiti.

(31)

La partecipazione ad un simile programma potrebbe, da un lato, comportare un arresto del trend ribassista del merito creditorio dell’emittente sovrano, oppure, in caso di inefficacia di un tale piano di finanziamento, incidere negativamente sull’affidabilità creditizia. Il rating sovrano in valuta locale viene determinato in rapporto al rating in valuta estera in base a tre criteri fondamentali:

politica monetaria indipendente. Laddove un’emittente sovrano abbia il potere di cambio sulla propria moneta e laddove abbia la capacità di gestire una politica monetaria indipendente, fissando tassi di interesse che prescindano dal valore esterno della valuta, tale emittente avrebbe maggiori possibilità di rimborsare il proprio debito in valuta locale rispetto al debito in valuta estera;

profondità dei mercati dei capitali in valuta locale. Uno Stato ha una maggiore capacità di gestire la propria politica monetaria se ha ampi mercati di capitali e mercati secondari connessi. Questa condizione rappresenta un incentivo ad onorare il proprio debito in valuta locale piuttosto che quello in valuta estera, poiché il debito in valuta locale può costituire una componente degli attivi di un fondo pensione locale, di banche o di altri soggetti del settore privato, che costituiscono elementi dell’economia locale;

flessibilità politica e fiscale. Se un’emittente sovrano non dispone di un sufficiente grado di flessibilità per onorare i propri debiti in valuta locale, per problematiche politiche o fiscali, tutto ciò influisce sul rating sovrano.

(32)

Generalmente, al debito sovrano in valuta locale viene attribuito da Standard&Poor’s un rating più elevato rispetto a quello attribuito al debito in valuta estera, poiché storicamente la percentuale dei default in valuta locale è sempre stata inferiore, secondo l’agenzia, rispetto a quella dei debiti in valuta estera. Ciò nonostante, ai rating sovrani in valuta locale non viene sempre attribuita una tripla A, poiché gli Stati dispongono del potere di coniare moneta e un tale potere, se da un lato, determina una grande flessibilità fiscale, dall’altro può provocare anche un rischio di iperinflazione. Una tale eventualità è in grado di causare danni politici ed economici talmente gravi da condurre l’emittente sovrano a scegliere la via del default sulle proprie obbligazioni in valuta locale29.

Standard&Poor’s individua, inoltre, altri fattori tali da incidere negativamente sui rating sovrani. Volendo esemplificare gli elementi che possono essere valutati dalle agenzie al momento della formulazione dei giudizi, si può citare il report Top

Geopolitical Risks For Sovereign Ratings in 2015, secondo il quale “i rischi

geopolitici stanno crescendo in diverse parti del mondo e rischiano di avere un impatto sui rating sovrani nel corso del 2015”. In particolare, il rischio della sicurezza viene ad assumere un ruolo importante nell’ambito della metodologia di formulazione delle valutazioni, in quanto viene considerato “un fattore che potrebbe esercitare una pressione al ribasso sui rating sovrani”. Per quel che riguarda l’Eurozona, nel report viene data rilevanza al “conflitto Russia-Ucraina, che potrebbe rivelarsi la crisi più sistemica al momento, con il potenziale di condizionare ulteriormente le economie”,

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anche in ragione del fatto che “non ci sono prove che possano mostrare le conseguenze potenziali che le sanzioni potrebbero avere su un Paese grande quanto la Russia, che soddisfa gran parte dei bisogni energetici dell’Europa”. Standard&Poor’s, inoltre, recentemente, ha individuato come ulteriore fattori di rischio di declassamento per gli Stati dell’Eurozona i recenti fenomeni migratori, che stanno coinvolgendo sempre più numerosi emittenti sovrani europei.30

CAPITOLO 2.

LA CRISI DEL DEBITO SOVRANO DELL’EUROZONA.

2.1. LA CRISI DEL DEBITO DEGLI STATI DELL’EUROZONA E L’ ATTIVITA’ DELLE AGENZIE DI RATING.

L’Unione Europea tra il 2009 ed il 2013 ha vissuto una profonda crisi economico-finanziaria, che ha avuto origine in Grecia per poi diffondersi nei Paesi periferici dell’Eurozona31.

Tale crisi ha minato la stabilità finanziaria dell’Unione europea, a causa del rischio di insolvenza di alcuni Stati membri.32

30 “S&P:rischi geopolitici, una minaccia per i rating sovrani nel 2015” in

www.wallstreetitalia.it

31 Pace L.F.,” La crisi del sistema euro: ex facto oritur ius, in Il debito

sovrano tra tutela del credito e salvaguardia della funzione dello Stato di Mauro

M.R. e Pernazza F. , Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2014, p.208-209. 32 Napolitano G., “La crisi del debito sovrano e il rafforzamento della

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La prima fase di tale drammatica congiuntura ha avuto inizio nel 2009, quando il neo-eletto governo greco comunicò la reale entità del deficit pubblico, pari al 13,7% del PIL e non al 3,7%, come, invece, venne in precedenza dichiarato alle varie istituzioni europee; la conseguenza di detta comunicazione fu il progressivo incremento del tasso di interesse dei titoli di stato ellenici, che raggiunsero il valore dell’8% nel 2010. L’inizio della crisi greca fu decretato dai downgrading effettuati dalle agenzie di rating: la prima agenzia ad iniziare il progressivo declassamento del merito creditizio ellenico fu Fitch, seguita da S&P’s e da Moody’s33 .

Si trattava della prima gravissima crisi del debito di uno Stato appartenente all’Eurozona, crisi che rischiava di estendersi ad altri Stati membri, a causa del fatto che, nell’eventualità di una ristrutturazione dei titoli di stato ellenici, numerosi istituti bancari (principalmente tedeschi e francesi) detentori di tali strumenti avrebbero subito ingenti perdite.

In un tale contesto, la problematica che si presentava era la seguente: lo Stato membro in difficoltà sarebbe dovuto intervenire a sostegno del sistema bancario, fornendo la liquidità necessaria al fine di evitarne il default, ma una tale eventualità avrebbe ingenerato un incremento del deficit/PIL dello Stato, il quale sarebbe stato costretto a

33 “ Fitch avvia la danza abbassando il rating ellenico di un gradino, da A ad A-, il 22 ottobre 2009 e lo declassa ancora di un altro, a BBB+, l’ 8 dicembre; pochi giorni dopo, il 15 dicembre, S&P’s declassa direttamente di due gradini, da A a BBB+; Moody’s, per ultima abbassa di uno, da A1 ad A2, il 22 dicembre. Inoltre tutte e tre le agenzie pongono la Grecia sotto outlook negativo. Il 24 febbraio 2010 Fitch effettua un netto declassamento del rating delle quattro principali banche elleniche e, il 9 aprile, taglia il rating sovrano di due gradini, a

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dichiarare il proprio default ovvero a chiedere un salvataggio alle istituzioni europee competenti.

L’ UE affrontò la crisi greca con un piano di intervento, che prevedeva accordi bilaterali di finanziamento da parte degli Stati membri con il coordinamento della Commissione Europea e del Fondo Monetario Internazionale.

L’Unione Europea si è trovata a dover affrontare una situazione di emergenza, non avendo a disposizione alcun meccanismo giuridico-economico, che prevedesse e consentisse di poter fronteggiare la gestione della prima gravissima crisi del merito creditizio degli Stati sovrani dell’Euro-zona, crisi che era stata generata dall’insostenibilità del debito pubblico di uno Stato membro e che era potenzialmente in grado di coinvolgere, non soltanto altri Stati membri, ma anche la tenuta della stessa moneta unica.34

La crisi della zona euro può essere ricondotta a quattro fattori distinti, ma correlati fra loro: politiche pubbliche, profondamente diverse tra loro, sia in ambito fiscale che sociale, spesso condotte dagli Stati membri, superando il limite di un’ effettiva sostenibilità finanziaria; mancato funzionamento dei meccanismi economico-giuridici a tutela della moneta unica, conseguenza, peraltro, del progressivo allentamento dei vincoli posti dal Patto di stabilità; assenza di coordinamento, a livello centrale, delle politiche in tema di finanza pubblica; tardiva riforma della vigilanza europea, che, se

34 Napolitano G. , La crisi del debito sovrano e il rafforzamento della

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attuata, avrebbe potuto meglio monitorare le finanze pubbliche degli Stati membri sovrani, assicurando, con ciò, la tenuta della stabilità finanziaria della zona euro35. L’UE, in un primo momento, mise in atto interventi di emergenza, attraverso due tipologie di accordi: il Loan Facility Agreement e l’Intercreditor Agreement.

Nel primo accordo, stipulato tra la Grecia e gli altri Stati membri, venivano definiti i doveri e i diritti reciproci, nell’ambito di un programma triennale coordinato con la Commissione europea; nel secondo accordo, invece, stipulato tra gli Stati membri, ad esclusione della Grecia, venivano stabiliti i diritti ed i doveri reciproci per quel che riguardava l’operatività del programma di aiuti.

Questa tipologia di interventi intergovernativi non erano previsti dai Trattati e, pertanto, non erano posti in essere nell’ambito delle procedure comunitarie, ma erano soggetti all’approvazione da parte dei singoli Stati membri, in base alle rispettive legislazioni nazionali36. Dopo questa prima, insufficiente, fase di interventi di carattere temporaneo, si è avuto il passaggio all’istituzionalizzazione dei meccanismi di sostegno finanziari tramite la costituzione, nel maggio del 2010, dapprima, dell’EFSM (Europan Financial Stability Mechanism) e dell’EFSF (European Financial Stability Facility), contestualmente, la BCE attuava il programma SMP (Security Market Program), che consisteva nell’acquisto sul mercato secondario dei titoli di stato dei Paesi dell’Eurozona in difficoltà.

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Il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria, istituito con il regolamento n.407/201037, prevedeva una procedura complessa, che si attuava con la richiesta dello Stato membro in difficoltà e si concludeva con la decisione del Consiglio a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione Europea.

Questo meccanismo di sostegno finanziario istituzionalizzato aveva natura intergovernativa e non poteva attivarsi d’ ufficio, per il rispetto del principio di sovranità38. Attraverso l’ EFSF39 sono state attuate le misure di sostegno all’Irlanda ed al Portogallo ed è stata fornita la seconda fase di aiuti alla Grecia.

Il Fondo europeo di stabilità si finanzia tramite l’emissione di obbligazioni garantite dagli Stati membri, pertanto, un eventuale abbassamento del rating del merito creditizio di uno o più Stati membri incide direttamente sulla capacità del Fondo di reperire nuovi capitali, poiché un’ eventuale downgrading del debito sovrano determina la perdita di valore delle garanzie offerte dagli Stati sovrani40.

La seconda fase della crisi ebbe inizio a seguito dell’accordo di Deauville, stipulato nell’ottobre del 2010 e promosso da Francia e Germania41.

Tale accordo sanciva una sorta di compromesso tra due posizione diametralmente opposte: da un lato ,la Germania, che optava per sanzioni automatiche in caso di

37 Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio dell’11 maggio 2010 che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria www.eur-lex.europa.eu.

38 Op.cit., p. 392.

39 L’EFSF venne costituito in forma di s.r.l. di diritto lussemburghese con un unico socio, il Granducato del Lussemburgo, il 7 giugno del 2010.

40 Ibidem, p.395.

41 Pace L.F., La crisi del sistema euro:ex facto oritur ius in Il debito sovrano

tra tutela del credito e salvaguardia della funzione dello Stato a cura di Mauro

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violazione del Patto di stabilità e crescita42, dall’altro lato la Francia, che, invece, optava per una procedura decisionale e non automatica in seno agli Stati membri. L’ accordo di Deauville sanciva che, nel caso in cui uno Stato dell’Eurozona si fosse trovato nella necessità di ricorrere ad un salvataggio esterno (bail-out), ci sarebbe stato un haircut del valore nominale dei titoli di Stato, ovverosia, una ristrutturazione del debito pubblico.

Il mercato reagì con una vendita in massa dei titoli degli Stati dell’Eurozona in difficoltà, che determinò un forte rialzo dei tassi di interesse dei titoli di debito degli Stati in crisi.

L’accordo di Deauville incise negativamente sulla già delicata situazione finanziaria irlandese, in quanto si assistette a massicce vendite dei titoli irlandesi, il cui tasso di interesse aumentò fino a raggiungere la soglia del 7,25%.

L’Irlanda, dopo un iniziale rifiuto di dichiarare il bail-out, solo nel novembre 2010 chiese formalmente il salvataggio alla Ue ed al FMI. Contestualmente si apriva la crisi del Portogallo, il quale si trovava ad avere una bassa crescita del PIL, un disavanzo della bilancia commerciale del 7%, un rapporto deficit/PIL pari all’ 8,6%43. In una tale congiuntura, le agenzie di rating effettuarono il downgrade dei titoli di portoghesi e, pertanto il Portogallo chiese ufficialmente il salvataggio alla UE e al FMI.44

42 Il Patto prevedeva, come requisiti fondamentali del sistema-euro, il non superamento della soglia del 3% del rapporto deficit/PIL e del 60% del rapporto

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La terza fase della crisi del debito sovrano riguardò l’ Italia e la Spagna e si suddivise in due sotto fasi distinte caratterizzate dagli interventi della BCE, mediante l’ attuazione del programma SMP e del programma OMT45.

La discussione, a livello centrale, riguardo all’opportunità o meno di una ristrutturazione del debito ellenico, fu una delle cause che dette origine alla terza fase della crisi, poiché la reazione dei mercati ad una tale eventualità fu quella di una vendita in massa dei titoli di stato spagnoli ed italiani, i cui tassi di interesse superarono il limite del 5% per l’ Italia e oltre il 6% per la Spagna.

La situazione dell’Italia divergeva da quella spagnola, in quanto le difficoltà del nostro Paese consistevano in un deficit pubblico elevato, crescita economica limitata, mentre la Spagna aveva patito una bolla speculativa immobiliare che aveva causato un accrescimento del debito privato ed un alto livello di disoccupazione46.

La BCE intervenne tramite un programma di acquisto di titoli di Stato italiani e spagnoli (SMP), con la precipua finalità di ridurre i rispettivi tassi di interesse.

Tale intervento era condizionato al fatto che sia l’Italia che la Spagna attuassero riforme economico- strutturali.

A livello europeo venne inasprita la disciplina del PSC attraverso il Six pack, un pacchetto normativo che introduceva un meccanismo sanzionatorio quasi automatico nei confronti degli Stati dell’Eurozona che avessero violato il PSC47.

45 Pace L.F., La crisi del sistema euro: ex facto oritor ius, in Il debito

sovrano tra tutela del credito e salvaguardia della funzione dello Stato a cura di

Mauro M.R. e Pernazza, cit., p.235-238. 46 Ivi,p. 239.

47 Capriglione F., Semeraro G., Crisi finanziaria e dei debiti sovrani, Utet giuridica,Torino, 2012,p. 123-127.

(40)

Il sistema bancario europeo si trovava in una difficile congiuntura, che venne fronteggiata dalla BCE con il programma di politica monetaria non standard Long Term Refinancing Operation (LTRO), il quale prevedeva che la BCE fornisse liquidità alle banche senza limiti di quantità e ad un tasso di interesse pari all’1% e che le banche acquistassero i titoli di stato degli Stati periferici in difficoltà (Italia e Spagna), i quali titoli andavano a costituire, poi, i collateral forniti dalle banche alla BCE.

Il programma LTRO venne attivato due volte, nel contempo gli stati dell’eurozona istituivano, mediante apposito trattato, un fondo salva-Stati permanente denominato MES (Meccanismo Europeo di Stabilità)48.

Il MES, attuato con trattato nel 2012, costituisce l’istituzionalizzazione delle misure temporanee e straordinarie adottate fino a quel momento.

Si tratta di un organismo che presenta numerose peculiarità: ha la natura giuridica di ente di diritto pubblico internazionale e non è soggetto ai controlli delle istituzioni UE, ha una struttura intergovernativa che si riflette nella composizione del suo organo di vertice, denominato Consiglio dei Governatori, di cui fanno parte i ministri delle finanze degli Stati membri dell’eurozona.

Il Consiglio esercita il potere deliberativo in tema di sostegno finanziario agli Stati membri richiedenti, ma non soggiace alla disciplina europea in tema di trasparenza e di controllo in sede giurisdizionale, infatti, in ipotesi di contrasto tra uno Stato membro dell’eurozona ed il MES, è il Consiglio dei governatori a dirimere la

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controversia ed in caso di contestazioni da parte dello Stato membro, la causa è portata innanzi alla Corte di Giustizia europea.

Pur operando il MES, senza obbligo di relazionare al Parlamento Europeo, è tuttavia tenuto ad agire nel rispetto, sia del quadro di sorveglianza dell’Unione Europea sia delle procedure UE.

Infatti, la Commissione ha il compito di disciplinare la procedura con regolamento ed unitamente al Consiglio ha l’obbligo di relazionare al Parlamento europeo per quel che riguarda l’attività del MES.

Il Meccanismo europeo di stabilità è nettamente divergente rispetto al Fesf, in quanto ottiene i finanziamenti direttamente dagli Stati e, quindi, non attraverso garanzie, le quali possono risentire maggiormente delle variazioni delle valutazioni effettuate dalle agenzie di rating sul merito creditizio degli Stati sovrani.

Al fine di vedersi attribuiti i ratings più elevati da parte delle agenzie, il MES è stato dotato di un capitale sottoscritto pari a settecento miliardi di euro.49

Nonostante le misure straordinarie prese dalla BCE, la situazione finanziaria europea, in particolare di Italia e Spagna, non migliorò, i titoli di stato decennali italiani, infatti, raggiunsero la soglia del 5,99% e quelli spagnoli quella del 6,79%, pertanto la BCE presentò l’ OMT (Outright Monetary Transaction), un nuovo programma di acquisto dei titoli di stato dei Paesi dell’Eurozona sul mercato secondario senza limiti di quantità. Tale programma introduceva il principio di condizionalità, in base al quale l’intervento della BCE era subordinato alla decisione vincolante degli Stati membri.

49 Napolitano G.”La crisi del debito sovrano e il rafforzamento della

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Il programma OMT non fu mai attuato.

La quarta fase della crisi ebbe inizio nel febbraio del 2012 e fu conseguenza degli effetti negativi che la ristrutturazione del debito ellenico ebbe effetti sul sistema bancario di Cipro. Gli istituti ciprioti avevano investito nei titoli di stato ellenici anche successivamente agli accordi di Deauville del 2010, ed erano entrati in crisi di liquidità per le perdite accumulate.

La crisi cipriota presentava delle particolarità per le modalità con cui fu affrontata e risolta dalle istituzioni europee.

Cipro aveva un sistema bancario che rappresentava l’ 800% del PIL e nel quale erano investiti principalmente capitali russi.

UE, FMI e BCE erano concordi nel prevedere un salvataggio sotto forma di bail-in, nel rispetto della normativa europea sull’Unione bancaria, che si fondava anche sul principio del private sector involvment.

Venne emanato un pacchetto normativo, integrativo del Six pack, denominato Two pack, un sistema di norme costituito da due regolamenti, attraverso i quali veniva stabilito il controllo da parte della Commissione Ue sulle leggi di bilancio degli Stati membri.

2.2. GLI EFFETTI DELLA CRISI DEL DEBITO SOVRANO SULLA TUTELA DEI DIRITTI UMANI: IL QUADRO GIURIDICO INTERNAZIONALE.

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Dal “Rapporto sugli effetti del debito sovrano sul pieno godimento di tutti i diritti umani”50, redatto dalle Nazioni Unite, si evince che la ristrutturazione del debito sovrano può incidere notevolmente ed in senso peggiorativo sulla tutela dei diritti umani.

In particolare, viene evidenziata la necessità di operare un bilanciamento tra gli oneri che derivano allo Stato nella sua qualità di debitore, con gli oneri originati dal rispetto delle norme internazionali in tema di diritti umani51, in conformità ai principi guida delineati dalle Nazioni Unite.

La gestione della crisi del debito sovrano deve comportare inevitabilmente l’esigenza di un contemperamento tra la tutela dei creditori e la tutela dei diritti umani.52 Questa primaria necessità di salvaguardia e protezione dei diritti umani fondamentali si è avvertita, a livello internazionale, soltanto di recente, con la Convenzione Drago-Potter del 1907, in cui veniva vietato, per la prima volta, l’uso della forza bellica per recuperare i debiti contratti da uno Stato.

Da questo momento in poi si assistette ad un’evoluzione della modalità di gestione delle crisi dei debiti sovrani, che ha trovato il suo apice con la Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948, in cui gli interessi di natura civile ed economica

50 Somma A. “ Scontro tra capitalismi, crisi del debito e diritti

fondamentali” in Il debito sovrano tra tutela del credito e salvaguardia della funzione dello Stato a cura di Mauro M.R. e Pernazza F.,cit., p.161.

51 Ibidem.

52 Mauro M. R. “ Debito sovrano esteto, tutela dei diritti umani e

salvaguardia degli interessi essenziali dello Stato debitore” in “ Il debito sovrano tra tutela del credito e salvaguardia della funzione dello Stato” a cura di Mauro

(44)

degli individui assurgono, per la prima volta, al rango di diritti universalmente riconosciuti e che lo Stato ha il dovere di tutelare in ogni circostanza.53

E’ molto controversa e dibattuta, in dottrina, la possibilità che uno Stato abbia il diritto di ottenere la sospensione dei pagamenti del proprio debito estero in presenza di determinate circostanze esimenti, quali lo stato di necessità, ovvero l’interesse pubblico generale.

Tali criteri sono di difficile applicazione, in quanto, secondo la giurisprudenza internazionale54, lo stato di necessità può essere invocato unicamente nel caso in cui il livello di indebitamento sia tale da compromettere l’esistenza dello Stato stesso. Inoltre, in relazione al concetto di stato di necessità, invocabile da uno Stato sovrano al fine di chiedere ed ottenere una sospensione dei pagamenti dei debiti, si evidenziano due problematiche interpretative legate all’applicazione dell’art. 25 comma I del “Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati per atti illeciti internazionali” della Commissione di diritto internazionale55, in base al quale “ lo

Stato non può invocare lo stato di necessità come causa di esclusione dell’illiceità di un atto non conforme ad uno dei suoi obblighi internazionali se non quando tale atto: a) costituisca per lo Stato l’ unico mezzo per proteggere un interesse essenziale contro un pericolo grave ed imminente; e b) non leda gravemente un interesse essenziale

53 Op. cit. .

54 Ibidem,p.188. Cfr. per un approfondimento si veda la sentenza, citata dall’autrice, della Corte permanente di arbitrato dell’11 novembre 1992 , in L’

Affaire de l’ indemnitè russe, in Reports of International Arbitral Awards, XI,

(45)

dello Stato o degli Stati nei confronti dei quali l’ obbligo sussiste, oppure della comunità internazionale nel suo complesso; comma II “ In ogni caso, lo stato di necessità non può essere invocato da uno Stato come motivo di esclusione dell’illiceità se: a) l’ obbligo internazionale in questione esclude la possibilità di invocare lo stato di necessità; o b) lo Stato ha contribuito al verificarsi della situazione di necessità.

La prima problematica interpretativa riguarda la difficoltà che uno Stato debitore può incontrare nel dimostrare che il proprio comportamento non ha concorso a creare la situazione di necessità; la seconda concerne la difficoltà che uno Stato può avere nel provare il fatto che la sospensione dei pagamenti è l’unico mezzo per salvaguardare la tutela degli interessi essenziali nazionali.

La gestione della crisi dei debiti sovrani è stata aggravata dal fatto che, sia a livello europeo, che a livello internazionale, non sono stati previsti meccanismi vincolanti di ristrutturazione del debito pubblico, né organismi che siano dotati di una specifica competenza in materia.56

Limitandosi all’ambito europeo, è recente la proposta della Commissione per l’istituzione di un meccanismo permanente e specifico per la risoluzione delle crisi debitorie degli Stati sovrani (European Crisis Resolution Mechanism) da istituirsi mediante trattato ovvero direttiva.

Questo meccanismo potrebbe operare attraverso tre organismi: il MES, con la finalità di supportare finanziariamente lo Stato in crisi; la BCE o la Commissione Europea, in

56 Op.cit.

(46)

veste di organismo economico supervisore della sostenibilità o meno del debito; la Corte di Giustizia UE, in qualità di organismo giudiziario competente a conoscere delle controversie in materia.57

Tale proposta, ad oggi, non ha avuto seguito.

Sul piano del diritto internazionale, poi, si sta assistendo all’emergere dell’ulteriore esigenza di un diverso approccio nella modalità di gestione stessa della crisi.

Seppur rimanendo dell’ambito dell’adozione di principi non vincolanti58, basati sul concetto responsabilità condivisa tra Stato creditore e Stato debitore nella gestione sostenibile dei debiti sovrani l’UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development), a seguito della crisi finanziaria del 2008-2009, ha adottato una serie di regole in tema di finanziamento sovrano responsabile. L’elemento più significativo che emerge da questa iniziativa è l’ adozione del principio della condivisione del debito, in base al quale, viene stabilito che qualora un Stato non sia più in grado di onorare i propri debiti, tutti i creditori sia privati che pubblici hanno il dovere di agire secondo il principio di buona fede, con la finalità di giungere ad una nuova negoziazione del debito in modo equo.

2.3. LE MISURE DI AUSTERITA’ ED I DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA.

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