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La crisi che si ripropone periodicamente: la militanza per combatterla

CENTRI TERRITORIALI PERMANENTI NELL’AREA URBANA DI ROMA

3.1 La storia di Asinitas 62 1 La nascita e lo sviluppo.

3.1.4 La crisi che si ripropone periodicamente: la militanza per combatterla

Carolina Purificati, presidente di Asinitas da due anni, a proposito di sostenibilità del lavoro dell’associazione afferma:

“è difficile che su bandi regionali o comunali si riesca ad avere questo tipo di continuità (il riferimento è alla continuità con cui finora la tavola valdese ha sostenuto la scuola) e diciamo che l'obbiettivo che noi ci siamo posti fina da sempre è stato quello di dire a prescindere dai finanziamenti che arrivano le scuole (quella delle donne e quella dei richiedenti asilo e rifugiati) stanno aperte da ottobre a giungo magari un operatore per tre mesi non riceve lo stipendio perché in quei tre mesi non c'è un sostegno delle attività però la scuola non si chiude quando si chiude il progetto, perché le persone non sono progetti e quindi quando il progetto finisce le persone non le puoi mandare a casa da un momento all'altro. Questa è stata proprio una scelta politica di fondo che abbiamo fatto come associazione.”

Quella che il presidente di Asinitas definisce scelta politica è ciò che consente all’associazione di portare avanti il processo di (re)esistenza avviato, decidere di garantire continuità alle proprie attività, facendosi carico dei rischi della precarietà che è sempre dietro l’angolo, denota una presa di posizione forte e determinata: fare il possibile per offrire un contesto stabile a chi con l’instabilità deve già fare i conti ogni giorno.

A quel punto dell’intervista, dentro di me rifletto sul fatto che un progetto non è un servizio e ha un inizio e una fine, quello di Asinitas si presenta ormai come un percorso che non si chiude all'interno di un anno ma si sono compiuti dei passi che hanno costruito un sentiero lungo un decennio, dove il punto di arrivo è sempre un nuovo punto di partenza, e mi viene allora da chiedere:

“ci sono stati dei momenti in cui si è pensato che l’anno successivo le attività della scuola non potevano ricominciare perché magari non erano solo tre i mesi in cui i non si riceveva lo stipendio?”

Riporto la risposta:

“diciamo che la crisi è annuale se non semestrale, ogni sei mesi si fanno i conti su quanto come e se si riesce... non c'è mai un periodo in cui ti senti totalmente tranquillo.

Diciamo che verso 2009/2010 riguardo al tema delle scuole di italiano per stranieri e a livello anche più generale di finanziamenti che arrivavano dal pubblico c’è stato un momento molto

91 positivo di “vacche grasse” in cui arrivavano i soldi, quindi siamo stati un po’ meglio di così. Però il discorso di sostenibilità di quello che facciamo si pone in tempi molto brevi ogni volta, il che crea dei problemi su gli operatori coinvolti, che fanno difficoltà ad avere qualsiasi tipo di prospettiva più a lungo termine e, sugli inserimenti di nuove persone. Spesso mentre lavori consoci persone interessanti e valide che si avvicinano a quello che tu fai, vorresti che fossero dentro lo staff e non semplicemente satellitari allo staff ma non ti riesce, e questo ovviamente crea spesso dei gruppi che si auto-deteriorano al loro interno, perché questo è anche un lavoro molto faticoso dal punti di vista umano, quindi c'è bisogno di un ricambio, di energie nuove, di persone che hanno sguardi magari più freschi. Quindi il percolo è quello, cioè che assicurare la sostenibilità a questi tipi di lavoro significa uccidere la qualità. Forse è un delirio mio, ma in questo momento io mi sto molto interrogando su questo... cioè su quanto sia possibile.. perché poi quando vedi le grandi associazioni che lavorano in maniera strutturata e da tanti anni e cha hanno una sostenibilità molto consolidata vedi però anche delle cose mostruose, come i servizi che vanno avanti per inerzia, cose che non hanno più vita che puzzano di morto (..).

( ...) quindi il pericolo è sempre quello, come dire da una parte questa precarietà è anche quello che garantisce un eterno non accontentarsi un eterna ricerca di qualità e di sperimentazione in quello che fai, , dall'altro è come se quando ti assicuri uno status quo per quanto da squattrinato...però...no... (…)

quindi questo è un po’ il problema che si pone su questa sostenibilità che è sempre molto in bilico (...)

La questione che emerge qui è molto delicata e fa nascere delle domande destinate probabilmente a restare aperte, tra le quali ad esempio una dal tono un po’ provocatorio: questa precarietà che evita l’appiattimento, può fungere da anticorpo alla cosiddetta “malattia del welfare”?

L’argomento è a dir poco delicato e per trattarlo occorrerebbe un lavoro a parte. Ma ci invita certamente ad un spunto di riflessione sulle dinamiche organizzative del welfare odierno.

Di sicuro il lavoro svolto da Asinitas rappresenta un esempio concreto di resilienza. Del resto si tratta di una delle poche ma efficaci arme nelle mani degli operatori, pionieri di cambiamento. Le domande da porsi sono davvero tante, quelli che affiorano sono nodi difficili da sciogliere che riguardano le politiche sociali e nello specifico quelle migratorie.

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Uno dei quesiti che più mi sorge spontaneo riguarda la mancata interrelazione con i servizi educativi, perché affidare esclusivamente alle politiche sociali questioni che, per loro natura di fatto, si intrecciano a tematiche come quelle dell’educazione e dell’intercultura? Un dialogo che renderebbe espliciti dei vasi comunicanti nascosti dalla polvere prodotta dalla macchina burocratica, potrebbe portare ad un’ottimizzazione delle risorse e delle energie di cui si lamenta a livello pubblico, e non solo, sempre di più la scarsità.