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Incrociare nuovi saperi e intrecciare le arti: l’educ-attore, laboratorio con Alessio Bergamo.

CENTRI TERRITORIALI PERMANENTI NELL’AREA URBANA DI ROMA

3.7 Logiche meticce (Amselle): mescolare formatori, nuovi operatori e volontari, una contaminazione dei partecipanti che riguarda tutti coloro che si avvicinano e che vengono

3.7.2 Incrociare nuovi saperi e intrecciare le arti: l’educ-attore, laboratorio con Alessio Bergamo.

Il training con Alessio Bergamo, esperto di teatro russo, regista teatrale, pianista e pedagogo, è stata una proposta nuova. Un altro esempio di andare verso lasciandosi contaminare da saperi, ridefinendo gli incontri.

Cosa c’entra il “mestiere” dell’attore con quello dell’educatore sociale?

Entrambi hanno a che fare con un pubblico e probabilmente, mettere in comune alcuni aspetti della loro formazione li aiuterebbe per prepararsi prima di andare in scena, ma soprattutto per ri-educarsi ad ascoltarsi e ad ascoltare.

Il laboratorio teatrale, iniziato a novembre e terminato a gennaio, è stata un’esperienza innovativa, inaspettata, stimolante.

Ad una realtà come quella di Asinitas che fonda la propria idea di educazione sulla centralità del corpo, per un’acquisizione consapevole della propria presenza, è venuto abbastanza naturale avvicinarsi a questo innesto di saperi che ha visto un mescolarsi di arti.

Al primo incontro c’era sicuramente molto imbarazzo, che però non ha messo impiegato molto ad andar via, grazie alla guida esperta di Alessio e alla sintonia si creava in un contesto arredato dalla cura all’attenzione.

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Laboratorio formativo SIF-MCE. Leggere la città come fosse una Lingua. esplorare una Lingua come fosse una città. offerta formativa è dedicata a insegnanti volontari italiano L2 delle associazioni e cooperative sociali della Rete Scuolemigranti; week end di formazione a cura di Anna Zumbo, sperimentazione metodo di alfabetizzazione di Paulo Freire, “Alfabetizzare non è insegnare a ripetere parole ma a dire la propria parola”;

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Infinite le scoperte, le analogie ... ri-scoprire che nell’approccio verso se stessi e verso le relazioni umane si cela la bellezza di un’umanità nascosta dai ritmi frenetici di una società che ci ha diseducati all’ascolto e alla presenza.

Incredibili quante cose abbiano in comune le arti dell’educatore e dell’attore, che vedono alla base il rapportarsi con l’altro. Sembra così ovvio a pensarci un attimo, eppure di primo acchito li si potrebbe considerare ambienti non comunicanti.

Si parte dallo sguardo, che permette di instaurare una prima sintonia, poi c’è il tatto, l’olfatto … tutti insieme arrivano al pensiero, è sorprendente scoprire il potere inutilizzato dei sensi.

Si tratta sempre di linguaggi e teatro, così come a scuola (e nella vita) è fondamentale mettersi in contatto con se stessi, per poi potersi sintonizzare con gli altri. Non si può comunicare senza prima ascoltare, e una relazione che non tenga conto della persona nella sua totalità è falsata da percezioni ovattate.

Quando mi trovo di fronte a persone con cui non ho una lingua in comune ed il muro dell’incomunicabilità sembra impossibile da abbattere, cambiare la postura dell’ascolto, attivare altri canali d’espressione, rimettere al centro la corporeità, valorizzare il silenzio in quanto parlante emozionale, mi permette di entrare in quella sintonia intima che precede la parola.

Riporto di seguito degli “estratti” dal diario di bordo collettivo, che ci era stato richiesto dal nostro formatore, all’inizio del laboratorio.

Dal diario di Francesco:

“ Il dire “buongiorno” ha scardinato la nostra condizione di “amebe” non comunicanti pur nello stesso ambiente. Dire buongiorno è stato il passo che ci ha condotto nella dimensione umana e un po’ utopica di dire buongiorno a chiunque incontriamo. L’importanza dell’esercizio sta proprio nella scarsità di questo saluto nella quotidianità.”

“Anche le mani. Dopo gli occhi è la seconda cosa che mi piace guardare in una persona. Anche qui però, abbreviare quella “distanza” oculare con il tatto è stato toccante. Con il tatto ciò che è fuori dalla vista diventa un dentro toccandolo. Nelle mani qualcuno vi legge il futuro, io c’ho sempre visto la storia, il passato di qualcuno.”

Dal diario di Antoine:

“ Alessio ha fatto un intervento sul sentire che la relazione si crea attraverso il gesto in quel saluto.

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fatto molto pensare al mio arrivo la mattina a scuola, quando saluto gli studenti, questa settimana l’ ho già fatto differentemente, con una grande attenzione.”

Quella che segue è la descrizione di uno degli esercizi svolti, che riporto in quanto mi sembra racchiuda al suo interno dinamiche rappresentative del modo che abbiamo di relazionarci e delle barriere che anche inconsciamente innalziamo davanti all’incontro.

UN FILO CON LO SGUARDO

A: girate per la stanza e cercate un partner stabilendo una complicità con lo sguardo, quando batto le mani andate verso di lui, trovatevi.

Anche questa volta qualcuno resta solo o ci si sceglie semplicemente tra esclusi Alessio fa ripetere l’esercizio: scegliete!

A: guardatevi negli occhi, trovate una distanza “comoda” tra di voi, muovetevi nello spazio, fate ciò che volete, ma non perdendo mai l’ancoraggio all’altro attraverso lo sguardo

C’è molto imbarazzo, ammiccamenti, faccette, si fanno cose, danzette

A: non ci siamo, non “commentate”, non pensate, non fissatevi su qualcosa da dire all’altro, su un comportamento, sentire il vuoto può essere difficile, ma accettate il vuoto, prendete tempo, aspettate e qualcosa succede se non succede niente va bene lo stesso

Gradualmente cresce l’intesa nelle coppie e anche il desidero di sperimentarsi muovendosi nello spazio, Alessio insiste:

A: il rischio è quello di entrare in se stessi e “giocare un gioco”, un ruolo, invece no, mantenete l’attenzione sull’altro, SE NON FATE NIENTE STATE FACENDO QUALCOSA, non dovete per forza “dire” qualcosa all’altro

A: pensate di sentire in bocca il sapore o di prosecco, o di caffè o di spremuta, quando batto le mani ordinate! L’esercizio dura a lungo, cresce il silenzio, la concentrazione, l’intesa nelle coppie che sembrano entrare sempre di più in una dimensione di reciproco ascolto. Rifletto sull’importanza di “svuotare se stessi”, svuotare la relazione da “copioni” per poter entrare veramente in una dimensione di ascolto, che parte dall’attenzione all’altro, per ritornare a se stessi.

Tra gli insegnamenti che mi porto dietro da quest’esperienza vi è la possibilità di entrare in contatto con il gruppo, senza dire parole (queste traduzioni di pensiero che spesso corrono il rischio di distaccarci dalla totalità in cui siamo immersi e di cui facciamo naturalmente parte).

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Aspettare il momento giusto per dire la propria parola, assicurandosi di non invadere lo spazio degli altri o di sovrapporsi con la propria voce la loro intenzione di entrare in scena.

Volendo provare a racchiudere in alcuni concetti e parole chiave il vissuto di questo training si potrebbe dire: sguardo complice, condursi a vicenda dotandosi di responsabilità nel condurre e di fiducia nel farsi condurre, ritrovarsi, creare e ascoltare la sinergia del cerchio (il che mi rimanda con il pensiero al rito del cerchio mattutino ad Asinitas), condividere un’immagine, saper prendere la giusta distanza, seguire un filo con un unico sguardo collettivo, correre nel buio, incontrarsi con un ricordo, disegnare mappe sul proprio territorio, fare passi verso il buio, trovare il proprio equilibrio, disegnare traiettorie per vincere il disorientamento.