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La corrente personalista nacque come tendenza antiborghese (la società personalista, basata su saldi valori spirituali, doveva sostituire il “disordine stabilito borghese” basato su valori materiali)137

, antiindivualista (la persona poteva pienamente affermarsi solo se varcava i limiti dell’io, comunicava con l’altro, e si assumeva la responsabilità del prossimo)138ed anticapitalista (credeva che la ricchezza fosse il primo ostacolo alla liberazione dell’uomo)139

. In questo senso si accordava pienamente alle aspirazioni del CWM, ‒ il quale predicava il distacco dai beni materiali superflui, e predicava una vita interamente dedicata al bene del prossimo, in totale discordanza con i valori individualistici e borghesi del capitalismo occidentale ‒ e ai suoi obiettivi: infatti tra le finalità del CWM c’era quella di sostituire il sistema, l’ordine, la mentalità ed i valori borghesi e capitalistici con quelli d’ispirazione cristiana e personalista140: “To be radically right is to go to the roots by fostering a society based on creed, systematic unselfishness and gentle personalism. To foster a society based on creed instead of greed, on systematic unselfishness, on gentle personalism instead of rugged individualism, is to create a new society within the shell of the old”141

. Per contrastare il capitalismo e le ingiustizie che comportava, il movimento proponeva un comunitarismo personalista nel quale le persone potessero agire in prima persona per il bene comune142 ‒ rispettando la dignità di ogni essere umano ‒, ed una società funzionale143

nella quale

137

Rigobello, Il Personalismo, p. 23; Giorgio Campanini, La rivoluzione cristiana. Il pensiero

politico di Emmanuel Mounier, Brescia, Morcelliana, 1968, p. 35-36.

138

Ada Lamacchia, Il personalismo/Emmanuel Mounier, Milano, Garzanti, 1952, p. 34.

139

Rigobello, Il Personalismo, p. 23.

140

Sull’influenza personalista vedi Zwick, The Catholic Worker Movement. Intellectual and

Spiritual Origins, pp. 97-115.

141 Maurin, “A New Society.”

142Il “bene comune” di S. Tommaso d’Aquino secondo cui “the common good is the end of each individual member of a community just as the good of the whole is the life of each part”, Geoffrey B. Gneuhs, “The Common Good,” The Catholic Worker, vol. 48, n. 2, marzo 1982, p. 4.

143 “Peter Maurin wished to create a new society, what he called a functional society rather than an acquisitive society. He stated ‘A functional society is a society in which each member strives

39 ogni membro potesse essere un go-giver, impegnato a mettere da parte le velleità individuali ed egoistiche a favore del prossimo e del common good, piuttosto che un go- getter, tutto concentrato ad auto affermarsi, anche sacrificando il prossimo pur di raggiungere il benessere economico individuale: “I want a change, a radical change. I want a change from an acquisitive society to a functional society, from a society of go- getters to a society of go-givers”144.

Il rifiuto sia da parte del CWM sia da parte del personalismo francese delle strutture capitalistiche e dei suoi valori, si traduceva in un rifiuto dell’apparato statale vigente da abbandonare per far posto al nuovo ordine. Il Catholic Worker Movement si caratterizzava, quindi, come movimento di ispirazione cristiana, radicale e anarchica allo stesso tempo145. “The fundamental aim of most radical sheets is the conversion of its readers to radicalism and atheism. Is it not possible to be radical and not atheist?” affermava Day sul Catholic Worker146. Il CWM era radicale perché voleva scuotere dalle radici i mali della società: “That is why we must be Catholic Radicals, we must get down to the roots. That is what radicalism is – the word means getting down to the roots”147 ‒ i mali in questione erano la nascita dell’industria meccanizzata, la mancanza di una filosofia del lavoro, la separazione tra spirituale e materiale148 ‒, perciò chiedeva l’abbattimento di una classe distinta di datori di lavoro e faceva appello a una proprietà to foster the common good, a society of go-givers instead of go-getters, a society of idealists rather than materialists,’ ” Pat Jordan, “Of Holy Work,” The Catholic Worker, vol. 40, n. 4, maggio 1974, p. 6.

144

Peter Maurin, Easy Essays, “An Acquisitive Vs. A Functional Society,” The Catholic

Worker, vol. 43, n. 9, dicembre 1977, p. 2; William Collinge, “Peter Maurin and The Green

Revolution,” The Catholic Worker, vol. 43, n. 5, giugno 1977, p. 3.

145

“Delle varie ‘vie proposte alle libertà’ indicate dai teorici economici e sociali del XIX secolo, i fini sociali del personalismo cristiano assomigliavano maggiormente a quelli anarchici”, Miller, Dorothy Day e il Catholic Worker Movement, p. 94.

146

Dorohy Day, “To Our Readers,” The Catholic Worker, vol. 1, n. 1, maggio 1933, p. 4.

147

Dorothy Day, “Peter Maurin 1877-1977,” The Catholic Worker, vol. 43, n. 4 , maggio 1977, pp. 1, 9.

148

Day, “Peter Maurin 1877-1977” (maggio 1977); Dorothy Day, “Reflections on Work,” The

40 allargata da parte di tutti gli uomini quale “punto di passaggio a un comunismo che sarebbe stato conforme a un insegnamento cristiano del distacco dei beni materiali e che, una volta realizzato, si sarebbe espresso nel bene comune”149. Era ciò che Maurin chiamava christian communism. Quest’ultimo doveva essere raggiunto anche per mezzo di comunità e cooperative decentralizzate: “benché essi fossero anarchici, disse Dorothy Day, ciò non significava che il movimento si opponeva alla organizzazione. Significava che esso voleva una decentralizzazione radicale, l’affidamento a corpi e a gruppi più piccoli, il che poteva essere fatto in maniera infinitamente più umana e responsabile attraverso l’aiuto reciproco e la carità”150

. In un articolo alla fine degli anni Quaranta Day spiegava: “The word anarchist is deliberately and repeatedly used in order to awaken our readers to the necessity of combating the "all encroaching" state, as our Bishops have termed it, and to shock serious students into looking into the possibility of another society, an order, made up of associations, guilds, unions, communes, parishes-- voluntary associations of men, on regional or national lines, where there is a possibility of liberty and responsibility for all men”151

.

Anche Mounier e Maritain, come Day e Maurin, miravano al sovvertimento dell’ordine capitalistico attraverso un decentramento radicale che si esprimesse nell’autonomia delle comunità e allo stesso tempo non si opponesse all’organizzazione:

“Noi prevediamo per – ad ogni grado dell’organismo economico o politico – quel regime che, per ben caratterizzarne il principio, noi definiamo decentrato fino alla persona. Poiché il potere tende a scivolare per la propria china, seguendo la formula di Proudhon, noi cercheremo di disarticolare il potere in una serie di comunità, alcune su piani sovrapposti (regolate tra loro dal principio d’arbitrato), altre interdipendenti l’una dall’altra, pur conservando ciascuna una certa autonomia. Così quando un potere più vasto avrà la tendenza ad abusare della sua autorità, le comunità intermedie che gli sono a lato lo richiameranno all’ordine; quando invece

149

Miller, Dorothy Day e il Catholic Worker Movement, p. 95.

150

Ivi, pp. 95-96.

151

Dorothy Day, “The Case of Father Duffy,” The Catholic Worker, vol. 16, n. 11, dicembre 1949, pp. 1, 4.

41 l’individualismo degli individui o delle comunità più ristrette tenderà a qualche scarto anarchico, le stesse collettività intermedie li richiameranno al loro dovere sociale. Noi supponiamo – com’è logico – che questo meccanismo di compensazione, estraneo sia all’ottimismo liberale e individualistico sia all’ottimismo collettivistico, non sarà azionato dal gioco del denaro o da un’intima inerzia. Ma è un errore parlare di supposizione. Senza illuderci sui pervertimenti degli uomini e sulla gravezza dei meccanismi anche i meglio congegnati, noi pensiamo che un controllo costante e il più automatico possibile sia necessario per correggere ad ogni istante il turbamento recato dal disordine. Qui noi non possiamo far altro che indicarne il principio: i competenti in materia di organizzazione umana, con l’aiuto e le lezioni dell’esperienza, dovranno precisare tutto un gioco di valvole di sicurezza, di contrappesi, di volani, di meccanismi compensatori, di suonerie d’allarme che nella macchina politico-sociale cercheranno di evitare gli errori degli uomini così come cercano di pararli nelle macchine industriali. Ma non tutto finisce lì. Un primo tentativo da parte dell’uomo per salvarsi dalle remore dell’abitudine o dagli attacchi della tentazione sta nell’organizzare un po’ a proprio vantaggio e un po’ contro se stesso tutto un gioco di automatismi sottili”152

.

Maritain, analogamente a Mounier, citando l’eniclica Quadragesimo Anno di Pio XI, sosteneva: “In opposition to the various totalitarian conceptions of the State which ara to-day in vogue, this is a question of the conception of the pluralist commonweal, which will gather together in its organic unity a diversity of social groupings and structures which embody positive liberties. ‘it is an injustice, a grave evil and a disturbance of right order for a larger and higher organization to arrogate to itself functions which can be performed efficiently by smaller and lowered bodies’. Civil society is not only made up of individuals, but of social groupings formed of these; and a pluralist commonweal would give the fullest possible measure of autonomy to these

152 Emmanuel Mounier, Rivoluzione personalista e comunitaria, Milano, Edizioni di Comunità, 1955 (ed. or. Paris, 1961-1962), p. 444.

42 groupings and diversify its own internal structure in accors with the typical claims of their nature”153.