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A New Heaven and A New Earth. Le posizioni e gli obiettivi del Catholic Worker Movement (1933-1987).

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1 Indice

Introduzione p. 4

Capitolo 1

I fondatori del Catholic Worker Movement p. 14

1.1. Peter Maurin p. 14

1.2. Dorothy Day p. 18

1.2.1 “Una lunga solitudine.”In cammino verso il cattolicesimo p. 24

1.2.2 La Hunger March di Washington e l’incontro Day-Maurin p. 26

1.3. Peter Maurin, fondatore e teorico del CWM p. 31

Capitolo 2

L’influenza del pensiero personalista di Mounier e di Maritain p. 35 2.1. Critica al capitalismo p. 38

2.2. Il Bene Comune e il Corpo Mistico p. 42

2.3. Il primato dello spirituale p. 48

2.4. La povertà volontaria p. 52

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2 Capitolo 3

Il programma di Peter Maurin p. 59

3.1 Punto primo: Round-Tables Discussions p. 61

3.2. Punto secondo: Houses of Hospitality p. 64

3.3 Le sedi di New York e le altre Houses of Hospitality p. 69

3.3.1. Le sedi di New York p. 69

3.3.2 Le altre Houses of Hospitality p. 72

3.3.2.1 La crisi della Seconda Guerra Mondiale p. 72

3.3.2.2. Dalla Seconda Guerra Mondiale agli anni Ottanta p. 75

3.4. Punto terzo: Farming Communes p. 78

3.4.1. L’influenza del pensiero distributista p. 80

3.4.2 Lo stile di vita monastico p. 88

3.4.3 Un ideale mai raggiunto p. 91

Capitolo 4

Posizioni, obiettivi, finalità e mezzi del CWM p. 94

4.1. I primi propositi: le contraddizioni p. 96

4.1.1 Il rapporto con l’Arcidiocesi di New York p. 102

4.2. Dagli “Aims and Purposes” degli anni Trenta-Quaranta agli “Aims and Means” degli anni Ottanta p. 105

4.2.1. Dagli “Aims and Purposes” degli 1939 alle “Catholic Worker Positions” del 1954 p. 105

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3 4.2.2. “Making a path from things as they are to things as they should be”(maggio 1979) p. 111

4.2.3. Gli “Aims and Means” del maggio 1986 e del maggio 1987. Struttura e contenuti p. 113

Conclusioni p. 118

Appendice, documenti p. 121

Documento 1. “Aims and Purposes” (febbraio 1940) p. 121

Documento 2. “Aims and Purposes” (maggio 1943) p. 124

Documento 3. “Catholic Worker Positions” (maggio 1954) p. 127 Documento 4. “Making a path from things as they are to things as they

should be” (maggio 1979) p. 130

Documento 5. “Aims and Means of the C. W.” (maggio 1986) p. 134 Documento 6. “Aims and Means of the Catholic Worker Movement”

(maggio 1987) p. 138

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4 Introduzione

In questo elaborato ci proponiamo di osservare come il Catholic Worker Movement (CWM), movimento cattolico laico e radicale, fondato a New York il 1° maggio 1933 da Dorothy Day (1897-1980) e da Peter Maurin (1877-1949) ‒ diffusosi successivamente in gran parte degli Stati Uniti (dove ebbe un notevole sviluppo negli anni Sessanta-Settanta-Ottanta) e non solo1 ‒ sia rimasto fedele ai principi ideologici (personalisti e distribuisti) e al programma fondamentale dei primi anni, nonostante le dinamiche, le evoluzioni endogene ed esogene e i diversi contesti storici dai quali è stato segnato e con i quali ha convissuto (in particolare gli anni Trenta-Quaranta della Seconda Guerra Mondiale; la rivoluzione culturale degli anni Sessanta e Settanta e il periodo a seguito della morte, nel novembre 1980, della figura più carismatica, la co-fondatrice Dorothy Day).

La tesi consta di quattro capitoli. Il primo capitolo è un’introduzione alle personalità dei due fondatori, prima che si conoscessero e fondassero il CWM.

Peter Maurin (è il teorico del movimento, a lui si deve il programma che sta alla base della struttura del CWM) proveniva da una famiglia contadina cattolica francese della Linguadoca, era stato un lasalliano, e aveva abbandonato l’ordine per unirsi al movimento di Marc Sangnier, Le Sillon. Rimasto deluso dalle prospettive risolutive delineate da Sangnier riguardo alle questioni sociali, e per sfuggire al reclutamento militare, abbandonò il Sillon ancor prima che fosse condannato dalla lettera apostolica Notre Charge Apostolique il 25 agosto 1910 di Pio X2, ed emigrò nel 1909, prima in Canada e poi negli Stati Uniti3. Dopo aver vissuto in differenti città e svolto diverse professioni, si trasferì stabilmente a New York nel 1925. Recatosi da George N. Schuster, direttore della rivista cattolica laica Commonweal (con la quale collaborava Dorothy Day), per convincerlo a utilizzare le pagine del suo giornale come piattaforma

1 Il CWM vanta sedi in Europa (Gran Bretagna, Germania, Svezia, Paesi Bassi, Belgio), in Canada, Messico, Nuova Zelanda, e, da non molto tempo, anche in Africa, http://www.catholicworker.org/communities/websites.cfm

2

Pio X, lettera apostolica, Notre Charge Apostolique (25 agosto 1910), http://www.papalencyclicals.net/Pius10/p10notre.htm

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5 dalla quale lanciare il suo programma e le sue idee di rinnovamento sociale – alle quali lavorava sin dal suo arrivo a Chicago nel 1914 ‒, il direttore lo inviò a casa della giornalista perché intuì l’affinità tra le loro convinzioni4.

La co-fondatrice, Dorothy Day era cresciuta in una famiglia protestante non praticante5 e intraprese, giovanissima, la carriera come giornalista presso riviste radicali socialiste, come Call (durante gli anni al Call si affiliò all’Industrial Workers of the World6), Masses e il suo erede, Liberator, attorno alle quali gravitarono figure del calibro di Max Forrester Eastman, Crystal Eastman, e i comunisti Micheal (Mike) Gold, John Reed e Robert Minor7. Fin da giovane la sua vita fu contrassegnata da una parallela e contrastante, rispetto alle sue convinzioni radicali e vicine al comunismo, attrazione per la religione, ma non cedette a essa fino alla nascita della sua prima e unica figlia nel marzo 1927. La maternità sembra essere stata il punto di svolta, la ragione della piena riaccettazione della religione nella sua vita (da bambina era stata una fervente praticante episcopale), ma il perché della scelta della professione cattolica, piuttosto che un’altra – ad esempio quella dell’infanzia – sembra non avere molto a che fare con questioni teologiche o dottrinali. Alla giornalista infatti mancava una conoscenza di base della dottrina cattolica; su sua ammissione le fu conferita da Maurin anni dopo il battesimo con rito cattolico, avvenuto nel dicembre 1927.

Il secondo capitolo vuole esaminare l’influenza che il pensiero personalista di Emmanuel Mounier e Jacques Maritain ebbe sull’ideologia del Catholic Worker Movement. Sia il personalismo dei due pensatori sia l’ideologia del CWM volevano

4

Sheehan, Peter Maurin: Gay Believer, pp. 68-78.

5 Jim Forest, All Is Grace, A Biography of Dorothy Day, Maryknoll, New York, Orbis Book, 2012, pp. 4-20.

6

“Socialism, in all its varieties, was well represented on The Call’s staff. Dorothy found much to agree with on all sides but saw herself as a Wobbly and was proud of her recently-issued red IWW [Industrial Workers of the World] membership card,” Ivi, pp. 28-29.

7 William D. Miller, Dorothy Day e il Catholic Worker Movement, II ed., Milano, Jaca Book, 1981 (ed. or. New York, 1973), pp. 60 e ss; Robert Coles, Dorothy Day. A Radical Devotion, Cambridge, Massachusetts, Da Capo Press, 1987, pp. 2-3; Forest, All Is Grace. A Biography of

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6 trovare una valida alternativa al sistema capitalista e comunista, attraverso una nuova società che si strutturasse sui bisogni e sulle aspirazioni della persona e non sul benessere economico; una società in cui fosse ‘easier to be good,’ come era solito dire Maurin, sarebbe a dire nella quale la persona non fosse soffocata dagli apparati statali e in cui essa riuscisse a evolversi senza essere deviata né dalle strutture né dai valori in cui cresceva i quali la portavano, per non soccombere, a un’inevitabile spersonalizzazione e conformazione a favore di quest’ultimi. Tale soluzione alternativa si sarebbe potuta concretizzare all’interno di uno stato pluralista formato da comunità decentralizzate, in cui ogni persona sarebbe potuta crescere autonomamente rispetto alla cultura e alle istituzioni capitalistiche o comuniste, e in cui la volontà di ciascuna avrebbe pesato in ogni decisione politica pubblica la quale avrebbe dovuto avere al centro il bene comune8, fine verso cui ogni singolo membro della comunità era legato e rispetto al quale avrebbe dovuto impegnarsi per portarlo a compimento.

Dunque il personalismo dei due filosofi e il personalismo del Catholic Worker Movement richiedevano un capovolgimento dei valori. I bisogni e i valori spirituali avrebbero dovuto tornare a prevalere su quelli materiali; i parametri dei valori non sarebbero più stati il profitto e il benessere individuale ma la ricchezza creata dalla povertà di ciascuno e il bene comune.

Il terzo capitolo si propone l’obiettivo di approfondire il programma elaborato da Maurin. Il programma di Maurin riveste un’importanza fondamentale poiché i tre punti, nei quali si articola, sono le uniche direttive pratiche circa la struttura del movimento, il quale manca di ogni regola costitutiva formale. Si è cercato di mostrare che in realtà, pur essendo le uniche indicazioni scritte, questi tre punti, presi insieme, non hanno mai trovato una piena realizzazione in nessun esperimento del Catholic Worker Movement e non hanno mai avuto alcun valore vincolante per una sede al fine di essere riconosciuta ufficialmente affiliata del movimento. In realtà, chiunque poteva essere un Worker, anche fuori dalle strutture del CWM, purché esercitasse le Opere di Misericordia. Si è proceduto poi con l’analisi delle dinamiche che hanno contrassegnato le sedi di New York e le altre sedi negli Stati Uniti, soffermandoci in particolare su due fenomeni:

8 Il concetto di bene comune viene, non a caso, ripreso dalla dottrina tomistica; Maritain fu, infatti, uno dei maggiori esponenti del neotomismo nel XX secolo.

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7 la crisi della Seconda Guerra Mondiale, che portò quasi al collasso del movimento a causa della volontà di Day di imporre la linea pacifista all’intero organismo, e le fasi di

espansione a partire dal 1965, e di particolare incremento negli anni Settanta e Ottanta. Si è scelto di soffermarci sul cambiamento tra la prima generazione (del periodo bellico)

per niente compatta sulla linea pacifista a cui molto teneva Day, e la seconda generazione (degli anni Sessanta e Settanta), unita principalmente dall’attivismo e dal pacifismo.

Infine, nel quarto e ultimo capitolo, attraverso l’analisi dei documenti programmatici e i documenti sulle finalità e gli obiettivi del movimento si è cercato di dimostrare in quale modo il movimento sia restato costantemente legato al programma di Maurin, fortemente influenzato dalla corrente di pensiero personalista di Emmanuel Mounier e di Jacques Maritain e dalle idee degli economisti inglesi distribuisti. D’altra parte si è voluto evidenziare le incongruenze ideologiche del movimento rispetto all’ortodossia cattolica, e il modo in cui i primi intenti così chiaramente connessi – non senza contraddizioni – alla diffusione della dottrina sociale cattolica, siano scemati progressivamente; infatti anche se i riferimenti religiosi ‒ e non alla dottrina sociale – restano, si fanno sempre più genericamente cristiani, piuttosto che specificamente cattolici9.

Le fonti utilizzate per affrontare tale analisi, oltre a quelle bibliografiche tradizionali, sono principalmente gli articoli del Catholic Worker. La rivista è particolarmente importante perché, oltre a essere il mezzo attraverso il quale venivano diffuse le idee dei due co-fondatori, era anche l’organo di stampa sul quale venivano pubblicati i documenti su posizioni, finalità, obiettivi e mezzi validi non solo per la sede di New York, ma per il movimento nel suo complesso. Dunque, in sostanza, la leadership di Maurin e Day rendeva la sede newyorkese un esempio cui rivolgersi per

9 Negli ultimi documenti il riferimento cattolico è legato al solo aspetto liturgico. Per quanto concerne la citazione di Paolo VI circa la proprietà, l’intento, piuttosto che allinearsi alla linea papale, sembra sia quello di convalidare attraverso la citazione del magistero pontificio una posizione ormai già da tempo consolidata nel CWM; era quindi la posizione pontificia a disporsi sulla stessa linea del Catholic Worker, anziché il contrario.

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8 tutti gli affiliati, e il Catholic Worker uno strumento di riferimento e di orientamento per tutti coloro i quali volevano aprire e gestire una sede del CWM e/o essere un Catholic Worker.

Il periodo che abbiamo preso in considerazione va dalla fondazione del movimento (e del giornale) nel maggio 1933 a tutto l’anno 1990. Per quanto riguarda il periodo che va dal maggio 1933 al dicembre 1969 ci siamo avvalsi degli articoli esclusivamente scritti da Dorothy Day sul Catholic Worker e consultabili sul sito del CWM10. Per quanto concerne il periodo posteriore, invece, delle copie integrali del mensile dal gennaio 1970 al dicembre 1990. D’altra parte quest’ultime sono state utili a inquadrare non solo il ventennio che ricoprono, ma anche la linea della rivista (e del movimento) nel suo complesso, visto che il programma di Maurin e le sue idee – da quelle personaliste a quelle distribuiste ‒, alla base del movimento ‒ invariate e valide tutt’ora ‒ sono riprese in ogni numero11

.

Nell’ultimo ventennio del XX secolo, oltre ai temi che costituiscono le costanti del movimento (idee personaliste e distribuiste, programma di Maurin, povertà volontaria, opere di misericordia, etc.), il Worker si occupa di: lotta al disarmo nucleare12, sostegno

10 Si sostiene che sul sito siano consultabili tutti i 721 articoli scritti da Day sul Worker dal 1933 al 1980, vedi http://dorothyday.catholicworker.org/

11 Proprio perché le idee fondamentali sono rimaste le stesse, in nota si possono trovare citazioni che ricoprono periodi diversi.

12Eileen Egan, “Let the Weapons Fall from our Hands,” The Catholic Worker, vol. 42, n. 6, luglio-agosto 1976, pp. 5, 8; Robert Ellsberg, “The Pentagon’s War on Dirt,” The Catholic

Worker, vol. 43, n. 6, luglio-agosto 1977, p. 3; Thomas J. Gumbleton, “Salt II: A Moral

Question,” The Catholic Worker, vol. 45, n. 8, ottobre-novembre 1979, pp. 3, 5, Eileen Egan, “Christian Pacifism,” The Catholic Worker, vol. 46, n. 2, febbraio 1980, p. 1, 3, 6, 8; Anne Bucher, “Nuclear Testing Continues,” The Catholic Worker, vol. 50, n. 6, settembre 1983, pp. 1, 5; Jo Clare Hartsig, “In the Shadow of the Bomb,” The Catholic Worker, vol. 50, n. 7, ottobre-novembre 1983, pp. 1, 8; Leroy T. Matthiesen, “The Arms Race: Learning to Speak Out,” The

Catholic Worker, vol. 51, n. 5, pp. 1, 2, 8; Eileen Egan, “Deterrance-not A Step Toward

Disarmament,” The Catholic Worker, vol. 52, n. 7, ottobre-novembre 1985, p.2; Sidney Lens, “Why Do We have an Arms Race?” The Catholic Worker, vol. 53, n. 2, marzo-aprile 1986, pp.

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9 al movimento sindacale non violento di César Chávez, la United Farm Workers (UFW)13 e la lotta all’imperialismo americano nell’America Latina (Porto Rico14,

1, 8; Thomas J. Gumbleton, “The Sin of Deterrence,” The Catholic Worker, vol. 54, n. 4, giugno-luglio 1987, pp. 1, 4. Come strumento attivo non violento applicarono la war tax

resistance: si pagavano le tasse locali ma non quelle federali perché, attraverso quest’ultime, il

governo finanziava le spese militari, vedi Karl Mayer, “New Resistance to War Taxes,” The

Catholic Worker, vol. 37, n. 1, gennaio 1971, pp. 1, 3; Bernard Survil, “Call for Catholic Tax

Resistors,” The Catholic Worker, vol. 37, n. 7, settembre 1971, p. 6; “No Money for War,” The

Catholic Worker, vol. 42, n. 2, febbario 1976, pp. 6, 7; Dick and Evelyn Freeman, “Don’t Pay

War Taxes,” The Catholic Worker, vol. 43, n. 2; febbraio 1977, pp. 3, 6; Jane Sammon, “Tax Resistance,” The Catholic Worker, vol. 50 n. 8, dicembre 1983, pp. 1, 4; “War Tax Resistance,”

The Catholic Worker, vol. 52, n. 1, gennaio-febbraio 1985 p. 1, 6; Al Lauer, “Taxing the

Conscience,” The Catholic Worker, vol. 52, n. 8, dicembre 1985, p. 4;1 Karl Mayer “New IRS Ploys May Affect War Tax Resisters,” The Catholic Worker, vol. 56, n. 1, gennaio-febbario 1989, p. 3.

13Philip Veracruz, “Racism in Agriculture,” The Catholic Worker, vol. 36, n. 6, luglio-agosto 1970, pp. 1, 8; Philip Veracruz, “The Farm Workers and the Church,” The Catholic Worker, vol. 36, n. 7, settembre 1970, pp. 1, 7, 8; “Interview with César Chávez,” The Catholic Worker, vol. 37, n. 2, febbraio 1971, pp. 1, 7; Pat Hoffman, “Where’s The Huelga Now?” The Catholic

Worker, vol. 37, n. 6, luglio-agosto 1971, pp. 1, 8; Jan Adams, “Farmworkers Win Boycott,” The Catholic Worker, vol. 37, n. 7, settembre 1971, p. 3; Jan Adams, “UFW: Contending Anew

For Life,” The Catholic Worker, vol. 38 n. 3, marzo-aprile 1972, pp. 1, 4, 7; César Chávez, “Boycott Lettuce,” The Catholic Worker, vol. 38, n. 5, giugno 1972, pp. 1, 5;”Lettuce Boycott,”

The Catholic Worker, vol. 38, n. 6, luglio-agosto 1972, p. 8; Demetrio Diaz, “Picking Oranges

A Wetback’s Story,” The Catholic Worker, vol. 40, n.6, luglio-agosto 1974, p. 7; César Chávez, “UFW Urges: Continue Gallo Boycott,” The Catholic Worker, vol. 41, n. 6, luglio-agosto 1975, pp. 1, 8; Bill Griffin, “UFW Extends Boycott,” The Catholic Worker, vol. 42, n. 3, marzo-aprile 1976, p. 1; “UFW-Teamsters Reach Accord,” The Catholic Worker, vol. 43, n. 3, marzo-aprile 1977, p. 3; Marion Moses, “United Farm Workers,” The Catholic Worker, vol. 44, n. 7, settembre 1978, p. 3; “UFW Renews Grape Boycott,” The Catholic Worker, vol. 51, n. 6, settembre 1984, p. 5; “Boycott Update,” The Catholic Worker, vol. 52, n. 6, settembre 1985, p. 6; Peggy Scherer, “Boycott Ends,” The Catholic Worker, vol. 53, n. 2, marzo-aprile 1986, p. 8; César Chávez , “Simple Deeds for Justice,” The Catholic Worker, vol. 54, n. 6, settembre 1988, pp. 1, 2.

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10 Nicaragua15, Guatemala16, El Salvador17 e Honduras18). Nonostante il Catholic Worker Movement e il Catholic Worker possano fornire ‒ oltre ai temi specifici degli anni Settanta e Ottanta ‒ un’ampia gamma di spunti e di argomenti da approfondire come il

14 Ivan Guitierrez del Arroyo, “Culebra: The Problem of All Puerto Rico,” The Catholic Worker, vol. 37, n. 5, giugno 1971 pp. 1, 8; Antulio Parrilla-Bonilla, S.J., “Struggle in Puerto Rico,” The

Catholic Worker, vol. 37, n. 8, 1971, pp. 1, 8; Ramon Rodriguez, “Yanqui Go Home,” The Catholic Worker, vol. 43, n. 3, marzo-aprile 1977, pp. 3, 7; Marj Humphrey, “The Plight of

Vieques,” The Catholic Worker, vol. 45, n. 8, ottobre-novembre 1979, pp. 1, 6.

15 Matthew Lee, “Nicaragua. Hope Endures in the Midst of War,” The Catholic Worker, vol. 53, n. 5, agosto 1986, pp. 3, 5; Peggy Scherer, “When Countries Are At War,” The Catholic

Worker, vol. 51, n. 7, ottobre-novembre 1984, pp. 3, 6, Edgar Rivera, S. J., “A Quiet Walk

During Time of War,” The Catholic Worker, vol. 54, n. 6, settembre 1987, p. 3.

16

Terry Rogers, “Hope Beyond Violence in Central America,” The Catholic Worker, vol. 41, n. 1, gennaio-febbraio 1989, pp. 1, 7, 8; Carol Wintle, “Guatemala: A Refugee’s Story,” The

Catholic Worker, vol. 54, n. 5, agosto 1987, pp. 1, 6.

17

Jon Sobrino, S.J., “El Salvador, Death and Hope for Life,” The Catholic Worker, vol. 46, n. 7, settembre 1980, pp. 1, 3, 8; Martha Miller, “In the Salvadoran Refugee Camps,” The Catholic

Worker, vol. 51, n. 4, giugno-luglio 1984, p. 5; Ernest Friar, “New Threat to Refugees,” The Catholic Worker, vol. 52, n. 5A, agosto 1985, pp. 1, 3, 4; Ernest Friar“Refugee Camp

Attacked,” The Catholic Worker, vol. 52, n. 6, settembre 1985, pp. 3, 4; Ernest Friar, “Abuse of Refugees uncovered,” The Catholic Worker, vol. 53, n.1, gennaio-febbraio 1986, p. 3; Meg Hyre,”Sanctuary Trail Ends in Victory,” The Catholic Worker, vol. 54, n. 6, settembre 1988, pp. 1, 2; John Dear, S.J., “Salvadoran Refugees Return Home Despite Great Risk,” The Catholic

Worker, vol. 54, n. 7, ottobre-novembre 1988, p. 3; Meg Hyre, “Salvadoran Refugees in

Colomoncagua. The Moment to Return Home,” The Catholic Worker, vol. 56, n. 7, ottobre-novembre 1989, pp. 1, 3.

18

Ernest Friar, “Refugees in Honduras,” The Catholic Worker, vol. 50, n. 6, settembre 1983, pp. 1, 3; Peggy Scherer, “Journey to Central America,” The Catholic Worker, vol. 51, n. 1, gennaio-febbraio 1984, pp. 1, 8; Friar, “New Threat to Refugees,” (agosto 1985); Friar, “Refugee Camp Attacked,” (settembre 1985); Friar, “Abuse of Refugees uncovered,” (gennaio-febbario 1986); Bob and Gracie Ekblad, “Development in Rural Honduras and Its Obstacles,” The Catholic

Worker, vol. 54, n. 5, agosto 1987, p. 3; Hyre “Salvadoran Refugees in Colomoncagua. The

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11 pacifismo19, i diritti dei lavoratori, i diritti civili20, e nell’ambito religioso sia strettamente connesso al movimento ecumenico21, liturgico22 e alla teologia della

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In effetti Day dalle pagine del Worker mantenne generalmente una posizione pacifista nei confronti di tutte le guerre, ‒ a partire dalla Guerra Civile Spagnola ‒ ma espresse parole di apprezzamento per la Rivoluzione castrista, pur riconoscendola come una rivoluzione violenta, tanto da inserire Castro a fianco dei leaders (nonviolenti) più importanti del suo tempo, Martin Luther King e César Chávez, “When I do hear him [Chávez], I believe that I will have heard three of the most vital leaders of our time, the other two being Martin Luther King and Fidel Castro. The first two are proponents of nonviolent revolution in our social order and Castro the first successful leader of a violent revolution in our hemisphere in recent times,” Dorothy Day, “Strike Leaders Come to East,” The Catholic Worker, vol. 34, n. 5, maggio 1967, pp. 1, 9. Day si recò in viaggio a Cuba dall’8 settembre all’11 ottobre 1962, vedi Forest, All Is Grace. A

Biography of Dorothy Day, pp. 228-229; alcuni anni dopo scrisse“I can only report what I saw

in Cuba, the churches open, retreats and days of recollection being given, catechisms printed, instruction going on. The Catholic schools have been confiscated, yes, but if we listen to our Lord, Who said, ‘If they take your coat, give them your cloak too,’ we could meet such things with holy indifference. These things have happened many times before. All the land taken from the papacy has meant no dimunition of her influence in the world. At no time in history have people listened so warmly to the Popes in their encyclicals,” Dorothy Day, “On Pilgrimage – February 1965,” The Catholic Worker, vol. 32, n. 2, pp. 1, 6. Sul resoconto del viaggio e sulle dichiarazioni ambivalenti riguardo al regime di Castro vedi Dorothy Day, “More About Cuba,”

The Catholic Worker, vol. 29, n. 7, luglio-agosto 1962, pp. 1, 7; Dorothy Day, “Pilgrimage to

Cuba – Part I,” The Catholic Worker, vol. 29, n. 8, settembre 1962, pp. 1, 6; Dorothy Day, “On Pilgrimage to Cuba – Part II,” The Catholic Worker, vol. 29, n. 9, ottobre 1962, pp. 1, 2; Dorothy Day, “On Pilgrimage In Cuba – Part III,” The Catholic Worker, vol. 29, n. 10, novembre 1962, pp. 1, 3, 4, 6, 8. Secondo Carol Byrne le posizioni di Day ricalcavano quelle della teologia della liberazione che concepivano – analogamente al marxismo ‒ la lotta di classe come l’unico mezzo per superare la lotta tra oppressi e oppressori e giustificavano i mezzi violenti non solo per combattere i secondi, ma anche chiunque altro accettasse passivamente l’oppressione, vedi Carol Byrne, The Catholic Worker Movement (1933-1980): A Critical

Analysis, Milton Keynes, UK, AutorHouse, pp. 70-76.

20 Il CWM sin dall’inizio della sua storia ha sempre sostenuto i diritti dei neri, “The paper is not a paper for black or white, but for the Catholic Worker”, Dorothy Day, “Day by Day – March 1934,” The Catholic Worker, vol. 3, n. 3, marzo 1934, p. 5.

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12 La casa di ospitalità Catholic Worker di Baltimora, infatti, nel 1942 venne dichiarata fuori legge e chiusa perché ospitava neri e bianchi:“The Baltimore House is closed, first because of the interracial aspect of the work there, and second because two of the boys in charge were drafted and are now in the Alexian Brothers Hospital in Chicago, working for $2.50 a month,” Dorothy Day, Day After Day – April 1942, The Catholic Worker, vol. 9, n. 4, aprile 1942, pp. 1, 4; “Our house in Baltimore was being closed by injunction, because it was overcrowded and breaking the law when it sheltered both Negro and white,” Dorothy Day, “On Pilgrimage – August 1959,” The Catholic Worker, vol. 26, n. 8, pp. 1, 6, 8. “The Case of Cardinal McIntyre,” The

Catholic Worker, vol. 30, n. 7, luglio-agosto 1964, pp. 1, 6, 8.

Nel maggio 1935 l’immagine che accompagnava il titolo della testata, due lavoratori bianchi, uno alla destra e uno alla sinistra della scritta “The Catholic Worker,” venne sostituito ‒ su richiesta della Day ‒ con il disegno di Ade de Bethune che vedeva Cristo centrale con ai lati un lavoratore nero e un lavoratore bianco. Nel 1985 de Bethune sostituì l’immagine del lavoratore bianco con quella di una contadina latino-americana con in braccio un bambino. Quest’ultima resta tuttora il logo del movimento, vedi Forest, All Is Grace, A Biography of Dorothy Day, p. 2 e pp. 126-127.

21Dorothy strinse una forte amicizia con Hélène Iswolsky (Elena Aleksandrovna Izvol’skaja, 1896-1975), scrittrice, giornalista, insegnante (insegnò storia e letteratura russa alla Fordham University) e traduttrice russa emigrata negli Stati Uniti, fondatrice nel 1946 del gruppo ecumenico “The Third Hour”- che aveva una rivista omonima – di cui anche Day faceva parte, vedi Forest, All Is Grace. A Biography of Dorothy Day, p. 264; Robert Ellsberg, All the Way to

Heaven. The Selected Letters of Dorothy Day, New York, Image Books, 2010, p. 221 e Mark

and Louise Zwick, The Catholic Worker Movement. Intellectual and Spiritual Origins, New York/Mahwah, New Jersey, Paulist Press, 2005 pp. 229-230. Vedi anche Dorothy Day, “Untitled Review of,” The Catholic Worker, vol. 19, n.4, aprile 1952, p. 4; Dorothy Day, “On Pilgrimage – December 1953,” The Catholic Worker, vol. 20, n. 11, dicembre 1953, pp. 1, 7, 8; Dorothy Day, “On Pilgrimage – December 1954,” The Catholic Worker, vol. 21, n. 11, dicembre 1954, pp. 2, 6. Sull’amicizia con la giornalista vedi Dorothy Day, “On Pilgrimage – January 1976,” The Catholic Worker, vol.42, n. 1, gennaio 1976, pp. 2, 8. La Iswolsky scrisse

per il Worker dal giugno 1961 all’aprile 1975, vedi

http://www.russinitalia.it/dettaglio.php?id=802 e la Day a sua volta collaborò con “Third Hour,” vedi Dorothy Day, “On Pilgrimage – October/November 1975,” The Catholic Worker, vol. 41, n. 9, ottobre-novembre 1975, pp. 1, 8.

22 Vedi il capitolo “Dom Virgil Michel, OSB, the Liturgical Movement, and Catholic Worker,” in Zwick, The Catholic Worker Movement. Intellecutal and Spiritual Origins, pp. 58-74.

(13)

13 liberazione23 ‒ abbiamo scelto volutamente di circoscrivere il nostro raggio di indagine e restare più vicino alla dimensione propria del CWM, dedicandoci all’approfondimento di alcuni degli aspetti legati all’identità propria dell’organismo, piuttosto che allargarci a temi collegati alla sua storia i quali, pur costituendone un aspetto altrettanto significativo, sono provvisti di una identità che prescinde da esso.

23 Marj Humphrey, “Oscar Romero and Rutilio Grande ‒ A journey to Calvary,” The Catholic

Worker, vol. 42, n. 2, marzo 1981, pp. 1, 2. Daniel Berrigan, “Remembering Oscar Romero,” The Catholic Worker, vol. 52, n. 1, gennaio-febbario 1985, pp. 3, 7; Robert Ellsberg,

Messengers of Nonviolence,” The Catholic Worker, vol. 53, n. 6, settembre 1986, pp. 1, 4, 5. Nel numero di settembre 1980 sul Worker apparve un articolo di Jon Sobrino (vedi nota n. 17), esponente di spicco della teologia della liberazione (ha applicato i principi della teologia della liberazione allo studio della cristologia), vedi Battista Mondin, Storia della teologia, vol. 4, Bologna, PDUL Edizioni Studio Domenicano, 1997, pp. 737 e ss. Il 14 marzo 2007 ha ricevuto una notifica da parte della Congregazione per la dottrina della fede ‒ sono state rilevate alcune divergenze, in alcuni passi, con la dottrina della chiesa ‒ riguardo alle sue opere “Jusucristo Liberador,” e “La fe en Jesucristo,” vedi Antonio Agnelli, Cur Deus Victima. La proposta

cristologica di Jon Sobrino nell’orizzonte storico dei popoli crocifissi, Trento, UNI Service,

(14)

14 Capitolo 1. I fondatori del Catholic Worker Movement

1.1. Peter Maurin

Peter Maurin, nome anglicizzato di Pierre Oristide Maurin, nacque ad Oultet, nella regione della Linguadoca, nel maggio 1877. L’impostazione religiosa della famiglia contadina influenzò il giovane Maurin che a quattordici anni lasciò il paese natale per gli studi presso l’istituto lasalliano a Mende. Concluso il petit e il grand novitiat, divenne insegnante in un istituto parigino della congregazione. La sua attività venne bruscamente interrotta per svolgere il servizio militare a Lodève tra il 14 novembre 1898 al 20 settembre 1899. Le atrocità del sistema militare scossero profondamente il suo animo e lo spinsero a riflettere sulle questioni sociali e politiche.

Nel settembre 1899 tornò a lavorare in una scuola presso Neuilly, dove dedicò parte del suo tempo libero dall’insegnamento all’approfondimento dei suoi nuovi interessi e agli incontri in un club di studio24, una pratica allora molto in voga tra i cattolici francesi25 ‒ al tempo di Pierre molti circoli di studio erano sotto la direzione degli “abbati democratici,” giovani preti interessati ai temi sociali. In particolare, i meetings del movimento laico cattolico Sillon, che in quel periodo stava moltiplicando il numero dei cercles d’études di giovani lavoratori e studenti in tutta la Francia, colpirono la sua attenzione perché sembravano condividere la sua preoccupazione per i problemi comunitari correnti. Maurin si imbatté nel Sillon attraverso la rivista cattolica

24 Sheehan, Peter Maurin: Gay Believer, pp. 20 e ss.

25 I clubs di studio ebbero il loro iniziatore nel conte Albert de Mun che, con altri otto amici, il 23 dicembre 1871, in pieno clima anticlericale di fine impero, a seguito dell’unione tra repubblicani e proletari, decise di formare gruppi di lavoratori cattolici con lo scopo di riappacificare le classi, vedi Philippe Levillain, Albert de Mun. Catholicisme français et

catholicisme romain, du Syllabus au Ralliement, Rome, École française de Rome, 1983, pp.

244-245 e pp. 272-276. La stessa struttura dei clubs del Sillon fu mutuata dai cercles catholique

d’ouvriers di de Mun, vedi Madelaine Barthélemy-Madaule, Marc Sangnier, 1873-1950, Paris,

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15 omonima26,che attaccava i valori e le idee tipicamente borghesi e sosteneva una democrazia fondata su valori cristiani27. Il francese ora era impegnato su due fronti, nell’attività della congregazione e nel movimento di Sangnier, ma le dinamiche tra Stato e Chiesa francese lo porteranno di lì a poco ad una svolta28.

La politica radicale di Waldeck-Rousseau e del suo successore Émile Combes, che aveva messo alle strette tutte le congregazioni religiose, le quali videro ridursi la loro autonomia, soprattutto in materia d’insegnamento29, raggiunse il suo apice con la ratifica della legge di separazione tra Stato e Chiesa nel dicembre 1905. Come si evince dal nome stesso, loi de séparation de l’ Églises et de l’État, non riguardava esclusivamente la Chiesa cattolica, ma tutte le professioni presenti in Francia, compresa quella cattolica: la Francia diveniva una repubblica laica, dove nessuna religione era pubblicamente riconosciuta, né sostenuta dallo stato30. Così Maurin nel 1903, in preda al clima di instabilità che avvolgeva anche la sua congregazione, decise di lasciare i Fratelli delle Scuole Cristiane di de La Salle e di unirsi al Sillon, convinto che Sagnier gli avrebbe indicato la giusta via da intraprendere per risolvere la questione sociale31.

26 Sin dalla sua fondazione, nel 1894, il movimento produceva un proprio bollettino, il Bullettin

de la Crypte, e il mensile Le Sillon, che si occupava soprattutto di critica letteraria e di arte. Dal

1898, quando il Bullettin de la Crypte venne incorporato ne Le Sillon, quest’ultimo divenne un giornale d’azione sociale e cominciò ad occuparsi esclusivamente di questioni teologiche. Dal 1905 il giornale cambiò il nome in Éveil démocratique, vedi Alec R. Vidler, A Variety of

Catholic Modernists, Cambridge, University Press, 1970, pp. 195-198.

27 Ivi, p. 201.

28 Sheehan, Peter Maurin: Gay Believer, pp. 54-58.

29 Sulla politica radicale di Waldeck-Rousseau e di Combes nei confronti degli ordini e congregazioni religiose vedi Hubert Jedin (diretta da), Storia della Chiesa. Vol. IX. La Chiesa

negli stati moderni e i movimenti sociali 1878-1914. Leone XIII e gli stati cattolici. Prime Riforme di ecumenismo. Crisi modernista, Milano, Jaca Book, 1988, (ed. or. Freiburg im

Breisgau, 1973), pp. 119-126.

30

Kay Chadwick (a cura di), Catholicism, Politics and Society in Twentieth-Century France, Liverpool, Liverpool University Press, 2000, p. 1.

31 Dorothy Day, Francis J. Sicius (a cura di), Peter Maurin. Apostle to the World, Maryknoll, New York, Orbis Book, 2004, p. 14.

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16 Il Sillon, fondato da Marc Sangnier nel 1894, si inseriva nel contesto della politica di Ralliement, cioè di impegno dei cattolici nel conciliarsi con la Repubblica, voluto da Leone XIII32. Il movimento era volto alla formazione sociale e religiosa, nei circoli di studio, di un’élite di giovani (di tutte le classi)33

studenti e lavoratori cattolici impegnati, personalmente e responsabilmente, nell’azione di cristianizzazione democratica. Era un movimento laico senza alcuna ambizione politica (almeno all’inizio)34

, e trovava sostegno in una parte del clero – seppure la maggior parte di esso restò filo monarchica e legittimista35, come del resto la gran parte dei laici cattolici36. Sangnier credeva nell’idea di una democrazia sociale (non liberale) fatta di comunità – era contrario a una concezione individualistica della società ‒ in cui ciascuna persona potesse esercitare al massimo la propria coscienza e la propria responsabilità civica37.

In un primo tempo, pur essendo impegnato nella diffusione della idee democratiche con ogni mezzo disponibile ‒ letteratura, circoli di studio, sindacati professionali (non sosteneva né i sindacati gialli né quelli rossi), stampa, religione ‒ il Sillon rifiutò un impegno a livello politico vero e proprio volto a concretizzare il suo ideale democratico; era interessato piuttosto ad instaurare un dialogo proficuo tra le classi “à condition pour le prolétariat d’admettre la stratification social et pour la bourgeoisie de placer la question sociale au centre de ses préoccupations au détriment de ses intérêts

32

Vedi Jedin, Storia della Chiesa. Vol. IX. La Chiesa negli stati moderni e i movimenti sociali

1878-1914. Leone XIII e gli stati cattolici. Prime Riforme di ecumenismo. Crisi modernista, pp.

119-126.

33 Denis Charbit, Coutumes et pratiques conviviales du Sillon. La construction d’une sociabilité

démocratique, in Mayeur Jean-Marie (a cura di), Le Sillon de Mar Sangnier et la démocratie sociale. Actes du Colloque des 18 et 19 mars 2004, Besançon, Press Universitaires de

Franche-Comté, 2006, p. 23.

34

Vidler, A Variety of Catholic Modernists, pp. 192-202; Mayeur, Le Sillon de Mar Sangnier et

la démocratie sociale. Actes du Colloque des 18 et 19 mars 2004, pp. 8-9.

35

Hugues Petit, L’Église, le Sillon et l’Action Française, Paris, Nouvelles Éditions Latines, p. 14.

36 Barthélemy-Madaule, Marc Sangnier, 1873-1950, p. 38.

37 Barthélemy-Madaule, Marc Sangnier, 1873-1950, p. 119; Mayeur, Le Sillon de Mar Sangnier

(17)

17 immédiats”38, unite dalla fede comune nel cattolicesimo e nella democrazia39. La situazione si modificò a partire dal maggio 1906, parallelamente alla candidatura di Sangnier alle elezioni legislative e al sostegno del Sillon alla Confédération Général du Travail40; l’organismo cominciò a connotarsi sempre più come movimento politico distaccato dal cattolicesimo ‒ molti vescovi si allontanarono perché gli affiliati non volevano più sottomettersi alla loro autorità ‒, infatti, dal febbraio 1907 poterono aderire al movimento tutti i cristiani (è il cosiddetto plus grand Sillon)41 e l’ideale sillonista di democrazia, da spirituale e personalista, divenne politica: una democrazia liberale, senza classi, in cui tutti erano uguali. Il movimento fu condannato con la lettera apostolica Notre Charge Apostolique del 25 agosto 1910 da Pio X a causa della diffusione di idee eterodosse e del suo allargamento ad individui non necessariamente cattolici42. Ancor prima della condanna papale, Maurin lasciò il Sillon perché, sebbene in un primo momento il movimento sembrasse condividere le sue stesse preoccupazioni, successivamente si rese conto che le soluzioni profilate da Sangnier non erano esaurienti; inoltre non condividevano lo stesso entusiasmo per i sindacati43.

Richiamato a svolgere il servizio militare tra il 7 e il 22 dicembre 1907, stavolta a Grenoble, per evitare ogni altro impegno nell’esercito, decise di abbandonare la Francia. Il Canada sembrava la meta più logica, visti i legami con il paese d’origine e i costanti flussi migratori francesi verso i lidi canadesi in quel periodo storico. Nel 1909 si trasferì nella provincia canadese di Alberta dove lavorò nei campi di grano e nella Canadian Pacific Railway. Dopo due anni nelle ferrovie canadesi, si diresse a New York (Ogdensburg), e poi, sempre negli Stati Uniti, intraprese diversi altri spostamenti e differenti lavori. Nel 1914, a Chicago, svolse prima la professione di portinaio e poi di

38 Charbit, Coutumes et pratiques conviviales du Sillon. La construction d’une sociabilité

démocratique, p. 24.

39 Ivi, p. 16.

40

Mayeur, Le Sillon de Marc Sangnier et la démocratie sociale. Actes du Colloque des 18 et 19

mars 2004 , p. 11; Vidler, A Variety of Catholic Modernists, p. 204.

41 Mayeur, Le Sillon de Marc Sangnier et la démocratie sociale. Actes du Colloque des 18 et 19

mars 2004, p. 8.

42 Notre Charge Apostolique (25 agosto 1910).

43

(18)

18 insegnante di francese: là iniziò a mettere per iscritto i suoi pensieri e le sue idee – quelle che saranno alla base del Catholic Worker Movement. Grazie alla chiamata di uno dei suoi studenti fece ritorno a New York nel 1925. In questa città, dopo sette anni, avrebbe incontrato Dorothy Day44.

1.2. Dorothy Day

Dorothy Day è stata definita “The most significant, interesting, and influential person in the history of American Catholicism”45. E, si potrebbe aggiungere, la più controversa. La scrittrice, infatti, visse una duplice vita. La prima, quella della giovinezza, caratterizzata da eccessi e da estremismi, anche politici; la seconda, quella seguente alla sua conversione al cattolicesimo nel 1927, completamente dedicata al movimento cattolico laico radicale che fondò con Peter Maurin nel 1933. Entrambe, però, sono accomunate da ciò che potremmo considerare una prima costante della vita di Dorothy Day: la passione per il giornalismo.

Nata a Bath Beach (New York) l’8 novembre 1897, trascorse l’infanzia su e giù per gli Stati Uniti seguendo il lavoro del padre, anch’egli giornalista46

: prima in California, San Francisco, dal 1904 fino al terremoto che colpì la città nel 1906; poi a Chicago, dove restò fino al diploma47.

44 Sheehan, Peter Maurin: Gay Believer, pp. 68-78.

45

David O’Brien, cit. in Patrick Jordan, Dorothy Day. Writings from Commonweal, Collegeville, Minnesota, The Liturgical Press, 2002, p. xi; la stessa citazione, fatta dallo storico su Commonweal dopo la morte della Day, si ritrova in Robert Ellsberg, The Duty of Delight.

The Diaries of Dorothy Day, New York, Image Book, 2008, p. xxiii.

46 Il padre era un giornalista sportivo; si occupava di corse di cavalli. Anche i fratelli maschi di Dorothy (ebbe un’unica una sorella femmina, Della) divennero giornalisti, vedi Miller, Dorothy

Day e il Catholic Worker Movement, p. 52; Coles, Dorothy Day. A Radical Devotion, p. 1 e

Forest, All Is Grace. A Biography of Dorothy Day, p. 4.

47 Miller, Dorothy Day e il Catholic Worker Movement, pp. 52-54; Forest, All Is Grace. A

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19 Anche se i genitori provenivano entrambi da un retroterra protestante48, e nessuno dei due era praticante49, non proibirono alla loro figlia, unico membro della famiglia, di frequentare le funzioni religiose della chiesa episcopale di Chicago e di ricevere il battesimo. Verso la fine degli studi liceali, però, la fede iniziò progressivamente a perdere il suo fascino su Dorothy. Questa fase coincise con il suo crescente e, inizialmente parallelo, interesse per le questioni sociali e le lotte sindacali, alle quali era stata introdotta dal lavoro del fratello presso The Day Book 50, un giornale concepito per la numerosa classe operaia della città 51.

Concluso il liceo si trasferì a Urbana per frequentare l’Università, ma dopo due anni decise di abbandonarla ‒ perché non la stimolava abbastanza ‒ e di seguire la famiglia a New York, dove il padre venne assunto dal Morining Telelgraph. Si era posta l’obiettivo di trovare un impiego come giornalista e lo trovò al Call, un quotidiano socialista. Lasciò la famiglia e andò a vivere da sola in un appartamento a Cherry Street, vicino a Manhattan Bridge52. Al Call ebbe modo di occuparsi, tra gli altri, dei temi prediletti: lotte sindacali, scioperi, obiezione di coscienza – seguì a Washington il gruppo di obiettori di coscienza della Columbia University –; intervistò Trockij (a New York per collaborare col giornale Novy Mir), anche se l’intervista non fu mai pubblicata, molto probabilmente perché il russo si scagliò contro il parlamentarismo dei Socialisti newyorkesi e fu “altrettanto critico in generale nei confronti del fallimento del movimento a far finire la guerra”53. Lo staff del Call era composto da socialisti di tutti i

48

La famiglia del padre era congregazionalista, quella della madre episcopale, vedi Forest, All Is

Grace. A Biography of Dorothy Day, p. 7.

49 Miller, Dorothy Day e il Catholic Worker Movement, p. 54.

50 Quotidiano fondato da Edward Willis Scripps; edito dal 28 settembre 1911 al 6 luglio1917. Il più celebre reporter fu Carl Sandburg, che collaborò al giornale dal primo 1913 fino alla sua chiusura, vedi http://chroniclingamerica.loc.gov/lccn/sn83045487/

51 Miller, Dorothy Day e il Catholic Worker Movement, p. 54; Forest, All Is Grace. A Biography

of Dorothy Day, p. 18.

52 Miller, Dorothy Day e il Catholic Worker Movement, p. 59; Forest, All Is Grace. A Biography

of Dorothy Day, p. 27.

53 Miller, Dorothy Day e il Catholic Worker Movement, p. 60. Vedi anche Forest, All Is Grace.

(20)

20 tipi; Dorothy si riconosceva un po’ in tutte le declinazioni del socialismo, ma decise di affiliarsi all’Industrial Workers of the World (IWW)54

. Lasciò il giornale a causa di divergenze personali col direttore e lavorò come segretaria per il gruppo di studenti radicali della Columbia (gli stessi con i quali si era recata a Washington) finché non entrò nel giornale radicale e socialista di Max Eastman, The Masses55.

Al Village condivise con alcuni colleghi non solo l’appartamento (con Floyd Dell e Merrill Rogers – il manager del giornale), ma anche lo stile di vita bohemiénne56. Chiuso The Masses nel 191757, nel novembre dello stesso anno decise di seguire58 socialista di New York a indurre il Call a non pubblicare l’intervista,” Dorothy Day, Una lunga

solitudine. Autobiografia, II ed., Milano, Jaca Book, 2002, (ed. or. San Francisco, 1952), p. 72.

54 “Il socialismo era troppo dottrinario; non capivo Marx. L’IWW aveva un programma immediato per l’America, così mi unii a loro,” Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, p. 70; Forest, All Is Grace. A Biography of Dorothy Day, pp. 28-29.

55 Mensile socialista fondato nel gennaio 1911 dal socialista di origine olandese Piet Vlag, attorno al quale gravitarono personalità radicali del Greenwich Village come Max Forrester Eastman (direttore dal dicembre1912 al 1917), John Reed, Floyd Dell, Robert Minor, vedi Linda J. Lumsden,“The Masses,” in Stephen L. Vaughn (a cura di), Encyclopedia of American

Journalism, New York, Taylor & Francis Book, 2008, pp. 294-295.

56

Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, pp. 74-76; Miller, Dorothy Day e il Catholic

Worker Movement, pp. 61-63; Forest, All Is Grace. A Biography of Dorothy Day, p. 36-38. Al

Village era presente una comunità radicale e bohemiénne sin dal 1912, Ross Wetzsteon, The

Republic of Dreams: Greenwich Village: the American Bohemia, 1910-1960, New York, Simon

& Shuster, 2002, p. xvi e le pp. 9-11.

57

Il giornale difese una linea pacifista durante la Prima Guerra Mondiale; gli editori furono processati due volte per contravvenzione all’Act of Espionage del 15 giugno 1917. “Socialist to Test the Espionage Act. Editors of Radical Publications Would Establish their Right to the Mails,” New York Times, 10 luglio 1917; Lumsden, “The Masses,” in Encyclopedia of

Journalism, p. 295.

58 Decise di partecipare al picchetto non tanto per sostenere il voto alle donne quanto per difendere la causa della difesa dei diritti delle suffragiste in qualità di prigioniere politiche, “I went to Washington with her [Peggy Baird] to picket with the suffragists in front of the White House, more because of our interest in the treatment of prisoners than any interest in the vote” Day “On Pilgrimage,” ottobre 1970; Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, p.79. Va notato però che Masses, in cui militava fino a poco prima del viaggio a Washington, sosteneva

(21)

21 l’amica Peggy Baird59

in un picchetto di suffragiste organizzato dal National Woman’s Party davanti alla Casa Bianca60.

In questa circostanza le suffragiste furono arrestate due volte; la seconda le manifestanti non pagarono la cauzione e le più giovani furono condannate a trenta giorni di prigionia nella casa di lavoro di Occoquan (Washington, D. C.), dove vennero maltrattate e umiliate. Per protesta avviarono lo sciopero della fame. Il decimo giorno furono prelevate e portate in celle ospedaliere, in cui restarono per altri dieci giorni, e alla fine scontarono la fine della pena nelle prigioni della città di Washington61.

fortemente il movimento femminista, Lumsden, Encyclopedia of American Journalsim, p. 294. Alcuni dei suoi collaboratori erano impegnati in prima persona nella lotta per il voto femminile: Max Eastman organizzò la Men’s League for Women Suffrage nel 1909, Wetzsteon, The

Republic of Dreams, p. 51; la sorella di Max, Crystal Eastman, fu membro del comitato

esecutivo del Congressional Union – dal 1916 National Women Party (NWP) - e co-autrice del primo Equal Right Amendment, vedi Graham John Barker-Bensfield, Catherine Clinton,

Portraits of American Women: From Settlement to the Present, New York, Oxford University

Press, 1998, p. 415 e http://www.greatwomen.org/women-of-the-hall/search-the-hall/details/2/55-Eastman

59

Marguerite Frances Baird (1890-1970), moglie di Orrick Johns, del critico letterario Malcom Cowley e amante dello scrittore Eugene O’Neill e del poeta Hart Crane. Convertitasi al cattolicesimo,visse gli ultimi quindici anni della sua vita nelle Farms del Catholic Worker Movement, Dorothy Day “On Pilgrimage”, The Catholic Worker, vol. 37, n. 8, ottobre 1970, pp. 1, 2, 4.

60 “Suffrage Pickets Freed from Prison. Twenty-two Hunger Strikers Get Out, but Nine Others Stay in Washington Jail,”New York Times, 28 novembre 1917. Che a organizzarlo fosse stato il NWP lo proverrebbero anche le testimonianze incrociate della notte passata insieme nella stessa cella sia di Day sia di Lucy Burns, fondatrice, assieme ad Alice Paul, nel 1913 del

Congressional Union ‒ dal 1916 National Woman’s Party (NWP). “Io mi ritrovai in cella con

una capogruppo, un’insegnante di Brooklyn, bella, alta, dai capelli rossi, con un volto calmo,” Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, p. 82. “I slept all night with Dorothy Day on single bed,” “Accuse Jailers of Suffragists. Lawyer and Others Charge 30 Prisoners at Occoquan Are Treated Brutally,” New York Times, 17 novembre 1917.

61 Non scontarono tutti e trenta i giorni, ma solo sedici, grazie all’intervento del Presidente Wilson. Day, “On Pilgrimage” (ottobre 1970).

(22)

22 Tornata a New York, di giorno lavorava al Liberator62 (erede di The Masses)63 dei fratelli Eastman e di notte trascorreva le serate in compagnia di Eugene O’Neill al teatro di Provincetown o al Golden Swan – luogo di ritrovo per scrittori radicali e bohémien64. Nel gennaio 1918, improvvisamente, per motivi di cui non siamo a conoscenza65 ‒ Forest sostiene che il giornalismo non la soddisfacesse più e volesse cimentarsi in qualcosa di più concreto per aiutare gli altri, data la guerra in corso66 ‒ decise di cambiare stile di vita e di iscriversi ad un corso per infermiera presso il King’s County Hospital di Brooklyn67. La passione per questa nuova occupazione fu breve; si rivelò presto un ripiego. La lasciò soprattutto perché capì che la sua vera vocazione era fare la giornalista e non poteva svolgere contemporaneamente e seriamente entrambe le attività68.

Nel 1920 divenne moglie di un uomo d’affari del Village, nonché business manager di The Masses, Berkeley Tobey; si trattò di un “matrimonio per ripicca” per Dorothy, cui mise fine subito dopo il viaggio di nozze in Europa69. Era ancora

62

Giornale co-diretto da Max e Crystal Eastman dal marzo 1918 al 1922, vedi Barker-Bensfield, Clinton, Potraits of American Women, pp. 403, 420.

63

Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, p. 88.

64 Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, pp. 88-89; Miller, Dorothy Day e il Catholic

Worker Movement, p. 65; Forest, All Is Grace. A Biography of Dorothy Day, pp. 44-46.

65 “All’improvviso, una serie di incidenti e le atrocità della vita in generale ebbero il sopravvento su di me e io non potei più continuare la vita che conducevo,” Day, Una lunga

solitudine. Autobiografia, p. 91. “Poi di colpo, ella racconta, vi furono alcune cose che

accaddero che non seppe come prendere. Non diede spiegazioni, disse solo che non poteva sopportare più a lungo la vita che conduceva,” Miller, Dorothy Day e il Catholic Worker

Movement, p. 66.

66 Forest, All Is Grace. A Biography of Dorothy Day, p. 48. 67 Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, pp. 92-96. 68 Ivi.

69

Forest, All Is Grace. A Biography of Dorothy Day, p. 57; Coles, Dorothy Day. A Radical

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23 innamorata di Lionel Moise70 – un inserviente del King’s County Hospital ‒ e, libera da Tobey, si precipitò a Chicago, dove fu assunta come reporter dal Chicago Post (dove lavorava anche Moise). Lasciato definitivamente il collega del Post lavorò al Liberator (spostatosi da Manhattan a Chicago e ora mensile comunista) come segretaria di Robert Minor71.

A Chicago iniziò il suo primo racconto “The Eleventh Virgin”72, il quale venne pubblicato quando si trovava a New Orleans, dove si era fermata per circa un anno, dal 1923 al 1924, a lavorare per il New Orleans Items73. I diritti dell’opera vennero acquistati da una casa di produzione cinematografica hollywoodiana e Day fu in grado di comprare un cottage a Staten Island74. Una volta sull’isola scrisse per il giornale locale, Staten Island Advance e, occasionalmente, per New Masses, l’ultima versione di The Masses, edito dal 1925 dall’amico Michael “Mike” Gold75.

70

Lionel Calhoun Moise. Uomo colto, realista e pratico, con dei modi piuttosto rudi – un modello di vita per Ernest Hemingway; collaborarono assieme al The Kansas City Star ‒ ebbe una relazione contrastata e reiterata con la scrittrice. La loro relazione terminò, la prima volta, con l’aborto della giornalista, Forest, All Is Grace. A Biography of Dorothy Day, pp. 48-55; Coles, Dorothy Day. A Radical Devotion, p. 3.

71 Mentre lavorava a Chicago, venne catturata durante un palmer raid in una casa che l’IWW utilizzava per ospitare i suoi visitatori e le persone bisognose. La giornalista venne scambiata per una prostituta, Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, pp. 100-104; Forest, All Is Grace.

A Biography of Dorothy Day, pp. 59-60; Coles, Dorothy Day. A Radical Devotion, pp. 3-4;

Miller, Dorothy Day e il Catholic Woker Movement, p. 67.

72 Forest, All Is Grace, p. 58; Miller, Dorothy Day e il Catholic Woker Movement, pp. 68-69. L’opera, fuori commercio, è consultabile per intero su http://www.catholicworker.org/dorothyday/daytext.cfm?TextID=1

73 Miller, Dorothy Day e il Catholic Woker Movement, p. 68; Forest, All Is Grace. A Biography

of Dorothy Day, p. 64.

74 Forest, All Is Grace. A Biography of Dorothy Day, pp. 63-66; Miller, Dorothy Day e il

Catholic Woker Movement, pp. 68-69.

75 Pseudonimo di Itzok Isaac Granich (1893-1967), autore della famosa opera di narrativa proletaria Jews Without Money (1930), vedi Sanford Sternlich, The Tenement Saga. The Lower

(24)

24

1.2.1. “Una lunga solitudine.” In cammino verso il cattolicesimo

Dorothy nacque in una famiglia protestante non praticante e ricevette solo verso i dodici anni Battesimo e Cresima nella Our Saviour Episcopal Church di Chicago76. Quale fu il percorso che la condusse fino al cattolicesimo? Perché scelse proprio questa confessione?

Sin da quando era bambina nutrì una forte attrazione nei confronti della Sacra Scrittura, in particolare verso i Salmi77. Durante l’adolescenza e la prima giovinezza, anche se iniziò gradualmente ad abbandonare la dimensione religiosa propria di una praticante, essa riemerse prepotentemente in lei sia nelle occasioni di più grande sconforto, la prigionia ad Occoquan78 e a Chicago (durante il palmer raid)79, sia nei periodi meno drammatici al King’s County Hospital80

, al Village (di mattina presto si fermava a pregare alla cattolica Saint Joseph’s Church, sulla Sixth Avenue)81 e a New Orleans82. Potremmo quindi desumere che la religione sia l’altra costante (discontinua) della vita di Dorothy Day, oltre al giornalismo.

Press, 2004, pp. 111-114. Dorothy conosceva Gold dai tempi del Call, in cui scrivevano entrambi, vedi Forest, All Is Grace. A Biography of Dorothy Day, p. 33.

76

Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, p. 43; Elaine Murray Stone, Dorothy Day:

Champion of the poor, Mahwah, New Jersey, Paulist Press, 2004, p. 9.

77

Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, pp. 42-43.

78 “Cominciai a chiedere la Bibbia il secondo giorno di prigione e al quarto mi fu data. La leggevo con la sensazione di riaccostarmi a qualcosa che avevo perso nell’infanzia. Il mio cuore si gonfiò di gioia alla lettura dei Salmi,”Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, pp. 85-86. 79 “During that prison stay Dorothy Day read the Bible, taking particular comfort by the Psalms,” Coles, Dorothy Day. A Radical Devotion, p. 5.

80“La mia vita si arricchì di un’altra cosa bella. Ogni domenica mattina la signorina Adams andava prima alla messa, e io mi tiravo fuori dal sonno pesante e andavo con lei,” Day, Una

lunga solitudine. Autobiografia, p. 96. La signorina Adams era cattolica, Ivi, p. 93.

81 Ivi, p. 89.

82 “Siccome dovevo essere in ufficio prima delle sette (era un giornale del pomeriggio), spesso finivo presto e nel pomeriggio andavo a riposarmi a casa prima di qualche servizio serale. Avevo il tempo di pulire, lavare, andare un momento in chiesa, e spesso alla benedizione,” Ivi, p. 109.

(25)

25 Però, se nell’infanzia era cresciuta nella fede episcopale, nella maturità si avvicinò progressivamente al cattolicesimo. Due eventi contribuirono a trascinarla più vicino a esso: la conoscenza delle sue due coinquiline di Chicago, che la aiutarono a capire concetti, termini cattolici e la trascinavano alle funzioni domenicali83; la lettura delle opere di Joris Karl Huysmans, prese in prestito dalla libreria da Sam Putnam, amico e collega al Post: “Da essi trassi la sensazione che mi sarei sentita a mio agio nella Chiesa cattolica, senza diventare cattolica”84.

Neppure quando andò a convivere con l’anarchico e ateo Forster Batterham85

a Staten Island, rinunciò alla preghiera86.

Ma il motivo che la fece capitolare del tutto e la convinse ad aderire ufficialmente alla chiesa fu la nascita della loro figlia, nel marzo 1927. “Sapevo che avrei fatto battezzare il mio bambino a qualunque costo. Non avrei voluto che brancolasse per anni come avevo fatto io, tra dubbi ed esitazioni, indisciplinata e amorale”87. Nel dicembre dello stesso anno ‒ contro la volontà del padre ‒ battezzò prima la figlia e poi si fece battezzare con riserva, in quanto aveva già ricevuto il battesimo nella Chiesa episcopale88.

Le motivazioni dell’ adesione alla professione cattolica, nonostante l’inclinazione spirituale della giornalista, sembrano però essere distanti dagli argomenti teologici, soprattutto se si tiene conto che Day all’epoca della conversione conosceva superficialmente la storia e la dottrina cattolica (fu Maurin a procurarle,

83 Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, p.106. 84

Ivi, p. 108.

85

“Forster era contrario a qualsiasi cerimonia davanti ai ministri del culto o pubblici ufficiali. Era anarchico e ateo,” Ivi, p. 142.

86

“Mi meravigliai di me stessa, perché cominciai a pregare ogni giorno. Non ero capace di inginocchiarmi, ma pregavo camminando. Se mi fossi inginocchiata mi sarei posta delle domande: ‘Credo veramente? Chi sto pregando?’ Fui presa da dubbi atroci e da un senso di vergogna; mi chiedevo se pregavo perché ero triste, perché ero infelice. Ma quando andavo al villaggio a prendere la posta mi ritrovavo a pregare, con in tasca un rosario che Mary Gordon [sua coinquilina a New Orleans] mi aveva regalato a New Orleans anni addietro. Forse non lo recitavo come si doveva, ma andavo avanti perché mi dava gioia,” Ivi, p. 130.

87

Ivi, p. 133.

88

(26)

26 successivamente, una istruzione cattolica)89. Il motivo della scelta pare risiedere piuttosto nelle questioni sociali, delle quali si era sempre occupata nel corso della sua carriera giornalistica: “Irlandesi del New England, italiani, ungheresi, lituani, polacchi, la grande massa dei poveri, i lavoratori erano i cattolici del nostro paese, e proprio per quello mi orientai verso la chiesa”90

.

1.2.2. La Hunger March di Washington e l’incontro con Peter Maurin

Nell’inverno 1927 Dorothy abbandonò il compagno, prese la figlia con sé e si trasferì a New York91, lavorò alla Fellowship of Reconciliation e per una Lega anti-imperialista, una affiliazione comunista, che sosteneva Sandino in Nicaragua92. Nell’agosto 1929 lo studio cinematografico Pathé Films acquistò una sua commedia e le propose un contratto come sceneggiatrice in California: decise di accettare la proposta ‒ principalmente perché lo stipendio era buono e perché era un’ottima occasione per mantenere le distanze dal suo ex-compagno93 ‒, ma il lavoro si rivelò presto superficiale e noioso, così, nel dicembre 1929, a contratto concluso e sempre con lo scopo di non riavvicinarsi a Batterham, si trasferì in Messico94, dove restò per sei mesi e si guadagnò da vivere grazie alla collaborazione per le riviste cattoliche Commonweal95 (giornale

89

Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, 162.

90

Ivi, p. 108.

91

Tale decisione era maturata a seguito di un periodo tormentato e accompagnato da continue discussioni col compagno che non voleva né sposarla, né accettare di buon grado la sua conversione al cattolicesimo, Ellsberg, All the Way to Heaven.The Selected Letters of Dorothy

Day, Dorothy Day- Forster Batterham, lettera del marzo 1928, pp. 24-25; Dorothy Day-Forster

Batterham, lettera del 15 marzo 1929, pp. 31-32.

92

Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, p. 143.

93

Ellsberg, All the Way to Heaven. The Selected Letters of Dorothy Day, p. 33.

94

Ellsberg, All the Way to Heaven. The Selected Letters of Dorothy Day, Dorothy Day- Forster Batterham, lettera del 25 novembre 1929; Day-Batterham, lettera del dicembre 1929, pp. 43-44; Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, p. 151.

95

The Commonweal dal 1924, anno della sua fondazione, al 1965, poi Commonweal. Dorothy scrisse per Commonweal dalla fine degli anni Venti ‒ dopo la sua conversione ‒ fino alla metà

(27)

27 cattolico laico) e America 96(settimanale dei gesuiti). La vita in Messico era così a buon prezzo che sarebbe rimasta volentieri là, ma dovette rientrare negli Stati Uniti per risolvere i problemi di salute della figlia (trovò ospitalità prima presso i coniugi Burke nel New Jersey e poi dalla madre a Coral Gables, in Florida)97. Rientrò a New York, nell’East Side, nel maggio 1932, e continuò a collaborare per le due riviste cattoliche. Il Commonweal le diede l’incarico di scrivere un pezzo sulla Hunger March of the Unemployed di Washington dell’8 dicembre 1932, una marcia organizzata dai comunisti. La stessa Day, nella sua autobiografia (pubblicata nel 1952), precisava che il suo coinvolgimento era di natura umana e non politica, quasi a prevenire ogni eventuale critica che immaginava avrebbe suscitato il suo racconto di quella giornata: “Noi [Dorothy e la cronista sindacale Mary Heaton Vorse] eravamo sul marciapiede e li vedemmo passare; sentii gioia e orgoglio in cuore per il coraggio di quegli uomini e di quelle donne, ma sentii anche amarezza perché essendo diventata cattolica con fondamentali differenze filosofiche, non potevo unirmi a loro”98. Dalle parole della scrittrice emerge un senso di risentimento nei confronti del cattolicesimo perché le vietava di intraprendere ciò che, in cuor suo, avrebbe desiderato fare: unirsi ai manifestanti; quasi come se la sua vecchia identità tentasse di sopraffare quella appena nata di cattolica, e la giornalista cercasse forzatamente e con un certo dispiacere di tenerla a bada. Non vuole rinunciare né all’una né all’altra identità, e fornisce una versione dei fatti che suona un po’ come una sorta di compromesso tra le due: guardando passare la manifestazione, avrebbe voluto mimetizzarsi tra la folla (ci tiene a dirlo), ma scelse di comportarsi (controvoglia) da buona cattolica, sapeva che non le era concesso di più. La scrittrice percepì, nell’occasione specifica della marcia, uno scarto tra l’immagine ideale che si era personalmente costruita dell’essere cattolica e la realtà che l’essere cattolica comportava: era ancora legata alla sua attività politica a fianco dei lavoratori e la rinuncia che doveva fare le costava alquanto fatica. Ma il cattolicesimo

degli anni Settanta, Jordan, Dorothy Day. Writings from Commonweal, pp. xi, xii; Ellsberg, All

the Way to Heaven. The Selected Letters of Dorothy Day, p. 45.

96 Rivista settimanale gesuitica fondata a New York nel 1909, http://americamagazine.org/aboutus

97

Ellsberg, All the Way to Heaven. The Selected Letters of Dorothy Day, p. 47. 98

(28)

28 non era la professione più adatta a lei, nella quale meglio si riconosceva, perché era la Chiesa degli emarginati? Ora il cattolicesimo le vietava di prendere le parti dei lavoratori e il motivo principale per il quale aveva scelto la fede cattolica si rivelava il principale ostacolo a essere una buona fedele cattolica? Non solo il cattolicesimo era colpevole di proibirle di unirsi ai lavoratori, ma ‒ come risulta evidente nel proseguimento del racconto della marcia, quando raffronta l’impegno dei comunisti a favore dei diritti dei lavoratori con la mancanza di un’azione concreta verso questi da parte della leadership della Chiesa cattolica ‒ era colpevole anche di non impegnarsi nella questione sociale tanto quanto i comunisti: “Potevo protestare, muovere le coscienze, ma dove era la guida cattolica nelle adunate di uomini e donne, per le vere opere di misericordia che i compagni avevano adottato come tecnica per conquistare i lavoratori?”99

I comunisti, dunque, in questa circostanza, erano gli autentici possessori della parola di Dio, erano loro a praticare le opere di misericordia, non i cattolici. La scrittrice era talmente convinta di questo che ripeterà lungo tutti i suoi interventi su The Catholic Worker la frase che nel 1929 Pio XI indirizzò al cardinale belga, fondatore della Jeunesse Ouvrière Chrétienne (JOC), Jospeh-Léon Cardijn: “I lavoratori sono persi per la Chiesa”100

.

Anche se la giornalista, nei primi anni Trenta, ignorava il fatto che papa Pio XI non era rimasto affatto indifferente ai problemi dei lavoratori101 poteva facilmente immaginare che102, certamente, anche in caso di assenza di un tale impegno, il papa non avrebbe mai auspicato che i lavoratori (soprattutto cattolici) aderissero a filosofie in contrasto con quella cattolica; né tantomeno le avrebbe sostenute in alcun modo. La Day ignorava, fino a prima dell’incontro con Maurin, che sin dal secolo scorso i capi supremi della Chiesa cui apparteneva, a partire da Leone XIII, avevano redatto due

99 Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, p. 157. 100 Coles, Dorothy Day. A Radical Devotion, p. 11.

101 “Non molto tempo [siamo nel periodo in cui lavorava per la lega anti-imperialista] dopo un prete voleva che scrivessi la storia della mia conversione, raccontando come l’insegnamento sociale della chiesa mi avesse portata ad abbracciare il cattolicesimo. Ma non sapevo nulla dell’insegnamento sociale della chiesa. non avevo mai sentito parlare delle encicliche”, Day

Una lunga solitudine. Autobiografia, pp. 144-145.

102

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