2 FORMATI DELLA CRITICA TEATRALE
2.3. I linguaggi di produzione della critica online Un’analisi ermeneutica
2.3.5. Critical Stages e The Theatre Times Esperimenti transnazionali
transnazionali
Nonostante abbia scelto di concentrare il focus di questo studio sull’ambiente italiano, sono molti gli esempi di piattaforme online indipendenti che arricchiscono il dibattito su informazione e critica teatrale. Ho scelto di dedicare quest’ultimo paragrafo ad alcuni esperimenti di rivista web di critica internazionali, quelli che, in diversi momenti storici, hanno tentato di svolgere una funzione di networking e prodotto una testimonianza plurale e indipendente del teatro contemporaneo.
Un primo abbozzo di progetto di rivista transnazionale si era visto con il lancio, nella stagione 2008/2009, di TEAM Network (Transdisciplinary European Art Magazines), un progetto di cui i promotori iniziali erano la rivista italiana Art’O, la francese Mouvement e la belga Alternative Théâtrales. Gianni Manzella, direttore di
Art’O, racconta la gestazione di questo complesso progetto. TEAM Network nasce
ufficialmente nel 2006, ma il primo nucleo di riviste aveva cominciato a riunirsi anni prima. Alla fine riuniva 13 riviste di dieci diversi paesi: Altrnatives Théâtrales,
84 M. Giovannelli, Ritorno al tragico. Mount Olympus, Santa Estasi e la ricerca di un nuovo rito
Art’O, Danstidningen, Frackjia, Highlights, Livraison, Maska, Mouvement, Obieg, Obscena, Salzinsel, Scènes, Stradda. Ma ne aveva fatto parte anche BallettTanz, che
curò il primo dei due numeri usciti85.
Secondo il racconto di Gianni Manzella gli incontri periodici tra le riviste – non sempre plenari – vertevano su diversi progetti: «scambi di informazioni permanenti, scambi di articoli e traduzioni, realizzazione di un sito web, pubblicazione di un annuario»86. A rendere fragile il progetto fu, secondo Manzella, l’allargamento della
rete a realtà molto lontane da tutti i punti di vista, dalle scelte culturali alle possibilità economiche. Costruire una progettualità comune tra una rivista che si occupa di circo e teatro di strada (Stradda), una rivista come Art’O o una incentrata principalmente sul balletto come la svedese Danstidningen era dunque quasi impossibile in assenza di risorse consistenti. Manzella spiega che la pubblicazione di un annuario (con una selezione di articoli dalle varie riviste pubblicati in inglese e in francese) «nasceva proprio dalla necessità di mettere in campo un “prodotto” tangibile87». Ma il dover
tener dentro realtà così diverse rendeva la pubblicazione «priva di una vera identità». Dopo aver tentato di intercettare un finanziamento europeo di larga scala – era l’alba della grande crisi economica del 2012, che portò a sopprimere molti progetti – il network cessa di esistere88.
Più solida è stata, negli anni, l’esperienza di Critical Stages, rivista online e organo di approfondimento dell’Associazione Internazionale Critici di Teatro (AICT- IATC)89. Nata nel 2009 per volontà dell’allora presidente Yun-Cheol Kim (Corea del
Sud, grazie al sostegno della Seoul Foundation for Arts and Culture), pubblica il primo numero nel dicembre 2009 e fissa una periodicità semestrale. All’autunno
85 Questi dati emergono da un carteggio con Gianni Manzella, 24–28/06/2018. 86 Ibidem.
87 Ibidem.
88 Il primo numero (2008/2009) è stato curato dalla tedesca BallettTanz, il secondo dalla portoghese
Obscena. Non risulta consultabile il sito web www.teamnetwork.eu, soppresso dal 2012.
89 Cfr. http://www.aict-iatc.org/en/history [consultato 23/06/2018]. L’Associazione Internazionale Critici di Teatro nasce formalmente a Parigi nel 1957, grazie a un deciso impegno delle istituzioni culturali francesi e come risultato di un ventennio di tentativi di creare una rete transnazionale. Dal 1967 tiene congressi e seminari biennali in diverse città. Le sue attività si svolgono nelle due lingue ufficiali dell’Europa, francese e inglese. Attualmente è formata da 74 associazioni nazionali nel mondo (tra cui l’Italia) e circa quindici membri indipendenti. Il Comitato Esecutivo conta 14 membri, da 13 diversi paesi.
2018 sono stati pubblicati 17 numeri, raccogliendo una media di quaranta articoli a numero, con contributi da circa venti paesi diversi90.
Critical Stages propone un’esperienza utente completamente nativa digitale: un
indice ipertestuale guida ai singoli articoli (che riportano sempre la biografia dell’autore, generalmente un membro delle associazioni nazionali), ordinati per sezione. Le sezioni – assimilabili allo schema rubrica – sono cambiate nel tempo, conservando alcuni punti saldi, come interviste, recensioni e schede relative alle novità editoriali di settore.
La direzione, il comitato editoriale e gli editor delle singole sezioni ruotano nel tempo, garantendo una linea editoriale plurale, in accordo con la mission dell’Associazione.
Il caso di The Theatre Times è ancora diverso e la sua morfologia introduce alcuni aspetti per certi versi inediti negli esempi fin qui riportati. Il giornale viene fondato nel Novembre 2016 da Magda Romanska e Beatriz Cabur e ha pubblicato a oggi più di 1700 articoli91. La mission di questa pubblicazione è particolarmente originale
perché combina una vocazione alla totale indipendenza, l’approccio organizzativo del network (gli stessi principi propugnati da TEAM Network) e la ricerca programmatica di un approccio anti-colonialista.
Nella pagina dedicata alla mission, firmata da Magda Romanska, The Theatre Times si presenta come un «portale globale e imparziale di notizie sul teatro». L’obiettivo dichiarato è quello di «creare uno spazio di discorso transnazionale in grado di riunire professionisti e amanti del teatro, facilitando la creazione di modelli collaborativi globali e generando opportunità per l’interazione e per lo sviluppo creativo all’interno di un ampio network»92. Nel paragrafo “Why are we different?”
90 La rivista è da sempre aperta a una consultazione online gratuita e sostenuta dal Department of Theatre / College of Fine and Applied Arts della University of Illinois at Urbana-Campaign, USA e dalla Aristotle University di Tessalonica, Grecia.
91 Cfr. https://thetheatretimes.com/author/m-romanska/; https://thetheatretimes.com/author/b-cabur/ [consultato 24/09/2018]. Magda Romanska è drammaturga, dramaturg e ricercatrice.. Attualmente insegna al Minda de Gunzburg Center for European Studies della Harvard University e all’Emerson College di Boston, MA. Beatriz Cabur è una regista e drammaturga spagnola con base a Londra. Ha scritto e/o diretto 35 spettacoli, prodotti in sei paesi.
92 M. Romanska, The Theatre Times: Why? Why now?, in «The Theatre Times», 9 Dicembre 2016, trad. mia: «Our main goal is to create a transnational discursive space that would bring together
si legge chiaramente l’intenzione di superare ogni forma di «relazione in qualche modo predatoria – coloniale e postcoloniale – con il resto del mondo» propugnata dalle pratiche e dagli studi sul teatro occidentali. Nel corso del Novecento, generalmente professionisti e accademici hanno viaggiato dall’Occidente verso luoghi esotici per «acquisire una certa, spesso superficiale conoscenza dell’ecosistema teatrale locale», opportunità riservata solo a coloro in grado di affrontare l’aggravio economico di spostamenti su ampie distanze93. Il tentativo è
quello di evitare che «l’intero panorama semiotico di una particolare cultura venga sottomesso alle modalità di comprensione occidentali, processato e interpretato tramite il prisma di canoni e codici culturali occidentali»94. Lo scopo primario di The Theatre Times è dunque quello di utilizzare le tecnologie digitali per sviluppare un
modello pluralista in cui ciascun editor – in qualità di interprete della propria cultura – abbia accesso diretto per «rappresentare il proprio teatro così com’è, senza filtri»95.
Alla base di questo tipo di processo è innanzitutto evidente la necessità di un principio di delega, che incarica i regional editors di farsi interpreti (e quindi intermediari) della propria cultura teatrale, garantendo al contempo una pluralità. Osservando le pagine indicizzate con il tag “Italy” ed effettivamente provenienti dall’Italia si trovano quasi 40 articoli, firmati da quattro diversi autori96. Si nota
theatre-makers and theatre lovers, facilitating global collaborative models, and generating opportunities for interaction and creative development amongst a wide network of international theatre-makers and theatre goers». https://thetheatretimes.com/theatre-times-now/ [consultato 24/09/2018].
93 Ibidem, traduzione mia: «During much of the last century, Western theatre scholarship and theatre- making have been in a somewhat predatory—colonial and postcolonial—relationship with the rest of the world. American, British or Western European theatre scholars and artists would travel to faraway locales—Africa, Asia, South America or Eastern Europe—to gain some, often superficial, knowledge of the local theatre ecosystem».
94 Ibidem, trad. mia: «The entire semiotic landscape of a particular culture would be subsumed under the Western understanding, processed and interpreted through the prism of Western cultural codes and canons».
95 Ibidem, trad. mia: «TheTheatreTimes.com hopes to provide a new model of intercultural exchange. All of our editors have direct access to our platform; they are interpreters of their own cultures; and they represent their theatre as is, without filters. Thanks to modern technology, developing such a pluralistic model of cultural sharing is no longer a pipe dream».
96 Il tag “Italy” è applicato anche ad articoli che contengono, nel loro contenuto, un riferimento a elementi di italianità. Esempio: una produzione interamente polacca di Grzegorz Jarzyna tratta da
l’onnipresenza della forma recensione, declinata in maniera piuttosto classica e avente come oggetto primario il teatro musicale e grandi produzioni come
Arlecchino servitore di due padroni di Giorgio Strehler, Natale in casa Cupiello, Veronika Voss, e Arlecchino servitore di due padroni di Antonio Latella, Lehman Trilogy di Luca Ronconi, Odissea a/r di Emma Dante o l’imponente produzione di
teatro multimediale Giudizio Universale. Si aggiunge un approfondimento sulla nuova drammaturgia in Italia, un ricordo di Dario Fo a pochi giorni dalla scomparsa e la riproposizione di un’intervista a due artisti membri del comitato di gestione del Teatro Valle Occupato (2014).
È dunque evidente la restituzione di un’immagine del sistema teatrale italiano assolutamente insufficiente, che non tiene conto della presenza di diversi nomi realmente rilevanti sulla scena del teatro d’arte e della grande vitalità dimostrata dagli artisti indipendenti e dalle realtà locali. Da un lato questo è un segno che l’esperimento di The Theatre Times necessita di tempi tecnici per crescere e realizzare a pieno le potenzialità della forma network; dall’altro emerge che la prime criticità stanno nella natura volontaria delle collaborazioni e nel passaggio obbligatorio della traduzione, che rallenta l’intero processo97.
Tramite questa ricognizione sommaria, inoltre, emerge una seconda criticità, che in un certo senso contraddice i principi espressi nella mission ma che apre interrogativi importanti rispetto al mutamento dei formati della critica online.
Oltre alla suddivisione per continenti, il menu principale di The Theatre Times propone quattro macro-sezioni tematiche, che evocano quattro angolature da cui leggere il teatro contemporaneo: “Making Waves (frase idiomatica che significa “porre questioni, problematizzare”); Making Theatre / Fare Teatro; Making Connections / Stabilire Connessioni; Making Spaces / Creare spazi”. Ciascuna di esse raccoglie cinque tag, che identificano nodi tematici specifici.
La somma di “Sections” e tag disegna una sorta di secondo processo di svelamento della linea editoriale, che giunge a valle del criterio di mappatura globale dei
Teorema di Pier Paolo Pasolini.
97 Il tag “United Kingdom” restituisce ben 360 occorrenze, di cui la metà risponde alla sola località di Londra, mentre 300 sono i contributi dagli Stati Uniti, di cui 160 solo da New York. Per quanto nutrite siano anche le sezioni africane e asiatiche, non sono comparabili a quelle che parlano l’inglese come lingua madre (metà dei contributi africani provengono dal Sudafrica).
continenti e può funzionare in maniera parallela, perché riorganizza gli stessi contenuti sotto tag tematiche. L’intero corpus editoriale è fruibile a partire da una
directory tematica, che sembra puntare a essere accattivante ed evocativa (tramite i
titoli di sezione) e che segue una tassonomia non convenzionale.
L’uso del tag “Dramaturgy”, ad esempio, è funzionale perché raccoglie quei contributi che in ogni modo mettono in discussione il lavoro sull’azione scenica dal punto di vista dei processi o delle metodologie, andando a includere anche articoli che solo in parte problematizzano questa sottile questione. A creare una criticità deontologica, che entra in conflitto con le dichiarazioni di intenti o che comunque non rende chiare le modalità d’uso del criterio, sono tag come “LGBTQ Theatre” o “Theatre and Gender” o “Theatre and Age”, che rischiano di indebolire l’effetto anti- culturalista espresso nella mission principale.
Da un punto di vista di metodologia critica, dunque, la proposta di un tipo di raggruppamento come la combinazione “Sections” / “Tag” insiste sull’organizzazione geografica primaria introducendo un criterio tematico che tende spesso a ridurre la complessità dei lavori teatrali. Questa infatti viene compressa dentro rapporti di forza stabiliti a posteriori, in sede di disposizione organica dei contenuti nella piattaforma e dunque frutto di un intervento esterno della direzione, che in parte neutralizza la dichiarazione di intenti iniziale.