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Produzione di significato sul Web interattivo

3 PUBBLICAZIONE E DIFFUSIONE

3.3. Il teatro tra comunità reali e comunità virtuali

3.3.1. Produzione di significato sul Web interattivo

Esaminati questi concetti base riguardanti le comunità virtuali, le testimonianze dei soggetti interrogati rivelano lo scopo di comprendere in quale misura le modalità di comunicazione specifiche del Web interattivo intervengano nella qualità del dialogo che è alla base della disseminazione della critica. Come si vedrà nel paragrafo successivo, lo specifico contesto mediale e la composizione dei partecipanti al discorso influenzano profondamente il corso di un dibattito attorno al teatro e alla critica. Determinati percorsi di analisi, tuttavia, sono in grado di ricostruire le modalità secondo cui le peculiari architetture retoriche della Rete 2.0 arrivano a influenzare il contenuto di un dibattito e a intervenire nel processo di costruzione dei significati.

Nel caso di studio proposto si noterà come il processo di costruzione della stessa identità (e, ancor più, delle dinamiche di relazione) tra i partecipanti a una discussione sia determinata in larga parte dall’impostazione dialettica promossa dai mezzi utilizzati. Quanto all’assegnazione dei significati, essa diviene un punto fondamentale quando si misurano la qualità dell’analisi e della produzione di conoscenza sul teatro e soprattutto le modalità di interazione tra la critica e l’ambiente di riferimento.

Ai fini di esplorare più da vicino le dinamiche nascoste di queste modificazioni, è utile citare alcune teorie che dalla metodologia di analisi tecnoculturale e semiotecnologica elaborano il concetto di «macchine di significato» (meaning

machines), applicabile alle piattaforme di social networking43. Alla base di questa

43 Cfr. G. Langlois, Meaning in the Age of Social Media, Palgrave Macmillan, New York 2014. Secondo la studiosa, la «prospettiva tecnoculturale [non esamina] semplicemente i testi da cui provengono i significati, ma l’intero assemblaggio di tecnologie e processi sociali e culturali che fanno un testo, i suoi autori e i suoi possibili utenti». Ivi, p. 66, trad. mia. «We find a transformation in our object of study: it is not simply texts that need to be examined for their meanings, but the whole assemblage of technologies and social and cultural processes that make a text, its author(s), and its users possible». Riguardo alla disciplina della semiotecnologia, si legge: «Il software produce sì segni e modalità di esistenza, ma lo fa senza alcuna forma di comprensione umana o capacità di rappresentazione o linguistica. Il software semiotecnologico interviene sul piano

locuzione vi è l’idea che certi software complessi, pur non possedendo una vera e propria volontà paragonabile ad apparati di intelligenza artificiale, possano essere studiati come oggetti tecnologici in grado di influenzare e mutare la forma di processi in cui sono coinvolti gli attori umani, essendo le loro funzionalità prodotte e implementate da questi ultimi. Una definizione di meaning machines è:

una combinazione di componenti tecnologiche, umane e culturali che lavorano insieme attraverso un sistema di segni per creare non solo significati, ma anche effetti di significatività o non significatività. […] Catalogando e articolando insieme diversi processi atti a produrre significato, gestire e colonizzare un ambiente comunicativo, una meaning machine impone tipi specifici di regolarità in un campo di comunicazione aperto [...]44.

Recuperando le posizioni di Michel Foucault, la produzione di significati cessa di essere un processo interamente umano e comincia a rispondere, almeno in parte, all’inserimento dentro strutture di potere45. Il dialogo tra hardware e software e

quello tra utente e interfaccia ricostruiscono di fatto una struttura di potere, alla quale il significato prodotto tende a sottostare, guidando l’analisi in un contesto definito

linguistico, nella produzione di segni, usando dati e non linguaggio». Ivi, p. 70–71, trad. mia. «Software does produce signs, and modes of existence, but it does so without any kind of human understanding and representational and linguistic capacity. Semiotechnological software intervenes in the linguistic plane, in the production of signs, by using data, not language».

44 Ivi, p. 55, trad. mia: «meaning machines are assemblages of diverse technological, human, and cultural components that work through signs in order to create not only meanings, but also effects of meaningfulness and meaninglessness. [...] By sorting through and articulating together different processes in order to produce meaning, manage, and colonize a communicative territory, a meaning machine imposes specific kinds of regularities onto an open-ended communication field, such as everyday conversation and exchange».

45 Michel Foucault affronta il tema del rapporto tra corpo, potere e sapere in diversi scritti. Quelli a cui si riferisce Langlois sono M. Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, Torino 1976; – Il potere psichiatrico. Corso al Collège de France (1973-1974), Feltrinelli, Milano 2002; – L’ordine del discorso e altri interventi, Einaudi, Torino 1974, – Le parole e le cose.

Un’archeologia delle scienze umane [Les mots et les choses, une archéologie des sciences humaines, 1966], Bur, Milano 2016; – «Body/Power», in C. Gordon (a cura di), Michel Foucault.“Power/Knowledge”. Selected interviews and Other Writings (1972-1977), Pantheon

“post-ermeneutico”46. A partire dalle teorie di Friedrich Kittler – che introducono le

tecnologie dei media come componenti chiave nei processi di costruzione di relazioni sociali attraverso il linguaggio – «lo studio del significato non è più un esercizio di interpretazione, […] il focus si sposta dal significato di un testo verso l’analisi delle condizioni attraverso cui quel significato è reso possibile»47.

In questo senso, i social media – strumenti di condivisione e selezione dei contenuti critici – compongono un’interfaccia che possiede certe proprie condizioni tecnoculturali di produzione, circolazione e intervento all’interno di uno specifico campo sociale. Nella fase di condivisione dei contenuti è frequente l’argomentazione di opinioni intorno alla comprensibilità del senso generale di un’analisi critica sulle pagine elettroniche.

Per quanto si tenda a non assegnare troppo peso al commento a margine di un articolo o di una condivisione su social network firmata da spettatori (spesso anonimi o che comunque non occupano un posto riconoscibile nella comunità reale del teatro), è invece importante considerarne la portata e il potenziale di influenza che esso può avere rispetto allo stile adottato da uno specifico contributo rivolto a uno specifico contesto.

La ragione per cui sarebbe metodologicamente errato ignorare un thread di commenti sta proprio nel fatto che il medium sul quale la discussione attorno all’evento teatrale sta avendo luogo include anche oggetti diversi da quelli su cui, in un contesto di comunità reale, vengono negoziati presupposti e significati di un discorso. La stessa architettura dialettica e retorica degli spazi interattivi della Rete mette in atto un chiaro intervento tecnoculturale nel discorso delle comunità virtuali. Certe meaning machines come le piattaforme di social networking tendono a imporre dei limiti e delle forme di omologazione ai quali l’interazione a mezzo testuale non è del tutto in grado di opporre resistenza. L’esempio più evidente è la limitazione a 140

46 Cfr. D.E. Wellbery, «Foreword», in F. Kittler, Discourse Networks 1800/1900 [Aufscbreibesysteme

1800/1900, 1985 ], Stanford University Press, Stanford, CA 1990, p. VII–XXXIII. Il termine “post-

ermeneutico” è usato da David E. Wellbery per definire le posizioni teoriche di Friedrich Kittler. 47 Cfr. G. Langlois, Meaning in the Age of Social Media, cit., p. 64, trad. mia: «In the posthermeneutic

framework, then, the focus turns away from the meaning of a text to an analysis of the conditions through which such meaning is made possible […]. The study of meaning is not an exercise in interpretation anymore».

caratteri imposta ai post su Twitter, che costringe gli utenti a ridurre le proprie esternazioni a lanci di notizie, aforismi e brevi commenti, infatti utili per la cronaca in diretta di avvenimenti pubblici, così come di trasmissioni o eventi live48.

L’influenza di queste impostazioni risulta più evidente, da una prospettiva visiva, su oggetti mediali che ospitano, ad esempio, pop-up, notifiche push o inserzioni pubblicitarie in grado di influenzare il percorso cognitivo dell’utente. Nell’ambito di questa ricerca è utile osservare il tipo di impatto che un contenuto di ragionamento ha nel momento in cui si inserisce in ambienti virtuali che ospitano comunità complesse. Il tentativo è quello di spostare l’attenzione «da un insieme specifico di significati espressi da un autore verso la messa in moto di un insieme di processi tecnoculturali relativi alla produzione e alla circolazione del significato»49.

Proprio in Rete, poi, l’analisi del processo di creazione di significati raccoglie informazioni riguardanti un più generale posizionamento della funzione critica nei confronti della comunicazione e del discorso attorno al teatro. Anch’esso, infatti, è mediato da equilibri identitari dei soggetti coinvolti nello scambio di ragionamenti, che appaiono ampiamente influenzati dall’ambiente.

Come nota Laura Gemini in un’intervista che accompagna la ricerca Fenomenologia

dei Social Network, «gli utenti siano soprattutto consumatori di contenuti altrui [...].

[I] contenuti sono sia gli elementi espressivi e identitari, sia una moneta di scambio relazionale importantissima»50.

È ancora Maurizio Ferraris a sostenere che, piuttosto che favorire una costruzione della realtà guidata da un io e da una moltitudine i quali, in rapporto di interazione, danno forma alla realtà, è l’ambiente stesso «a predisporre le interazioni da cui, con

48 Cfr. P. Armelli, Twitter rinuncia ai 140 caratteri perché i limiti non ci piacciono, in «Wired.it», 27 Settembre 2017. https://www.wired.it/play/cultura/2017/09/27/twitter-280-caratteri-limiti/ [consultato 21/08/2018]. Il numero dei caratteri è stato portato da 140 a 280 nel novembre 2017, segno che lo stesso paradigma di brevità sta venendo sempre più abbandonato in forza di contributi che sviluppano più spazi e, potenzialmente, un ragionamento più articolato.

49 G. Langlois, Meaning in the Age of Social Media, cit., p. 68, trad. mia: «It is therefore useful to switch the focus from a specific set of meanings expressed by an author to the enactment of multiple technocultural processes of meaning production and circulation [...]».

50 M.G. Falà, Utenti Facebook non più distinti tra online e offline. Intervista a Laura Gemini, in «Maria Grazia Falà / Blog», 26 Marzo 2018. https://www.mariagraziafala.it/laura-gemini-utenti- facebook-non-piu-distinti-online-e-offline/ [consultato 11/08/2018].

gradi di crescente complessità, emergono il mondo sociale, i significati e [...] le costruzioni esplicitamente concepite come tali»51. Il termine “significati” si collega

dunque al risultato di una forma complessa di interazione ed è posto accanto alla categoria del “mondo sociale”, termine che, nel caso di questo studio, può indicare la comunità stessa del teatro, con le logiche reali/virtuali che la regolano.

Su questi due livelli (interazione e mondo sociale), dunque, rispetto all’assegnazione dei significati la dimensione delle comunità virtuali garantisce che sia l’ambiente stesso a contenere in sé un proprio senso. Di certo si incontra una dimensione collaborativa che, a seconda del contesto, riorganizzi il senso e il peso dei significati a partire dai sistemi di relazione costruiti dal rapporto utente/mezzo/oggetto; dunque autore-lettore/Web/teatro52.