3 PUBBLICAZIONE E DIFFUSIONE
3.3. Il teatro tra comunità reali e comunità virtuali
3.3.3. Un caso di studio sul potere dei social media
I luoghi dell’espressione della critica erano prima riconoscibili e separavano nettamente la posizione del critico da quella dei lettori e degli artisti, sul Web queste figure si trovano connesse in una possibilità di dialogo ancora non del tutto
60 P. Lévy, Cybercultura, cit., p. 124.
61 Cfr. S. Turkle, La vita sullo schermo. Nuove identità e relazioni sociali nell’epoca di Internet. [Life
controllata, unite in una prossimità solo apparente, in grado di rimettere in discussione le logiche dialettiche del discorso62.
Per condurre questo approfondimento mi servo di uno dei casi di studio utilizzati per sollecitare le discussioni dei focus group.
Il 23 Ottobre 2017 l’attore, drammaturgo e regista Ascanio Celestini condivide sulla propria pagina Facebook ufficiale il link a una recensione del proprio spettacolo
Pueblo63, firmata da Cristian Pandolfino e pubblicata sul portale online Tempi
Moderni64. La condivisione del link è accompagnata da questo post:
Dopo una settimana c’è un articolo di qualcuno al quale il nostro spettacolo non è piaciuto. La voce registrata nello spettacolo non è di Alba, ma di mio figlio.
Spero che il solerte critico abbia almeno visto lo spettacolo prima di recensirlo.
Ma alle volte è difficile trovare parcheggio davanti al teatro e a pochi metri c’è uno che fa i trapizzini.
“il suo Pueblo balbetta un’umanità che non convince, vittima com’è di una sceneggiatura non risolta, un testo poco brillante e una sequela di immagini che inumidiscono gli occhi sì, ma per lo sbadiglio“
-Cristian Pandolfino-65
L’insieme di documenti costituito dal post e dalle relative reazioni fornisce una traccia chiara di un nuovo modo di comunicare e sono diversi i livelli di analisi dai quali si può individuare il cambio di paradigma: 1) operazione generale; 2)
62 J. Meyrowitz, Oltre il senso del luogo. L’impatto dei media elettronici sul comportamento sociale. [No Sense of Place. The Impact of Electronic Media on Social Behaviour, 1985], Baskerville, Bologna 1995, p. 190-200. Il legame tra luogo sociale e luogo fisico si dissolve in una «dissociazione quasi totale tra collocazione fisica e collocazione sociale» e approda a una «interazione para-sociale» che attenua le differenze tra estranei e amici e indebolisce «la distinzione tra chi è qui e chi è da un’altra parte».
63 Pueblo di e con Ascanio Celestini. Prima rappresentazione: Teatro Vittoria, Roma (Romaeuropa Festival 2017), 17 Ottobre 2017.
64 C. Pandolfino, Pueblo: L’umanità di Celestini che non convince, in «Tempi Moderni», 23 Ottobre 2017. http://www.tempi-moderni.net/2017/10/23/lumanita-di-celestini-che-non-convince/ [consultato 16/07/2018].
65 Post Facebook sulla pagina di Ascanio Celestini, 23/10/2017 https://www.facebook.com/AscanioCelestini/posts/1626418270712489 [consultato 16/07/2018].
posizionamento e popolarità delle due figure rispetto al sistema teatrale; 3) forma e contenuto del post; 4) forma e contenuto delle reazioni; dinamiche di interazione all’interno del thread di commenti. La somma di questi livelli informa circa il processo di creazione di significati nel segmento: contenuto prodotto dal critico (articolo); risposta dell’artista (post); reazione della comunità virtuale (commenti).
1) Operazione generale. Una recensione di per sé visibile a tutti i lettori del portale
su cui è stata pubblicata – che esprime un giudizio mediamente severo a proposito dello spettacolo – viene rilanciata sul profilo Facebook dallo stesso artista, che in questo caso gestisce in prima persona la propria pagina ufficiale. Questa è di per sé una pratica molto usata nella comunità virtuale del teatro, anche se sono pochi gli artisti che condividono recensioni non positive sui propri canali social, proprio perché una recensione che circola online può servire da materiale promozionale dello spettacolo. La casistica generale dimostra come la scelta di condividere via social media una recensione negativa si accompagni a un tentativo, da parte dell’artista, di controbattere alla posizione espressa dal critico. Come si evincerà dal resto dell’analisi, tuttavia, la decisione da parte di Celestini rispecchia sì quest’ultima prassi, ma denota anche la sicurezza che l’artista nutre a proposito del proprio operato.
2) Popolarità delle due figure e posizionamento rispetto al sistema teatrale. A rendere questo caso rappresentativo di una dinamica retorica, ancora prima che il contenuto del commento, è innanzitutto la grande distanza che separa l’artista dal critico in termini di popolarità e visibilità.
Tolti gli organi dei grandi gruppi editoriali, essendo la Rete sempre di più il luogo in cui si ricercano conoscenze specifiche sono le pubblicazioni quelle più seguite dalla comunità teatrale e che ospitano le firme ritenute più rilevanti e riconoscibili66. Tempi Moderni non è una webzine o un blog specificamente dedicato al teatro.
Cristian Pandolfino collabora anche con altre testate scrivendo di teatro e di cinema e lavora principalmente come copywriter, in ambiti soprattutto non legati alle arti
66 Il complesso di questa ricerca restituisce una profonda difficoltà nell’individuare criteri chiari che definiscano chi, nell’ambito della pubblicazione in Rete, possa o meno essere considerato un esponente della critica. L’esempio portato qui introduce, tuttavia, una delle possibili strategie, quella che valuta due aspetti fondamentali: l’identità professionale della firma e il rapporto che la lega al sistema del teatro e, in particolare, agli artisti.
performative. In ogni caso la sua popolarità è senza dubbio inferiore a quella di Ascanio Celestini. Le ragioni sono evidenti: la visibilità di cui può godere un attore/drammaturgo/regista/sceneggiatore è basata sull’esposizione della sua figura, nei luoghi in cui appare svolgendo il proprio lavoro e nei luoghi virtuali in cui si discute la sua figura67.
3) Forma e contenuto del post. Ad accompagnare la condivisione con un commento
alla recensione stessa sono dunque ringraziamenti dall’artista/compagnia all’autore dell’articolo ovvero, nel caso di una recensione negativa, note polemiche rispetto al contenuto o alla forma dell’articolo. In questo caso il commento entra nel merito del contenuto della recensione, ma avanza anche un giudizio relativo alla figura del critico. A mettere in atto questa operazione sono quattro secche battute:
a) «Dopo una settimana c’è un articolo di qualcuno al quale il nostro spettacolo non è piaciuto».
Nella prima frase c’è il richiamo al fatto che, a distanza di una settimana, questo è il primo articolo parzialmente negativo sullo spettacolo, il che afferma il successo del lavoro e rafforza l’artista.
b) Celestini procede poi a una rettifica, spiegando pubblicamente che il critico ha frainteso una
parte dello spettacolo: «La voce registrata nello spettacolo non è di Alba, ma di mio figlio»68.
c) La frase successiva contiene, seppur volta in tono sarcastico, un’illazione rispetto all’operato del
critico: «Spero che il solerte critico abbia almeno visto lo spettacolo prima di recensirlo».
d) La stessa si chiude con: «Ma alle volte è difficile trovare parcheggio davanti al teatro e a pochi
metri c’è uno che fa i trapizzini».
Il post si chiude con un virgolettato delle recensione ed espone di fronte ai follower di Celestini uno dei passaggi severi del testo.
4) Forma e contenuto delle reazioni; dinamiche di interazione nel thread di commenti. Il post in cui Celestini rilancia la recensione di Pandolfino conta, a oggi,
67 Celestini è un artista riconosciuto, oltre che dal pubblico del teatro, anche da quello generalista, anche grazie al fatto che questi si muove attraverso diversi linguaggi dello spettacolo e della cultura (teatro, cinema, letteratura, televisione). La pagina Facebook ufficiale di Ascanio Celestini conta, a ottobre 2018, quasi 132mila Like, un numero di gran lunga superiore alla media delle altre personalità artistiche del teatro e anche a quella degli organi di stampa con uno spazio per il teatro. Attualmente solo 12 su circa 40 siti che si occupano di teatro superano i 3000 Like su Facebook. I primi tre si attestano tra i 33mila e i 25mila [dati aggiornati al 11/10/2018].
68 Nel precedente spettacolo di Celestini, Laika (2015), la voce fuori campo apparteneva all’attrice Alba Rohrwacher.
212 reazioni e 46 commenti. Le cifre di per sé non sono particolarmente sorprendenti, ma il contenuto dei commenti dà conto di un’inedita modalità di relazione tra artista, critico e spettatori/lettori.
Il primo commento e lo stesso post di Celestini fanno diretto riferimento al contenuto dell’articolo, in particolare a questo passaggio:
Attraverso la sua infelice storia si rievocherà tutto quel Pueblo degli ultimi a cui fa riferimento il titolo: [...]. Il tutto intermezzato dalle riflessioni scomode di una voce fuoricampo (il figlio dello
stesso Celestini)69.
Il primo commento al post recita: «Avevo letto questa cosa della voce di Alba, e in effetti qualcosa non mi tornava! Per la recensione, va beh. Opinioni!»70.
Al commento risponde direttamente Celestini: «è quella di mio figlio. Se ti prendi la responsabilità di scrivere un articolo (e citare proprio quella voce) almeno cerca di non farlo a caso. In Internet c’è davvero posto per tutto e tutti».
Nonostante il post iniziale fosse specificamente indirizzato alla stigmatizzazione di un errore di lettura dello spettacolo, il primo commento di Celestini si spinge a mettere in discussione la legittimità della presenza della firma nel dibattito attorno al proprio spettacolo, puntando il dito contro un sistema (Internet) non regolato da sufficienti “criteri di ammissione”.
Aspetti di autovalutazione e legami nella comunità virtuale del teatro
Si può osservare uno schema in cui l’azione (post) e l’interazione (commento) in quanto tali generano innanzitutto una tensione verso la creazione di codici comuni (la condivisa stigmatizzazione di un errore di lettura del linguaggio da un lato, dall’altro il fatto che un errore come questo sveli una debolezza sistemica di Internet). Questo dimostra che gli oggetti sociali che abitano la Rete sono sempre di più creati in
69 C. Pandolfino, Pueblo: L’umanità di Celestini che non convince, cit.
70 Il commentatore dà man forte a Celestini sottolineando la svista di Pandolfino, ma – rispetto al piano generale della “stroncatura” – è interessante notare come questo venga liquidato dalla chiosa «Per la recensione, va beh. Opinioni!».
funzione della propria affordance: quelli usati sono strumenti che hanno smesso le vesti di semplici trasportatori di dati e sono ormai inseparabili dalla funzione «performativa»71.
Il commento successivo è il primo di una lunga serie che si discosta dall’argomento principale per rendere onore all’artista e al suo lavoro: «Non vedo l’ora di vedere questo spettacolo Ascanio. Ti seguo da una vita a teatro, non mi deludi mai».
Dello stesso tenore elogiativo compaiono decine di commenti, che spostano del tutto l’attenzione dalla contingenza specifica messa in evidenza dal post “madre” di Celestini e colgono semplicemente l’opportunità, offerta dal mezzo, di entrare in contatto vivo con un artista che risponde sicuramente di proprio pugno.
Nei focus group condotti a Bologna e Roma, la proposta di questo caso di studio ha suscitato tra i partecipanti diverse reazioni, finendo per allargare il discorso oltre la diretta discussione del caso. Nel momento in cui ci si riferisce direttamente a un artista si va incontro a una sua naturale reazione, ma occorre considerare che nell’ambiente dei social media, a quell’artista si aggiunge il gruppo dei “sodali”, «quelli che partecipano all’ideologia o alle idee dell’artista»72.
La questione, però, sembra riguardare sempre più in profondità il tipo di atteggiamento che una figura come Celestini “può permettersi” di avere nei confronti di una come Pandolfino. Già in questi primi passaggi, la natura di questa relazione tra i due è in grado di influenzare il discorso stesso, nei suoi contenuti e nella sua forma. Questo perché l’atteggiamento dei “sodali” è quello dei fan, del quale la modalità di intervento impostata da Celestini è l’unica a poter governare il tono generale. Proprio questa modalità finisce per viziare il discorso alla radice e, come nota Lucia Medri, per demolire, in parte, il livello della conversazione: «Non solo decade lo spettacolo, ma decade proprio la comunicazione insieme all’artista stesso, che è il primo a occuparsi di distruggerla».
71 Cfr. M. Ferraris, Mobilitazione totale, cit., pp. 36-45. Il termine riprende l’accezione utilizzata da John Austin (Cfr. J.L. Austin, Come fare cose con le parole [How to Do Things With Words, 1965], Marietti, Genova 1987) e si riferisce a quei documenti che hanno una funzione di allargamento di conoscenza spinta oltre la semplice informazione.
72 A parlare è Massimo Marino. Questa citazione e le seguenti attribuite a Massimo Marino, Andrea Pocosgnich, Lucia Medri e Lorenzo Donati sono estratti di conversazione dal focus group condotto a Bologna, Teatro Arena del Sole, 04/04/2018.
Ecco che i presupposti di contesto (la conversazione si svolge sulla pagina di Celestini, che ospita solo sodali) portano la figura di Pandolfino a perdere immediatamente credibilità perché questa manca di un sostegno e trova invece un ambiente automaticamente ostile. La più evidente differenza rispetto alle dinamiche della carta stampata è che su quel mezzo una stroncatura più o meno marcata poteva avere un effetto immediato (a patto che venisse firmata da una firma riconosciuta), ma lo spazio di una replica occupava un tempo a sé.
Lorenzo Donati apre un tema fondamentale che riguarda la responsabilità assunta dall’artista, il quale, usando uno «strumento pubblico» e pur protetto da una forma di «autorità o autoritarismo, almeno dice quello che pensa: fa un nome e un cognome e dà la possibilità a questa persona con cui parla di rispondere»73.
Tra le funzioni dei social media c’è anche quella di rompere la distanza che caratterizza certi giudizi perentori e di aprire una discussione che convoca il lato emotivo senza ulteriori filtri. Il carattere di partecipazione che si osserva in questo esempio – che è solo uno di molti – replica una modalità già osservata nel volume di Henry Jenkins, dove si discute il cosiddetto “paradigma dell’esperto” di Patrick Walsh. Jenkins specifica che «i partecipanti di un’intelligenza collettiva spesso sentono il bisogno di dimostrare e documentare la loro conoscenza, ma questo non si basa su un sistema gerarchico e [...] è probabile che la conoscenza che deriva dall’esperienza sia apprezzata assai più dell’istruzione formale»74.
In entrambi i focus group, le prime reazioni dei partecipanti rispetto al caso presentato hanno posto il confronto Celestini-Pandolfino in analogia con altri esempi storici. In un articolo su la Repubblica del 1989 il critico Ugo Volli racconta diversi
73 Il tono con cui Celestini si rivolge pubblicamente a Pandolfino, tuttavia, inficia profondamente il tipo di ricezione che i “sodali” hanno di quell’individuo e della sua funzione. Sono molti i commenti che si spingono oltre l’ironia di Celestini stesso, finendo per sbeffeggiare Pandolfino. Uno dei commenti recita: «Non so quanto possa farti piacere sapere che se tu non avessi scritto questo post io non avrei mai saputo che esiste un “critico“ di nome -Cristian Pandolfino- Comunque adesso lo cerco, dovesse essere uno dei grandi critici della storia e fossi io l’unico a non conoscerlo?».
74 H. Jenkins, Cultura Convergente, cit., p. 34. Il concetto di “paradigma dell’esperto” compare in: P. Walsh, «That Withered Paradigm: The Web, the Export and the Information Hegemony», in H. Jenkins, D. Thorburn (a cura di), Democracy and New Media, MIT Press, Cambridge, MA 2003.
episodi relativi al brutto carattere di certi artisti quando colpiti da una recensione negativa:
L’episodio più (dis)gustoso di questo aspetto del mio lavoro di critico teatrale è dovuto ad Adriana Asti. Non avendo gradita una mia recensione di cui di lei parlavo bene, ma descrivevo l’insipienza registica del marito [Giorgio] Ferrara (il che non costituisce certo un’opinione audace o nuova), la signora Asti ebbe la compiacenza di inviarmi in redazione un mucchietto di sterco di cavallo, ben impacchettato come fosse un prodotto di pasticceria. Le risposi con un fiore e un biglietto dove sostenevo che ognuno regala secondo la propria natura, e la cosa si chiuse lì75.
Anna Bandettini e Massimo Marino, partecipanti a due conversazioni separate, ricordano lo stesso episodio, sottolineando come il fatto di poter visualizzare le reazioni in maniera compatta influisca anche sull’atteggiamento con cui potenzialmente si partecipa al dibattito. Marino, però, si chiede: «Che cosa gliene importa ad Ascanio Celestini di rispondere a Cristian Pandolfino, che non sappiamo neanche chi è?». Aggiungendo questo pensiero dopo aver ricordato il caso Asti-Volli, questi lascia intendere che in quel precedente la statura delle due figure coinvolte era equivalente, mentre in questo caso è evidente un disequilibrio: ancora rispetto a popolarità e posizionamento. L’artista, in questo caso, non rischia in effetti alcun discredito a seguito del confronto con il critico.
Per ricostruire la dinamica di interazione tra i soggetti inclusi in questa conversazione e utilizzarla per comprendere un più generale quadro dei rapporti tra i referenti dell’informazione e della critica teatrale, è utile il contributo di Richard Ling, sulle teorie dei legami interni alle comunità che agiscono nel nuovo ambiente online.
Secondo lo studioso, il vero nucleo della tradizione e del suo transitare di generazione in generazione è sempre stato l’interazione in compresenza. In assenza di quell’interazione, non ci sarebbe «atmosfera, eccitazione, effervescenza». Nella prefazione si legge:
[…] [L]a partecipazione ha raggiunto una nuova dimensione. Il collega assente è parte di quell’interazione. Le interazioni che il collega assente deve attraversare per assicurarsi un posto
nel dibattito rispetto a chi era presente e le provocazioni che deve sopportare sia che vinca o no fanno parte di quell’interazione76.
Ling si domanda se, di fronte a una così persistente presenza di dispositivi di interazione non compresente, sia possibile utilizzarli per «convocare una solidarietà sociale», benché potenzialmente conflittuale77.
Sebbene il tentativo sia quello di preservare l’importanza di un’interazione in compresenza, occorre valutare l’effetto della sua rapida rarefazione. Per trovare un equilibrio tra questi due tipi di interazione, Ling riprende il termine “rituale” usato da Randall Collins, intendendolo come «una forma di fenomeno sociale usata nel processo di sociazione»78. Come visibile anche nel “caso Celestini-Pandolfino”, il
rituale specifico di questa progressione retorica richiede di stabilire «un focus e [...] un umore riconosciuto in maniera reciproca da parte degli individui»79.
Nel caso presentato, ancora una volta, si rende visibile l’agire di una particolare
meaning machine, regolata da specifici processi e costrutti tecnoculturali, che «si
occupano di distribuire l’agire e le relazioni tra diverse categorie di attori della comunicazione»80.
76 R.S. Ling, New Tech, New Ties: How Mobile Communication is Reshaping Social Cohesion, MIT Press, Cambridge, MA 2008, p. XI, trad. mia. «Without that interaction, there would be no atmosphere, no excitement, no effervescence. But participation has been given a new dimension. The absent colleague is a part of the interaction. The interactions the absent colleague must go through to secure a loan from a present colleague and the good-natured insults and threats the absent colleague must endure should he or she win have become parts of the interaction».
77 Ivi, p. 6, trad. mia. «Are we able to use the devices of mobile communication to bring about social solidarity?».
78 Ibidem, trad. mia. «The sense of ‘ritual’ used here is that of a social phenomenon used in the process of sociation». Il termine “sociazione” rimanda agli studi di Georg Simmel e identifica quel processo attraverso il quale una forma di azioni reciproche si consolida nel tempo. Le teorie sulle interazioni rituali compaiono in: R. Collins, Interaction Ritual Chains, Princeton University Press, Princeton 2014.
79 Ivi, p. 9, trad. mia. «It involves the establishment of a mutually recognized focus and mood among individuals, and it is a catalyst in the construction of social cohesion».
80 G. Langlois, Meaning in the Age of Social Media, cit., p. 98, trad. mia. «Technocultural processes and constructs [...] also distribute agencies and relationships between different categories of communicational actors [...]».
La critica retorica del discorso online
Quando si mette a confronto il caso di studio presentato con esempi del passato emerge come la retorica del discorso sui social media ostacoli la definizione di quel «focus» e di quell’«umore riconosciuto in maniera reciproca da parte degli individui». La tendenza, da parte dei commentatori al post, a dimostrare la propria «solidarietà sociale» verso un artista che stimano fa slittare rapidamente il discorso fuori dai binari di un esame specifico dei contenuti dell’articolo, del commento dell’artista o della risposta del critico, che infatti non raccoglie quasi nessuna difesa. Una reazione interessante è:
Mi scusi ma perché rispondere ad una critica? Alla fine il critico fa il suo mestiere e non è che deve per forza acclamare il suo lavoro. Detto questo sarà sempre il pubblico a giudicare o ci