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La trattazione unitaria di una pluralità di regiudicande presentava plurimi vantaggi in termini di economia processuale: una contestuale utilizzazione delle prove era altresì funzionale a prevenire difformi valutazioni su prove identiche o strettamente connesse che avrebbero potuto causare contrasti tra giudicati47.

45 G. FIORELLI, Simultaneus processus e crisi del sistema misto in Maxiprocessi e processo “giusto”, op. cit., p. 660.

46 Cfr. L. MARAFIOTI, Simultaneus processus e mito del giudicato, in L. GARLATI (a cura di), L’inconscio inquisitorio, Atti del Convegno, Milano, 2010, p. 191. 47 Si veda, G. FIORELLI, Simultaneus processus e crisi del sistema misto in Maxiprocessi e processo “giusto”, op. cit., p. 660.

Nonostante gli indubbi vantaggi riconoscibili al processo cumulativo di vaste dimensioni, numerose erano le critiche mosse da più parti nei confronti di questi procedimenti mastodontici, alcune delle quali prive di fondamento che additavano il maxiprocesso come “frutto della volontà perversa dei giudici”48;

“figlio della smania di protagonismo di alcuni di essi, della loro volontà di scrivere la storia della malavita, della libidine di ergersi ad angeli vendicatori dei torti sociali, e via tuonando”49. Queste

accuse, alquanto superficiali, omettevano di andare oltre la mera apparenza, quindi, di scandagliare una certa “disciplina della connessione in un sistema processuale penale di tipo inquisitorio, e una criminalità di massa costituente connotazione essenziale della realtà contemporanea”50.

Le manifestazioni degenerative del maxiprocesso riverberavano i propri effetti tanto all’interno degli ingranaggi della macchina processuale, quanto sulle “strutture, personali e materiali”51

dell’apparato giudiziario52.

Partendo dall’analisi di quest’ultimi effetti, il carico processuale

48G. FALCONE, Le critiche ai maxiprocessi, op. cit. p. 35.

49 E. FASSONE, Esperimenti ed esperienze nel corso dei primi maxiprocessi: il maxiprocesso di Torino, op. cit., p. 51.

50 Si veda G. FALCONE, Le critiche ai maxiprocessi, op. cit., p. 35.

51 In questi termini, G. NEPPI MODONA, Il processo cumulativo nel nuovo codice di procedura penale, in Cass. pen., 1988, pp. 944-945.

52 G. FIORELLI, Dinamiche processuali cumulative e compressione delle garanzie difensive in Maxiprocessi e processo “giusto”, op. cit., p. 663.

metteva in evidenza le carenze logistico-edilizie dell’organizzazione giudiziaria53. Procedimenti con centinaia di

imputati richiedevano strutture capienti per essi e per i loro difensori, per ragioni di spazio venivano adattati edifici ad uso sportivo o scolastico, e dove fu possibile, vennero costruite vere e proprie cittadelle giudiziarie che resero più agevole anche il continuo e gravoso spostamento degli imputati detenuti54.

Sotto il profilo personale, difficoltà si manifestavano nella composizione dei collegi giudicanti, la corte d’assise competente a decidere le regiudicande in esame, mostrava segni di cedevolezza non solo nel reperimento dei giudici togati, ma anche nella sua composizione popolare a causa della delicatezza delle tematiche, tanto che, alla figura del giudice togato aggiunto (chiamato a sostituire i titolari in caso di impedimento), si affiancò la figura del giudice popolare supplente55.

Rimanendo sempre sulla figura del giudice, critiche venivano mosse al giudice istruttore, gli ampi poteri ad esso attribuiti dall’ordinamento lo rendeva il vero e proprio protagonista dei maxiprocessi, di questi procedimenti che acquisivano, già in sede

53 G. FIORELLI, Dinamiche processuali cumulative e compressione delle garanzie difensive in Maxiprocessi e processo “giusto”, op. cit., p. 664.

54 V. P. CORSO, Fenomenologia del Maxiprocesso, in Ind. Pen., 1986, p. 251 ss. 55 Si veda, G. FIORELLI, Dinamiche processuali cumulative e compressione delle garanzie difensive in Maxiprocessi e processo “giusto”, op. cit., p. 664.

istruttoria, dimensioni monumentali. Orbene, nei procedimenti in materia di criminalità organizzata, soprattutto la gestione dei pentiti faceva si che si cumulassero in questa figura di indagatore funzioni inquirenti, istruttorie e decisorie; Insomma, il giudice istruttore divenne il vero accusatore mentre si affievolirono la sua funzione di garanzia e il suo ruolo di giudice terzo56, che poi ha

costituito il motivo principale della riforma di quel Codice57.

La vittima sacrificale del maxiprocesso, sicuramente, era rappresentata dalla vistosa lesione del diritto di difesa che tendeva a scandirsi per tutto l’iter processuale.

La presenza di numerosi imputati, considerando anche la complessità delle relative posizioni a giudizio, incideva considerevolmente sui tempi del processo; “istanze difensive a lungo giacenti, sollecitazioni disinvoltamente ignorate e richieste di accertamenti o di acquisizione probatoria disattese: erano questi solo alcuni dei riflessi perversi del tempo sul diritto di difesa”58,

inteso, qui, come “avente un contenuto reale ed effettivo, nel senso cioè che esso mira ad assicurare a tutti la possibilità di tutela

56 Cfr. R. ALFONSO, Il fenomeno del «pentitismo» e il maxiprocesso, op. cit., p. 10- 11.

57 A. PENNISI, La struttura del processo penale nel codice del 1930 e successive modificazioni: la connessione dei reati; l’economia processuale; l’unitarietà della vicenda criminale oggetto del processo, op. cit., p. 63.

58 G. FIORELLI, Dinamiche processuali cumulative e compressione delle garanzie difensive in Maxiprocessi e processo “giusto”, op. cit., p. 665.

giudiziaria e l’efficace ripristino delle posizioni giuridiche lese”59.

Si deve considerare che, quando la dimensione temporale oltrepassa i limiti consentiti, inevitabilmente, saltano i meccanismi per un corretto accertamento dei singoli fatti ed un’esatta individuazione dei colpevoli, con progressiva erosione della presunzione di non colpevolezza60. Presunzione (ex art. 27 Cost.)

che ricomprende anche il diritto che la verifica della propria innocenza sia tempestiva61.

Riflessi negativi si perpetravano anche sulla libertà personale dell’imputato soggetto a custodia cautelare; l’art. 365 c.p.p. del 1930 disponeva che: gli imputati in stato custodiale dovessero essere interrogati con assoluta urgenza e non oltre quindici giorni dall’arresto. In procedimenti con centinaia di imputati, la cui maggioranza vedono ristretta la propria libertà ancor prima del giudizio definitivo, rendeva altamente probabile che, l’interrogatorio di garanzia da strumento di tutela contro ingiustificate limitazioni della libertà, fosse svilito a mera

59 Così, C.S.M., Relazione al Parlamento sullo “Stato della giustizia”, 1970, in A. PROTO PISANI, Il processo civile a trent’anni dal codice (un bilancio e una proposta), in Riv. dir. Proc., 1972, p. 48.

60 Cfr. C.F. GROSSO, Maxiprocessi e nuovo codice di procedura penale, in AA. VV., Il nuovo processo. Contributi alla riforma del codice di procedura penale, Bologna, 1989, p. 29.

61 Il principio di speditezza è rinvenibile già implicitamente nell’art. 27 Cost., v. L. MARAFIOTI, La separazione dei giudizi penali, cit., p. 61 ss. Inoltre la ragionevole durata del processo ora compare espressamente in Costituzione all’art. 111, comma 2 (a seguito della modifica operata dalla l. cost. n. 2 del 23 novembre 1999).

formalità imposta dall’esigenza di evitare la scarcerazione dell’imputato a causa del decorso del termine62.

Al termine dell’istruzione formale si registrava un ulteriore sacrificio per il diritto di difesa, solo in questo momento il difensore poteva acquisire conoscenza della miriade di atti coperti da segreto istruttorio e presentare le relative istanze e memorie difensive, ma l’esiguo termine di soli cinque giorni non permetteva, a causa della mole degli atti, di disporre di uno spazio idoneo per l’espletamento dell’attività difensiva63.

Il maxi dibattimento, sbocco necessario della maxi inchiesta che prendeva le mosse nella fase istruttoria, accentuava le difficolta gestorie.

L’esigenza di instaurare il contraddittorio tara accusa e difesa duellanti nell’arena di questi edifici “colosseo”, e la pubblicità tipica di questa fase processuale, tendevano ad esaltare il maxiprocesso come simbolo di lotta alla mafia. La rappresentazione scenica era tale da offrire al pubblico uno “spettacolo rassicurante di un potere antagonista costretto in

62 Sul punto, ampiamente, P. CORSO. Fenomenologia del Maxiprocesso, cit., p. 252 e G. NEPPI MODONA, Il processo cumulativo nel nuovo codice di procedura penale, cit., p. 946.

63 Sul punto ampiamente, A. GAMBERINI, Lotta al crimine organizzato e ciclopi processuali. “Riconoscibilità” dell’intervento giudiziario e “praticabilità” della funzione difensiva, cit., p. 71.

ritirata e sconfitto”64, e il processo si riduceva lentamente a “teatro

delle ragioni di Stato”65.

Tale quadro “delineava un uso propagandistico dello strumento processuale, mentre la spinta verso una ricostruzione storica, ancorché per via giudiziaria, del fenomeno criminoso, arricchiva la realtà processuale di elementi meta-giuridici, componenti emotive, politiche e ideologiche tali da modificare inevitabilmente funzione del processo e costume giudiziario”66.

Plurimi erano i principi violati dall’orchestrare dei mega dibattimenti: la mole degli imputati era tale da vanificare la personalità giuridica di ciascuno di essi che venivano ridotti a meri numeri in attesa di giudizio; contestuale era la lesione del principio costituzionalmente tutelato della personalità della responsabilità penale. Più in generale, quando sul bando degli accusati siedano più imputati, c’è il rischio che, per mezzo di condanne e proscioglimenti, il giudizio diventi un “processo storico alla mafia”, con l’ulteriore rischio di ottenere “mediocre giustizia e mediocre storiografia”67.

“La lentezza delle cadenze dibattimentali vanificava anzitutto il

64 S. FORTUNA, in La Discussione, n. 10, 18 marzo 1985.

65 P. PERRUA, I maxiprocessi e la L. 17 febbraio 1987, n. 29, in Cass. pen., 1987, p. 1662.

66 L. MARAFIOTTI, Fenomenologia del gigantismo processuale, op. cit., p. 655. 67 Cfr. M. RAMAT, Il maxiprocesso in Quest. Giust., 1985, p. 263.

principio di concentrazione processuale – temporale e spaziale – delle udienze che si protraevano per tempi talmente lunghi da comportare ingenti costi nei confronti degli imputati sottoposti a custodia cautelare e l’impossibilità per le parti, i difensori ed i magistrati di dedicarsi congiuntamente alla prova, alla discussione e alla valutazione dei fatti senza distrazioni e interruzioni. Basti pensare alla prassi, diffusa nelle aule giudiziarie, di affidare a memorie scritte l’arringa finale difensiva, in modo che i giudici potessero esaminarla al momento della pronuncia della decisione in camera di consiglio”68. Questa dilatazione delle cadenze

dibattimentali sacrificava anche il principio di immediatezza; l’esigenza di un rapporto immediato tra giudice, prova raccolta oralmente e decisione veniva meno. Anche in quelle rare situazioni nelle quali il dato veniva percepito direttamente, come nel caso dell’esame dibattimentale di un chiamante in correità, la peculiarità dell’elemento probatorio e il rapporto creatosi con il giudice rischiavano di annegare del mare magnum delle altre acquisizioni processuali mutuate dal fascicolo istruttorio69.

Sacrificato era anche il principio di pubblicità; la già ricordata

68 G. FIORELLI, Dinamiche processuali cumulative e compressione delle garanzie difensive in Maxiprocessi e processo “giusto”, op. cit., p. 666.

69 Sulla crisi del principio di immediatezza, nel contesto del maxiprocesso, v., per tutti, P. CORSO, Fenomenologia del Maxiprocesso, cit., p. 263.

legge Mancino-Violante (l. 29/1987), resasi necessaria per evitare il naufragare del maxiprocesso di Palermo, introducendo l’art. 466-bis nel Codice del 1930, diede veste legale alla prassi del “dar per letto”. Semplificando, la richiesta di lettura degli atti, quale modo di acquisizione della prova già formatasi in sede istruttoria, venne sostituita dall’indicazione degli atti (su istanza di parte, ma anche ex officio) da acquisire nel fascicolo del dibattimento, onde evitare l’arresto forzoso del dibattimento causato dalle diverse migliaia di pagine di verbali da leggere70.

Questo breve esemplificazione di quelli che erano le peculiari criticità del maxiprocesso, con particolare riflesso sule garanzie costituzionali di libertà e difesa degli imputati, portò a riflettere sull’adozione di un procedimento che potesse coniugare maggior snellezza e quelle garanzie che erano cadute sotto i colpi delle maxi inchieste al crimine organizzato.

Quelle esperienze giudiziarie, soprattutto quella palermitana, resero necessario l’intervento riformatore, “malgrado il peso dell’esigenza di una visione unitaria di un fenomeno così complesso ed articolato quale quello della criminalità

70 Sulla lesione del principio di pubblicità, v., G. FIORELLI, Dinamiche processuali cumulative e compressione delle garanzie difensive in Maxiprocessi e processo “giusto”, op. cit., p. 667.

organizzata”71. Fu così, che in questo clima di buone speranze,

l’ordinamento processuale penale cambiò volto con l’adozione del nuovo Codice del 1988, nella cui “relazione di accompagnamento al progetto preliminare, tra le ragioni della scelta compariva questa: si alle maxinchieste, no ai maxidibattimenti”72.