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I reati di attribuzione esclusiva della d.d.a e della procura della

Con il termine procura distrettuale, si individua quell’ufficio del pubblico ministero, incardinato presso il tribunale del capoluogo

61 Si veda la relazione illustrativa alla circolare C.S.M. n. 2596 del 1993 (non più vigente).

del distretto di corte di appello. La procura distrettuale è funzionalmente competente a svolgere le indagini su un certo numero di reati, che vengono ritenuti di particolare “allarme sociale” nonché abbisognevoli di un’attività investigativa corposa ed estesa. Per queste fattispecie delittuose espressamente individuate all’art 51 c.p.p., il legislatore ha operato una deroga rispetto alla regola generale: quest’ultima prevede che l’ufficio funzionalmente competente a svolgere le indagini deve individuarsi in quello presso il giudice territorialmente competente. In base alla disciplina derogatoria invece gli uffici del pubblico ministero presso i tribunali circondariali vedono sottrarsi una fascia di reati che il legislatore, al fine di mantenere l’unitarietà delle indagini e garantire che le medesime siano svolte da magistrati altamente specializzati, li attribuisce alla procura distrettuale e talune volte alla direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo.

Il corpo normativo dell’art 51 c.p.p. nel tempo ha subito plurime integrazioni attraverso disposizioni che hanno avuto il merito di operare una specializzazione dell’apparato requirente. In primis il d.l. n. 367 del 1991 (convertito con legge n. 8 del 1992), otre ad aver aggiunto alla rubrica dell’articolo la dizione “attribuzioni del procuratore della Repubblica distrettuale”, ha inserito il comma

3-bis, che contiene un elenco di reati di “competenza” esclusiva delle direzioni distrettuali antimafia; il d.l. n. 374 del 2001 (convertito in l. n. 438 del 2001), attraverso il comma 3-quater ha attribuito alla procura distrettuale le prerogative in merito ai reati con finalità terroristica, e infine la l. n. 48 del 18 marzo del 2008 che, nel ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa in materia di criminalità informatica, ha aggiunto al disposto dell’art 51 c.p.p. il comma 3-quinquies, ulteriormente ampliato con la previsione di reati sessuali a danno dei minori (a seguito della ratifica nel 2012 della Convenzione di Lanzarote del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale)63 .

Procedendo con ordine, non tutti i reati distrettualizzati dal legislatore all’art. 51 c.p.p. sono attribuiti alla direzione distrettuale antimafia, come si evince dal disposto dell’art. 102 del Codice Antimafia, quest’ultima struttura distrettuale è funzionalmente preposta a svolgere le indagini solo per reati ex art. 51 comma 3-bis c.p.p.. Inevitabilmente, la restante parte dei reati contemplati dall’art. 51 c.p.p. sono rimessi si nella titolarità della procura distrettuale, ma di essi se ne occuperanno altri gruppi

appositamente designati dal procuratore della Repubblica64.

E nella “competenza” di questi diversi pool, l’art. 51 comma 3- quater e 3-quinquies c.p.p. rimette le seguenti manifestazioni delittuose: delitti tentati o consumati con finalità di terrorismo; delitti tentati o consumati di prostituzione minorile (art 600-bis c.p.); pornografia minorile (art. 600-ter c.p.); detenzione di materiale pornografico e pornografia virtuale che ha ad oggetto minori degli anni diciotto (art. 600-quater e 600-quater 1 c.p.); iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.); detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici e telematici (art. 615- quater c.p.); diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico (art. 615-quinquies c.p.); installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche i telefoniche (art.-617 bis); falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (art. 617-ter c.p.); intercettazione, impedimento, interruzione illecita e installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche ( artt. 617-

64 Vedi, I. CIARNIELLO, Commento al d.l. 7/2015, art. 9, in www. legislazionepenale.eu, 2015, p. 4.

quater e 617-quinquies c.p.); falsificazione, alterazione, soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche ( art. 617-sexies c.p.); danneggiamento di informazioni, dati, programmi informatici e di sistemi informatici e telematici ( artt. 635-bis, 635-ter, e 635-quater c.p.); frode informatica (artt. 640-ter e 640-quinquies)65.

L’art. 51, commi 3-quater e 3-quinquies non contemplano i delitti associativi/mafiosi che il legislatore ha curato di ricomprenderli nel comma 3-bis, al fine di attribuire i relativi compiti investigativi non alla procura distrettuale, bensì ad una apposita struttura interna, quale la d.d.a., che è un gruppo specializzato la cui struttura è precisamente delineata a livello di normativa primaria e secondaria, con particolare attenzione ai requisiti attitudinali e professionali dei magistrati che svolgeranno queste delicate funzioni.

Il d.l. 367 del 1991, fonte istitutiva della direzione distrettuale antimafia (e del comma in esame), ha operato una modifica di natura sostanzialmente processuale, instaurando una speciale “competenza” territoriale con ambito distrettuale. Quindi la d.d.a. vanta una competenza su tutto il territorio dell’intero distretto di

65 In riferimento all’elenco dei reati attribuiti alla procura distrettuale, si veda, A. D’ALESSIO, Attribuzioni delle procure distrettuali e delle direzioni distrettuali antimafia create al loro interno, op. cit., p. 252.

corte d’appello, a fronte della competenza della procura ordinariamente limitata al circondario del tribunale presso cui è costituita66.

I reati di “competenza” esclusiva della direzione distrettuale antimafia (che nel tempo sono stati incrementati attraverso l’introduzione da parte del legislatore di fattispecie analoghe), possono essere così elencati: delitti consumati o tentati individuati al sesto e settimo comma dell’art. 416 c.p. (associazione per delinquere); associazione per delinquere realizzata allo scopo di commettere taluno dei delitti indicati all’art 12 commi 3 e 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (d.lgs. n. 286 del 1998 c.d. Testo unico sull’immigrazione); associazione per delinquere realizzata allo scopo di commettere i delitti di: contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.); introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (474 c.p.); riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.); tratta di persone (art. 601 c.p.); acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.); associazioni di tipo mafioso anche straniere (art.

66 Secondo G. LOCATELLI, Attribuzioni processuali della Direzione Distrettuale Antimafia, in Dir. Pen e proc., 1998, 3, p. 362.

416-bis c.p.); scambio elettorale politico mafioso (art. 416-ter); attività organizzative per il traffico illecito di rifiuti (art. 452- quaterdecies c.p.) sequestro di persona a scopo di estorsione ( art. 630 c.p.); delitti commessi da parte di associazioni ex art. 416-bis c.p. (associazioni mafiose), o per agevolare l’attività di esse; associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309) e associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi e lavorati esteri ( art. 291 quater D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43). Per queste fattispecie delittuose, lo svolgimento delle indagini preliminari e l’esercizio dell’azione penale, nell’intero territorio del distretto di corte di appello, spetta ai magistrati del pubblico ministero facenti parte della d.d.a., salvo il caso in cui il procuratore distrettuale adotti il provvedimento eccezionale (ex art. 8 della circolare C.S.M. del 19 novembre 2010), con il quale assegna il procedimento ad altro magistrato del pubblico ministero (che comunque dovrà trattarsi di una codelega che assolve a funzioni organizzative o professionali).

Al difuori di questa tassativa eccezione, per i reati analiticamente indicati all’art. 51 comma 3-bis, le funzioni di pubblico ministero sono precluse ai magistrati di altri uffici di procura del distretto, sia a magistrati che compongono la procura della Repubblica

distrettuale, ma che non fanno parte della direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo67. La violazione di questa previsione

comporta una nullità di ordine generale ex art. 178 lett. b) c.p.p.; che può qualificarsi come nullità assoluta ex art. 179 comma 1 c.p.p. (nullità insanabile e rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado del procedimento), qualora il p.m. non legittimato esercita l’azione penale formulando la richiesta di rinvio a giudizio, invece, si qualifica come nullità a regime intermedio ex art. 180 c.p.p. ( nullità rilevabile anche d’ufficio fino alla sentenza di primo grado, ovvero se si sono verificate nel giudizio, fino alla sentenza che decide il grado successivo), per tutti gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero “incompetente”, prima dell’esercizio dell’azione penale, essendosi configurata l’ipotesi della “irregolare partecipazione del pubblico ministero al procedimento” menzionata nell’art. 178 lett. b) parte seconda, del Codice di rito68.

Per quanto riguarda i magistrati che compongono la d.d.a., di contro, non sussiste alcun divieto allo svolgimento delle funzioni di pubblico ministero in merito a tutti i reati di “competenza” della

67 G. LOCATELLI, Attribuzioni processuali della Direzione Distrettuale Antimafia, op. cit., p. 362.

68 G. LOCATELLI, Attribuzioni processuali della Direzione Distrettuale Antimafia, op. cit., p. 362, in giurisprudenza sottolinea questo regime, Cass., 17 dicembre 2002, c. Squillace, in Guida al dir., 2003, n. 16, p. 91.

procura del tribunale, diversi da quelli indicati all’art. 51 comma 3-bis c.p.p., poiché l’appartenenza dei sostituti alla struttura requirente interna all’ufficio di procura distrettuale, non fa venir meno il loro status di magistrato in servizio presso la procura della Repubblica distrettuale e per logica conseguenza possono ben svolgere le funzioni inquirenti attribuite all’ufficio di appartenenza69.

La giurisprudenza costantemente ha ribadito che le previsioni di cui all’art. 51 comma 3-bis c.p.p. costituiscono una deroga assoluta alle regole sulla competenza territoriale. Dalle plurime pronunce del giudice di legittimità si può evincere il principio seguente: “L’attribuzione delle funzioni inquirenti per taluni reati all’ufficio del p.m. presso il tribunale del capoluogo del distretto (fra cui il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso), nel cui ambito ha sede il giudice competente, comporta una deroga assoluta e esclusiva alle regole sulla competenza per territorio, anche fuori dagli ambiti distrettuali, perché stabilisce la ‘vis attractiva’ del reato ricompreso nelle attribuzioni di quell’ufficio inquirente nei confronti di quei reati connessi anche se di maggiore gravità, con la conseguenza che, ai fini della determinazione della

69 Si veda, A. D’ALESSIO, Attribuzioni delle procure distrettuali e delle direzioni distrettuali antimafia create al loro interno, op. cit., p. 256.

competenza, occorre avere a riguardo unicamente il luogo di consumazione del reato associativo e, data la sua natura di reato permanente, al luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, potendosi in via residuale fare riferimento, ove detto criterio risulti inapplicabile, ai criteri sussidiari di cui all’art. 9 c.p.p.”70.

Tale principio di matrice giurisprudenziale intende affermare, che i reati associativi/mafiosi attribuiti esclusivamente all’impianto indagatorio distrettuale, attraggono – derogando gli ordinari canoni in materia di competenza territoriale – quei reati che con i primi sono connessi, indipendentemente dalla gravità del delitto e dal luogo di commissione, che ben potrebbe inerire un altro distretto.

La cosa interessante, sulla quale è necessario porre attenzione, riguarda questi reati che si ritengono connessi. Non è possibile ricomprenderli in un numerus clausus, perché qualsiasi delitto può essere commesso per agevolare l’attività di un’associazione criminale mafiosa. Questa finalità non può nemmeno essere considerata elemento della fattispecie che emerge oggettivamente;

70 Sul tema derogatorio, v. A. D’ALESSIO, Attribuzioni delle procure distrettuali e delle direzioni distrettuali antimafia create al loro interno, op. cit., p. 261. Principio ribadito in numerose pronunce (in tal senso, v, Cass., sez II, 13 novembre 2008 n. 6783, Rv. Mass. Uff., 243300; Cass., sez. II, 11 aprile 2006, n. 19831, Rv. Mass. Uff., 234644; Cass., sez. I, 5 ottobre 2005, n 40012, Rv. Mass. Uff., 232949; Cass., sez. I. 18 maggio 2005, n. 21354, Rv. Mass. Uff., 231805; Cass., sez. VI. 30 settembre 2003, n. 4345, Rv. Mass. Uff., 228675, Cass., sez. I, 6 aprile 1994, n. 1543, Rv. Mass. Uff., 198316.)

quindi all’inizio l’inquirente muoverà da congettura circa l’esistenza di questa finalità. Sarà solo alla fine del processo che sapremo con certezza, se quel determinato delitto è stato commesso per agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa, o se diversamente è stato compiuto per altre ragioni che esulano dalla questione esaminata71.

Quindi vi è una possibilità – non remota – che il pubblico ministero ritenga un reato finalizzato ad agevolare un’associazione mafiosa, così facendo, incide in modo determinante sull’attribuzione delle funzioni di pubblica accusa, di g.i.p. e di g.u.p.. Quando questa fallacia viene ad esistenza, il procedimento è sottratto alla cognizione del g.i.p., del g.u.p. e alla procura della Repubblica ordinariamente competenti, dando vita ad un intervento sulla competenza non operato dalla stessa legge, bensì da una sua errata applicazione72con inevitabili ricadute sul principio del giudice

naturale di cui all’art. 25 Cost..

In materi derogatoria riveste particolare importanza una sentenza della Corte di Cassazione (del 9 giugno 2010, n. 27561), con specifico riferimento al delitto di associazione a delinquere

71 G. CONSO, relazione introduttiva, in il principio di precostituzione del giudice, Atti del Convegno organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura e dall’Associazione «Vittorio Bachelet» (Roma 14-15 febbraio 1992), Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura, n. 66, 1993, p 15-27.

72 G. CONSO, relazione introduttiva, in il principio di precostituzione del giudice, cit., p 15-27.

finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti (art. 74, T.U. 309/1990).

La Suprema Corte ha affermato che: qualora si proceda per associazione finalizzata al narcotraffico e reati connessi, nell’impossibilità di accertare il luogo dove ha avuto inizio la consumazione del reato associativo – per il quale si applicano le regole derogatorie della competenza di cui all’art. 51 comma 3- bis, c.p.p. – nel determinare il giudice competente, non si deve applicare in prima istanza le regole suppletive di cui all’art. 9 del medesimo Codice, ma si dovrà tener conto del luogo di commissione dei reati (che si ritengono connessi per i quali il reato associativo opera l’attrazione), via via meno gravi, e solo quando questo modus operandi non porti ad alcun risultato utile, dovranno essere applicati i criteri delineati ex art. 9 c.p.p.73.