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Le funzioni processuali del procuratore nazionale antimafia e

Concentrandosi sul disposto codicistico, facendo salve ulteriori potestà riconosciute da leggi speciali al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, l’art. 103 comma 6, del Codice Antimafia (d.lgs. del 6 settembre 2011, n. 159) dispone che al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo sono attribuite le funzioni previste dall’art. 371-bis c.p.p..

L’articolo in esame venne introdotto nelle more del Codice del 1988 dal d.l. 367/1991 e recentemente è stato riformato con il d.l. n. 7 del 2015 che ha esteso (oltre ad operare le opportune precisazioni terminologiche) le funzioni del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo anche a quei delitti individuati all’art 51 comma 3-quater c.p.p. (delitti tentati e consumati in materia terroristica).

Come si evince già dalla rubrica dell’art. 371-bis c.p.p., “attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia e

41 Sul punto, si veda in particolare, F. SPIEZIA, La Direzione Nazionale Antimafia e il coordinamento delle indagini di mafia dopo 20 anni, op. cit., p. 466.

antiterrorismo”, “emerge che la direzione nazionale antimafia e [antiterrorismo] non è organo di gestione diretta delle indagini in materia di criminalità mafiosa e [terroristica]”42, e da ciò risulta

salvaguardata l’autonomia e l’indipendenza delle procure distrettuali nell’esercizio della funzione inquirente, in ottemperanza a quel principio cardine nel nostro ordinamento diretto a concepire il pubblico ministero come potere diffuso43.

Il primo comma dell’art. 371-bis c.p.p. dispone che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo eserciti le sue funzioni nei procedimenti per delitti ex art. 51 comma 3-bis e 3-quater e nei procedimenti di prevenzione antimafia e antiterrorismo.

Le funzioni attribuite dalla legge al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo trovano un limite soggettivo nei procuratori della Repubblica distrettuali che sono i destinatari, ma anche un limite oggettivo attinente alle sole fattispecie delittuose indicate all’art. 51 comma 3-bis e 3-quater c.p.p.44.

In materia di reati di criminalità organizzata ex art. 51 comma 3- bis c.p.p., il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo

42 L. SURACI, Il sistema del doppio binario nell’ambito delle indagini preliminari, op. cit., p. 255.

43 Sul punto si v. D. MANZIONE, Pubblico ministero e polizia giudiziaria: organizzazione e posizione istituzionale e processuale, in AA.VV., Protagonisti e comprimari nel processo penale, Torino, 1995, p. 107.

44 In dottrina v. G. AMATO, Il potere di monitoraggio attribuito al procuratore nazionale antimafia: contenuto e limiti, in Cass. pen., 1998, p. 2775.

dispone della direzione investigativa antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia, impartendo loro direttive intese a regolarne l’impiego ai fini investigativi. Diversamente, per delitti in materia di terrorismo ex art. 51 comma 3-quater c.p.p., il procuratore nazionale, pur sempre avendo la facoltà di agire attraverso lo strumento della direttiva, dispone dei soli servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia, essendo la d.i.a. un organismo specializzato di polizia deputato a svolgere attività di prevenzione e repressione del solo crimine organizzato mafioso.

Questa disposizione che attribuisce al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo il potere di impartire diposizioni tese a regolamentare l’impego della polizia giudiziaria non ha mai avuto una ricaduta in termini operativi, forse, o molto probabilmente, le cause devono individuarsi nella soppressione delle lettere d) ed e) (art. 371-bis comma 3 c.p.p.) operata dalla legge di conversione del d.l. 367/1991 (l. n. 8 del 1992), che permettevano al titolare dell’ufficio nazionale di selezionare i tempi di investigazione e di orientare le indagini sull’intero territorio nazionale, oltre a impartire direttive ai procuratori distrettuali finalizzate a un funzionale impiego dei magistrati della d.d.a. e della polizia

giudiziaria45.

Il 2 comma dell’art. 371-bis c.p.p. attribuisce al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo il potere di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali al fine di rendere effettivo il coordinamento delle attività investigative, di garantire un funzionale impiego della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni e di assicurare la completezza e la tempestività delle investigazioni.

Particolari problemi desta la qualificazione giuridica degli “atti di impulso” richiamati dalla disposizione in esame. Si può legittimamente pensare che si tratti di attività di “intelligence”, ovvero di “pre-investigazione”, che la procura nazionale svolge sul materiale acquisito (attraverso quella funzione informativa riconosciuta dall’art. 371-bis comma 3, lett. c) c.p.p.) e ne trasmette i risultati alle procure distrettuali essendo quest’ultime soggetti preposti a svolgere le opportune indagini. Si badi bene, che non siamo in presenza di una notitia criminis vera e propria, quindi non si parla di atti che sono idonei, per ciò soli, all’instaurazione di un’indagine preliminare, come si può evincere dal fatto che molto spesso le procure distrettuali recepiscono tali

45 Si veda sul punto, A. CISTERNA, Le funzioni e i poteri della direzione nazionale antimafia nelle linee di politica criminale e nella prassi del processo penale, op. cit., p. 290.

atti a “modello 45”, qualificandoli come non costituenti notizia di reato, potendo costituire altresì, una spinta, un “impulso per l’appunto”, allo svolgimento di attività diretta ad acquisire notizie di reato che il pubblico ministero pone in essere ai sensi dell’art. 330 c.p.p.46.

Ma questi atti di impulso rispondo anche ad ulteriori esigenze, prima su tutte quella di comunicare alle procure distrettuali procedenti la sussistenza di profili di collegamento di indagini ex art. 371 c.p.p., e di conseguenza, invitarle a coordinarsi attraverso lo scambio di atti e informazioni. Analogo discorso deve essere fatto con riferimento agli atti di impulso diretti a garantire la completezza e la tempestività delle investigazioni che rendono operativo quei “congegni orizzontali” di comunicazione tra gli uffici procedenti; come anche per gli atti di impulso che garantiscono un funzionale impiego della polizia giudiziaria, rispondo a ragioni di efficienza, evitando una duplicazione delle investigazioni su medesimi fatti o comportamenti che potrebbero intralciare il regolare svolgimento delle indagini47.

L’art. 371-bis c.p.p. può essere scomposto in due tipologie di

46 Si veda, su tutti i punti, in riferimento all’attività di impulso ex art. 371-bis comma 2, c.p.p., A. CISTERNA, Le funzioni e i poteri della direzione nazionale antimafia nelle linee di politica criminale e nella prassi del processo penale, op. cit., p. 290-291. 47 V. A. CISTERNA, Le funzioni e i poteri della direzione nazionale antimafia nelle linee di politica criminale e nella prassi del processo penale, op. cit., p. 291-292.

funzioni: quelle inerenti ai primi due commi che vengono definite di “impulso al coordinamento”, e quelle dei successivi commi (3 e 4) definite di “impulso alle investigazioni”48.

Dalle lettere del comma 3 dell’art. 371-bis c.p.p., si evince in maniera maggiormente pregnante il ruolo da regista e di supporto della direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (le cui attribuzioni sono esercitate dal titolare dell’ufficio centrale) nel coordinamento delle indagini, che in particolari casi estremi, si protrae fino a vere e proprie ingerenze nell’attività di indagine svolta dall’ufficio del pubblico ministero distrettuale rimasto inadempiente a quei doveri di coordinamento imposti dalla legge. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo attraverso intese con i procuratori distrettuali assicura il collegamento investigativo anche per mezzo di magistrati appartenenti alla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (ex art. 371-bis comma 3 lett. a) c.p.p.), si tratta di un istituto che permette al procuratore nazionale di raccogliere informazioni e indirizzare le indagini, in procedimenti per reati ex art. 51 comma 3-bis e 3- quater c.p.p.49.

48 Così, G.P. VOENA, Soggetti, op. cit., p. 75.

49 Vedi, D. CENCI, La competenza investigativa della D.I.A. e suoi rapporti con le procure distrettuali, op.cit., p. 327-328.

Un istituto di particolare importanza ed incisività nella conduzione delle indagini è quello dell’applicazione. Questo potere (che potremmo definire gestorio dei gruppi di lavoro che in sede distrettuale svolgono funzioni inquirenti in materia di criminalità organizzata e di terrorismo), è prerogativa riservata dalla legge al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

Tale funzione viene riconosciuta dall’art. 371-bis comma 3 lett. b) c.p.p., trova una sua ulteriore specificazione all’art. 105 del Codice Antimafia.

Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (in procedimenti per delitti ex art. 51 comma 3-bis e 3-quater c.p.p.) con decreto motivato può disporre l’applicazione presso un determinato ufficio distrettuale, di magistrati appartenenti alla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, oppure alla direzione distrettuale antimafia o ad altro gruppo di magistrati che presso la procura distrettuale svolge funzioni requirenti in materia terroristica, oppure, ancora, di magistrati di altre procure salvo ne prestino consenso.

Le esigenze a cui assolve l’istituto sono le più disparate. L’art. 105 Codice Antimafia, richiama: procedimenti di particolare complessità o che richiedono specifiche esperienze e competenze professionali; vacanze di organico; inerzia nella conduzione delle

indagini, ovvero specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali.

L’applicazione ha carattere temporaneo e non può avere durata superiore all’anno, salvo casi di necessità dove può essere rinnovata per una durata non superiore a dodici mesi.

Il magistrato applicato è soggetto alle direttive del capo dell’ufficio a cui è destinato, ma non può essere incaricato di affari diversi da quelli indicati nel decreto di applicazione.

Il decreto di applicazione è immediatamente esecutivo, e deve essere trasmesso al C.S.M. per l’approvazione e al Ministro della giustizia. Si comprende come questa previsione dell’art. 105 comma 3 del Codice Antimafia, assoggetti il provvedimento a una condizione risolutiva, che si ritiene soddisfatta in caso di mancata approvazione dell’organo di autogoverno comportando la caducazione del provvedimento di applicazione.

Di questo istituto, come si può evincere dall’ultimo inciso del comma 1 dell’art. 105 Codice Antimafia, si può avvalere anche il procuratore generale presso la corte di appello, (pur trattandosi di fattispecie autonoma rispetto a quella del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo); quest’ultimo può disporre l’applicazione di soli magistrati facenti parte del distretto e per esigenze che devono essere ricondotte a difficoltà investigative,

processuali, inerzia nella conduzione delle indagini, o per carenze in organico, con l’opportuna precisazione che anche in queste ipotesi il provvedimento può essere adottato dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Se invece (nelle citate ipotesi) è il procuratore generale presso la corte di appello a disporre il provvedimento, e riguarda l’ufficio distrettuale, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ha diritto ad essere informato dato che a questo ufficio sono attribuite le prerogative investigative ex. art 51 comma 3-bis e 3-quater c.p.p. sulle quali quest’ultimo esercita i propri poteri officiosi50.

L’applicazione temporanea51 è una funzione a cui il procuratore

nazionale antimafia e antiterrorismo è ricorso con particolare frequenza per assolvere esigenze di specializzazione, ma anche di “personalizzazione” di funzioni della pubblica accusa52.

Non può dirsi la stessa cosa per quando riguarda l’avocazione delle indagini da parte del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, non residuando tracce per quanto attiene all’operatività di questo istituto.

50 V. R. TERESI, Le funzioni del procuratore nazionale antimafia, op. cit., p. 133-134. 51 L’art. 106 del Codice Antimafia richiama l’applicazione dell’art. 105 in quanto compatibile, con riferimento all’applicazione di magistrati della direzione nazionale antimafia e antiterrorismo in procedimenti per misure di prevenzione patrimoniale. Il provvedimento è adottato dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo sentito il procuratore titolare dell’ufficio destinatario del provvedimento.

52 Si veda sul punto, v. S. LORUSSO, “Superprocura” e coordinamento delle indagini in materia di criminalità organizzata tra presente, passato e futuro, cit., p. 29.

L’istituto dell’avocazione condivide con quello dell’applicazione temporanea possibili ingerenze nello svolgimento e nella conduzione delle indagini da parte della procura distrettuale. L’avocazione opera secondo stringenti presupposti legali e si colloca in una posizione di extrema ratio, in altri termini, costituisce un male necessario in situazioni patologiche dove l’empasse del coordinamento è insuperabile, e molto probabilmente queste sono le ragioni che hanno reso l’istituto inoperante.

Facendo ordine, dall’art. 371-bis comma 3 lett. f), g) e h) c.p.p. si evince come l’avocazione delle indagini sia una fattispecie a formazione progressiva.

Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo deve avere impartito ai procuratori distrettuali le opportune direttive per prevenire o risolvere contrasti circa le modalità con cui operare il coordinamento dell’attività di indagine; quando le diretti non hanno sortito l’effetto desiderato (ovvero il contrasto non è stato risolto o prevenuto) ed è stato impedito di promuovere o rendere effettivo il coordinamento, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo è tenuto a riunire i procuratori distrettuali interessati.

dell’autonomia e dell’indipendenza dei singoli uffici distrettuali procedenti, ma se anche dopo questo sforzo il coordinamento non è stato promosso o non è stato reso effettivo per ingiustificate e reiterate inerzie nello svolgimento dell’attività di indagine, o reiterate violazioni dei doveri previsti dall’art. 371 c.p.p. al fine del coordinamento delle indagini, può essere disposta l’avocazione. Quindi si comprende come sia una soluzione estrema e inoltre non è priva di controlli processuali; il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo dispone l’avocazione delle indagini (per delitti ex art. 51 comma 3-bis e 3-quater c.p.p.) con decreto motivato dopo aver assunto sul luogo le necessarie informazioni personalmente o mediante designazione di un magistrato dell’ufficio (art. 371-bis comma 4 c.p.p.).

Il provvedimento di avocazione deve essere trasmesso al C.S.M.53

e ai procuratori della Repubblica interessati (art. 70 comma 6-bis). Il procuratore della Repubblica avocato, ricevuto il provvedimento di avocazione, entro dieci giorni può fare reclamo al procuratore generale presso la Corte di Cassazione, che nel caso ritenga l’atto illegittimo, con l’accoglimento del reclamo revoca il decreto di

53 Come osserva R. TERESI, Le funzioni del procuratore nazionale antimafia, op. cit., p. 133-134, a differenza dell’istituto dell’applicazione dove il C.S.M. ha potere ablativi, in caso di avocazione deve limitarsi a prendere atto del provvedimento e dell’eventuale revoca.

avocazione e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero procedente (art. 70 comma 6-bis O.G.)54.

L’avocazione comporta il subentro nella conduzione delle indagini da parte procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (o altro magistrato dell’ufficio designato) che si sostituisce all’ufficio del