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Nel 1906 Lombardo Radice pubblicava un’interessante recensione a un manuale di Sante Giuffrida «ad uso delle Scuole Normali» concernente «una Storia della Pedagogia contemporanea»102. Tanto più interessante risulta la recensione nella misura in cui affrontava alcuni aspetti cruciali del dibattito pedagogico contemporaneo. Lo studioso catanese esordiva sollevando in via preliminare la seguente domanda: «che cos’è la Pedagogia per la maggior parte di coloro che son chiamati pedagogisti oggidì? E, in particolare, che cosa è oggi in Italia la pedagogia?»103.

Strenuo seguace dell’impostazione di Gentile, di cui non mancava di richiamare in una nota la memoria del 1900, Del concetto scientifico di Pedagogia [sic], Lombardo Radice sottolineava che l’«educazione dell’uomo», ossia la «formazione della sua specifica natura di uomo», che costituisce «il problema della Pedagogia», è in tutto e per tutto il problema stesso della filosofia, e che per tanto «la Pedagogia non ha contenuto se non come Filosofia»104.

Sulla scia di una tale impostazione il giovane studioso catanese prendeva decisamente posizione contro la «confusione», diffusa a quel tempo in Italia, che aveva ridotto tale disciplina a un vero e proprio «miscuglio fisio-psico-socio- antropo-pedologico e pediatrico-didattico»105, e che aveva reso talmente incerte e problematiche le risposte alle domande da lui sollevate, come si è detto, circa il senso e il significato della Pedagogia da far rientrare tra i suoi cultori studiosi di antropometria, di igiene, di medicina, di pediatria, e così via.

Le critiche di Lombardo Radice, come evidente, erano rivolte, ancora una volta, contro l’imperante, almeno in pedagogia, positivismo, che, «cacciato ormai per ogni villa, spadroneggia tuttavia in pedagogia e detta leggi nei programmi della scuola elementare»106.

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G. LOMBARDO RADICE, Recensione a S. GIUFFRIDA, Nuovo corso di Pedagogia

elementare, vol. III: Storia della Pedagogia, parte II, (Torino, Scioldo, 1906), in «La

Critica», IV [1906], p. 455. 103 Ibidem 104 Ivi, pp. 456-457. 105 Ivi, p. 458. 106 Ivi, p. 459.

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Per quanto riguarda poi il libro di Giuffrida, nonostante la funzionalità che gli riconosceva come testo di storia della pedagogia destinato alle Scuole Normali, Lombardo Radice ne contestava la difformità degli spazi attribuiti ai singoli autori, l’eccessiva presenza di autori italiani viventi e di riguardo nei loro confronti. «Bisognerà forse aspettare che i pedagogisti viventi muoiano, per prendere posizione in mezzo al loro pensiero? Il Cielo mi guardi da simili attese. Io auguro a tutti lunghissimi anni felici, e che l’unico loro guaio sieno le mie o le altrui critiche!»107.

Una parte consistente dei contributi critici di Lombardo Radice sulla rivista fondata e diretta da Benedetto Croce appare nel quinto volume de «La Critica», nel 1907. Oltre al saggio già ricordato di Annibale Pastore, il giovane professore catanese sottoponeva a un esame fortemente critico altri due scritti di Saverio De Dominicis e di Giovanni Calò.

Per quanto riguarda De Dominicis, che salutava come un «sincero amico della scuola», e «difensore del prestigio dell’educazione»108

, Lombardo Radice non poteva non rimarcare la distanza delle proprie posizioni rispetto a quelle avanzate dal noto positivista italiano nel primo volume di La scienza comparata dell’educazione relativo alla Sociologia pedagogica. I principali argomenti critici che emergevano dalla recensione riguardavano: a) – la legittimità di una scienza comparata dell’educazione, che Lombardo Radice considerava un vero e proprio «vaniloquio dei confronti e degli specchietti comparativi»109 privo di qualsiasi valore scientifico; b) – la nozione stessa di sociologia pedagogica, che ponendo l’accento sul primo termine dell’espressione, finiva per ridurre la pedagogia a una semplice «tecnica» priva di «un contenuto proprio»110; c) – il «miscuglio pedagogico» che ne caratterizzava il contenuto e lo stile espositivo che si manifestava attraverso «filze d’interrogativi incalzantisi senza che si possa riprender fiato, e ripetenti spesso la stessa domanda; schiere di punti ammirativi; processioni di sinonimi; enfatiche ripetizioni, e tutte le facili abbondanze verbali di chi, improvvisando, va a caccia di quel che deve venire dopo, perdendo tempo col rifriggere il già detto»; d) – i facili

107

Ivi, p. 460.

108

G. LOMBARDO RADICE, Recensione a S. De Dominicis, La Scienza comparata

dell’educazione. Vol. I: Sociologia pedagogica, Milano, Streglio, 1907, in «La Critica», V

[1907], p. 465.

109

Ivi, p. 467.

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«giudizii storici» 111 affrettati e acritici, che caratterizzavano molte delle pagine del libro di De Dominicis.

Alla pars destruens, ampiamente sviluppata nel corso della recensione, non faceva riscontro, in quella occasione, una vera e propria pars construens, nella quale Lombardo Radice esponeva la propria concezione pedagogica. Certo non mancavano alcuni rapidi cenni alla identità tra pedagogia e filosofia dello spirito, che costituiva il fulcro della posizione del giovane professore siciliano, e tuttavia i lettori de «La Critica» ben potevano farsi una più ampia idea della professione di fede neoidealista di Lombardo Radice, sia attraverso la lettura degli altri contributi di taglio marcatamente antipositivistico che egli aveva, come si è visto, pubblicato sulla rivista, sia tramite quella di una nota apparsa quel medesimo anno nella rubrica Varietà dal titolo Pedagogia e psicagogia. (Considerazioni intorno a un sottotitolo).112 Il sottotitolo a cui si faceva riferimento era relativo al volume di Antonio Giovanni Colozza intitolato La meditazione: appunti di psicagogia113.

Si trattava di un breve contributo, in tutto due pagine e mezzo, che, sviluppando un’analisi semantica sul rapporto tra pedagogia e psicagogia, consentiva a Lombardo Radice di chiarire la propria posizione: il riferimento a Colozza era puramente strumentale. Il raffronto tra i due termini induceva immediatamente il giovane studioso catanese a dare, nel caso specifico, la propria preferenza al vocabolo “psicagogia”, di chiara impronta platonica, rispetto a quello più tradizionalmente diffuso di “pedagogia”. La radice linguistica dei due termini accennava a una fondamentale differenza, facendo riferimento rispettivamente, l’una al concetto di psiche, ossia di anima, l’altra al bambino.

La prima considerazione che Lombardo Radice sviluppava consisteva nella costatazione del fatto che il termine sia pure generico di bambino aveva un contenuto estremamente ampio, accennando contemporaneamente a «un organismo e un’anima», e quindi al tempo stesso a competenze non solo educative, ma anche nel campo dell’igiene e della fisiologia.

Una seconda considerazione concerneva il fatto che l’educazione non riguarda semplicemente il bambino, ma più in generale l’uomo: «perché pueri educatio, quando si deve trattare di hominis educatio? Lo spirito (l’uomo) è formazione; e non 111 Ivi, p. 470. 112 Cfr. «La Critica», V [1907], pp. 414-416. 113

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c’è mai lo spirito formato, nel senso di storicamente perfetto e compiuto. La natura degl’ideali (e l’uomo è un ideale: nomine quaero!) è di esser sempre, perché non sono, storicamente, mai, come fatto definitivo e chiuso in sé; ma sono la ragione, la sostanza stessa della storia, in quanto perenne esigenza»114.

Soffermandosi poi sulla seconda radice del termine, il pedagogista siciliano sottolineava l’impronta marcatamente pratica che essa conferiva alla espressione nel suo complesso. L’educazione, la formazione, questo era il senso del ragionamento del giovane professore catanese, non è mai un risultato dato una volta per tutte, ossia un «perfetto e compiuto atto», ma trasformazione continua, «formazione dell’uomo nella sua umanità», e considerare l’educazione scientificamente significa filosofare, nella misura in cui «la scienza della formazione o educazione umana» si identifica con «la filosofia»115. Non era difficile individuare quali fossero i riferimenti teorici che animavano le riflessioni lombardiane, tanto più che era egli stesso a richiamare alla fine del suo breve intervento la memoria gentiliana Del concetto scientifico della pedagogia.

La presenza di Gentile si manifestava direttamente anche nella recensione critica di Lombardo Radice contro la posizione che Giovanni Calò aveva assunto nel volume intitolato Il problema della libertà nel pensiero contemporaneo. Giovane rappresentante di un certo spiritualismo che passando dal suo maestro De Sarlo risaliva a Bonatelli e quindi a Lotze, le posizioni di Calò, peraltro già esplicitamente criticate da Gentile sempre su «La Critica» l’anno precedente116

, apparivano a Lombardo Radice del tutto insoddisfacenti.

A mezza strada fra un «tentativo scientifico» e un «titolo per concorsi»117, le riflessioni di Calò sul concetto di volontà, di libertà del volere e di autonomia, apparivano fortemente condizionate da un «sacro odio per Hegel»118. Proprio tale impostazione aveva del resto impedito a Calò di comprendere il valore della

114

G. LOMBARDO RADICE, Pedagogia e psicagogia. Considerazioni intorno a un

sottotitolo, in «La Critica», V [1907], p. 414. 115

Ivi, pp. 414-415.

116

Cfr. G. GENTILE, Recensione a G. CALÓ, L’interpretazione psicologica dei concetti

etici, Roma, Forzani, 1905, in «La Critica», IV [1906], pp. 311-312. 117

G. LOMBARDO RADICE, Recensione a G. CALÓ, Il problema della libertà nel

pensiero contemporaneo, Palermo, Sandron, 1906, in «La Critica», V [1907], p. 152. 118

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cosiddetta teoria della «razionalità del volere morale, che è insieme libertà e determinismo perché autonomia». Dottrina, osservava ulteriormente Lombardo Radice, «che forma la gloria dell’idealismo, da Socrate ad Hegel»119, e il cui misconoscimento aveva condotto Calò non solo a non risolvere il problema classico dell’antinomia di libertà e determinismo, ma anche e soprattutto a non cogliere quali fossero le condizioni dell’autonomia della persona.

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