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Negli ultimi anni lo scoramento per le sempre più precarie condizioni di salute, per il diradarsi degli amici, per la forzata semiattività, venne in parte attenuato da un improvviso nuovo fervore di attività e di iniziative quando, nel febbraio del 1936, il rettore dell’Università di Roma gli offrì il materiale del «Museo Pedagogico», istituito nel 1874 da Ruggiero Bonghi, e diretto, per l’innanzi, da Luigi Credaro, da poco andato in pensione, «per dargli nuovo indirizzo in rapporto alla storia della didattica e alle esperienze educative del mondo moderno»459. Nella nuova veste di Direttore dell’Istituto di Pedagogia (Museo Archivio Didattico), il professore si attiva immediatamente per una serie di iniziative volte ad arricchire la struttura museale e a trasformarla in uno specchio della cultura pedagogica didattica del tempo.

Nasce così l’idea di una esposizione permanente dei libri per l’infanzia o quella della esposizione permanente delle pubblicazioni pedagogiche, o ancora delle collezioni di libri di testo e delle riviste pedagogiche. Vengono inviate circolari agli editori italiani e stranieri invitandoli a concorrere all’iniziativa con l’omaggio delle loro pubblicazioni, viene interessato il Ministero degli Affari Esteri, per avere in dono i libri di testo e di lettura delle scuole italiane all’estero, vengono coinvolti gli studenti volontari per inventariare, catalogare, collocare. Si tratta di un programma organizzativo articolato che prevedeva: «1) di raccogliere una ricca serie di organiche documentazioni della attività didattica italiana, nel Regno, nelle Colonie, nelle Scuole all’Estero; 2) di raccogliere una documentazione sufficiente a caratterizzare le varie riforme didattiche fuori d’Italia; 3) di creare un grande schedario di consultazione pedagogica , per autori e per argomenti, nel quale lo studioso possa agevolmente trovare notizie di qualsiasi pubblicazione pedagogica italiana o straniera (volumi, memorie accademiche, articoli, recensioni, leggi, regolamenti, circolari ecc. ecc.); 4) di costituire alcuni nuclei librari per le esercitazioni di pedagogia, come ad esempio: I. Scritti italiani e stranieri di critica didattica, concernenti le attività educative moderne; - II. Pubblicazioni didattiche e testi scolastici, dalla formazione del Regno d’Italia ai nostri giorni; - III. Capolavori della letteratura per l’infanzia; 5) di stampare, nell’interesse delle molte centinaia di

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Lettera di G. Lombardo Radice al Preside della Facoltà di Magistero del 28 - 2 -1936, cit. in I. PICCO, Al Magistero di Roma (1923-1938), cit., p. 54.

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studenti iscritti ai corsi, una serie di volumetti miscellanei […]; 6) di promuovere presso varii editori […] la pubblicazione di testi per i corsi e per le esercitazioni, originali o tradotti, scegliendo fra le più ragguardevoli opere moderne di pedagogia e di critica didattica; 7) di iniziare con concorso dell’Istituto di Pedagogia della Facoltà di Magistero di Torino, una collana di volumi di Storia dell’educazione in Italia»460.

Si trattava insomma di creare un’ampia raccolta delle documentazione della didattica, in cui siano ricomprese capillarmente, cioè «scuola per scuola», come si legge in una circolare inviata da Lombardo Radice nel ’36 ai vari Provveditori agli Studi, «tutte le manifestazioni dei fanciulli, scuola per scuola, le quali per genuinità e schiettezza e per rispondenza significativa a particolare scopi educativi perseguiti dai direttori e dai maestri, possano meglio prestarsi alle esercitazioni universitarie di didattica»461. Il rapporto con la scuola militante, dunque, si mette nuovamente in moto. Tutti sono pronti a collaborare, anche dall’estero. E i documenti arrivano: quaderni di bambini, diari, disegni, lavori in legno, creta, gesso, ecc. ecc., Arrivano anche i materiali didattici dei metodi italiani e stranieri più significativi, quelli montessoriani delle disciolte Scuole Magistrali «Montessori» di Roma, il materiale dei Fratelli della Carità di Gand, i volumi illustrativi del metodo Pizzigoni, i volumi del metodo Ward per l’insegnamento della musica, il materiale del metodo Perlasca e tanto altro ancora. La scuola in azione risponde con rinnovato entusiasmo all’appello rivolto del professore impegnato in una opera di monumentale documentazione didattica volta tra l’altro a ricostruire la Storia della Scuola Italiana e non solo come una Storia da scrivere dal basso, cioè dalle singole scuole, dalle singole esperienze realizzatevi, dalla fantasia, dalla creatività dei singoli maestri ed allievi. «Voglio chiudere la mia vita facendo un po’ il furiere della pedagogia, poichè le condizioni di salute non mi permettono più di fare il capitano»462. Così Lombardo Radice scriveva all’amico Enrico Burich il 5 marzo 1937.

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ISTITUTO DI PEDAGOGIA, Miscellanea di pubblicazioni in uso agli studenti per l’anno scolastico 1936-37, Roma, 1937, pp. 3-4.

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Cit. in I. PICCO, Al Magistero di Roma (1923-1938), cit., p. 60.

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Lettera di G. Lombardo Radice a Enrico Burich del 5 marzo 1937 cit. in I. PICCO, Al

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Trucioli

L‘ultima fotografia con la moglie e le figlie in Cadore (agosto 1938)

Dal 18 al 30 luglio 1938 è ancora in Ticino a Locarno, dove per dieci volte parla ai maestri delle scuole elementari e alle direttrici degli asili sui Capisaldi della tradizione pedagogica italiana. Dopo poco più di due settimane, il 16 agosto, in una passeggiata tra i boschi e i rifugi nei pressi di Cortina, poco dopo le 10 del mattino, «Gemma vide che il suo Peppino interrompeva la sua conversazione, oscillava, cadeva. Non capì subito: lo chiamò, lo accarezzò, mise la testa sulle ginocchia. Così la trovò – chissà dopo quanto – una gentile e pietosa passante»463.

«Anche i trucioli sono in qualche modo ‘lavoro’ del falegname; ma non si raccolgono né si espongono a dimostrarlo. Io poi sono stato cattivo falegname, che male ha adoprato la sua materia, e di grossi pezzi pialla pialla, ha fatto pochissimi e piccoli oggetti utili (molti di più e belli li ha costruiti solo in desiderio e fantasia!) e di riccioli di legno invece gran montagna, ogni volta. Buoni per attizzare, al più al più, ma per sé di nessun pregio e di breve fiamma. Trucioli, proprio: vampiugghi, come dice espressivamente il siciliano […] Queste cose, e altre simili, me le sono dette. Ma avevano il loro valore anche discorsi diversi. Che cioè in una vita spesa nell’esercizio d’un compito spirituale (e specie se lavorando con ufficio di stimolatore e di coordinatore di azione), non c’è manifestazione che non valga come documento e indizio delle tendenze, delle speranze, delle difficoltà d’una

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generazione. E se dunque io ho ragione di non ritenere degne di ricordo altro che poche cose costruttive alle quali ho consegnata la mia anima, non ho però diritto di sottrarre le altre, che pur rappresentano una parte di tutta una fermentazione di propositi di problemi d’idee del mio tempo, nell’ambito dell’educazione dei giovani»464. Sono parole queste, scritte da Lombardo Radice, nel 1935, che fanno il punto sul suo complesso, articolato, multiforme impegno pedagogico, i cui tasselli vanno ricercati, innumerevoli, anche nei molteplici trucioli, per ricorrere alla sua immagine, che considerati nel loro totalità valgono a restituire nella sua integralità il pensiero e l’attività di una pedagogia che ha profondamente segnato la vita della scuola e dell’Italia della prima metà del Novecento.

Numerose furono le testimonianze di amici, discepoli, colleghi che in quei giorni lo ricordarono. Tra costoro anche Giovanni Gentile il quale, sul «Giornale Critico della Filosofia Italiana», non poteva fare a meno di rimarcare, al di là dell’affetto, la propria incomprensione nei confronti della scelta del suo più giovane conterraneo che aveva coinciso con la fine del loro sodalizio: «Il Lombardo era quel che si dice un sentimentale, e si lasciava attrarre da certi aspetti della realtà morale che entrano nell’anima ma non vi sono assorbiti: e fanno troppo, e invece della moralità generano il moralismo; per cui la vita si disorganizza e va in frantumi, perdendo la concretezza della sua unità. Fu il difetto della sua virtù: di una virtù sincera, ingenua, vigorosissima. La quale a chi conobbe l’uomo e seppe il cuore che egli ebbe, fece perdonare il difetto, che egli stesso purtroppo scontò duramente. Lo scontò non già con i piccoli dispiaceri che gliene vennero dall’esterno, ma col sentimento angoscioso in cui egli da se stesso si chiuse: il sentimento della solitudine, in mezzo ad un mondo in cui erano pure i suoi vecchi amici; era colui che più lo aveva amato e continuava ad amarlo; e con cui raramente ormai negli ultimi anni s’incontrava, e scambiava mestamente un saluto, un sorriso, una parola di ricordo. Quasi che questo non fosse più il vecchio mondo, in cui si era allargato il suo petto giovanile al vasto respiro della fede nella vita religiosamente vissuta con vigilante pensiero; quasi che gli amici di una volta fossero non più esseri vivi, ma vane ombre. Noi non dimenticheremo mai il suo mesto sorriso, povero Lombardo! Come i maestri italiani non dimenticheremo mai il Maestro che insegnò ad essi, e

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Cit. in Spoglio bibliografico degli scritti di G. Lombardo Radice, dal 1899 al 1934, cit., p. 136.

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fece sentire , i miracoli che fa nella scuola la fede nella scuola; e continueremo a leggere tanti libri che egli scrisse per loro»465.

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G. GENTILE, Giuseppe Lombardo Radice, in «Giornale Critico della Filosofia Italiana», XVII [1938], 4-5, p. 390.

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Appendice

La recezione delle scuole nuove italiane, della Riforma del ’23