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Criticità locali dell’area

I processi di artificializzazione e di consumo di suolo della pianura co- stiera hanno condizionato fortemente l’area umida del Lago di Porta, por- tando ad un isolamento ecologico, all’inquinamento delle acque e dei terreni, all’alterazione del regime idrico e alla diffusione di specie aliene. Il comprensorio di Porta costituisce l’unico esempio nella pianura versi- liese di ambiente relitto ma le aree limitrofe risultano del tutto antropiz- zate in chiave turistica; quest’area necessita di essere riportata in luce in quanto, nonostante la sua importanza storica e naturalistica, non è nella realtà quello che sulla carta è.

Il primo elemento di criticità osservato è la frattura territoriale dovuta ai limiti fisici della ferrovia e dell’Aurelia, a Nord, e dell’autostrada, a Sud che isolano l’area palustre dal resto del territorio. Non esistono percorsi di mobilità alternativa a quella carrabile per il raggiungimento dell’area e oltre a questo l’inconsistenza degli accessi presenti e la mancanza di una cartellonistica informativa adeguata fanno sì che quest’angolo di risorse ambientali sia poco conosciuto e poco valorizzato.

Gli accessi principali sono situati presso Casina Mattioli e di fronte alla Torre Medicea, in corrispondenza della quale, a differenza di Casina Mat- tioli, c’è la possibilità di parcheggio ma la presenza dell’Aurelia rende problematico l’accesso. Entrambi gli edifici, del periodo ottocentesco il primo e rinascimentale il secondo, necessitano di interventi di restauro e recupero in quanto versano in uno stato di abbandono, che nel caso di Casina Mattioli ne pregiudica la stabilità strutturale. Questi edifici storici potrebbero far fronte alle necessità di avere strutture al servizio del Lago di Porta. Mancano inoltre delle porte simboliche dell’area che possano individuare ulteriori accessi in punti strategici di collegamento.

La fruibilità del lago è differente da zona a zona, i percorsi più pratica- ti riguardano quelli lato Montignoso con i quali, grazie alla costruzione della passerella pedonale in legno, è possibile raggiungere la zona del Cinquale.

I percorsi lungo la Fossa Fiorentina e all’interno del bosco, ogni anno sempre più fitto, risultano invece essere poco accessibili, specialmente durante la stagione invernale, durante la quale il terreno diventa impra- ticabile.

Il fiume Versilia si pone poi come un limite fisico per la fruibilità dei per- corsi a causa della mancanza di collegamento tra i due argini del fiume; accedendo agli argini dal lato di Forte dei Marmi presso il ponte sul Ver- silia non è possibile l’attraversamento di quest’ultimo e del Rio strettoia, con la conseguente limitazione dell’accessibilità all’area palustre.

I percorsi esistenti lungo gli argini sono realizzati su fondi irregolari, sono carenti dei servizi quali sedute per la sosta, zona d’ombra, servizi igienici, zone di osservazione della fauna e fontanelle di acqua potabile. Inoltre di notevole importanza risulta essere la complicata fruibilità dei percorsi per le persone disabili.

Dall’analisi storica risulta poi nell’area nord una sedimentazione di mar- mettola scaricata abusivamente, sulla quale la vegetazione è ormai cre- sciuta occultandola e per la quale una rinaturalizzazione dell’area è ne- cessaria. La vegetazione si è impossessata anche dell’area degradata un tempo adibita a tartufaia, in corrispondenza della quale le serre non sono

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state ancora rimosse.

Ulteriori criticità riguardano la presenza del cementificio situato a Nord Est del lago, per assurdo interno alla perimetrazione della Zona di Prote- zione Speciale (ZPS), inadatto ad operare in un’area dalla forte valenza naturalistica.

La minaccia più rilevante è costituita però dalla discarica “ex cava viti”, posizionata al di sopra delle sorgenti che alimentano il lago, che potrebbe danneggiare in maniera irreversibile non solamente il Lago di Porta ma tutto il territorio versiliese.

Gli argini costruiti con il progetto della cassa di espansione sono minac- ciati poi dalla presenza della nutria. La nutria è un roditore di grande ta- glia originario della sub regione patagonica del Sud America e delle aree temperate del Cile e dell’Argentina.

Questa specie animale è stata introdotta in America e in Europa, attorno al primo ventennio del novecento, sulla spinta di un interesse economico legato al loro facile allevamento per la produzione di pellicce. Dopo il calo di interesse verso questa produzione, e spesso per allevamenti poco controllati, le nutrie si sono diffuse all’interno di contesti naturali riuscen- do a costituire popolazioni naturalizzate.

Questo roditore è estremamente versatile e si diffonde particolarmente bene nelle aree umide dolci o salmastre con acque ferme o debolmente correnti, nei comprensori bonificati con canali naturali o artificiali, fiumi ed estuari; la sua dispersione è agevolata dai settori geografici dotati di reti- coli idrici. In natura la durata della sua vita si aggira intorno ai tre anni e si riproduce facilmente, più volte all’anno, in particolar modo dopo periodi invernali prolungati in cui il calo della popolazione è più marcato. La mole di questo animale rende necessaria una notevole esigenza ali- mentare, che per un esemplare adulto si aggira su valori di 1,2 – 2,5 Kg di alimento fresco al giorno.

Gli alimenti principali di cui si nutre, sono rappresentati da piante acqua- tiche come le carici, la canna di palude, la tifa e le ninfee, radici, foglie, tuberi, rizomi e da piante coltivate ed è per questo motivo che rappresen- tano un elemento di pericolo per la vegetazione delle aree umide.

Le nutrie determinano disturbi alla fauna locale con particolare riferi- mento alla componente ornitologica, danneggiandola in maniera diretta, attraverso la distruzione dei nidi e la predazione delle uova, e in maniera indiretta, con un allontanamento a seguito di un disturbo prolungato. Oltre a questo non sono da sottovalutare i danni recati alle infrastrutture come le arginature, i canali d’irrigazione e i canali di scolo dove questa specie è presente con contingenti elevati.

La loro consuetudine di scavare tane ipogee, con tunnel lunghi da 1,2 a 1,8 m dotati di camera terminale posta sopra il livello dell’acqua dove si riproduce, può compromettere la tenuta delle infrastrutture citate attra- verso il rischio di infiltrazioni e cedimenti. Alcuni danni provocati sono ad esempio l’indebolimento degli argini a causa della perforazione, lo smottamento e crollo delle banchine e le esondazioni in occasione delle piene.

Non è da sottovalutare inoltre il problema sanitario dovuto alla presenza di questo roditore in quanto può consentire la diffusione di parassiti come le fasciole e le leptospire.

I sistemi di prevenzione per il contenimento dei danni agli argini possono essere di due tipi: l’utilizzo di una protezione meccanica o le tecniche di controllo numerico.

Il primo riguarda un sistema di protezione contro lo scavo delle nutrie attraverso l’utilizzo di reti a maglie metalliche anticorrosive disposte sia nella parete immersa dell’argine che nella sua parte sommitale. La rete è rivestita da materiale plastico biodegradabile che permette un rapido insediamento della vegetazione.

Dopo poco tempo infatti la rete risulta essere inglobata all’interno dell’ar- gine evitando qualsiasi problema alle normali operazioni di sfalcio. Que- sto tipo di protezione ha costi elevati ma una durata molto alta. Inoltre la pulizia costante e periodica degli argini, non provvisti di rete metallica, con sfalci realizzati grazie a mezzi meccanici scoraggia e limita questo animale nella costruzione della tana.

Il secondo metodo riguarda il ricorso a piani di limitazione numerica del- la nutria attraverso il trappolaggio o l’arma da fuoco; con la modifica del

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2014 alla legge n° 157/1992, che classificava la nutria al pari di topi, ratti e talpe, e come specie non cacciabile e sulla quale aveva competenza la Provincia, la nutria è di competenza comunale nell’ambito della tutela igienico sanitaria ed è numericamente controllabile.

Secondo le indicazioni dell’ ISPRA, lo strumento più adatto sono le gab- bie trappola con soppressione in situ tramite gassificazione con clorofor- mio liquido. Il metodo del controllo tramite arma da fuoco, nel lungo periodo ha un rapporto costo/efficacia minore rispetto al trappolaggio e inoltre questa operazione è difficile in quanto la nutria svolge le proprie attività nelle ore del crepuscolo e della notte.

Tornando all’analisi delle varie criticità, nelle Schede Rete Natura 2000 - SIR 135 “Lago di Porta” vengono individuate le seguenti criticità dell’area 1. Natura relittuale e isolamento della zona umida in un contesto forte-

mente antropizzato;

2. Interrimento del corpo d’acqua, accelerato dall’abbandono delle attivi-

tà tradizionali di taglio della vegetazione elofitica;

3. Interventi di gestione idraulica (in particolare sul Fiume Versilia) che

riducono i livelli di naturalità;

4. Proprietà privata di gran parte del sito, che ne condiziona la gestione; 5. Presenza di abitazioni sparse e di altri insediamenti;

6. Vie di comunicazione (strade e ferrovie) ai confini del sito;

7. Disturbo diretto causato da escursionismo, passeggiate, pesca dilettan-

tistica;

8. Diffusione di specie alloctone invasive (particolarmente rilevante Pro-

cambarus clarkii);

9. Presenza di elettrodotti a bassa e media tensione; 10. Abbandono incontrollato di rifiuti solidi;

11. Attività agricole intensive (colture in serra);

12. Deterioramento del suolo in aree utilizzate come discariche di marmet-

tola;

13. Possibili atti di bracconaggio;

14. Transito abusivo di mezzi motorizzati;

15. Il sito è inserito in un contesto territoriale fortemente urbanizzato, inte-

ressato dalla presenza di insediamenti abitati e industriali, importanti vie di comunicazione, aree estrattive;

16. Inquinamento delle acque; 17. Siti estrattivi in aree limitrofe.

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