La produzione
La sostanziale omologazione formale e compositiva derivata dall’applicazione su larga scala dello schema com- ponibile, sostenuto con intraprendenza commerciale da un’industria che ha sfruttato l’economia di scala dei grandi numeri, intorno alla fine degli anni settanta è stata messa in discussione da complesse ragioni connesse da un lato alla saturazione del mercato e ad alcune difficoltà legate ai meccanismi produttivi ma, dall’altro, anche da nuovi comportamenti e dunque da diverse aspettative da parte del cliente, legate a profondi cambiamenti della società. All’omologazione, anche intesa come espressione della modernità, è stata opposta la domanda di una sempre maggiore personalizzazione degli spazi abitativi, alla ricerca di una possibilità di caratterizzazione individuale.
Approcciando l’arredo destinato all’ambiente cucina da una prospettiva progettuale risulta indispensabile approfondire il tema da un punto di vista produttivo, a partire dall’organizzazione industriale che propone un’offerta tanto varia ed in grado di adattarsi alle esigenze di ogni singolo cliente.
Sul finire degli anni ’70 l’industria del mobile era ancora fortemente orientata verso la produzione in serie: le aziende proponevano pochi modelli realizzati in grandi quantità, le varianti disponibili sul mercato erano minime e la produzione fortemente indirizzata verso lotti econ- omici ma di dimensioni notevoli. Questo modello produttivo adottava un’alta velocità di lavoro degli impianti per rispondere a una domanda ad alto tasso di crescita. In quel periodo però il sistema subì sostan- ziali modifiche, l’andamento dei costi e la situazione finanziaria delle aziende richiesero un sostanziale rinnovamento del sistema produt- tivo. Le problematiche che interessavano l’attività dei cucinieri erano sostanzialmente due: l’elevato immobilizzo di capitale necessario per alimentare il magazzino dei semilavorati, e una domanda che si stava indirizzando verso prodotti sempre più personalizzati e differenziabili in fase di acquisto. In seguito ai cambiamenti socio culturali verificatisi in quegli anni, non era più sufficiente il fatto che la cucina fosse un ambiente gradevole e funzionale da vivere, perché questa risultasse appetibile agli occhi del consumatore, assumeva invece fondamentale importanza il fatto che essa fosse uno spazio personale.
Il notevole sforzo compiuto dalle aziende in quegli anni consentì l’adeguamento della produzione ad un modello Just in Time, così da
limitare il più possibile i fermi macchina e gli stock di magazzino, sia a monte che a valle della produzione. Il cambiamento fu ampio e coin- volse l’intero assetto strategico aziendale, che si dovette adattare al nuovo assetto tecnologico: da una cultura della produzione in serie, si passò a una struttura produttiva flessibile, orientata innanzitutto al soddisfacimento delle esigenze del cliente. Nacque così la serie variata, detta anche produzione snella, la quale garantì i menzionati vantaggi economici ma anche un notevole miglioramento prestazion- ale da parte degli stabilimenti, grazie alla possibilità di utilizzare le medesime linee produttive per modelli differenti. Da un sistema produttivo orizzontale e lineare si passò a un sistema d’integrazione verticale strutturato per isole, dove il prodotto finito è il risultato di una linea produttiva costituita da vari segmenti. Questa nuova organ- izzazione del lavoro, suddiviso in più fasi ben distinte, consentì di limitare i blocchi di produzione e di attribuire al prodotto una qualità più elevata, grazie al controllo da parte di un’unica direzione manageri- ale, quella dell’”azienda madre”, di tutte le fasi produttive (Cortinovis, 1993).
L’industria italiana del mobile per cucina ha realizzato nel 2001 un fatturato di 1749 milioni di Euro (escludendo gli elettrodomestici) attraverso 1015 imprese, per lo più di medie dimensioni, per un totale di 15500 lavoratori (senza considerare l’indotto), un quinto dei quali concentrati nel distretto aziendale di Pesaro-Urbino che fa capo ad una delle principale aziende italiane, la Scavolini (ISTAT, 2006). La
quota complessiva di esportazione nel 2001 è stata del 22,8%; la Fed- erlegno Arredo sottolinea gli sforzi compiuti negli ultimi anni per incrementare questo dato, e come il mobile per cucina sia sempre stato meno orientato all’esportazione rispetto al mobile in generale, grazie al buon andamento della domanda interna ma anche a causa dell’effetto barriera dovuto a differenti normative tecniche in vigore nei diversi Paesi. Ha agito da deterrente la diversa natura dell'interlocutore distributivo: in molti paesi infatti la cucina viene fornita insieme con l'abitazione (con l'esclusione dei soli elettrodo- mestici), la controparte del produttore di mobili risulta quindi spesso essere il costruttore edile, e non un rivenditore.
Nell’industria dell’arredamento il decentramento produttivo è un fenomeno generalizzato, il comparto dei mobili per cucina pare, però, essere il più propenso ad attuarlo. Il ricorso al decentramento si può manifestare con vari livelli d’intensità ed è più consistente all’interno di particolari fasce di offerta rispetto ad altre. Sembrano dunque esistere motivi generalizzabili a più imprese che conducono a una certa omo- geneità di comportamento in questo senso.
Si possono identificare due approcci strategici diametralmente opposti per quanto riguarda la produzione di arredi per cucina
(Cortinovis, 1993).
Si tratta di aziende che si occupano direttamente di tutte le fasi del ciclo produttivo (progettazione, realizzazione delle parti semilavorate e finite, montaggio) e ricorrono alla fornitura da parte di terzi solo per l’acquisto di alcuni elementi quali sedie, tavoli e accessori. Si tratta in genere di aziende che si rivolgono alla fascia alta o medio-alta, che puntano a una vasta copertura del mercato e per le quali seguire diret- tamente tutte le fasi del ciclo produttivo ha come fine il raggiungi- mento di elevati livelli di qualità e design.
L’industria italiana del mobile per cucina oggi
Il decentramento produttivo
AZIENDE CHE SI OCCUPANO DELL’INTERO CICLO PRODUTTIVO
Si tratta di aziende che spesso svolgono la sola attività di assemblag- gio del prodotto finito, le motivazioni che giustificano questa impostazione produttiva risiedono nel contenimento dei costi di produzione, così da poter competere anche sul prezzo; generalmente si tratta infatti di aziende che operano nelle fasce più economiche del settore. Molto spesso questa tipologia di azienda è specializzata nella produzione di fusti e antine e ricorre all’acquisto per quelle compo- nenti che richiedono un Know how tecnologico differente.
Un’azienda che produce cucine può corrispondere a uno di questi due profili, ma più spesso si colloca in un punto intermedio tra le due situazioni limite, ricorrendo a forme più o meno spinte di decentra- mento produttivo e pianificando così quali componenti acquistare o far realizzare per conto terzi e quali produrre internamente.
Col fine di delineare un quadro relativo alle imprese che lavorano nel settore e del ruolo che esse rivestono all’interno della filiera produt- tiva, è di seguito riportata un’analisi estrapolata dal “Service Book” proposto da “Ambiente cucina” (rivista bimestrale che da ormai 35 anni rappresenta un riferimento autorevole all’interno del settore). La rivista raccoglie ed elenca le principali imprese, italiane o estere, ma in ogni caso presenti all’interno del mercato nazionale, appartenenti alle tre tipologie produttive coinvolte nella realizzazione del prodotto finito: i produttori di mobili per cucina, i produttori di elettrodomestici da incasso e i produttori di componentistica (Ambiente Cucina, 2012).
Nella tabella seguente è riportato il numero complessivo delle imprese che rientrano nelle tre categorie sopra citate e, tra queste, la quantità di aziende che si occupa della produzione di uno specifico prodotto o componente.
Le tipologie produttive coinvolte
AZIENDE CHE RICORRONO A FORME DI DECENTRA- MENTO PRODUTTIVO
Per qualsivoglia elemento, parte o componente, che costituisca una cucina, è identificabile un discreto numero di aziende che si occupi della sua realizzazione. I produttori di mobili per cucina offrono all’utente il prodotto finito e completo di tutti gli accessori, ma in generale svolgono fondamentalmente un’attività di assemblaggio, acquistando sul mercato alcuni prodotti finiti presso aziende esterne (come elettrodomestici, tavoli, sedie, rubinetti, lavelli ecc.) e commis- sionando la produzione di molti elementi, necessari per la costruzione dei mobili, a imprese che lavorano per conto terzi e contraddistinte da una più elevata specializzazione (come maniglie, parti in massello, spine di legno, cassetti, ecc.). Le attività comuni alla quasi totalità delle
Tabella 2
Le principali aziende operanti nel settore Le aziende sono suddivise in base alla tipologia di prodotto, componente o servizio offerto
Prodotti In muratura Moderna Tradizionale Aspirazione Cottura Freddo Lavaggio Altro Alzatine Ante Attrezzature interne Bordi e profili Carte decorative e film Cassetti
Colle e adesivi Dissipatori di rifiuti Ferramenta
Gambe piedini e ruote Impiallacciature Laminati Lavelli Maniglie e pomelli Pannelli Porta rifiuti Rivestimenti ceramici Rubinetti Schienali Scolapiatti Serrandine Sistemi di illuminazione Top e piani di lavoro Trattamenti di superficie Vetri Quantità di aziende 150 46 137 91 96 62 72 59 47 39 300 26 67 37 50 15 53 15 4 61 38 15 26 35 29 72 17 6 43 16 17 8 11 41 8 10 Tipologia
Produttori di mobili per cucina
Produttori di elettrodomestici da incasso
Il ciclo di produzione
aziende consistono nella realizzazione dei fusti e nell’assemblaggio del prodotto finito. Il ricorso all’acquisto è pressoché totale per le sedie mentre i tavoli possono essere realizzati internamente, tale scelta dipende dalla loro tipologia. La produzione delle antine si articola invece in tre strategie di base: può essere completamente integrata, può riguardare le sole antine in stile moderno e prevedere invece il ricorso al decentramento per quelle in stile tradizionale (in legno), oppure essere completamente decentrata. I piani di lavoro general- mente arrivano in azienda già finiti e pronti per il montaggio, senza che siano necessarie successive finiture.
Le tecnologie impiegate per la produzione di mobili hanno subito una trasformazione radicale negli anni ’70 e ’80, dovuta ad un inevitabile adeguamento alle mutate condizioni della domanda. Mentre in passato la creazione di soluzioni abitative individuali, per le quali l’arredamento corrisponda al gusto personale, era un’esigenza sentita solo da fasce limitate di consumatori, oggi è un’esigenza espressa pressoché dall’intero mercato. Le condizioni cui la produzione si è dovuta adat- tare sono quindi riassumibili in: un assortimento prodotti estrema- mente versatile, la garanzia di tempi di consegna brevi (il che com- porta l’abbreviazione del ciclo di produzione), l’abbondante varietà dell’assortimento, correttamente gestita da un punto di vista organiz- zativo e tecnico produttivo, e infine la possibilità di adeguare rapida- mente le serie in produzione ai mutamenti della domanda, intro- ducendo modifiche sulle linee in produzione in tempi molto brevi. A livello industriale questa impostazione è stata conseguita adottando un modello produttivo su commessa ed eliminando così il magazzino dei prodotti finiti. E’ inoltre stato di fondamentale impor- tanza: l’impiego di macchinari in grado di garantire una notevole flessi- bilità (come le fresatrici a controllo numerico), i tempi brevi di attrez- zaggio e un’efficiente organizzazione, in grado di seguire la realizzazi- one del prodotto in tutte le sue fasi, dall’entrata dell’ordine fino all’imballaggio e alla spedizione (Cortinovis, 1993). Le aziende dispon-
gono pertanto di sistemi di controllo della produzione, mediante i quali sono in grado di seguire ogni singola fase e produrre solo quando il prodotto è già stato commissionato e quindi venduto, così da evitare fermi di semilavorati e ridurre i magazzini presenti in fabbrica ad uno solo: quello delle materie prime.
“Sia in termini di progettazione, sia in termini di produzione industriale, le attrezzature per cucinare e gli spazi che le ospitano sono sempre più equiparabili a laboratori di sperimentazione formale, compositiva e materica.” (San Pietro & Gallo, 2004, p. 2). Il fatto che la diversificazi-
one dei vari modelli avvenga quasi alla fine della produzione ha autor- izzato una progettazione più libera, in quanto veniva meno la neces- sità, per il progetto, di adattarsi ad un rigido sistema produttivo; mentre oggi è il sistema produttivo che è in grado, ovviamente entro certi limiti, di adattarsi alle caratteristiche del prodotto finito.
Flessibilità produttiva e flessibilità progettuale
Il ciclo produttivo è frammentato e suddiviso in fasi specializzate svolte in parallelo, con conseguente esternalizzazione di alcune di esse e una efficiente divisione del lavoro tra imprese. In base all’ordine, ogni unità si rifornisce dal magazzino materie prime del materiale necessario per il proprio compito di produzione. Nel caso in cui l’azienda compri all’esterno dei prodotti finiti o semilavorati, questi arrivano in fabbrica già pronti per l’uso e con i requisiti richiesti. Infine tutti i pannelli e le varie componenti raggiungono, nella quantità e nei tempi pianificati dal sistema di controllo, la zona di assemblaggio, dove viene composto il mobile finito.
L’integrazione di progettazione, macchine a controllo numerico, linee robotizzate e sistemi informatici capaci di garantire una coordinazi- one efficace di tutte le parti, ha consentito di ottenere una variazione di prodotto in continuo, senza l’interruzione della linea.
Figura 42
Schizzi realizzati da Marc Sadler per Ernestomeda Progetto di mobili per cucina Carrè, alcune composizioni otteni-
bili e particolare costruttivo della maniglia
Un esempio emblematico, in termini di efficace impiego della libertà offerta dai sistemi produttivi flessibili, è rappresentato dalla serie Carrè, progettata da Marc Sadler per Ernestomeda nel 2010. In questo caso le maniglie sono ricavate da incavi di varie forme e dimensioni realizzati direttamente sull’anta, e possono essere realizzate in 230000 combinazioni, tra forme, dimensioni e colori; l’accostamento di pannelli con maniglie diverse genera quindi un’infinità di compo- sizioni in grado di caratterizzare, con motivi geometrici elementari ma sempre differenti, la superficie dei mobili. Si tratta di un progetto che, senza l’impiego di macchinari a controllo numerico e sistemi infor- matici in grado di gestire una produzione tanto variegata, sarebbe stato impensabile.
All’omologazione determinata dalla straordinaria diffusione della cucina componibile, è stata progressivamente opposta un’esigenza di personalizzazione di questo spazio e delle sue attrezzature, che sono così divenuti stimolante oggetto di riflessione sia per il mondo della progettazione che per l’industria (San Pietro & Gallo, 2004). La libertà
progettuale consentita dalla serie variata, da un lato ha consentito la rivisitazione dei tradizionali criteri distributivi cosicché l’ambito della cucina è sempre più spesso integrato agli spazi comuni dell’abitazione, dall’altro, forse in modo anche più evidente, la ricerca progettuale si è rivolta all’identificazione di soluzioni in grado di sodd- isfare aspettative funzionali ed estetiche molto differenziate.
La produzione di cucine si appoggia al variegato mercato dei fornitori per concentrarsi sostanzialmente sulle lavorazioni terminali del processo e sulla commercializzazione degli ambienti completi; questa impostazione produttiva consente di scaricare a monte i rischi connessi alla variabilità della domanda.
La serie variata nasce e si sviluppa dalla combinazione di due fattori decisivi: la flessibilità offerta dai nuovi sistemi produttivi e le possibilità gestionali consentite dai software per il controllo della produzione. Le imprese hanno così dilatato la loro gamma prodotti, commercializzando un maggior numero di linee; diversificando al massimo il prodotto a partire da un’unica matrice. Nel settore la diversificazione è divenuta conseguentemente elevatissima, ma anno dopo anno si registra un elevato grado di omogeneità tra le precedenti produzioni e quelle nuove. La flessibilità produttiva ha sì offerto maggior libertà progettuale, ma nonostante i progettisti abbiano identificato nuove letture degli spazi e delle attrezzature, esplorando e sperimentando nuovi percorsi, molti dei requisiti funzionali che furono individuati per le prime cucine componibili sono sopravvissuti. La flessi- bilità produttiva ha stimolato più che altro l’elaborazione di soluzioni formalmente ed espressivamente più flessibili, capaci appunto di assecondare propensioni, gusti e comportamenti individuali. Dunque mentre la varietà formale e quella particolare si arricchiscono periodicamente di novità, la varietà funzionale è sicuramente più statica, vincolata a schemi compositivi ormai ampiamente diffusi e verificati da tempo.
Il prezzo dell’arredo di una cucina, comprensivo degli elettrodomestici, può spaziare da poche migliaia fino a decine di migliaia di euro. Data la presenza di un mercato talmente variegato, risulta indispensabile approfondire le dinamiche legate al processo di acquisto, il ruolo rivestito dalla distribuzione e in particolare dal punto vendita e soprattutto le impostazioni strategiche che contraddistinguono le aziende operanti nel settore, con le relative implicazioni produttive e comunicative, al fini di individuare una tipologia di azienda adatta alle intenzioni progettuali cui è orientato il presente lavoro di tesi.
Le tematiche affrontate in questa parte riguardano pertanto alcune categorie strategiche di riferimento all’interno delle quali possono essere collocate le aziende italiane che operano all’interno di questo settore, quali sono le peculiarità delle varie impostazioni aziendali e quale è stato l’andamento delle varie fasce di mercato negli ultimi anni.