• Non ci sono risultati.

Il tavolo, da un punto di vista strutturale, si articola in due parti fonda- mentali, una parte portata, che generalmente corrisponde a un piano, e una parte portante, identificata solitamente con le gambe. Secondo Alessandro Mendini l’archetipo del tavolo corrisponde al modello “Fratino”, una soluzione che risale al periodo rinascimentale e la cui struttura di supporto consiste in due tavole verticali unite da una terza tavola orizzontale che da stabilità all’insieme (Dubois Marc, 1996).

Le due parti fondamentali del tavolo possono essere poste in una relazione di continuità, o di discontinuità morfologica, ciò è bene espresso da Renato De Fusco in “Storia del design”: “I mobili razionalisti e organici, poi confluiti nell’International Style, si possono ridurre a due opposte tipologie morfologiche, quella del discontinuo e quella del continuo” (De Fusco, 1985, p. 216). Egli individua così un momento

storico fondamentale in cui furono definiti due orientamenti opposti nella relazione tra parti portate e portanti, nel contributo di due progettisti americani di fondamentale importanza: da una parte avremo dunque la continuità il cui modello di riferimento è identifica- bile negli arredi di Eero Saarineen, dall’altra la netta discontinuità tra parti portate e portanti perseguita invece da Charles Eames.

Un altro aspetto interessante risiede nella sua necessità di essere accompagnato da altri oggetti per acquisire senso, in primo luogo dalle sedie. I due oggetti sono legati da un rapporto quasi simbiotico: “Contrariamente ad altre sedute, le sedie devono contare sulla presenza di un tavolo affinché sia garantita la loro esistenza.”8(Dubois,

1996, p. 23).

Inquadramento tipologico

Figura 75

Il tavolo “Firenze” progettato da Giovanni Michelucci

Il prodotto si ispira e riprende la struttura del classico modello rinascimentale “Fratino”

Figura 76

Eero Saarinen ritratto con Flor- ence Knoll e una base dei mobili della serie “Tulip”

Figura 77

Il tavolo da pranzo progettato da Charles Eames

Non vi è alcuna continuità tra la struttura di supporto metallica e il piano in legno

(8) Si riporta il testo originale in lingua inglese:

Le misure fondamentali per un utilizzo confortevole del tavolo con- sistono sostanzialmente nell’altezza del piano e in quella della seduta, è importante che questi due elementi siano accostati in maniera opportuna sotto un profilo dimensionale. Lo schema seguente illustra le misure che, tra di loro opportunamente abbinate, consentono di assumere una postura corretta.

Va fatta qualche considerazione anche in merito alla minima porzione di piano che ogni persona occupa durante il consumo del pasto, nel disegno seguente questo aspetto è approfondito nel caso particolare di un tavolo rotondo del diametro di 180 cm, tale misura rappresenta una tipologia standard alla quale è riconducibile la scelta progettuale che sarà approfondita in seguito.

Questo tipo di tavolo può accogliere fino a dieci persone e lo “spic- chio” occupato da ognuna di esse, secondo gli ergonomi, deve avere una larghezza di almeno 55 cm e una profondità minima di 50 cm. Si delineano così una fascia perimetrale, la quale ospita piatti, bicchieri e posate dei commensali, e due ulteriori aree circolari e concentriche. Quella più esterna, con un diametro di 80 cm, può essere comoda- mente raggiunta anche da seduti, e in genere ospita bevande, condi- menti, piatti di portata e quant’altro; quella più interna, che ha invece un diametro di 30 cm, risulta irraggiungibile, o quantomeno potrà essere raggiunta dalla mano con qualche difficoltà.

Riferimenti ergonomici

Figura 78

Intervalli dimensionali di sedia e tavolo per una seduta confortevole

Scala 1:25 quote in cm Lo schema è ricavato da (Dartford

James, Dining Spaces, 1990) 50

43-46 72,5-77,5 95 - 100° 75-85 45 Figura 79

Porzione minima di spazio da attribuire ad ogni persona per tavoli rotondi di varie misure

Scala 1:50 Lo schema è ricavato da (Dartford

James, Dining Spaces, 1990)

Ø: 80 cm posti: 3 Ø: 180 cm posti: 10 Ø: 100 cmposti: 4 Ø: 125 cm posti: 6 Ø: 150 cm posti: 8

Il tavolo, e in particolare quello della cucina, rappresenta, sotto molti aspetti, il simbolo della convivialità domestica, ci si siede per conver- sare, discutere, scherzare, magari mentre si mangia insieme. Ma questo oggetto oltre ad accogliere tutte quelle attività quotidiane già elencate precedentemente, offre spesso anche un valido supporto durante la preparazione delle pietanze. Dunque all’utilizzo progettato si sovrappone un altro uso spontaneo, forse secondario ma molto diffuso e radicato nella tradizione. A questo proposito sembra inter- essante rivalutare un modello di tavolo tradizionale, robusto, attrez- zato con cassetti e mattarelli, che un tempo accompagnava la mas- saia nel suo cucinare quotidiano ed era magari di un paio di centimetri più alto rispetto alla norma, così da facilitarne il lavoro anche quando questa era in piedi.

L’uso progettato non sempre corrisponde a quello reale, e i disegni realizzati dall’architetto londinese Sarah Wigglesworth sottolineano proprio quest’aspetto, pongono infatti l’attenzione sulla distanza che separa la concezione architettonica dello spazio e delle funzioni, che tende a congelare le situazioni in momenti perfetti, e la realtà della vita domestica, con la rappresentazione della tavola in seguito ad un pasto, disordinata e caotica (Horwitz & Singley, 2004).

L’utilizzo del tavolo in cucina

Figura 80

Misure significative per un tavolo circolare con diametro di 180 cm Scala 1:25

quote in cm

Lo schema è ricavato da (Dartford James, Dining Spaces, 1990)

Figura 81

Il tavolo da pranzo, visto con l’occhio del rigore progettuale, e nel disordine della realtà

Sarah Wigglesworth 180 50 55 75 area difficilmente raggiungibile da seduti minimo spazio necessario affinchè il consumo del pasto sia confortevole

Il tavolo è un oggetto fortemente statico, per quanto possa essere trasportabile, mobile o variabile, offre in ogni caso supporto e durabil- ità. “Si riceve al tavolo. Il tavolo può essere organizzato e preparato. Ci si può sedere al tavolo. Ci si può anche alzare dal tavolo. Il tavolo rimane lì, sgombero o pieno di cose, apparecchiato o spoglio, esso aspetta.”9 (Bekaert, 1996). Data la sua già forte connotazione statica,

sempre più spesso il tavolo viene integrato all’isola o alla penisola e assume così una collocazione fissa all’interno dell’ambiente cucina. Ciò può eventualmente rappresentare motivo di disagio nel momento in cui si presenti la necessità di cambiare la sua posizione, ma spesso anche se il tavolo non ha vincoli che impongono la sua collocazione in un certo punto, questa rimane invariata nel tempo.

Figura 82

Untitled #38 Laura Letinsky Berlino, 2001 Sarah Wigglesworth

(9) Si riporta il testo originale in lingua inglese:

“One is received at a table. The table is arranged and set. One sits down at a table. One can also leave from a table. The table remains. Empty or full, laid or cleared; it waits.”

La progettazione di un tavolo comporta innanzitutto alcune scelte in merito alla continuità o alla discontinuità tra le parti portate e quelle portanti, che coinvolgono la sua struttura, i materiali impiegati, e le lavorazioni coin- volte. Anche i riferimenti ergonomici rappresentano un vincolo, ma allo stesso tempo possono stimolare lo sviluppo di nuove soluzioni progettuali. Inoltre ciò che spicca è la sua staticità, che ha portato i produttori di mobili per cucina ad integrarlo con le altre attrezzature per motivazioni legate alla socialità.

Questo oggetto così semplice e la cui forma, entro certi limiti, è definita irreversibilmente dalla presenza funzi- onale del piano, racchiude in realtà una grande complessità legata alle funzioni che vengono coinvolte e all’utilizzo che se ne può fare in cucina sia da seduti che in piedi, il che lo avvicina agli arredi per cucina con isola di lavoro centrale.