Politecnico di Milano Facoltà del Design
Corso di Laurea Magistrale in Disegno Industriale anno accademico: 2012-2013
La cucina in tavola:
un sistema di arredo per le nuove esigenze in cucina
Tesi di Laurea Magistrale
Claudio Avetta 753682
relatore: Venanzio Arquilla
ABSTRACT
INTRODUZIONE
CAPITOLO 1
La cucina: inquadramento del tema
1.1 L’ambiente cucina: evoluzione storica e tipologica
In principio era il fuoco
L’antico Egitto: la prima cucina concepita come locale di servizio La cucina nell’antica Grecia: i banchetti
I romani e la sacralità della tavola La cucina medioevale
La cucina del Rinascimento
Il potager e un nuovo modo di intendere la cucina La cucina economica, figlia del XIX secolo I fondamenti della cucina razionale
La cucina di Francoforte: l’introduzione dell’ergonomia nello studio di un arredo Le cucine del Bauhaus
Il contributo del razionalismo italiano
Le Corbusier: la soluzione per l’Unitè d’habitation La cucina all’americana: l’introduzione dello standard Nascita e sviluppo dell’industria mobiliera in Italia Gli sviluppi più recenti
1.2 Lo scenario domestico di riferimento
Le soluzioni maggiormente diffuse Le indicazioni della normativa
Dati statistici sull’abitazione degli italiani Dati statistici sulla cucina degli italiani
1.3 La varietà dello standard
I tre livelli della varietà
La struttura dei mobili per cucina Gli standard dimensionali Il Work Triangle
Schemi tipici della disposizione degli elementi
Indice
6 7 7 8 8 9 9 11 12 13 15 18 19 21 22 23 24 1 3 28 29 33 33 34 38 39 40 42 43 44CAPITOLO
2
La cucina: il made in Italy
2.1 La prduzione
Premessa storica
L’industria italiana del mobile per cucina oggi Il decentramento produttivo
Le tipologie produttive coinvolte Il ciclo di produzione
Flessibilità produttiva e flessibilità progettuale
2.2 Il mercato e le strategie d’impresa
Il processo di acquisto
Il punto vendita e il coinvolgimento del cliente nella progettazione del prodotto Le strategie aziendali
L’andamento della domanda
2.3 Euro Cucina 2012: le tendenze
Uno sguardo d’insieme
La specializzazione dei contenitori
L’integrazione del tavolo o del piano snack all’isola o alla penisola L’incremento della profondità del piano di lavoro
Gli elettrodomestici
2.4 Alternative tipologiche: alcuni casi studio
La centralizzazione delle funzioni Oltre la cucina componibile
Risposte ad esigenze contemporanee La cucina flessibile
CAPITOLO 3
La cucina: il rapporto con l’utente
3.1 Le abitudini alimentari e culinarie
La cucina italiana: 50 anni di cambiamento del gusto La famiglia contemporanea
La diversificazione delle abitudini alimentari Le attitudini culinarie
3.2 L’utilizzo della cucina
Riferimenti ergonomici La sequenza di lavoro Il doppio triangolo funzionale Le attività extraculinarie 52 53 54 54 55 57 58 62 63 63 64 68 70 71 71 72 73 74 78 79 81 83 85 90 91 93 93 94 98 99 101 104 105
3.3 Il tavolo: il cuore della cucina
Inquadramento tipologico Riferimenti ergonomici L’utilizzo del tavolo in cucina
CAPITOLO
4
La cucina: il progetto
4.1 Il concept
Traduzione del risultato della ricerca in linee guida progettuali Studio della disposizione delle funzioni
Il concept
4.2 Il prodotto
A tutto tondo
Illustrazione complessiva delle varie parti
Specifiche funzionali, formali e tecnico - costruttive delle varie parti Aspetti dimensionali ed ergonomici
La varietà
4.3 L’inserimento nell’ambiente domestico
L’azienda di riferimento Integrazione con altri elementi Ambientazioni
La sequenza di lavoro Poteziali scenari di utilizzo
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
SITOGRAFIA
RINGRAZIAMENTI
108 109 110 111 116 117 117 120 124 125 128 129 135 137 140 141 142 145 146 149 153 155 161 159Indice delle figure
Figura 1: Uomini primitivi che consumano un pasto Figura 2: Cucina dell’antica grecia
Figura 3: Cucina romana Figura 4: Una cucina medioevale Figura 5: Angolo della cucina
Figura 6: Cucina del castello di Saint Fagans Figura 7: Cucina semplice
Figura 8: Fornelli Potager prodotti dall’azienda francese Briffault Figura 9: Il focolare friulano
Figura 10: La cucina della villa Halde
Figura 11: Christin Friederick “Household Engineering”
Figura 12: Confronto tra una cucina mal configurata e una efficiente Figura 13: La cucina di Francoforte
Figura 14: I caratteristici cassettini-serbatoio in alluminio della cucina di Francoforte Figura 15: Pianta della cucina di Francoforte
Figura 16: Massaia in cucina
Figura 17: Ricostruzione della cucina di Francoforte Figura 18: Cucina progettata da Marcel Breuer Figura 19: La cucina della Casa Elettrica
Figura 20: Cucine a gas prodotte dalla Siemens negli anni: 1925, 1937 e 1957 Figura 21: Interno di uno degli appartamenti dell’Unitè d’habitation, Le Corbousier Figura 22: Interno di un’abitazione realizzata per il Case Study House Program
Figura 23: La cucina vista dal living in un’abitazione realizzata per il Case Study House Program Figura 24: Cucina Gloria, Snaidero, 1961
Figura 25: Cucina E5
Figura 26: Il profilo geometrico ed essenziale della penisola Figura 27: Cucina Contralto, Snaidero, 1988
Figura 28: Cucina aperta sull’ambiente living Figura 29: Cucina in locale di servizio indipendente Figura 30: Cucina intesa come locale vero e proprio Figura 31: Cucina in ambiente aperto
7 8 8 9 10 10 11 11 12 12 13 14 15 16 16 17 17 18 19 20 21 22 22 23 24 25 25 26 30 31 32
Figura 32: Struttura e principali componenti di una cucina componibile Figura 33: Schema raffigurante il Work Triangle
Figura 34: Planimetria di una cucina a I Figura 35: Esempio di cucina a doppia I Figura 36: Planimetria di una cucina a doppia I Figura 37: Planimetria di una cucina a L Figura 38: Planimetria di una cucina a U Figura 39: Planimetria di una cucina a G
Figura 40: Planimetria di una cucina con isola centrale
Figura 41: Esempio di isola di lavoro centrale con piano cottura Figura 42: Schizzi realizzati da Marc Sadler per Ernestomeda Figura 43: I contenitori interni da abbinare ai cassetti
Figura 44: Un’interessante soluzione per il tavolo, con piano ribaltabile annesso all’isola Figura 45: Isola con piano Snack bar abbinato a due sgabelli
Figura 46: Il canale attrezzato con profondità 80 cm di Valcucine
Figura 47: Profondità aumentata con contenitori a parte accessibili frontalmente Figura 48: Piano cottura mono - fiamma
Figura 49: Piano di cottura portatile a induzione elettromagnetica Figura 50: Il concept Green Kitchen di Whirlpool
Figura 51: La cucina monoblocco progettata da Joe Colombo Figura 52: La cucina Eroica di Boffi con il cono superiore sollevato Figura 53: La cucina Sheer
Figura 54: Cucina Sheer, il piano attrezzato della semisfera inferiore Figura 55: OSA, componibilità degli elementi
Figura 56: OSA, composizione ad isola
Figura 57: Esempio di blocco con lavello e doppio piano cottura Figura 58: Esempio di composizione realizzata con i moduli Alpes - Inox Figura 59: La cucina Solaris di Pietro Arosio
Figura 60: Il piano in Corian della cucina Solaris
Figura 61: Il blocco operativo a sbalzo proposto da Snaidero Figura 62: La cucina Board installata in un interno
Figura 63: Il piano cottura ribaltabile installato su un blocco free standing Figura 64: Gli Handy Burners della Tile Kitchen proposti da Droog Design Figura 65: Il piano cottura ribaltabile di Alpes - Inox
Figura 66: L’interno di una cucina anni ‘50 con relativa planimetria pubblicato su “Una cucina italiana” Figura 67: Il sommario di un numero de “La cucina italiana”
40 43 45 45 45 46 47 48 48 49 58 71 72 72 73 74 74 75 75 79 80 80 81 81 82 82 83 83 84 84 85 86 86 87 91 67
Figura 68: Misure ergonomicamente corrette per le basi e per i pensili Figura 69: Misure ergonomicamente corrette per gli elementi a colonna Figura 70: Altezza ottimale per il contenimento di oggetti di vario peso
Figura 71: Schema che riassume le varie fasi coinvolte nella preparazione e cottura del cibo Figura 72: Esempio di svolgimento della sequenza di lavoro in una cucina con composizione lineare Figura 73: Esempio di sdoppiamento del Work Triangle con aggiunta di un secondo lavello
Figura 74: Tavolo della cucina
Figura 75: Il tavolo “Firenze” progettato da Giovanni Michelucci
Figura 76: Eero Saarinen ritratto con Florence Knoll e una base dei mobili della serie “Tulip” Figura 77: Il tavolo da pranzo progettato da Charles Eames
Figura 78: Intervalli dimensionali di sedia e tavolo per una seduta confortevole
Figura 79: Porzione minima di spazio da attribuire ad ogni persona per tavoli rotondi di varie misure Figura 80: Misure significative per un tavolo circolare con diametro di 180 cm
Figura 81: Il tavolo da pranzo, visto con l’occhio del rigore progettuale, e nel disordine della realtà Figura 82: Untitled #38
Figura 83: Uno dei primi schizzi realizzati per la definizione del concept Figura 84: Rappresentazione schematica del concept di progetto Figura 85: Viste ortogonali del concept
Figura 86: Rappresentazione del concept Figura 87: Utilizzo della cucina
Figura 88: I punti cottura liberamente posizionabili sulla superficie della cucina Figura 89: Viste ortogonali e quote di massima del prodotto
Figura 90: A tutto tondo, vista frontale Figura 91: A tutto tondo, vista laterale
Figura 92: Spaccato della cucina: struttura interna del prodotto Figura 93: Schema di assemblaggio del piano della cucina Figura 94: Lo scolapiatti vuoto
Figura 95: Componenti e assemblaggio dello scolapiatti
Figura 96: Il contenimento e l’esposizione delle stoviglie utilizzate con maggiore frequenza Figura 97: Il contenimento delle piastre a induzione portatili
Figura 98: Componenti e assemblaggio della fascia intermedia Figura 99: Accessori per la cucina
Figura 100: Componenti e assemblaggio della base Figura 101: Aspetti dimensionali e ergonomici, vista laterale Figura 102: Aspetti dimensionali e ergonomici, vista dall’alto Figura 103: Esempi di varianti formali del prodotto
99 100 100 102 103 104 105 109 109 109 110 110 111 111 112 117 119 120 121 122 122 125 126 127 128 130 131 131 132 132 133 134 134 135 136 137
Figura 104: Integrazione del prodotto con altri elementi che lo rendono funzionalmente completo Figura 105: Il cestino porta rifiuti mobile prodotto da Lami
Figura 106: Accorgimenti per l’installazione Figura 107: La cappa Platinum prodotta da Elica
Figura 108: Le varianti cromatiche del piano cottura portatile Samsung Away Figura 109: Il rubinetto Isystick di Zucchetti
Figura 110: Esempio di ambientazione numero 1 Figura 111: Esempio di ambientazione numero 2 Figura 112: La sequenza di lavoro di “a tutto tondo” Figura 113: Lo sdoppiamento del Work Triangle
Figura 114: La tavola può essere apperecchiata direttamente da seduti Figura 115: Attività culinarie
Figura 116: Attività extra - culinarie
141 142 142 143 143 144 145 146 147 148 148 149 150 42 56 67 105 106 118
Indice delle tabelle
Tabella 1: Le principali norme UNI e ISO riferite ai mobili per cucina Tabella 2: Le principali aziende operanti nel settore
Tabella 3: Le tre principali categorie strategiche operanti nel settore cucina a livello nazionale Tabella 4: Intervalli dimensionali raccomandati per le distanze fra le tre aree funzionali Tabella 5: Attività svolte nel locale cucina
34 34 35
68
Indice dei grafici
Grafico 1: Abitazioni occupate da persone residenti per classe di superficie Grafico 2: Abitazioni occupate da persone residenti per numero di stanze
Grafico 3: Abitazioni occupate da persone residenti con disponibilità di almeno una cucina con caratteris-tiche di stanza, anzichè di solo cucinino o angolo cottura, per ripartizione
Abstract
L’ambiente cucina rappresenta da sempre uno spazio fondamentale della casa. I recenti cambiamenti ad esso legati gli hanno conferito un ruolo di assoluta centralità all’interno dell’abitazione, facendone uno spazio comp-lesso e caratterizzato da esigenze mutevoli. L’evoluzione dei modelli abitativi ha visto la cucina aprirsi agli altri spazi comuni ed accogliere le attività più disparate. Le trasformazioni socio culturali in atto implicano la diversi-ficazione delle abitudini alimentari all’interno del medesimo nucleo famigliare e l’utilizzo simultaneo delle attrez-zature da parte di più utenti. Gli stili di vita contemporanei influenzano le attitudini culinarie, che variano nell’arco della settimana o addirittura della giornata, con l’alternarsi di piatti veloci a piatti che richiedono più tempo e dedizione. Questo scenario offre interessanti spunti per una reinterpretazione dello spazio cucina e per la ricerca di maggior flessibilità e adattabilità nella fruizione delle sue funzioni da parte di tutte le persone che lo condivi-dono.
Lo sviluppo della tesi, dal punto di vista metodologico, ha previsto una ricerca ampia e orientata alle numerose tematiche che ruotano intorno alla cucina, considerando i cambiamenti e le tendenze più recenti nel settore, senza tralasciare le importanti considerazioni dimensionali ed ergonomiche frutto di decenni di studi svolti sul modello della cucina componibile.
La parte progettuale è stata sviluppata a partire dalla sintesi delle informazioni e delle considerazioni emerse dall’analisi svolta e dalla loro traduzione in requisiti progettuali. Questo processo ha portato all’elaborazione di un concept che ricorre a tecnologie futuribili per ipotizzare nuovi scenari di utilizzo e riti domestici, alla ricerca di una configurazione spaziale rispondente alle esigenze contemporanee.
Alla luce delle considerazioni fatte in merito all’industria dei mobili per cucina, è stato sviluppato un progetto concreto e realizzabile, che ricorre a lavorazioni e materiali tipici del settore e integra elettrodomestici e com-ponenti reperibili all’interno dell’ampio e variegato mercato della fornitura. Il prodotto, frutto della progressiva definizione di specifiche funzionali e formali studiate e valutate con numerosi modelli di studio, riprende ed esprime l’essenza e la forza evocativa del concept, filtrandola attraverso requisiti funzionali e di fattibilità. E’ stato così definito un sistema di arredo completo, che sfrutta la flessibilità produttiva e distributiva del sistema componibile, normalmente finalizzata a un’offerta di varietà che si esaurisce con l’acquisto di un deter-minato modello, per proporre un prodotto per molti versi unico e invariabile, ma la cui versatilità sia esperibile nell’utilizzo quotidiano.
Introduzione
Il lavoro di tesi si è avviato durante il Laboratorio di Sintesi Finale. L’intuizione relativa ai bisogni emergenti nella cucina di oggi e la conseguente proposta progettuale sviluppata nell’ambito del corso hanno rappresentato la base per la pianificazione di un percorso di ricerca che si è progressivamente arricchito di temi e spunti, ed è arrivato a considerare la maggioranza delle tematiche legate a questo spazio domestico. La tesi offre dunque innanzitutto un resoconto e una riflessione sul tema della cucina contemporanea nell’abitazione privata, senza pretese di esaustività su un argomento così vasto e sfaccettato.
Dall’analisi dell’evoluzione storica dell’ambiente cucina e del suo arredo è emersa l’importanza delle ritualità legate all’antico focolare centrale, che per millenni ha rappresentato un importante punto di aggregazione attorno al quale si svolgevano tutte le attività domestiche. Dalla storia della cucina emerge anche il vero archetipo dell’odierna cucina componibile: la cucina di Francoforte. Un sistema studiato per uno spazio minimo ed isolato, che faceva dell’ottimizzazione dei percorsi di lavoro il suo principale punto di forza e che adottava
un approccio funzionalista, ha fornito un modello per lo sviluppo dell’ancora attuale e predominante sistema componibile. Quest’ultimo si è progressivamente arricchito, raggiungendo un’impostazione ed un’organizzazione tali da consentire un’immensa offerta di varianti formali e l’adattabilità a pressoché tutte le tipologie di pianta. Tale sistema si basa fondamentalmente sulla versatilità di un prodotto che può essere differenziato a partire da un’unica matrice standardizzata.
Ancora oggi il problema della cucina è affrontato e risolto innanzitutto sotto il profilo funzionale: la destinazione primaria di questo spazio impone un approccio che sia razionale nella progettazione delle aree di lavoro, in modo che l’utilizzo della cucina sia sicuro, pratico e confortevole, ma allo stesso tempo è necessario cogliere aspetti forse meno evidenti ma altrettanto importanti, quali i modelli di relazione che l’arredo comporta o addi-rittura impone agli utenti.
Le nuove esigenze legate alla cucina sono state rilevate da varie fonti bibliografiche specializzate, le quali con-fermano la diversificazione delle abitudini alimentari tra i membri della famiglia e nell’arco dei giorni della setti-mana, la richiesta da parte dell’utenza di cucine che permettano un utilizzo simultaneo da parte di più cuochi o il confluire in cucina di molte attività domestiche che esulano dalla preparazione o dal consumo dei pasti. Tali esigenze sono confermate dalle cucine che sono state esposte dalle principali aziende produttrici in occasione dell’evento EuroCucina 2012: cucine ad isola o a penisola concepite per aprirsi verso il soggiorno, che centraliz-zano le funzioni, che avvicinano le zone di cottura e preparazione all’area destinata al consumo dei pasti, o che allineano i punti cottura riservando ad ogni utente lo spazio necessario per un utilizzo simultaneo.
Il mondo della produzione e della progettazione hanno dunque fornito una risposta a queste esigenze, ricor-rendo però al classico schema componibile, che spogliato della pressoché infinita varietà formale, offre in realtà una scelta molto limitata dal punto di vista della varietà funzionale, riconducibile ad un numero ridotto di schemi spaziali – tipo, ormai ampiamente consolidati. Inoltre la cucina ad isola, molto apprezzata per i modelli pros-semici e relazionali che propone, rimane esteticamente vincolata al modello componibile, che deriva da una concezione di cucina – laboratorio completamente opposta, e si inserisce nei nuovi ambienti aperti con un peso visivo e dimensionale considerevole, che non permette la completa integrazione con il soggiorno, contraddis-tinto da volumetrie più leggere.
Il sistema produttivo offre un’interessante flessibilità, finalizzata alla variazione del prodotto componibile con particolari e componenti realizzati su misura, che rendono unica la cucina all’interno di un’offerta sovrabbon-dante e omogenea nei contenuti di fondo. Questa flessibilità produttiva, legata all’intervento artigianale, all’impiego di sistemi informatici per il controllo della produzione e macchine a controllo numerico per la variazi-one dei prodotti, può essere egualmente impiegata per la realizzazivariazi-one di un prodotto più fortemente caratter-izzato e progettato a partire da un contenuto funzionale alternativo.
Questo contesto permette quindi di ipotizzare una cucina diversa, che proponga una configurazione spaziale rinnovata e che consenta un utilizzo più dinamico e flessibile degli spazi. In sostanza un’alternativa funzionale concreta allo schema componibile, che risponda alle esigenze espresse dall’utenza e che si inserisca in maniera più organica all’interno di ambienti che si relazionano da vicino con il soggiorno. Una cucina che si colloca al centro dell’ambiente e accoglie anche le attività extraculinarie, che conserva gli aspetti positivi dell’isola e che concentra le principali funzioni, pur inserendosi in ambienti dalla metratura realistica.
Il lavoro di tesi si è avviato durante il Laboratorio di Sintesi Finale. L’intuizione relativa ai bisogni emergenti nella cucina di oggi e la conseguente proposta progettuale sviluppata nell’ambito del corso hanno rappresentato la base per la pianificazione di un percorso di ricerca che si è progressivamente arricchito di temi e spunti, ed è arrivato a considerare la maggioranza delle tematiche legate a questo spazio domestico. La tesi offre dunque innanzitutto un resoconto e una riflessione sul tema della cucina contemporanea nell’abitazione privata, senza pretese di esaustività su un argomento così vasto e sfaccettato.
Dall’analisi dell’evoluzione storica dell’ambiente cucina e del suo arredo è emersa l’importanza delle ritualità legate all’antico focolare centrale, che per millenni ha rappresentato un importante punto di aggregazione attorno al quale si svolgevano tutte le attività domestiche. Dalla storia della cucina emerge anche il vero archetipo dell’odierna cucina componibile: la cucina di Francoforte. Un sistema studiato per uno spazio minimo ed isolato, che faceva dell’ottimizzazione dei percorsi di lavoro il suo principale punto di forza e che adottava
Figura 104: Integrazione del prodotto con altri elementi che lo rendono funzionalmente completo Figura 105: Il cestino porta rifiuti mobile prodotto da Lami
Figura 106: Accorgimenti per l’installazione Figura 107: La cappa Platinum prodotta da Elica
Figura 108: Le varianti cromatiche del piano cottura portatile Samsung Away Figura 109: Il rubinetto Isystick di Zucchetti
Figura 110: Esempio di ambientazione numero 1 Figura 111: Esempio di ambientazione numero 2 Figura 112: La sequenza di lavoro di “a tutto tondo” Figura 113: Lo sdoppiamento del Work Triangle
Figura 114: La tavola può essere apperecchiata direttamente da seduti Figura 115: Attività culinarie
Figura 116: Attività extra - culinarie
un approccio funzionalista, ha fornito un modello per lo sviluppo dell’ancora attuale e predominante sistema componibile. Quest’ultimo si è progressivamente arricchito, raggiungendo un’impostazione ed un’organizzazione tali da consentire un’immensa offerta di varianti formali e l’adattabilità a pressoché tutte le tipologie di pianta. Tale sistema si basa fondamentalmente sulla versatilità di un prodotto che può essere differenziato a partire da un’unica matrice standardizzata.
Ancora oggi il problema della cucina è affrontato e risolto innanzitutto sotto il profilo funzionale: la destinazione primaria di questo spazio impone un approccio che sia razionale nella progettazione delle aree di lavoro, in modo che l’utilizzo della cucina sia sicuro, pratico e confortevole, ma allo stesso tempo è necessario cogliere aspetti forse meno evidenti ma altrettanto importanti, quali i modelli di relazione che l’arredo comporta o addi-rittura impone agli utenti.
Le nuove esigenze legate alla cucina sono state rilevate da varie fonti bibliografiche specializzate, le quali con-fermano la diversificazione delle abitudini alimentari tra i membri della famiglia e nell’arco dei giorni della setti-mana, la richiesta da parte dell’utenza di cucine che permettano un utilizzo simultaneo da parte di più cuochi o il confluire in cucina di molte attività domestiche che esulano dalla preparazione o dal consumo dei pasti. Tali esigenze sono confermate dalle cucine che sono state esposte dalle principali aziende produttrici in occasione dell’evento EuroCucina 2012: cucine ad isola o a penisola concepite per aprirsi verso il soggiorno, che centraliz-zano le funzioni, che avvicinano le zone di cottura e preparazione all’area destinata al consumo dei pasti, o che allineano i punti cottura riservando ad ogni utente lo spazio necessario per un utilizzo simultaneo.
Il mondo della produzione e della progettazione hanno dunque fornito una risposta a queste esigenze, ricor-rendo però al classico schema componibile, che spogliato della pressoché infinita varietà formale, offre in realtà una scelta molto limitata dal punto di vista della varietà funzionale, riconducibile ad un numero ridotto di schemi spaziali – tipo, ormai ampiamente consolidati. Inoltre la cucina ad isola, molto apprezzata per i modelli pros-semici e relazionali che propone, rimane esteticamente vincolata al modello componibile, che deriva da una concezione di cucina – laboratorio completamente opposta, e si inserisce nei nuovi ambienti aperti con un peso visivo e dimensionale considerevole, che non permette la completa integrazione con il soggiorno, contraddis-tinto da volumetrie più leggere.
Il sistema produttivo offre un’interessante flessibilità, finalizzata alla variazione del prodotto componibile con particolari e componenti realizzati su misura, che rendono unica la cucina all’interno di un’offerta sovrabbon-dante e omogenea nei contenuti di fondo. Questa flessibilità produttiva, legata all’intervento artigianale, all’impiego di sistemi informatici per il controllo della produzione e macchine a controllo numerico per la variazi-one dei prodotti, può essere egualmente impiegata per la realizzazivariazi-one di un prodotto più fortemente caratter-izzato e progettato a partire da un contenuto funzionale alternativo.
Questo contesto permette quindi di ipotizzare una cucina diversa, che proponga una configurazione spaziale rinnovata e che consenta un utilizzo più dinamico e flessibile degli spazi. In sostanza un’alternativa funzionale concreta allo schema componibile, che risponda alle esigenze espresse dall’utenza e che si inserisca in maniera più organica all’interno di ambienti che si relazionano da vicino con il soggiorno. Una cucina che si colloca al centro dell’ambiente e accoglie anche le attività extraculinarie, che conserva gli aspetti positivi dell’isola e che concentra le principali funzioni, pur inserendosi in ambienti dalla metratura realistica.
La cucina: inquadramento del tema
L’ambiente cucina:
evoluzione storica e
tipologica
Da quando l’uomo ha imparato a scottare sul fuoco la carne che prima divorava cruda, il processo di preparazi-one e cottura del cibo è entrato a far parte della vita quotidiana, si è avviato così un processo che ha portato la cucina a divenire uno degli ambienti fondamentali e più significativi dell’abitazione. Col passare del tempo e il trasformarsi delle esigenze, l’ambiente cucina ha subito sostanziali modifiche per quanto riguarda la struttura del locale, il suo arredo, le sue attrezzature, la sua collocazione e la sua importanza all’interno dell’abitazione. L’evoluzione dell’ambiente cucina vede da un lato la progressiva riduzione dello spazio e del lavoro manuale necessari alla preparazione di un pasto, la tecnologia ha giocato un ruolo fondamentale in tal senso; dall’altro lato è influenzata da fattori socio-culturali (abitudini alimentari, maggior parità tra i due sessi, crescente impegno extradomestico della donna, cucina intesa come locale di servizio, ecc.). Pertanto è opportuno esaminare l’evoluzione dell’ambiente cucina inserendola in un appropriato quadro storico-sociale, difatti i suoi cambiamenti nel tempo offrono uno spaccato della vita sociale ed economica di un’epoca, e permettono di identificare le radici della cucina contemporanea, tracciando il percorso che ha portato alla sua progressiva definizione.
Il primo sistema di cottura risale all’età della pietra, quando l’uomo scoprì che il fuoco non rappresentava soltanto una fonte di calore e protezione, ma un modo di cuocere il cibo e renderlo più appetitoso. Le varie attività richieste per la preparazione dei cibi si raccolsero attorno ad un focolare: dapprima costituito da alcune pietre disposte attorno al fuoco, poi evolutosi in un largo sasso incavato posto permanentemente sul fuoco e pieno d’acqua, in cui si poneva di volta in volta il cibo che era cotto mediante l’aggiunta di altre pietre roventi
(Cighetti, Matino & Melzi, 1984), è interessante notare come i primitivi
processi di cottura influenzarono fin da subito la forma e la struttura del focolare. Quest’ultimo, inizialmente collocato all’aperto, fu in seguito portato all’interno della caverna o capanna grazie alla costru-zione dei primi camini rudimentali: condotti o spaccature in grado di convogliare il fumo all’esterno ed evitare che l’aria divenisse irrespira-bile. Nacque così il focolare domestico, collocato al centro (per via dell’infiammabilità delle pareti) dell’unico vano disponibile, da qui in avanti la centralità di questo elemento sarà mantenuta per millenni. A mano a mano che l’abitazione s’ingrandiva con l’aggiunta di altre stanze, l’unico punto fermo rimase il locale costruito attorno al fuoco.
(Guerra & Rebecchi, 1995) Il focolare si configurò fin da subito come
luogo di riunione e polo delle attività domestiche, come fulcro della casa e delle attività quotidiane della famiglia.
In principio era il fuoco
Nell’antico Egitto la presenza di una gerarchia sociale rigida tracciò una frattura tra due concezioni distinte di cucina. Le case del popolo erano dotate di un unico locale che ospitava il focolare, composto da tre pietre disposte in cerchio. Nelle abitazioni di nobili e funzionari la cucina, dotata di un fornello mobile in terracotta di forma cilindrica e dell’altezza di un metro, era invece collocata all’esterno dell’abitazione vera e propria, in prossimità dei locali di servizio e delle stanze desti-nate agli schiavi, comunemente a est, in modo tale che odori e fumi non fossero trasportati dal vento verso l’area residenziale e di rappre-sentanza. Nelle cucine gli schiavi preparavano il cibo che poi era servito nelle sale da pranzo dove i nobili mangiavano spesso soli, o al massimo in due (Guerra & Rebecchi, 1995). La classe aristocratica non
aveva il concetto di focolare domestico inteso come spazio di riunione e centro vitale della casa, la cucina era sì indispensabile, ma poco importante e dunque relegata all’esterno dell’abitazione.
L’antico Egitto: la prima cucina concepita come locale di servizio
Figura 1
Uomini primitivi che consumano un pasto Figurina Liebig
La casa greca delle origini consisteva in un unico grande locale, il focolare, sostenuto da quattro colonne in legno, era collocato al centro. I commensali mangiavano seduti a terra, attorno al fuoco; la preparazione dei cibi e l’alimentazione erano considerati atti rituali legati al fuoco sacro, il focolare stesso era identificato con il santuario domestico. Con il successivo sviluppo dell’abitazione su due piani si mantenne comunque la sacralità del focolare. Quando però le case assunsero dimensioni considerevoli, si diffusero fastosi banchetti, da qui la necessità di avere un luogo apposito per cucinare. La cucina della Grecia classica ospitava un forno, il focolare, un tavolo centrale e un lungo bancone collocato lungo la parete dove erano adagiate le poche suppellettili necessarie ed era utilizzata da schiavi, spesso assunti solo in occasione dei banchetti (Guerra & Rebecchi, 1995). I greci persero dunque il sentimento della famiglia intorno al fuoco, ma il banchetto assunse una dimensione di rito sociale, valorizzando la convivialità dei rituali connessi al mangiare.
La cucina dell’antica Grecia: i banchetti
I romani e la sacralità della tavola
Figura 2
Cucina dell’antica Grecia Figurina Liebig
Figura 3
Cucina romana 100 a.C. circa
La casa romana delle origini era costituita da un unico grande vano: l’Atrium, dove un’ampia apertura nel soffitto garantiva l’emissione dei fumi e degli odori prodotti dalla cottura. Servi e padroni condi-videvano attorno al focolare centrale il pasto più importante della giornata: la cena.
Nel periodo Medioevale la cucina assunse due configurazioni total-mente diverse all’interno di due tipologie distinte di abitazione. All’interno delle case comuni, del popolo, si trattava di un locale fondamentale per la vita comunitaria che ospitava la stragrande mag-gioranza delle attività quotidiane e svolgeva anche la funzione di sog-giorno. La cottura era affidata ad un ampio camino isolato al centro della stanza, realizzato in pietra e di poco rialzato da terra, così da permettere di cucinare e di scaldarsi al massimo numero di persone che vi si sedevano intorno. Il locale, molto grande, ospitava una famiglia numerosa, spesso più di dieci persone dovevano trovare un posto a tavola per condividere il momento del pasto (Guerra & Rebecchi, 1995). Per quanto riguarda grandi conventi o castelli, la
preparazione dei cibi era indirizzata a collettività numerose, la cucina si configurò quindi come un ambiente a se stante, dotata anch’essa di un grande focolare centrale. Qui la servitù preparava fastosi banchetti da servire nel castello (Bassani, 1985).
La concezione del focolare come centro del culto domestico si man-tenne anche con il successivo ampliamento della casa: le abitazioni furono suddivise in due aree dedicate a differenti funzioni. La parte anteriore, aperta verso la strada, aveva funzione di rappresentanza, mentre la parte posteriore, che dava su un giardino interno, era la parte intima della casa. L’Atrium assunse una funzione di rappresentanza e la cucina, che ora trovava posto in un ambiente proprio, era collocata nella parte posteriore ed era dotata di un fuoco in muratura addossato alla parete sulla cui superficie trovavano posto alcuni fornelli rettango-lari. Il momento della cena si spostò dal focolare alla tavola, di conseg-uenza la sacralità che in origine era attribuita al focolare, fu trasferita alla tavola, assimilata alla terra feconda poiché reggeva gli alimenti: colei che alimenta. La tavola, infatti, non era mai lasciata vuota, una lampada sempre accesa richiamava alla memoria l’antico focolare. Nelle ville o dimore di campagna invece la cucina aveva tutt’altro aspetto: un ambiente piuttosto ampio che era anche luogo di riunione e ospitava il consumo dei pasti (Guerra & Rebecchi, 1995).
La casa rinascimentale conservò in parte le caratteristiche medioevali ma dato il mutare delle condizioni politico - economiche, in particolare della classe borghese, si ampliò e divenne più vasta. In questi anni
La cucina medioevale
La cucina del rinascimento
Figura 4
Una cucina medioevale Figurina Liebig
Figura 5
Angolo della cucina Firenze, palazzo Davanzati
Figura 6
Cucina del castello di Saint Fagans Cardif, 1540-1580
nacque la casa privata, con la separazione netta tra i luoghi destinati al lavoro e quelli destinati all’abitazione, inoltre lo spazio fu riorganizzato, e ad ogni stanza vennero attribuite particolari funzioni.
All’interno di palazzi e ville rinascimentali si diffuse la costruzione di cucine nei piani bassi dell’edificio, l’impostazione architettonica era molto semplice, il locale era poco illuminato e ospitava camini monu-mentali. La cucina rinascimentale non era di certo un esempio di ordine e razionalità, al centro vi erano tavoli e tavoloni per lavorare i cibi mentre lungo le pareti vi erano ganci per appendere utensili, conteni-tori in legno per le provviste e un camino dotato di spiedi. All’interno delle case borghesi avvenne un cambiamento radicale nella distribuzi-one interna degli ambienti: i locali destinati all’abitare furono netta-mente separati da quelli destinati al lavoro. Per i cittadini, il focolare, centro e perno della casa fin dai tempi più remoti, fu declassato a stanza servile, non accessibile agli estranei. Per i borghesi e i ricchi signori scomparse l’usanza di riunirsi intorno al fuoco, ogni locale aveva un focolare, ma la sua funzione consisteva nel riscaldare l’ambiente. Si trattava di una concezione allora derivata dalle classi più abbienti e ereditata dalla borghesia, tramandata poi fino al novecento. Per quanto riguarda invece le case popolari, queste erano dotate di una sola stanza al piano terra che svolgeva la funzione di ingresso – cucina - soggiorno. Per i contadini la cucina rimase la stanza in cui si accentrava e si svolgeva l’intera vita diurna della famiglia, un locale con funzione sociale.
Il potager e un nuovo modo di intendere la cucina
La cucina aveva un grande tavolo centrale abbinato ad alcune panche e un acquaio con catini, la cottura avveniva in un immenso focolare spesso dotato di sedili in muratura, le vettovaglie erano collocate su varie mensole e un armadio a vetrine ospitava bicchieri e posate
(Bassani, 1985).
Dalla metà del ‘500 a fine ‘700 circa si consolidò il processo di allon-tanamento del locale per la cottura dalle stanze di rappresentanza
(Guerra & Rebecchi, 1995), nel frattempo la corrente di pensiero
illumi-nista esercitò la sua influenza sulla progettazione, stava emergendo la necessità di razionalizzare la cucina.
Nel XVIII secolo nelle grandi cucine comparve il Potager, un fornello in muratura dotato di un numero variabile di focolai, l’introduzione di questo strumento aprì prospettive fantastiche ed impensate. Il Potager consentiva di gestire la cottura con un registro ampio e vario, mediante la regolazione dell’intensità dei fuochi e alla preparazione simultanea di più alimenti. Non a caso in questo periodo fiorì la lettera-tura sul modo di cucinare, nacquero i primi ricettari, con la sequenza degli ingredienti e le istruzioni concernenti le operazioni da svolgere, in un certo senso si può affermare che nacque in questo periodo la cucina moderna. Con il Potager si affermò una certa organizzazione della cucina: dal grande locale fumoso e sporco si passò a un ambi-ente più razionale, pulito e ordinato. Le pentole venivano adagiate sul Potager quando questo era spento, vi erano tavoli da lavoro addos-sati alle pareti e un tavolo più grande collocato nel centro del locale che le famiglie più umili usavano anche per mangiare (Dupavillon, 2002). Nelle case popolari, almeno fino alla comparsa della cucina
eco-nomica, gli impianti fissi erano due: il focolare e l’acquaio. Molto tipico e caratteristico è il focolare friulano, in dialetto fogolar, posto al centro dell’ambiente, cinto da panche o seggiole alte, tuttora magico luogo conviviale nei vecchi locali pubblici.
In questa fase storica e in particolare nel corso di tutto il XIX secolo, si assistette a un mutamento sostanziale dei livelli economici dovuto alla diffusione della classe borghese che si affermò come protagonista sociale; le famiglie aristocratiche, ormai ridotte al solo vanto del casato, si ritirarono nel piano nobile dei palazzi e affittarono i restanti ai professionisti. Le case si facevano così appartamenti borghesi e alloggi popolari. Si stava consolidando una lenta trasformazione
Figura 7
Cucina Semplice
Jan Havickszsteen, XVII secolo
Figura 8
Fornelli Potager prodotti dall’azienda francese Briffault 1892
La cucina economica, figlia del XIX secolo
Nel 1848 Stewart inventò la cucina economica, fondamentali in tal senso furono i protagonisti del XIX secolo: il carbone (che si sostituì alla legna) e il ferro (la ghisa in questo caso). Si trattava sostanzial-mente di un fornello mobile a più fuochi in ghisa che sostituì il Potager in muratura, l’ideale per far fronte alle esigenze dei pionieri del West alla ricerca di terre e pascoli. La diffusione di combustibili più perfor-manti garantì una maggiore disponibilità di calore e la possibilità di cuocere quantità maggiori di cibo e per un tempo più lungo. Nel 1890 la cucina economica subì una modifica sostanziale per merito del progresso tecnologico: a combustibili quali la legna e il carbone si cominciò ad affiancare l’alimentazione a gas, che da allora in poi rappresentò la fonte primaria di energia domestica fino agli anni 30. avviatasi con l’espandersi della rivoluzione industriale, protagonisti i nuovi materiali, i nuovi metodi di costruzione e i processi di fabbrica-zione, ma soprattutto lo sviluppo di una nuova edilizia abitativa che apparteneva sempre meno al privilegio di pochi e affermava invece il diritto dei più di vivere in un luogo sano e confortevole (Carugati, 1998). In cucina si affacciava ormai quasi esclusivamente la donna,
aiutata talvolta da qualche inserviente. Da questo momento in poi è possibile riscontrare una certa segregazione della donna ai fornelli, che assunse la condizione di umile serva nei confronti dell’uomo.
Figura 10
La cucina della villa Halde La cucina economica è collocata al
centro del locale e presenta un’estetica indipendente dal mobilio in legno
Germania, 1906
Figura 9
Il focolare friulano fotografia di inizio secolo
I fondamenti della cucina razionale
Risalgono al lontano ‘700 i primi impulsi all’impegno sociale e i tentativi mirati a migliorare le condizioni di vita di ampie masse: principi fonda-mentali per concepire un’organizzazione razionale dello spazio cucina. Tuttavia è solo in risposta alle consistenti problematiche sociali otto-centesche e complice la lotta per l’equiparazione del ruolo della donna all’interno della società che riscontriamo le prime teorie in merito alla cucina - laboratorio.
Nella seconda metà del XIX secolo Catherine Beecher, educatrice americana di orientamento femminista, concepiva l’economia domes-tica come strettamente connessa alla questione femminile, rivendicò pertanto dignità e scientificità per il lavoro domestico e ipotizzò la realizzazione di uno spazio di lavoro ideale in grado di liberare la casal-inga dalla condizione di serva sguazzante tra rifiuti e spazi inadeguati. La Beecher prese a modello le cucine dei battelli a vapore del Missisipi, dove il cuoco, pur dovendo cucinare per duecento persone, aveva tutti gli utensili a portata di mano, senza dover fare più di uno o due passi. Le sue indicazioni progettuali erano chiare: piani di lavoro Il gas rappresentò la prima vera modernizzazione diffusa disponibile per grandi masse, per la prima volta nella storia era possibile girare una chiave e poter avere il fuoco, l’acqua calda e la luce direttamente a casa propria (Cighetti, Matino & Melzi, 1984).
All’epoca i falegnami provvedevano alla fabbricazione degli arredi per cucina, proporzionandoli alle misure, all’ampiezza dei locali destinati alla funzione culinaria. I mobili restavano un prodotto artigianale, mentre la cucina economica in ghisa e poi la macchina del gas erano prodotti dall’industria. Mentre la forma, l’ingombro e il colore venivano discussi con il falegname, l’oggetto industriale rompeva il paesaggio consueto dell’arredo, si distingueva esprimendo la sua funzione. Colore, forma ed ingombro erano ora arbitrio dell’anonima fabbrica
(Carugati, 1998). L’industria meccanica italiana era agli albori, non
esist-eva sul suolo nazionale un’industria di cucine economiche in ghisa fino al 1910, gli italiani furono costretti ad importare i prodotti tecnologici dalla Germania (che ne deteneva il monopolio in Europa). Il costo di una cucina economica era considerevole, circa 180 lire, un decimo della paga annua per un operaio. Sempre dalla Germania provenivano le ghiacciaie, semplici scatole coibentate con il corpo esterno in legno
(Cighetti, Matino & Melzi, 1984).
Figura 11
Christine Friederick “Household Engineering” American School of Home Economics
illuminati a dovere, separazione della zona di cottura da quella dedi-cata al consumo dei pasti, presenza di armadi attrezzati, impianti per lo scarico dei rifiuti e per il deflusso delle acque (Boot, Casciato, 1983).
Un successivo contributo in tal senso giunse da un’altra americana, Christine Frederick la quale, indirizzata dalle analisi svolte dal signor Frederick Winslow Taylor su processi e tempi di lavoro con l’obiettivo di trarre il massimo profitto dagli operai, adottò un approc-cio analogo nei confronti della massaia analizzando meticolosamente i suoi movimenti e quantificandoli matematicamente. L’applicazione del Taylorismo al lavoro domestico ebbe come risultato l’articolazione di due gruppi fondamentali di attività ai quali attribuire i necessari arredi e strumenti: la preparazione dei cibi e lo sgombero. Il lavoro della Frederick consistette in una precisa analisi dei movimenti, dei percorsi e dei tempi corrispondenti alle varie operazioni alla quale conseguì uno studio sulla distribuzione dei vari elementi in pianta (Boot, Casciato, 1983). La Frederick, oltre a far notare quanto fosse influente, in termini
di spreco di tempo e di energie, l’uso di arnesi logori o inadatti, reclamava l’eliminazione della cucina abitabile per motivi riconducibili alla psicologia, destinando così il locale in questione alla sola preparazione dei pasti. Così si espresse in: “The new housekeeping: efficiency studies in home management”, libro del 1913 che riscosse un notevole successo in Europa.
“Una cucina anche se piccolissima nella quale si preparino esclusivamente i pasti, e una stanza di soggiorno apposita, dove la casalinga possa ritirarsi dopo aver compiuto il lavoro, contribuiranno molto ad elevare l’umore di tutti i famigliari”. (Frederick, 1913)
Figura 12
Confronto tra una cucina mal configurata e una efficiente
da: “Household Engineering” Christine Frederick
La cucina di Francoforte: l’introduzione dell’ergonomia nello studio di un arredo
Sia per la Frederick che per la Beecher, il problema fondamentale con-sisteva nell’eliminazione di quei modi di lavoro irrazionali, primitivi, visti come fonte di spreco alla luce di una nuova cultura industriale che prediligeva i principi di produttività e utilità. Il loro approccio alla progettazione della cucina era però guidato da una forte motivazione etica, l’obiettivo ultimo era quello di rendere più leggero il lavoro della donna, così da liberarla dall’oppressione della fatica fisica spezzando la monotonia e il ripetersi di certe operazioni alienanti. Benché la cucina divenisse così un luogo dove tutto era previsto, dove ogni oggetto trovava una precisa collocazione e ogni azione era suggerita, l’intenzione era di non sopprimere l’iniziativa della donna, ma piuttosto di illuminarla, indirizzandola all’interno dello spazio.
Negli anni venti la corrente di architettura razionalista sviluppatasi all’interno del Movimento Moderno propose una rilettura del problema della casa in termini funzionali, la cucina, ambiente di notevole comp-lessità tecnica e funzionale, si presentava come il terreno ideale per una progettazione che mirava all’efficienza. La ricerca sul tema della cucina razionale fu essenzialmente dovuta a recenti considerazioni sul lavoro domestico e sulla sua ottimizzazione, ma soprattutto all’evoluzione che in quegli anni interessò le politiche di edilizia sociale da parte dello Stato, con l’introduzione di nuove tipologie residenziali. I cambiamenti nella disposizione e nel dimensionamento dei vani all’interno degli alloggi richiedevano la razionalizzazione del lavoro domestico. Lo sviluppo tecnologico con la fornitura di corrente elettrica e gas aprì nuove possibilità per implementare i livelli di luce, aria e igiene all’interno dell’abitazione. Molti architetti europei con-tribuirono allo sviluppo della cucina – laboratorio, l’esempio più signifi-cativo è senza dubbio quello della cucina di Francoforte.
Nel 1926, Margarete Schütte-Lihotzky, viennese di origine e collabora-trice della municipalità di Francoforte sul Meno, venne incaricata dall'assessore-urbanista Ernst May di occuparsi della progettazione delle cucine per i nuovi quartieri operai tedeschi Siedlungen, si trattava di quartieri molto significativi per le soluzioni tipologiche adottate, legate alla serializzazione ed alla industrializzazione dei vari elementi, una concezione e realtà produttiva totalmente nuova. La superficie minimizzata di tali appartamenti diede motivo a Hernst May di formulare l’esigenza che essi dovessero venire consegnati arredati
Figura 13
agli utenti, in quanto il pieno sfruttamento dell’abitazione risultava impossibile con i mobili dell’artigianato, troppo ingombranti e comunque inadatti. La Schütte-Lihotzky realizzò così i primi modelli di cucina standardizzata che le servirono per mettere a punto la famosa "Frankfurter Küche" (Cucina di Francoforte), che fra quell’anno e il 1930 fu prodotta in circa 10000 esemplari realizzati in un ampio numero di varianti. Si tratta di uno dei più significativi risultati del funzionalismo e dell'Existenzminimum, il cui contributo fu essenziale per la futura standardizzazione delle cucine componibili ad elementi integrabili.
Il progetto richiedeva una soluzione che con il minimo ingombro garantisse il massimo sfruttamento della superficie disponibile, questa fu sviluppata concentrando le funzioni, conseguendo una perfetta organizzazione del lavoro e una riduzione al minimo dei percorsi. Tutti gli elementi furono collocati secondo due cicli di lavoro previsti dalla progettista. Uno per la preparazione e la cottura dei pasti e l’altro, in verso opposto, per il rigoverno del locale: lavatura, scolatura, asciug-atura e deposito stoviglie.
La scelta dei materiali (fondamentalmente vetro, alluminio, legno e ceramica) fu compiuta sulla base di requisiti estetici, economici ed igienici; il colore azzurro carico ad esempio fu scelto per allontanare le mosche. La cucina di Francoforte era dotata di un tavolo metallico facilmente lavabile, di un asse da stiro ribaltabile abbinato a un ferro elettrico e di un lavandino con sgocciolatoio anch’esso ribaltabile.
Figura 15
Pianta della cucina di Francoforte il locale in questione misura 3,44
x 1,87 metri
Figura 14
I caratteristici cassettini-serbatoio in alluminio della cucina di Francoforte Questo tipo di soluzione fu ripresa da Piero Bottoni per il progetto della casa elettrica ed è tutt’oggi proposto in catalogo dall’azienda tedesca Bulthaup
Figura 17
Ricostruzione della cucina di Francoforte
il modello è stato esposto al Museo di Arti Applicate di Vienna (MAK)
Figura 16
Massaia in cucina
Illustrazione degli anni ‘20
La cottura era affidata a un doppio fornello a gas e la credenza per le vivande aveva un interessante sistema di cassettini serbatoio che, grazie al manico ricurvo e al beccuccio, consentivano di dosare le quantità degli ingredienti e versarli direttamente in pentola. Alcuni sgabelli girevoli potevano essere utilizzati durante la preparazione delle vivande sulla tavola, così come ai fornelli (Boot, Casciato, 1983).
La Schütte-Lihotzky era ben al corrente delle nuove teorie americane sulla razionalizzazione ed il suo progetto risponde puntualmente alle regole di efficienza proposte dalla Frederick, sia nell’impostazione generale, che nelle singole soluzioni, anche la cucina per le case di Weissenhof a Stoccarda realizzata da Jacobus Johannes Pieter Oud, che di poco precede la cucina di Francoforte, ispirò sicuramente la progettista. Ma la coniugazione così profonda con il tema dell’alloggio popolare, la sua riproducibilità seriale, l’estetica caparbiamente funzi-onale rendono questa cucina un prodotto esemplare ed originale nel panorama della ricerca progettuale europea fra le due guerre.
Le cucine del Bauhaus
Nel 1848 Stewart inventò la cucina economica, fondamentali in tal senso furono i protagonisti del XIX secolo: il carbone (che si sostituì alla legna) e il ferro (la ghisa in questo caso). Si trattava sostanzial-mente di un fornello mobile a più fuochi in ghisa che sostituì il Potager in muratura, l’ideale per far fronte alle esigenze dei pionieri del West alla ricerca di terre e pascoli. La diffusione di combustibili più perfor-manti garantì una maggiore disponibilità di calore e la possibilità di cuocere quantità maggiori di cibo e per un tempo più lungo. Nel 1890 la cucina economica subì una modifica sostanziale per merito del progresso tecnologico: a combustibili quali la legna e il carbone si cominciò ad affiancare l’alimentazione a gas, che da allora in poi rappresentò la fonte primaria di energia domestica fino agli anni 30.
Figura 18
Cucina progettata da Marcel Breuer 1923
Il fiorire dell’architettura razionalista, il dibattito sull’uso sociale degli spazi, i criteri abitativi standard destinati alle masse, la produzione in serie, l’attività del Bauhaus in quegli anni è largamente conosciuta, forse meno note sono le soluzioni adottate da questa scuola per l’arredo della cucina. Nell’anno 1923 il Bauhaus di Weimar poté mettere in pratica le proprie idee e arredare un’intera abitazione. Nella cucina gli elementi organizzativi e le componenti base mostravano un’impostazione che si differenziava dalle soluzioni tradizionali. Un piano di lavoro continuo e a parete sostituiva il solito tavolo al centro del locale, i mobili erano organizzati secondo una successione coer-ente alla logica di svolgimento del lavoro, inoltre l’uso razionale dei materiali assunse un’importanza senza precedenti: ante e struttura in legno verniciato bianco privo dei soliti decori, maniglie in metallo comode e leggere.
Con il trasferimento della scuola a Dessau nel 1926 vennero progettate e costruite le abitazioni destinate agli insegnanti, quasi tutto l’arredo era firmato da Marcel Breuer. In quest’occasione Breuer ebbe la possi-bilità di riprendere e migliorare soluzioni fino ad allora sperimentate. Divise la cucina in zone funzionali ricorrendo a mobili modulari colorati, cercò di integrare il centro cucina, la zona forno e il piano di lavoro. Venne inoltre realizzato un mobile apribile su entrambi i fronti (l’antenato dell’interparete), concepito come un contenitore che divideva la cucina dalla zona pranzo, dotato di un passante apribile per i cibi (Wingler, 1987).
E’ evidente quanto la concezione di Christine Frederick di una cucina intesa come strumento di lavoro, siano state fatte proprie a livello internazionale da una serie di architetti socialmente impegnati.
La cucina di Francoforte è universalmente ritenuta una delle migliori soluzioni mai realizzate dal punto di vista organizzativo, di apparec-chiatura e di impianto su un minimo sviluppo planimetrico (3,44 metri per 1,87 metri). Rappresenta il superamento di un modo di concepire la cucina ormai antico, superaffollata di oggetti e ingombri, affermando invece un’idea di cucina come laboratorio di facile manutenzione. Prima di questo esempio nelle cucine non vi erano moduli, parti com-ponibili come basi e pensili, bensì mobili accostati l’uno dall’altro e privi di uniformità formale, tuttavia il suo aspetto oggi può risultare ostentatamente macchinistico.
Il contributo del razionalismo italiano
Figura 19
La cucina della Casa Elettrica Piero Bottoni, Triennale di Milano, 1930
A partire dagli anni ’30 l’Italia diede il suo contributo alla razionalizzazi-one dell’ambiente cucina. Nel periodo fascista fu rivalutato il ruolo domestico della donna, identificata come il fulcro della famiglia e idealizzata come il fulcro della nazione. Da questi presupposti derivò una forte attenzione al ruolo della donna e una ricerca mirata alla sem-plificazione della sua vita domestica. Negli stessi anni comparirono anche i primi elettrodomestici: fornelli, frullatori, tostatori, lavas-toviglie, sogno di ogni casalinga, ancora legata a un lavoro manuale e faticoso. Le esposizioni della Triennale di Milano si presentavano come un terreno ideale per questo tipo di ricerca, dalla IV Triennale, si avviò un percorso di sperimentazione legato al locale cucina che si protrasse fino ai tardi anni ’60, questi furono gli anni più fecondi per le trasformazioni dello spazio cucina in Italia.
L’esempio più significativo è senza dubbio quello della “Casa Elettrica”, realizzata come prototipo per la Triennale di Monza del 1930 dagli architetti Figini e Pollini. Un progetto fortemente innovativo, guidato dalla volontà di elettrificazione totale della vita domestica. Circa quaranta elettrodomestici distribuiti in tutta la casa sostituivano il personale di servizio e promettevano di aumentare la qualità della vita dell’uomo.
Da questo momento l’influenza di architetti e designers avrebbe influ-enzato ogni successivo sviluppo in questo campo.
Figura 20
Cucine a gas prodotte dalla Siemens negli anni: 1925, 1937 e 1957 Il prodotto, da una forma autonoma, figlia della sua struttura, è passato ad unaforma che ben si sposasse con i blocchi della cucina componibile
La cucina, sviluppata interamente da Bottoni, fu concepita come un laboratorio suddiviso in tre zone: l’office, la cucina vera e propria e la zona dell’acquaio. Pur trattandosi di tre zone separate, la loro connes-sione reciproca era garantita da un sistema di mobili comunicanti, ogni ambiente venne dunque posto in contatto con quello attiguo, in modo da evitare inutili spostamenti. La disposizione fu studiata sulla base dei movimenti dell’uomo nello spazio, il passavivande, un impor-tante mobile d’angolo di forma cilindrica, divideva gli ambienti cucina/sala da pranzo ed era il fulcro dell’intero sistema spaziale. Il mobile poteva ospitare un ricco buffet offerto al salotto e al con-tempo assumere la funzione di credenza sul lato della cucina. Il tavolo dotato di ripiani laterali mobili fu posizionato contro la parete, in modo da ridurre i percorsi, e doveva essere utilizzato unicamente come piano di lavoro. Degna di nota anche la “camera della donna” (essendo la cucina destinata ad un pubblico alto borghese era prevista la presenza di personale di servizio), si trattava di una cameretta dotata di un armadietto e di un letto ribaltabile. La lungimiranza del progetto, che mirava a razionalizzare e semplificare totalmente il lavoro della massaia, si scontrò con l’arretratezza dello sviluppo industriale, tecno-logico ed energetico del Paese, persino i fornelli erano alimentati elettricamente mediante piastre a resistenza che presentavano comodità d’uso e pulizia. Il solo esempio di realizzazione su scala industriale del tempo rimase la cucina di Francoforte.
Nel dopoguerra, l’imminente problema della ricostruzione, spinse gli architetti a ricercare soluzioni economiche e che garantissero praticità e rapidità costruttiva. L’attenzione si concentrò quindi sulla tipologia della casa popolare, conseguendo obiettivi realistici. Nel 1947, in occa-sione della VII Triennale di Milano, fu presentato il progetto per il quar-tiere QT8. Fu introdotta una cucina in nicchia, dotata di un piano di lavoro continuo, tutti gli arredi erano mobili di serie unificati nelle dimensioni che presentavano però alcune varianti nelle finiture; era così garantita la varietà richiesta nei limiti economici richiesti. Il pannello prefabbricato “blocco d’acqua”, molto significativo per i futuri sviluppi dell’edilizia italiana, era collocato tra la cucina e il bagno e concentrava in elementi prefabbricati tutte le tubazioni necessarie per l’impianto idrico e sanitario. Ciò condizionò inevitabilmente la disposizione dei locali di servizio in pianta, tipicamente attigui nella stragrande maggioranza degli alloggi popolari (Ciagà & Tonon, 2005).
Le Corbusier: la soluzione per l’Unitè d’habitation
La cucina all’americana: l’introduzione dello standard
Figura 21
Interno di uno degli appartamenti dell’Unitè d’habitation, Le Corbousier
La cucina è separata dalla zona pranzo - living con un mobile divisorio che raccorda i due ambienti.
Nel realizzare le cucine per il suo progetto di un contenitore per unità abitative di Marsiglia (1946-52), Le Corbusier, con il contributo fem-minile di Charlotte Perriand, cercò di fondere le due linee di pensiero fondamentali fino ad allora espresse dai progettisti. Egli intese la cucina come espressione di un’oggettività che risiede nel lavoro, ma nello stesso tempo, vide la cucina come espressione del dialogare con gli altri. Rese concreto questo concetto mediante una divisione tra le zone destinate al pranzo e alla cucina costituita da elementi di arredo, la massaia poteva così avere completa visione di ciò che avveniva nel salotto anche nel momento in cui si trovava tra i fornelli, e viceversa (Bassani, 1985). La cucina Le Corbusiana tendeva
all’apertura verso il resto della casa, anticipando di poco e sposando una concezione domestica tipicamente americana, per la quale la cucina è luogo dalle molteplici utilizzazioni.
Nel periodo che va dal 1948 al 1955 negli Stati Uniti si delineò la tendenza ad intendere la cucina come spazio attivo e vitale della casa, dove la famiglia trascorreva il 90% del tempo che dedicava alle attiv-ità domestiche. Le donne americane si opposero con successo alla cellula culinaria che le isolava e le rilegava esclusivamente al loro ruolo di casalinghe, il modo di vivere d’oltreoceano stava, infatti, favorendo la ripartizione delle incombenze domestiche tra i due sessi (Cighetti, Matino & Melzi, 1984).
Figura 22
Interno di un’abitazione realiz-zata per il Case Study House
Program Pierre Koenig
Stahl House 1958-1960 Wonderland Park Avenue, West Hollywood L’ala che ospita l’area living della casa è interamente aperta, con colonne in acciaio e pareti vetrate interrotte dagli arredi della cucina
Figura 23
La cucina vista dal living in un’abitazione realizzata per il Case Study House Program
Bass House Buff, Straub e Hensman
1958 N. Santa Rosa Avenue, Altadena
Grazie agli studi svolti da architetti europei e statunitensi, la proget-tazione della cucina aveva raggiunto un livello di maturità tale da con-sentire di affrontare il problema dello standard. Negli anni 20’ la Germania si era affermata a livello internazionale come nazione all’avanguardia nei campi dell’urbanesimo, della tecnologia e del progetto, negli anni seguenti, con i limiti imposti dall’ascesa del nazismo, gli Stati Uniti poterono primeggiare nel settore dell’arredo per cucina. L’attenzione dei costruttori si rivolse pertanto alla ricerca di moduli unitari precisi che permettessero non solo la compatibilità dei vari elementi, ma soprattutto economie costruttive e rapidità di montaggio in vista di una produzione in larga serie, l’industria USA aveva avvertito il grande potere di acquisto che la donna, sempre più emancipata, andava acquisendo.
La serializzazione si concentrò dapprima sui soli accessori per poi estendersi alla totalità dell’arredo, la nuova cucina si rifaceva a modelli dimensionali già largamente sperimentati, ma presentava importanti peculiarità. Gli elettrodomestici si facevano sempre più numerosi e indispensabili, consentivano alla massaia di risparmiare tempo e fatica, e divennero presto uno status symbol. Il vero problema a questo punto consisteva nell’inserirli creando spazi e forme in modo che mobili e attrezzi si fondessero in un tutt’uno. Il fornello fu formalmente unificato al resto dei mobili disposti lungo la parete e adeguato in altezza agli altri piani di lavoro.
Figura 24
Cucina Gloria, Snaidero, 1961 Tra le prime ad offrire
l’ambientazione componibile con l’integrazione degli elettrodomes-tici in Italia
In occasione della X Triennale di Milano tenutasi nel 1954, Augusto Magnaghi si aggiudicò il premio Compasso d’Oro per la cucina Saffa realizzata in collaborazione con l’azienda Boffi, uno dei primi esempi di cucina interamente componibile in Italia. Si trattava di una sorta di “versione ridotta” delle cucine americane, adattata agli spazi della casa italiana. Tuttavia, dalla vecchia cucina, composta da parti separate e indipendenti, si era ormai definitivamente passati ad un sistema di arredo integrato ed omogeneo, dotato di una propria personalità formale, non più solo esclusivamente funzionale. La cucina componi-bile stava entrando nelle case degli italiani, i primi veri cambiamenti su larga scala si registrarono però negli anni 60’ quando con il boom eco-nomico gli elettrodomestici divennero accessibili anche alla massa. Fino agli anni ’50 le imprese che si occupavano della produzione di mobili in Italia avevano dimensioni molto contenute e le caratteristiche dell’artigianato tradizionale: abilità manuale, macchine multiuso e lavorazioni su commessa e spesso il titolare era il “primo esecutore” più che l’organizzatore del lavoro altrui. Tra la fine degli anni ’50 e La vecchia ghiacciaia fu sostituita dal frigorifero, che per via del suo ingombro faticava ad inserirsi armoniosamente nell’ambiente e per molti anni rimase un elemento autonomo. Esteticamente la cucina fu influenzata dallo styling ispirato al design delle automobili, per le ante fu privilegiata la lamiera smaltata a fuoco, pulita e igienica, e vennero abolite le gambe, nascoste da uno zoccolo (Guerra & Rebecchi, 1995),
nasceva così la cucina componibile che oggi tutti conosciamo. Il concetto di fondo era: produzione industriale di parti standard com-ponibili che consentissero di offrire al consumatore una vasta gamma di soluzioni, in modo da poter adattarsi a qualsiasi tipo di locale, il tutto era accompagnato da un’astuta campagna pubblicitaria che strizzava l’occhio alle aspirazioni borghesi.
Negli anni ’50 l’industria americana dominava a livello internazionale e questo tipo di arredo s’impose nel mercato europeo come “cucina all’americana”. Divenne da subito simbolo di distacco ed emancipazi-one dalla famiglia numerosa e patriarcale tradizionale, si realizzava così un sogno per giovani spose e famiglie all’avanguardia. Nel complesso si trattava ancora di mobili accostati l’uno all’altro, anche se le altezze, i colori e le forme componevano un insieme unico e continuo nello spazio (Cighetti, Matino & Melzi, 1984).
Nascita e sviluppo
Figura 25
Cucina E5 Marco Zanuso per l’azienda Elam 1966 Tra i primi esempi di ricerca per rendere compatibile la produzione di serie alle esigenze di un ambiente vivibile e arredato su misura. Zanuso progettò un sistema di arredo lineare ed essenziale che poteva essere abbinato ad un’isola attrezzata. Il risultato estetico pulito e privo di inter-ruzioni è tutt’ora insuperato. Dal
1966 questa cucina non è mai uscita di produzione
l’inizio degli anni ’60 si assistette a un forte processo di espansione dell’attività e a un rapido sviluppo in senso industriale di una parte di queste numerosissime piccole imprese. L’introduzione di pannelli di truciolare nobilitati con laminati plastici rappresenta la principale inno-vazione di prodotto di quegli anni, in sintonia con la domanda, che desiderava un design lineare, e con l’evoluzione tecnologica delle macchine per la lavorazione del legno. La domanda interna, che regis-trò un’espansione considerevole, non era altamente selettiva, anzi, trattandosi di una dotazione di “primo impianto” era piuttosto facile conquistare il cliente proponendogli un modello non particolarmente sofisticato, ma adeguato in termini di funzionalità e prezzo. I fattori critici di successo all’epoca consistevano nella minimizzazione dei costi di produzione a parità di attributi funzionali e di durata del prodotto, nell’estensione delle strutture aziendali e nelle attività di promozione orientata alla diffusione di massa del marchio aziendale, così alcuni nomi cominciarono ad entrare nelle teste degli italiani. Negli anni ’70 emersero nuove tendenze nel settore, che si consoli-darono nel periodo successivo alla crisi degli anni ’74-’75 e si tradussero in una sostanziale modifica dei fattori critici di successo per le imprese. Ci si orientò verso nuove concezioni del prodotto, tese a privilegiare maggiormente la qualità; le richieste di design più sofisticati e personalizzati si accompagnava alle nuove valenze che l’ambiente cucina tendeva ad assumere (Cortinovis, 1993). La
scom-parsa del tinello, ovvero della divisione tra luogo di preparazione e luogo di consumo dei cibi, era un fatto ormai assodato e si stava per compiere una seconda evoluzione: la cucina stava diventando una zona abitabile a tutti gli effetti e richiedeva un arredamento adeguato per qualità ed immagine.
Il confronto tra l’approccio della cucina-laboratorio, ove solo la mas-saia era ammessa, e l’approccio che tendeva a rivalutare questo spazio attribuendogli funzioni ulteriori, ha attraversato tutto il ‘900. Già Adolf Loos, nel 1921, sosteneva la necessità di una cucina che fosse abitabile, preferiva che la donna trascorresse il suo tempo in un ambiente – cucina e non in una cucina - attrezzatura. Loos realizzò alcuni appartamenti in un quartiere sperimentale di Amburgo, dove pose la cucina in diretta comunicazione con il locale soggiorno-pranzo (Bassani, 1985). Anche Frank Lloyd Wright fu tra i fautori di
questa tendenza, intuendo che non era più la cuoca a cucinare, ma la padrona di casa e questa non poteva pertanto essere relegata in uno spazio ristretto, Wright collocava infatti la cucina all’interno di uno spazio più importante, il soggiorno (Baden-Powell, 2005).
La cucina-ambiente era quindi la naturale risposta al desiderio di umanizzazione che il rigido funzionalismo delle cucine precedenti aveva fatto nascere nell’utente. Dagli anni ’80 questa tendenza ha definitivamente prevalso sull’altra, la cucina è stata fortemente rivalu-tata ed in un certo senso è tornata a essere quella di un tempo: il cuore della casa. Uscita dall’angolino in cui l’aveva posta un’ormai superata concezione architettonica degli interni, non è più solamente il luogo del fare, ma anche e soprattutto il luogo dello stare e di un particolare stare, legato alla socializzazione e alla convivialità. Ne sono derivati schemi in cui la cucina è sempre più frequentemente intesa come un ambito organico agli spazi comuni dell’abitazione e, dunque, la sua qualificazione formale ha assunto sempre più spesso una valenza decorativa e spettacolare, fino a essere assimilabile a una vera e propria scenografia domestica. Pur rimanendo un ambiente tecno-logicamente avanzato, ha abbandonato la frenesia tecnologica fine a se stessa rivolgendo maggiore attenzione ai bisogni specifici dell’acquirente. Inoltre si è affermata la diffusione delle cucine in stile: tradizionale, moderno, high tech, nordico, country, rustico, classico, fino alle rievocazione di anni particolari: cucina anni ’60 all’americana. Tale suddivisione, basata essenzialmente sulle caratteristiche estet-iche ricercate e individuate nel prodotto dal consumatore, ha profondi risvolti sui materiali utilizzati e sui processi produttivi ad essi collegati.
Figura 26
Il profilo geometrico ed essenzi-ale della penisola
Cucina Contralto, Snaidero, 1988
Figura 27
Cucina Contralto, Snaidero, 1988 Tutte le linee della composizione convergono nella cappa angolare, l’insieme è caratterizzato
dall’elegante contrasto di legno, pietra e acciaio
Figura 28
Cucina aperta sull’ambiente living Fotografia del 2001
Negli anni 90’ si è poi affermato il desiderio dell’utente di partecipare attivamente al progetto di questo spazio, il consumatore è diventato sempre più esigente richiedendo ambientazioni altamente personaliz-zate. La customizzazione ha assunto così un ruolo fondamentale nelle strategie delle aziende che grazie ad un sistema produttivo flessibile e ad un’adeguata gestione dei punti vendita sono oggi in grado di fornire una soluzione in grado di soddisfare puntualmente i desideri di ogni cliente. Una gamma vastissima in tema di stili, materiali, colori e volumi, che poi si concretizza in creazioni peculiari e fortemente caratterizzate. Un prodotto di serie acquisisce così quel “tocco in più”, indispensabile per sentire propria la soluzione scelta. La ricerca da parte delle principali aziende del settore si è dunque concentrata sull’offerta di una forte qualità, espressa con soluzioni in grado di offrire un prodotto sempre più perfezionato sotto l’aspetto formale e funzionale. Le cucine di oggi si distinguono per l’attenta selezione delle materie prime e delle tecniche di lavorazione, sono molto curate nei particolari e propongono soluzioni esclusive e finiture raffinate. L’offerta abbina la qualità alla duttilità e alla flessibilità, rispondendo ad una domanda di prodotti differenziati e progettati su misura.