• Non ci sono risultati.

CULTURA ALTA, MIDCULT, MASSCULT

Articolo 14 Ogni popolo ha diritto alle proprie ricchezze artistiche, storiche e culturali Articolo 15 Ogni popolo ha diritto a che non gli sia imposta una cultura ad esso

1.4. CULTURA ALTA, MIDCULT, MASSCULT

L’attraversamento di problematiche interne al manifestarsi di atteggiamenti culturali nelle varie epoche e alle diverse latitudini, ci riporta al dualismo da cui siamo partiti, quello fra culture e civilisation.

Cultura e civiltà: due termini e due concetti che sorgono sulla base di due tradizioni differenti, e che esprimono, nonostante la loro apparente somiglianza, due diverse concezioni dell’uomo e della storia. Cultura e civiltà hanno infatti avuto, nel panorama intellettuale del Novecento, un destino assai diseguale. Il concetto di civiltà si è dimostrato più tenacemente refrattario a una definizione scientifica, e quindi a un impiego neutrale. L’accezione di cultura è stata invece oggetto di una lunga elaborazione che ha fatto di essa un concetto-chiave delle scienze sociali: anche se l’uso del termine in chiave valutativa è tuttora largamente diffuso, - basti pensare a contrapposizioni come quelle tra ‘cultura’ e ‘ignoranza’, tra ‘cultura d’élite’ e ‘cultura di massa ’ -, questo ha assunto per un altro verso una veste scientifica, conquistando un posto di rilievo non soltanto nella storiografia o nella discussione filosofica, ma anche in discipline come l’antropologia, la sociologia, la psicanalisi e, più di recente, l’etologia.

Sorta da una tradizione critica in chiave aristocratico-conservatrice del mondo contemporaneo – che da Burkhardt si prolunga, attraverso l’opera di Spengler, fino alla letteratura sulla “crisi della civiltà” degli anni venti – quella dicotomia trova il proprio fondamento nell’immagine di una società resa uniforme, e quindi spersonalizzata, dalla duplice spinta della democratizzazione e dell’industrializzazione, nonché nell’interpretazione della diffusione della cultura come sottoprodotto di tale processo.

Per quasi due secoli la cultura occidentale ha rappresentato in realtà due culture: quella di tipo tradizionale, che definiremo Alta Cultura, riportata dai libri di testo, e quella narrativa, fabbricata per il mercato. Quest’ultima può essere definita Cultura di Massa, o meglio, Masscult, dal momento che non si tratta affatto di cultura. Il Masscult è una parodia dell’Alta Cultura(1).

Questa aporia presuppone una concezione della cultura come creazione di forme culturali la cui fruizione è riservata agli individui o ai ceti che hanno ricevuto una particolare educazione, e che sono destinate a degradarsi inevitabilmente quando ne venga allargata l’area di destinazione.

Il Masscult non offre ai suoi clienti né una catarsi emozionale né un’esperienza estetica, perché queste cose richiedono uno sforzo. La catena di produzione macina un prodotto uniforme il cui umile scopo non è neppure il divertimento, perché anche questo presuppone vita, e quindi sforzo, ma semplicemente la distrazione (2).

In tal senso la dicotomia tra Cultura Alta e Masscult comporta una considerazione della massa come soggetto passivo dei processi culturali, che può essere, al massimo, destinatario di un tipo di produzione sostanzialmente eterogeneo rispetto all’attività culturale vera e propria. Ma laddove sociologi dello stampo di Edgar Morin parlano soprattutto del modo di produzione di questa cultura che segue i modelli dei prodotti industriali, ossia lo sviluppo dei media come direttamente proporzionale all’introduzione sempre più sostanziale dei criteri di profitto e di rendimento, altri sociologi pongono l’accento sul consumo della cultura(3). In ogni caso queste analisi mettono in evidenza una certa forma di livellamento culturale, un’omogeneizzazione del prodotto, che non solo uniforma il prodotto artistico, ma determina l’alienazione culturale nel

fruitore del prodotto stesso, impedendone ogni possibile crescita e tarpandone ogni capacità creativa. Ma

il concetto di massa risente di un’imprecisione, poiché, secondo le analisi, il termine

massa rimanda sia all’insieme della popolazione, sia alla sua componente popolare.

Evocando soprattutto questo secondo, alcuni sono arrivati a denunciare quello che consideravano un abbrutimento delle masse. Queste conclusioni hanno origine da un duplice errore. Da una parte si fa confusione tra cultura per le masse e cultura delle masse. Il fatto di ricevere uno stesso messaggio non fa di una massa di individui un insieme omogeneo. È evidente che esiste una certa uniformazione del messaggio mediatico, ma ciò non ci autorizza a parlare anche di uniformazione della sua ricezione. D’altra parte è sbagliato pensare che gli ambienti popolari siano più vulnerabili al messaggio dei media. Alcuni sociologi hanno dimostrato che la penetrazione della comunicazione mediatica è più profonda nelle classi medie che in quelle popolari(4).

Alcuni autori articolano il quadro in maniera più complessa, distinguendo non soltanto l’alta cultura e la cultura di massa, ma anche un terzo livello

intermedio, la “Midcult”. Così Denys Cuche:

In questi tempi più progrediti, l’Alta Cultura è minacciata da un pericolo, costituito non tanto dal Masscult quanto da un particolare ibrido nato dai rapporti contro natura di quest’ultimo con la prima. Ha visto così la luce una cultura media, che minaccia di assorbire entrambi i genitori. Tale forma intermedia – che chiameremo Midcult – possiede le qualità essenziali del Masscult – la formula, la reazione controllata, la mancanza di qualsiasi metro di misura tranne la popolarità – ma le nasconde con una foglia di fico culturale. Nel Masscult il trucco è scoperto – piacere alle folle con ogni mezzo. Ma il Midcult contiene un duplice tranello: finge di rispettare i modelli dell’Alta Cultura mentre in effetti li annacqua e li volgarizza (5).

gli oggetti dell’attenzione antropologica. Gli appartenenti alle società etnologiche di tipo tradizionale o agli strati sociali svantaggiati interni alle società complesse dell’Occidente, sono transitati con estrema rapidità dall’arcaico al post-moderno, da una concezione magica a un’altra di tipo solipsistico-virtuale dell’immagine, attraverso la televisione, il video, il videogame, la telematica. La televisione specialmente – con la sua vocazione di nuovo focolare della famiglia (6), la sua capacità affabulatoria, la sua “funzione bardica” (7), la dissoluzione degli orizzonti spazio-temporali del narrato e del tessuto sociale di ricezione del racconto, la creazione di un’ideologia planetaria del simulacro, lo statuto di veridicità inverificata di quest’ultimo – ha saputo miscelare caratteri opposti e contraddittori, producendo così una cultura visiva giustapposta, magmatica, sfuggente.

Note

1) D. Mac Donald, Masscult e midcult, Roma, 1997, p.19. 2) Ivi, p. 21.

3) cfr. E. Morin, L’industria culturale, Bologna, 1962. Ma si veda anche P. Bourdieu, La

distinzione, Bologna, 1983.

4) D. Cuche, La nozione di cultura nelle scienze sociali, Bologna, 2003, p. 93 ss. 5) D. Mac Donald, op. cit., p. 65.

6) cfr. J. Baudrillard, Simulacri e impostura. Bestie, Beaubourg, apparenze e altri oggetti, Bologna,1980. Si veda anche M. Horkheimer e T. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Torino, 1997.

7) G. Bechelloni, Televisione spettacolo e televisione racconto, in A.A.V.V., Videoculture di

fine secolo, Napoli, 1989, p.59. Si veda anche M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare,

1.5. CULTURA D’ELITE E SUBCULTURE; LA POP CULTURE E I