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2 DAL DIBATTITO PEDAGOGICO ITALIANO

2.2 La cura della comunità

Come è stato presentato, uno dei principi cardine su cui ruota il concetto della leadership etica del dirigente scolastico è la costruzione di comunità: un insieme di persone che condividono i medesimi valori che operano in vista di un fine comune.

Ricordando Sergiovanni (2000), le comunità hanno un legame intrinseco che le salda intorno ad idee condivise, ruotano intorno ai loro centri di valore che contribuiscono a creare il senso del “noi”; esse si fondano non su un controllo esterno, ma su una collegialità ed interdipendenza naturale che forniscono autonomamente le norme da rispettare.

Questo concetto è stato recentemente proposto in un testo contrattualistico, il Contratto Collettivo Nazionale di lavoro relativo al comparto istruzione e ricerca triennio 2016-2018 (G.U. 20/06/2018, n° 141, S.O.), che all’art. 24 così dispone:

1. Ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 Aprile 1994, n. 297, la scuola è una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, approvata dall'ONU il 20 novembre 1989, e con i principi generali dell'ordinamento italiano.

2. Appartengono alla comunità educante il dirigente scolastico, il personale docente ed educativo, il DSGA e il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, nonché le famiglie, gli alunni e gli studenti che partecipano alla comunità nell'ambito degli organi collegiali previsti dal decreto legislativo numero 297/1994.

L'affermazione che la scuola è una comunità educante è già di per sé molto importante in quanto determina il ruolo e l'ispirazione che la guida, ma la chiara identificazione dei componenti la comunità educante introduce un nuovo concetto

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valorizzante le singole professionalità e rispettoso delle varie mansioni: il progetto educativo è responsabilità di tutti.

Ricorda Franceschini (2003) che tutti gli studenti necessitano di un ambiente sicuro nel quale le relazioni con gli adulti siano serene e diano loro la certezza di trovarsi inseriti in un unico grande progetto formativo, al quale tutti gli attori nella specificità delle loro parti contribuiscono alla formazione. La regia spetta al dirigente scolastico che amministra l'organizzazione come manager e gestisce i gruppi come leader: un dirigente vicino ai suoi docenti e studenti, capace di compassione, stima di sé, sollecitudine e senso della giustizia (Ricoeur, 2007, p. 47).

Asserire che la scuola è una comunità significa che essa non è un sistema complesso costituito da un gruppo di persone che svolge i suoi relativi ruoli solo in un determinato ambiente istituzionalizzato, ma è un richiamo forte alla necessità che tutti i componenti abbiano ben chiaro qual è il loro compito, la cui importanza viene finalmente riconosciuta in quanto necessaria a comporre il quadro finale: la formazione dell’essere umano.

Si declina il modo di essere comunità educante tramite il dialogo, la ricerca, l’esperienza sociale: una comunità viva che costruisce i suoi discorsi condivisi, che è in movimento seguendo gli stimoli degli avvenimenti a cui gli studenti partecipano e cerca insieme a loro di attribuirne un senso nell’ottica della formazione di una cittadinanza consapevole ed attiva.

E si affermano i valori che ispirano il fine nobile da perseguire: “valori democratici volti alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni”.

Il concetto di comunità, etimologicamente cum-munus, fa riferimento al principio del dono, ma anche del debito, del dovere, sottolineando così come le singole datità siano fondanti il nuovo organismo che si compone non come somma delle parti, ma come insieme interagente.

L’aggettivo educante richiama l’azione e non solo l’intenzione, quindi la comunità viene determinata in modo forte nelle sue condotte.

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Corradini (2012) concretamente ritiene che per definire la comunità scolastica è preferibile l'aggettivo “educativo” invece che “educante” perché non ogni scuola educa sempre di fatto, pur essendo questo scopo la sua funzione.

Altre interpretazioni considerano che “se la comunità educante costituisce il contesto entro cui ha luogo il processo educativo, essa diviene comunità educativa laddove si considerano l'insieme dei soggetti, dei mezzi e degli strumenti che realizzano, nella pratica, l'intervento” (Zamengo, Valenzano, 2018, p. 355).

Nella definizione di comunità educante i protagonisti vengono identificati nel dirigente scolastico, il personale docente e non docente, quindi vengono inseriti a pieno diritto anche gli amministrativi, gli ausiliari e i tecnici; gli studenti non vengono considerati solo come destinatari dell’azione educativa ma come componenti, assieme ai loro genitori, della comunità educante.

Questo pone l'accento sulla reciprocità dell'atto educante, sulla costruzione collettiva del senso da dare alle varie azioni, sulla partecipazione necessaria di tutti nel rispetto delle singole mansioni e nella valorizzazione dei ruoli.

Il concetto chiave attraverso cui questa realtà di comunità educante possa realizzarsi è la cura “una pratica relazionale” (Mortari e Saiani, 2013, p. 41) che impone lo sforzo di ciascuno verso la collaborazione, il dialogo, il rispetto e l'apertura: solo tramite l'esercizio di questi comportamenti si può aggiungere alla reale corresponsabilità, indispensabile per offrire agli studenti un ambiente accogliente, capace di curare i loro bisogni formativi globali.

Le comunità scolastiche sono vincolate reciprocamente da valori e scopi comuni ed accomunate dal pensiero che trasforma la loro originaria natura di organizzazione in comunità: “una comunità esiste nella misura in cui i soggetti che la strutturano condividono un progetto e a questo dedicano il loro agire pubblico, secondo il principio del portare ciò che è proprio, come per esempio le proprie competenze dentro un disegno che accomuna” (Mortari, 2017, p. 13).

Educare è un volgersi al futuro, riscoprire “la nostalgia del futuro” (Albarea, 2012) attraverso un processo che vede l'interazione di due parti, lo studente e l'insegnante in tempi remoti, l'intera comunità nei tempi attuali.

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Spetta al dirigente far accrescere il senso di condivisione, accompagnare la comunità alla scoperta di validi valori che possono sorreggerla, a gestire le relazioni all'interno e all'esterno della comunità in modo che essa non sia autoreferenziale, ma dialoghi attivamente con il territorio (Zamengo, Valenzano, 2018, p. 355): realizzare il pilastro dell’educazione “imparare a vivere insieme” (Delors, 1997).

Costruire una comunità significa anche seminare i germi della democrazia perché in essa si sperimenta the way of life di Dewey, la piena condivisione sociale di valori ed esperienze che conducono alla solidarietà, ma anche perché, soprattutto in questi tempi di frammentazione del demos (Cazzanti 2017, p.71) e di perdita di certezze, alla scuola viene richiesto di combattere le ignoranze, di condurre il pensiero in modo critico verso la verità, in modo che le persone possano essere capaci, ma anche libere, di formarsi delle opinioni su basi solide e veritiere; la formazione globale dell'essere umano, che verrà trattata successivamente, può essere perseguita solo in un luogo comunitario dove si possa esercitare la libertà di pensiero, sperimentare il confronto, prendersi cura del proprio ed altrui sentire perché “la cura può fondare una comunità” (Mortari, 2017, p. 11).

Come abbiamo visto, l’etica della cura è una delle quattro tipologie di etica, proposte dai vari autori per dare consistenza al Paradigma Etico Multiplo (Par. 1.3.1); nell’ambito italiano tale fondamentale concetto è stato ampliamente studiato ed esaminato in tutti i suoi aspetti costituenti e nelle sue applicazioni (Mortari 2006, 2013b, 2015a, 2019b, Mortari e Saiani 2013).

La cura è uno dei fatti più essenziali affinchè la vita, così vulnerabile e fragile, possa fiorire. Seguendo il pensiero di Mortari, la fabbrica dell’essere si compone della cura delle cose, delle idee, delle persone e, in un ambiente così delicato come quello scolastico ove si incontra la vita nel suo bocciolo, il fenomeno della cura deve essere gestito con particolare dedizione per dar forma all’epimeleia, un’educazione spirituale per la quale è necessario progettare strumenti per far fiorire l’anima di ciascuno.

Il caregiver della scuola è il dirigente scolastico che con il suo “volto” sa guardare gli altri negli occhi (Scurati, 1996), con le sue intenzioni ed azioni di cura prepara e sostiene il terreno sul quale la comunità può esercitare le sue funzioni specifiche:

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ascolta, pone attenzione, interpreta, prepara, comprende, dedica tempo e riflette, atto fondamentale per preparare le azioni di cura “avere cura è prendersi a cuore, preoccuparsi, avere premura, dedicarsi a qualcosa” (Mortari, 2015, p. 14).

La primarietà ontologica della cura (Mortari, 2019b) è quanto mai pregnante in un ambiente di formazione ove accostarsi con l’etica della delicatezza alle vite che si stanno formando è un imperativo categorico.

Una riflessione etica di fondo in merito a ciò che è il bene per gli altri è imprescindibile e deve essere svolta in maniera individuale da parte del dirigente che si interroga sulla domanda etica “cosa e come fare perché all’altro arrivi del bene?”(Mortari, 2015, p. 99), che gli offre lo stimolo iniziale riflessivo ed apre alla meditazione in profondità, ed in forma collettiva, alla ricerca del bene, della sua essenza e delle sue possibilità di manifestazione e di creazione perché “il compito dell’etica è proprio quello di guidare la vita pratica” (Singer, 1989, p. 14).

I valori che una comunità individua come fondanti diventano virtù da esercitare con la giusta misura quando la realtà ne rivela la necessità per ripristinare una condizione di vita buona: “alcune virtù sostengono la comunità: la sollecitudine, la premura, ecc., costituiscono il capitale sociale” (Samek Ludovici G., 2009, p. 30).

Una scuola di valore è una scuola di valori, forze sotterranee che motivano e uniscono all’azione perché “valori e virtù non sono il mero risultato di uno sforzo personale. Li si cerca, li si consegue, li si difende, ma soprattutto li si impara ad accogliere: i valori, ricevendoli dalla tradizione o cogliendone l’urgenza nel presente; le virtù scoprendole in noi” (Zanet, 2014, p. 166).

Scoprirsi uomini di valore, virtuosi significa rimanere coerenti col proprio essere e riuscire a condurre la comunità anche nei momenti di crisi con sicurezza, costituendo per esse un porto sicuro “un leader etico è gioioso nei momenti difficili perché rimane fedele a se stesso (…) la leadership etica è molto di più di un processo, una vera vocazione, definita non dal compito di prendere a decisione giusta ma da chi si è realmente” (Souba 2011, in Bezzina e Bufalino, 2014, p. 38).

Un dirigente genuinamente interessato all’operato dei propri docenti, che co- costruisce con loro i significati dell’apprendimento, che li sorreggere verso la scelta del

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percorso e dei mezzi, che pensa audacemente in grande ed opera umilmente in piccolo coltiva l’intelligenza etica, cura l’essere e fa il bene della società alla quale dedica i suoi sforzi (Gadamer, 2014), così egli può trasformare la sua scuola in una comunità di apprendimento (Sergiovanni, 2002) e contribuire a realizzare la grande opera della formazione dell’essere umano.

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