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Da Voltaire’s politics (1959) a The party of humanity (1964)

PER UNA DISCUSSIONE SUL CONCETTO DI ENLIGHTENMENT E SULLA SUA PERIODIZZAZIONE*

4. Da Voltaire’s politics (1959) a The party of humanity (1964)

Il percorso d’indagine seguito da Gay, a giudicare dal succedersi delle sue pubblicazioni, va dal particolare al generale. Il lettore viene portato dal­ lo storico ad accostarsi all’idea di illuminismo per gradi: da un tema più delimitato ad uno più vasto, e cioè dalla biografia voltairiana alla ricerca dell’unità di fondo delle Lumières francesi, infine alla definizione della cul­ tura dei philosophes.

Il primo libro importante di Gay sull’illuminismo è stato Voltaire’s po­

litics. The poet as realist, del 1959. Nel 1961 un attento interprete del feno­

meno delle Lumières quale Furio Diaz esprimeva, non a caso, un giudizio molto positivo sui risultati di questo lavoro, affermando, in sintonia con Gay, che la storia delle idee illuministiche si sarebbe dovuta scrivere senza peccare di nostalgie letterarie e senza usare raffronti con teorie di età po­ steriori, ma ponendo i philosophes in un «rapporto effettuale» con la realtà del loro tempo, una realtà su cui essi avevano voluto influire proprio per averne colto necessità e tendenze.33 Con Voltaire’s politics Gay si inseriva

32 Cfr. C. Becker, La città celeste dei filo so fi settecenteschi, trad. di U. Morra, Napoli, Ric­

ciardi, 1946, pp. 2-3. A questo tema, in relazione al pensiero di Voltaire, Gay avrebbe dedicato

una delle appendici di V oltaire’s politics. The poet as realist, Princeton, Princeton University

Press, 1959, pp. 343-346 (trad. it., V oltaire politico. I l poeta come realista, Bologna, H Mulino,

1991). Si vedano anche The rise o f modem paganism cit., pp. 299-300, e The Science o f freedom

cit., pp. 456-459, dove il giusnaturalismo viene letto come un retaggio metafìsico secentesco de­ stinato a essere progressivamente eliminato nel corso del Settecento, e l’attacco di Hume al di­ ritto naturale è considerato più importante della difesa che ne aveva fatto invece, fra gli altri, Diderot.

33 F. Diaz, P un ti d i vista su lla storia d e ll’illum inism o, «R.S.I.», LXXIII, 1961, p. 93. L’ap­

prezzamento da parte di Diaz del libro di Gay non è stato casuale, dato che lo storico italiano ha continuato a difendere, contro il trionfante ottimismo scientifico delle discipline sociali ed eco­

in un clima di rinnovamento degli studi voltairiani che stava conoscendo echi in diversi Paesi, costituendo l’oggetto di un fecondo confronto inter­ nazionale.

In Francia nel 1956 René Pomeau si era misurato con l’esplorazione dell’atteggiamento religioso del philosophe, dando risalto alle antinomie di pensiero e di coscienza attraverso la più tradizionale analisi psicologica

(La religion de Voltaire). Un paio di anni dopo in Italia Furio Diaz, facendo appello agli ideali della laicità e della tolleranza, aveva contribuito a riabi­ litare l’immagine dello storiografo (Voltaire storico). Sempre nel 1958 in In­ ghilterra John Henry Brumfitt si era occupato, in Voltaire historian, delle fonti d’ispirazione (soprattutto Bayle, Fontenelle, Lenglet Dufresnoy), della metodologia e della filosofia della storia utilizzate dall’illuminista francese, mettendone in luce sì la vena scettica, ma anche, nel suo progressivo, com­ plesso ed asistematico maturare, l’interesse per tre questioni essenziali: co­ me determinare il significato degli eventi, come individuarne le cause, co­ me penetrare l’«esprit des hommes». Le edizioni critiche curate, a comin­ ciare dai primi anni cinquanta, da Theodore Besterman (Voltaire’s note­

books e Voltaire’s correspondence), insieme con gli approfondimenti delle

tematiche voltairiane usciti su «Studies on Voltaire and the eighteenth cen­ tury», avevano costituito per Gay strumenti indispensabili.

In ogni caso, la prefazione di Voltaire’s politics si apriva lamentando il fatto che, per quanto fosse stato di recente sondato il Voltaire quotidiano e quello alle prese con questioni stilistiche, letterarie e filosofiche, mancasse l’approfondimento del pensiero politico del philosophe, oltre a una corretta contestualizzazione delle sue idee.34 Fin dal titolo, del resto, Gay evidenzia­ va un binomio (politica-realismo) che sarebbe rimasto, nei suoi studi suc­ cessivi, una delle chiavi di lettura dell’illuminismo da lui preferite. Il pro­ logo muoveva dalla constatazione dell’insufficienza della storiografia che, a partire dall’Ottocento, si era sedimentata sul philosophe francese: una let­ teratura responsabile di aver fissato clichés come l’astrattezza, la superficia­ lità, l’incostanza, l’opportunismo del pensatore.35 E il pregio di queste

pa-nomiche, un modello di ricerca saldamente legato alla dimensione politica, alla valutazione della creatività individuale, a un metodo di tipo qualitativo. Fra le recensioni in cui si sottolinea la no­

vità di mia biografia intellettuale come V oltaire’s p olitics, si vedano quelle di A. Cobban, «The

American historical review», LXV, n. 1, October 1959, pp. 119-120, e di A. M. Wilson,

«The Journal of modem history», XXXII, n. 1, March 1960, p. 62. 34 V oltaire’s politicscit., p. vii.

35 Da Herder a Schiller, Chateaubriand, De Maistre, Byron, Carlyle, fino al D ictionnaire des

idées reçues di Flaubert, a Tocqueville, Burckhardt, Taine, Faguet, Gay ripercorre le immagini (il

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gine è che, ancorando vicende ed opere al terreno in cui erano maturate (utilizzando, per esempio, ampie citazioni epistolari), esse restituiscono l’immagine credibile non di un teorico, ma di un philosophe che, senza ap­ prodare mai a un unico, fondamentale trattato, aveva via via adeguato le proprie idee a situazioni concrete. Se si mette in rilievo la visione politica, poi, è perché in tale campo si rintraccia l ’espressione più acuta dell’intelli­ genza di Voltaire. L attività del littérateur engagé non era stata determinata da principi metafisici: egli non aveva pensato di definire la separazione del­ la politica dall economia, dalla religione, dall’etica, quanto di intervenire contemporaneamente su questioni fiscali, religiose, morali, oltre che diplo­ matiche. Delle matrici intellettuali dell’illuminista, Gay delinea così, più che i contorni statici, le fasi di evoluzione: dallo scetticismo, al libertinismo, all’empirismo, a un royalisme non già dottrinario bensì strategico (una ver­ sione aggiornata dell’antica thèse royale), fino a un deismo critico e, insie­ me, positivo. In una personalità tanto complessa, lo storico individua una sorta di trinità ideale («great trinity»), ispiratrice di un autentico progetto politico: e cioè l’idea di tolleranza, la convinzione del potere rivestito dalle leggi e la strenua difesa della libertà d’opinione, tre condizioni che potreb­ bero offrire all’uomo l’opportunità di vivere con dignità e felicità («in di- gnity and in happiness»).

Attraverso gli spostamenti di Voltaire il libro ricostruisce un affresco articolato, in cui il divenire del pensiero del philosophe viene collocato nel tempo e nello spazio. Il primo capitolo è dedicato alle esperienze del- 1 illuminista in Inghilterra (England: a nation of philosophers), il secondo al­ le vicende vissute in Francia (France: thè king’s party), il terzo ai contatti con la Prussia (Prussia: Sparta in a colà olimaie), il quarto ai rapporti con Ginevra (Geneva: Calvin s three cities), il quinto e il sesto a Ferney, all’ina- sprirsi delle polemiche anticlericali e al caso Calas (Ferney: thè poisonous

tree e Ferney: thè man of Calas), il settimo al rientro a Parigi dell’ormai vec­ chio Voltaire (France: constitutional ahsolutism). Tre appendici affrontano infine: il tema della legge naturale così come fu interpretato nelle opere vol- tairiane, il problema della datazione delle Idées répuhlicaines, il poco chiaro (solo apparente secondo Gay) atteggiamento anti-semita del philosophe.

Per il Voltaire descritto da Gay, le relazioni fra gli uomini, gli aggiusta­

cinico, l ’umanitario, il servile, il cortigiano, il critico impietoso, il deista, l’ateo, persino il mistico e il cospiratore corrotto) che hanno restituito una caricatura anziché il profilo del personaggio

(V oltaire’s politics cit., Prologue, pp. 3-32). Lo storico polemizzava, in particolare, contro Leo

Gershoy, che nel 1944, in From despotism to R evolution, aveva parlato troppo rigidamente di

una preferenza teorica di Voltaire per il dispotismo illuminato.

menti e i riaggiustamenti di un piano di riforme sarebbero stati più impor­ tanti di qualsiasi speculazione sistematica. Da questo punto di vista, la cu­ riosità, l’impazienza, l’eclettismo (tratti tipici del carattere voltairiano) risul­ tano meno significativi rispetto all’impegno che l’illuminista (con profondo senso etico) dedicò alla politica. Voltaire — precisa Gay — si diceva del tutto estraneo alle posizioni utopiche di un Saint-Pierre o di un Fénelon: pur de­ plorando la povertà, pur odiando la guerra, pur conducendo una strenua battaglia contro la tortura, egli riconosceva che la povertà esiste come dato di fatto (e, per giunta, necessario), che la guerra è inevitabile e che la tor­ tura stessa, in circostanze eccezionali, può essere utile. Se ne ricava che le aspettative del philosophe furono, in realtà, assai più modeste dei suoi più nobili desideri.36

Tenendo presente la vecchia monografia di Gustave Lanson e inte­ grandola con studi più recenti come quelli di René Pomeau e di Ira O. Wade, Gay tentava in questo modo, con il giovane Voltaire, anche un approccio di tipo psicologico.37 Dalla formazione presso il Collège Louis le Grand, e dal debutto del brillante letterato nell’ambiente liber­ tino dell’epoca della reggenza, fino al rientro parigino del vecchio phi­

losophe nel 1778, lo storico ricostruisce un’esistenza spesa per tradurre

varie esperienze in un programma essenzialmente organico. Gli iniziali scontri con la censura francese avevano fatto conoscere all’illuminista la prigione ispirandogli il desiderio di raggiungere l’Inghilterra e offren­ dogli così l’occasione per elaborare il suo primo, maturo saggio politico: le Lettres philosophiques. In tale opera, infatti, la difesa dell’Inghilterra

36 V oltaire’s p olitics cit., pp. 32, 23-24. Le riflessioni di Gay si possono accostare a quell’e­

sigenza neo-illuministica di recuperare l’aspetto politico del pensiero dei philosophes che si era

percepita già nelle pagine di Brumfitt (J. H. Brumfitt, V oltaire historian, London, Oxford Uni­

versity Press, 1958, p. 5). In Europa, del resto, sarebbero seguiti alcuni lavori particolarmente in

sintonia con il discorso di Gay, da lui conosciuti ed apprezzati. Cfr., fra gli altri, F. Diaz, Filosofia

e p olitica n el Settecento francese, Torino, Einaudi, 1962, e (caratterizzato dal taglio più decisa­ mente marxista con cui si analizzano le idee politiche di Diderot in relazione ai contrasti interni

alla borghesia francese ed al gruppo dell ’Encyclopédie) J. Proust, D iderot et l’Encyclopédie, Paris,

Colin, 1967.

37 «He detested his elder brother Armand [...]. It is further worth noting that Voltaire’s mother died when he was only seven and that he spent his life seeking affection. Had his search

for a benevolent authority in religion and politics its roots in this need for affection?», V oltaire’s

politics cit., p. 37. A queste pagine si confrontino G. Lanson, V oltaire, Paris, Hachette, 1906; R.

Pomeau, La religion de V oltaire, Paris, Nizet, 1956. Va aggiunto che, fra i numerosi saggi di

Wade, Gay faceva riferimento a: The clandestine organization and diffusion o f philosophic ideas

in France between 1715 and 1750 del 1938, V oltaire and M adam e du C hâtelet del 1941, Studies on V oltaire, w ith some unpublished papers o f M adam e du C hâtelet del 1947, V oltaire’s «M

icrome-gas» del 1950.

PETER GAY E L ’ILLUMINISMO

(il Paese caratterizzato essenzialmente da una «open middle-class»), in­ sieme con l ’attacco alla «caste-ridden, aristocratic France», risultò la cassa di risonanza di un malcontento già diffuso fra i ceti medi del tem­ po, ma rimasto sino a quel momento disomogeneo e privo di consisten­ za. Camuffando le proprie idee per consentire ad esse di circolare nella società civile (ben lontano, in ciò, dalla «vocazione al martirio» dimo­ strata da Rousseau), il philosophe seppe adottare stratagemmi (abilità propagandistica, competenza giuridica e retorica) divenuti ottime armi contro quell’alleanza fra nobiltà di spada e nobiltà di toga che Gay dice essere consistita sostanzialmente in una tradizionale difesa di privilegi. A partire soprattutto dall’Histoire critique de l ’établissement de la monar­

chie française di Dubos e dalle Considerations sur l ’Etat de la France

di d’Argenson, ma aggiungendo riflessioni personali, Voltaire si convin­ se che il potere centrale di un grande Stato doveva essere monarchico, e che solo le comunità locali (di piccole dimensioni) avrebbero potuto giovarsi di assemblee rappresentative di tipo democratico. Persuaso che fosse opportuno adattare sempre le istituzioni alla realtà dei singoli Paesi, il philosophe diventò, così, un pragmatico sostenitore dell’assolu­ tismo, senza lasciarsi condizionare troppo dal prestigio che egli aveva nel frattempo conquistato alla corte di Luigi XV, ma sfruttandolo sem­ mai come puro avanzamento di carriera. Se gli anni trascorsi a Versailles erano stati dedicati a consolidare la propria posizione sociale piuttosto che ad elaborare tesi originali intorno al concetto di «dispotismo illumi­ nato», essi insegnarono comunque a Voltaire un principio fondamenta­ le: la necessità di crearsi una personale, completa sfera di indipendenza (intellettuale ed etica). All’indomani della guerra di Successione austria­ ca l ’illuminista si disse favorevole al (fallito) tentativo di perequazione fiscale promosso in Francia da Machault,38 per stringere poi un’amicizia intellettuale con despoti (autonomi da lui quanto a disegni di governo) come Federico II e Caterina di Russia.39 Ma l ’orizzonte ideologico del

philosophe si sarebbe decisamente ampliato - sottolinea Gay - con la sua partecipazione (a fianco dei natifs) ai dibattiti ginevrini che mirava­ no a sperimentare un nuovo regime democratico. Voltaire constatò allo­ ra che a Ginevra (ma così anche a Londra o ad Amsterdam) un

cit-38 Sull’adesione di Voltaire a una politica di riforma della tassazione e di riduzione delle im­

munità del clero cfr. W . Hanley, The provenance o f the ro yal condemnation o f V oltaire’s «L a voix

du sage et du p euple», «Studi francesi», 1985, pp. 509-511. 39 V oltaire’s p olitics cit., pp. 55, 121.

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tadino comune avrebbe avuto di gran lunga maggiori opportunità di prendere coscienza del suo stato («enlightening himself» scrive Gay) piuttosto che non in Francia o in Russia. Il philosophe era cioè arrivato a una «filosofia sociale» assai più radicale - secondo lo storico - di qualsiasi assunto borghese e liberale che fosse stato formulato nel XVIII secolo. Analizzando quella che probabilmente fu la migliore prova del radicalismo voltairiano (L’A,B,C), Gay rileva che Voltaire (per quanto non fosse mai diventato un convinto democratico e non avesse mai ap­ prezzato o colto in tutta la sua portata la concezione roussoiana della

volontà générale) giunse infine a rispettare le capacità politiche della gente comune, nutrendo nei confronti di essa una qualche fiducia.40 Il ritiro a Ferney (segnato dai duri attacchi contro Xinfame - che lo sto­ rico interpreta come l ’inevitabile avversione per il dogmatismo, la super­ stizione, il fanatismo del cristianesimo da parte di un philosophe sempre più attratto da un deismo «razionale, moderato, e talvolta lirico» - e dalle grandi battaglie per la riforma delle procedure penali e della giu­ risprudenza d'ancien régime - i casi Calas, Sirven, La Barre, Martin, Lally) precedette l ’ultimo periodo del Voltaire politico. Nel saggio di Gay l’ormai anziano illuminista, fautore di Maupeou e portavoce di un’idea di «assolutismo costituzionale» che era stata una logica conse­ guenza dell’iniziale adesione alla thèse royale, faceva ritorno a Parigi ar­ mato di un bagaglio rivoluzionario al di là delle sue stesse intenzioni. Lo storico non stabilisce alcun rapporto diretto tra gli assunti del philoso­

phe (e delle Lumières) e gli esiti della Rivoluzione francese, né collega

l’illuminismo a una determinata coscienza di classe (è «antistorico» - scrive Gay - tanto interpretare le idee moderate di Voltaire come una forma di conservatorismo quanto farne una bandiera dell’ideologia bor­ ghese). Gay sostiene, piuttosto, che, se Voltaire non offrì propriamente un «programma per la Rivoluzione», egli concepì tuttavia (di per sé) un programma in qualche modo rivoluzionario. Nel contesto di un regime che non era ancora «moderno», lo studioso individua pertanto la mo­ dernità e l ’essenza del radicalismo voltairiano nell’empirismo, nel seco­ larismo e nella partecipazione alle sorti umane da parte del philosophe, non meno che nel suo edonismo.41

40 Ivi, pp. 222, 226, 237.

41 Iv i, pp. 330, 335, 337. Riferendosi ai philosophes, Gay parla di una classe di intellettuali, non già di un’intellettualità di classe. Si trattava - scrive - di una «craft consciousness», non di

una «class consciousness» (iv i, pp. 42-43).

PETER GAY E L ’ILLUMINISMO

Traducendo nel 1962 il Dictionnaire philosophique e nel 1963 il Candi­

de,42 Gay ha offerto poi direttamente al pubblico americano opere cui egli aveva già dedicato attenzione in Voltaire’s politics. Il Dictionnaire philoso­

phique era stato presentato nel 1959 come il testo più personale del pensa­

tore francese, in quanto, pur contenendo spunti (tratti dal deismo e dallo scetticismo) vecchi di almeno un secolo, esso aveva rinnovato, con straor­ dinaria originalità, un repertorio che sarebbe rimasto altrimenti inerte. Grazie al genio voltairiano, ne era nato un libro straordinario, una sorta di detonatore innescato in seno all’antico regime («a bomb thrown at thè old regime»).43 Con la traduzione del 1963, Gay si è occupato, in partico­ lare, del conte philosophique, un genere letterario derivato da esigenze mol­ to concrete: l ’aggiramento della censura.44 Tradurre il Candide è servito in­ fatti allo storico per percepire la forma estrema di pessimismo cui giunse Voltaire, ma anche per delimitarla (mettendola in relazione con una produ­ zione nella quale il tratto fondamentale era quello di una filosofia che con­ fidava di essere in grado di ridurre le sofferenze di alcuni uomini e di con­ solarne altri: il tratto non di un vero pessimista, dunque, ma di un philoso-

phe «politico»). Candido mette in pratica una grande lezione ricavata dagli antichi: gli uomini nascono tra sofferenze, che essi possono imparare a cer­ care di dominare. Nelle avventure del protagonista c’è, inoltre, una sincera professione di eclettismo culturale, di curiosità intellettuale, di tolleranza

42 Voltaire, Philosophical dictionary, translated with an introduction and glossary by P.

Gay, New York, Brace and W orld /Basic Books, 1962, 2 voli, (delle molte edizioni del libro

di Voltaire, Gay ha tradotto completamente quella più ampia, del 1769). Id., C andide, translated

with an introduction by P. Gay, New York, St. Martin’s Press, 1963.

43 Si tratta di un’espressione che Gay riprendeva da Lanson (cfr. G. Lanson, V oltaire cit.,

p. 52), E quale così aveva scritto a proposito delle Lettres philosophiques. A V oltaire’s politics cit.,

pp. 209, 208, si confronti, sempre di Gay, The rise o f modem paganism cit., pp. 393-396.

44 Non a caso Candide ou l ’optimisme era uscito a Ginevra (nel febbraio 1759) come ano­

nima traduzione dal tedesco del «Signor Dottor Ralph». Sul gusto voltairiano e settecentesco per

il racconto condito di trovate ingegnose e piccanti, ricco di hum our e spirito filosofico, cfr. R.

Naves, Voltaire, l ’homme et Ìoeuvre, Paris, Boivin, 1942, p. 49, cui si confrontino J. Vanden

Heuvel, V oltaire dans ses contes. De «M icrom égas» à «L ’ingénu», Paris, Colin, 1967, e J. Gold-

zink, Roman et idéologie dans «C andide». Le jard in , «La Pensée», 1971, 155, pp. 79-80. Per un

approccio attento soprattutto alla società in cui il racconto si calava, L. W. Kahn, V oltaire’s Can­

dide and the problem o f secularisation, «Publications of the Modem Language Association of

America», 1952, pp. 886-888; W. F. Bottiglia, V oltaire’s Candide. A nalysis o f a classic, «Studies

on Voltaire and the eighteenth century», VII, 1959, pp. 70-74; F. Vernier, Les

disfonctionne-m ents des nordisfonctionne-mes du conte dans «C andide», «Litterature», 1971, pp. 15-29. Sulla struttura e la

fortuna del Candide, sui temi, i personaggi ed i procedimenti stilistici cfr. infine P. Gaillard,

Candide, Paris, Hatier, 1972; A. Zatloukal, Sur Candide de V oltaire, «Philologica pragensia»,

X, 1973, pp. 214-234; J. Starobinski, Sur le style philosophique de Candide, «Comparative lite­

rature», 1976, 3, pp. 193-194; I. Calvino, I l «C andide» d i V oltaire, premessa a Voltaire, Can­

dido ovvero l ’ottim ism o, Milano, Rizzoli, 1974.

cosmopolitica. Secondo Gay, l’opera (insieme un racconto morale e un Bil-

dungsroman) avrebbe avuto niente meno che una funzione «terapeutica»: rafforzando la consapevolezza dei limiti della natura umana, essa avrebbe preparato le ultime, più energiche battaglie ideologiche di Voltaire.

La pubblicazione, nel 1964, di The party of humanity. Essays in thè

French Enlightenment (una raccolta di saggi scritti nell’arco di un decennio, dedicati tutti al pensiero nella Francia del Settecento e racchiusi entro una cornice costituita dalle introduzioni alle tre sezioni - Voltaire, Toward syn-

thesis, Unfinished business - ) era, di fatto, un’anticipazione dei due volumi di The Enlightenment: an interpretationf5 Gay stabiliva un ponte tra i suoi primi lavori e quello che sarebbe stato il suo sforzo di sintesi più impegna­ tivo proprio parlando di «party of humanitp>, di «philosophical move- ment» o «movement for modernity». Fra Rousseau, Diderot, d’Flolbach, Voltaire, apparentemente una squadra di improbabili alleati, egli riusciva a trovare un elemento di affinità: la tensione morale e politica. Nella nozio­ ne di «umanità» veniva inclusa, in riferimento alle Lumières, una complessa polisemia, ad indicare: l’amore per i classici, l’intervento in questioni pub­ bliche a favore del bene comune, la convinzione della centralità dell’uomo nell’universo etico. E tuttavia non si trattava solo di un’immagine solare: Gay annunciava di non voler sottovalutare il senso tragico insito nella con­ sapevolezza illuministica di dover fare i conti, nell’azione e nel pensiero,