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Prim i approcci a ll’illuminismo (1954-1956)

PER UNA DISCUSSIONE SUL CONCETTO DI ENLIGHTENMENT E SULLA SUA PERIODIZZAZIONE*

3. Prim i approcci a ll’illuminismo (1954-1956)

Esordendo nel 1952 con The dilemma of democratic socialism. Eduard

Bernstein’s challenge to Marx,20 il giovane storico rendeva omaggio all’inse­ gnamento e all’amicizia di Richard Hofstadter,21 dal quale aveva ereditato l’interesse per il rapporto dell’intellettuale con la società. Nel volgere di un paio di anni l’attenzione di Gay si sarebbe spostata dal dibattito in ambito socialista alle ricerche sull’illuminismo, una scelta che sarebbe rimasta pre­ valente, anche se non esclusiva, per un ventennio circa. Nel libro del 1952 non mancavano, del resto, precisi indizi di quelli che di lì a poco sarebbero divenuti nuovi oggetti d’indagine, a partire dal motivo centrale del discor­ so: l’idea di riformismo (e il suo valore).

Il «dilemma» che aveva giocato nel destino della socialdemocrazia te­ desca (abbandonare temporaneamente i metodi democratici per prendere il potere, oppure rischiare l’impotenza politica perseverando nell’osservare le procedure parlamentari) risultava attuale e nient’affatto risolto quando Gay scriveva. Mentre l’attività di Bemstein era vista come un’affascinante ricerca di vie pacifiche allo scopo di preparare il successo del socialismo sul

19 The party o f hum anity cit., p. 24. Come ha osservato Lester Gilbert Crocker, mentre sto­ rici quali Becker, Gay e Cobban hanno, implicitamente o meno, fatto intendere una calda ade­ sione alla civiltà dei Lumi, altri (Cassirer, Hazard, Ehrard, Gusdorf, e lo stesso Crocker) hanno

invece personalmente negato un’identificazione così diretta. Cfr. L. G. Crocker, The Enlighten­

m ent: problem s o f interpretation, in L’età d ei Lum i. Studi storici su l Settecento europeo in onore d i Franco V enturi, voi. I, Napoli, Jovene, 1985, p. 19.

20 New York, Columbia University Press, 1952, e New York-London, Collier-Macmillan, 1962.

21 Un suo commosso ricordo è nella prefazione di Style in history cit. Di Hofstadter, Gay ha

incluso in H istorians a t w ork cit. (voi. IV, p. 384 e sgg.) stralci di The age o f Reform (New York,

Knopf, 1955), un testo che egli aveva contribuito a rivedere, insieme con il maestro, prima della pubblicazione. Su questo versatile docente di storia americana presso la Columbia University cfr.

L. A. Cremin, R ichard H ofstadter, 1916-1970. A biographical mem ori, Syracuse-New York, Na­

tional Academy of Education, 1972.

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capitalismo, il fallimento di un tale revisionismo veniva interpretato come un fattore determinante nella sconfitta non solo di un uomo, ma anche del­ l’intera Germania. In questo senso, lo storico si dimostrava già perfetta­ mente consapevole del condizionamento e dello scambio che possono esi­ stere, a dispetto di una pur energica azione individuale, fra un contesto particolare ed elaborazioni teoriche. In anticipo rispetto al quadro ideolo­ gico ed intellettuale americano, egli inaugurava un filone di studi che avrebbe messo a fuoco le origini della socialdemocrazia tedesca orientan­ dosi a recuperare non già l’ortodossia del movimento marxista, bensì i pro­ grammi per combattere (concretamente) le ingiustizie sociali. Ed è tanto più significativo che anche a proposito del pensiero politico degli illumini­ sti Gay avrebbe parlato di lì a non molto di un «dilemma» («to dissolve thè incompatibility of freedom and reform»).22

Leggendo oggi - a distanza di tempo, e cioè conoscendo l ’evoluzione delle indagini compiute dallo storico - il ritratto del socialdemocratico te­ desco e la biografia di Voltaire uscita nel 1959 (sulla quale tornerò fra po­ co), è possibile cogliere la volontà, da parte dello studioso, di porre in ri­ salto percorsi e scelte affini fra queste due figure di riformatori, pur sepa­ rate da un secolo e mezzo di vicende ed esperienze. Di esse Gay ha messo in luce - tenendo sullo sfondo le specifiche situazioni sociali, istituzionali e filosofiche - il cosmopolitismo, il realismo, la dedizione a un «criticismo sociale» che era stato, insieme, un metro di giudizio, un criterio d’azione e un valore. E che a ispirare e guidare la stesura di The dilemma of demo-

cratic socialism sia stato Franz Neumann23 (quell’«Aufklàrer» che aveva in­ dirizzato lo storico ad occuparsi delle opere di Cassirer, e al quale è stato poi dedicato Voltaire’s politics) risulta particolarmente indicativo.

22 The Enlightenm ent: an interpretation. The science o f freedom , New York, Knopf, 1969, p.

498, cui si confronti The dilem m a cit., p. 7. Sulle indagini pionieristiche dedicate da Gay alla so­

cialdemocrazia tedesca cfr. W . Harvey Maehl, Recent literatu re on the German socialists,

1891-1932, «The Journal of modem history», XXXIII, n. 3, September, 1961, pp. 292-306; D. W.

Morgan, The fath er o f revisionism revisited: Eduard B ernstein, «The Journal of modem history»,

LI, n. 3, September 1979, pp. 525-532; R. A. Fletcher, Cohden as educator: the free-trade inter­

nationalism o f Eduard Bernstein, 1899-1914, «The American historical review», LXXXVIII, n. 3,

June 1983, pp. 561-578; K. H. Jarausch, German social history-Am erican style, «Journal of social

history», Winter, 1985, pp. 349-350.

23 Di questo studioso sono disponibili in edizione italiana: Behemoth. Struttura e pratica del

nazionalsocialism o, intr. di E. Collotti, Milano, Feltrinelli, 1977; La teoria dell'im perialism o raz­ ziale e la «fin e» d el capitalism o fin an ziario, in Im perialism o e sistem a capitalista m ondiale, a cura

di G. Arrighi, Napoli, Liguori, 1979, pp. 17-54; I l diritto d el lavoro fra democrazia e dittatura,

Bologna, Il Mulino, 1983; Lo Stato democratico e lo Stato autoritario, II ed. Bologna, Il Mulino,

1984. Su Neumann cfr. H. Stuart Hughes, Franz Neumann between marxism an d lib eral demo­

cracy, in The in tellectual m igration cit., pp. 446-462.

Due anni dopo la pubblicazione di The dilemma of democratic socia-

lism, nel 1954, Gay traduceva e curava, confrontandosi con uno dei prin­ cipali interpreti della rilettura del XVIII secolo, due articoli che Ernst Cassirer aveva scritto nel 1932: Das Problem ]ean-]acques Rousseau.24 In quell’occasione Gay rilevava che, se l’approccio «razionalistico» di Cassirer alla biografia roussoiana si prestava ad essere criticato, era per­ ché esso aveva trascurato il contributo di Freud e della psicoanalisi.25 26 In ogni caso, a distanza di anni dalla loro edizione in inglese, Gay ha ri­ badito di considerare i saggi cassireriani come una svolta interpretativa, in quanto, stabilendo un rapporto dinamico fra esperienze, pensiero ed ope­ re di Rousseau (cogliendoli cioè in fie ri, anziché in esse), Cassirer aveva avuto il merito di scoprire, entro una tale congerie di motivi, una sorta di «etica pre-kantiana»: la coscienza della libertà e l ’idea della legge, in­ separabilmente connesse fra loro.20 Al di là di facili stereotipi, negli arti­ coli del 1932 era emerso così un ritratto completo del Ginevrino, per quanto non definitivo.

Sempre nel 1954 il giovane storico si metteva alla prova con un’altra traduzione, che gli consentiva di esaminare il manifesto classico dei Lu­ mi: il Was ist Aufklärung.? di Kant. Contemporaneamente, egli offriva già una lettura originale del pensiero dei philosophes con l ’articolo

The Enlightenment in thè history of politicai theory (uscito dapprima in «Politicai Science quarterly», incluso poi, a stralci, nel capitolo finale di The party of hum anity), un testo nel quale giustificava il fatto che non tutti gli illuministi avessero creduto nell’idea di un progresso auto­ matico.27 E ciò va fatto notare perché Gay è stato uno dei primi ad affrontare, ma anche a circoscrivere, il problema dell’incidenza del

24 E. Cassirer, The question o f Jean Jacques Rousseau, translated and edited with an intro­

duction and additional notes by P. Gay, New York, Columbia University Press, 1954. Gli articoli

(trad, it.: I l problem a G ian Giacomo Rousseau, Firenze, La Nuova Italia, 1938) erano usciti in

«Archiv für Geschichte der Philosophie», XLI, 1932, pp. 177-213, 479-513, ed erano stati anche

sintetizzati, in francese, in L ’unité dans Toeuvre de Jean Jacques Rousseau, «Bulletin de la Société

Française de Philosophie», XXXII, n. 2, aprile-giugno 1932, pp. 46-66.

25 Cfr. l’introduzione a The question o f Jean Jacques Rousseau cit., p. 24.

26 Nel 1967 Gay scriveva (La storia sociale d elle idee cit., p. 141) che, per la maggior parte, il

Rousseau di Cassirer era ancora il Rousseau degli studiosi. E sei anni dopo egli confermava (The

Enlightenm ent: a comprehensive anthology, New York, Simon and Schuster, 1973, p. 195) il suo

giudizio su Das Problem Jean Jacques Rousseau, dicendo che si era trattato di «a brilliant essay».

27 I. Kant, W hat is E nlightenm ent?, translated by P. Gay, in Introduction to contemporary

civilization in the W est, vol. I, New York, Columbia University Press, 1954, pp. 1071-1076. P.

Gay, The Enlightenm ent in the history o f p o litical theory, «Political science quarterly», Septem­ ber 1954, 3, pp. 374-389.

PETER GAY E L ’ILLUMINISMO

pessimismo e della consapevolezza dei limiti umani nel secolo delle

Lu-• n 28

mieres.

Lo studioso era dunque pronto a partecipare a un dibattito fra specia­ listi quando, nel 1956, fu organizzato un convegno per fare il punto su un libro conosciutissimo nelle scuole americane: The Heavenly City of thè eigh-

teenth century philosophers di Cari Lotus Becker, uscito a New Haven nel 1932.28 29 Accompagnata da una vasta eco fin dalla sua pubblicazione, l’ope­ ra si era presentata come una precoce alternativa, non priva di paradossi, agli argomenti proposti da Cassirer. Contro una linea interpretativa volta ad evidenziare i legami fra rinascimento e illuminismo, Becker aveva rico­ struito un altro grande filone di continuità: quello fra Medio Evo ed età dei Lumi. Secondo lo storico americano, all’origine del mondo moderno ci sa­ rebbe stata la rottura epistemologica non del XVIII, ma del XIX secolo, l’epoca caratterizzata dalla rivoluzione industriale. In questo modo, l’utopia del Settecento era stata ricollegata al passato e intesa come una sorta di se­ colarizzazione della teoria agostiniana della «città celeste». Al convegno del 1956 intervennero allievi di Becker e alcuni suoi colleghi. Non si trattò, tut­ tavia, di mettere in dubbio il frutto di una carriera spesa al servizio della ricerca, quanto piuttosto di aggiornare il giudizio su The Heavenly City, in anni che avevano assistito alla riproposta, da parte di un filosofo come

28 In quegli anni lo Shorter Oxford E nglish dictionary (a proposito del quale si vedano le

riflessioni di Gay in The party o f hum anity cit., p. 263) definiva ancora l ’illuminismo «shallow

and pretentious intellectualism, unreasonable contempt for authority and tradition». Sull’idea

di progresso e la sua storia cfr. C. Frankel, The faith o f reason. The idea o f progress in the

age o f reason, New York, King’s Crown Press, 1948; R. V. Sampson, Progress in the age o f reason,

Melbourne, Heinemann, 1956; A. Cento, Condorcet e l ’idea d i progresso, Firenze, Parenti, 1956;

M. J. CONDORCET, Abbozzo d i un quadro storico d ei progressi dello spirito umano, a cura di M.

Minerbi, Torino, Einaudi, 1969. Quanto al tema del pessimismo, si confrontino H. S. Vyver-

berg, H istorical pessim ism in the French E nlightenm ent, Cambridge, Mass., Harvard University

Press, 1958; G. R. Cragg, Reason and authority in the eighteenth century, Cambridge, Cam­

bridge University Press, 1964. Non si può tacere il profondo rinnovamento degli studi sull’eude­

monismo settecentesco che è stato offerto dalle indagini di Robert Mauzi (in particolare con V i­

dee du bonheur dans la littérature et la pensée française du XVIIF siècle, Paris, Colin, 1960), di cui

un bilancio è stato tentato in L. G. Crocker, À new interpretation o f the eighteenth century:

M auzi’s L ’idée du bonheur au XVIIIe siècle, «Modem language quarterly», 1963, pp. 79-87, e in Id., Recent interpretations o f French E nlightenm ent, «Journal of world history», 3, 1964,

pp. 450-451. La premessa a un tale filone di ricerche si può ricondurre a P. Hazard, Le pro­

blèm e du m al dans la conscience européenne du dix-huitièm e siècle, «The Romanic review», XXII, 1941, p. 147 e sgg.

29 Del simposio, che si tenne alla Colgate University, sono stati raccolti gli atti in C arl Bec­

ker’s H eavenly C ity revisited, edited by R. O. Rockwood, Ithaca, New York, Cornell University Press, 1958. Si tenga presente che del libro di Becker, che era stato pubblicato nel 1946 oltre che in tedesco anche in italiano (su suggerimento di Benedetto Croce), esistevano nel 1957, in Ame­ rica, già dieci edizioni.

Karl Lowith, dell’idea che l’«irreligione del progresso» illuminista fosse sta­ ta «una sorta di religione derivata dalla fede cristiana in un fine futuro», «un eskaton indeterminato e immanente al posto di quello determinato e trascendente».30

Durante il simposio, Gay (insieme con Henry Guerlac, Walter Dorn, Ralph Bowen) si trovò fra coloro che sostennero le tesi più critiche verso Becker. Muovendo da riflessioni storiche e filosofiche, Gay polemizzò sulla base di ragioni strettamente metodologiche.31 Egli sapeva di trovarsi di fronte all’opera di un liberal, nata in un momento di crisi che aveva inve­ stito persone e nazioni. Ma era convinto anche che Becker avesse voluto provocare il pubblico con un jeu d’esprit, una raccolta di aforismi e para­ dossi sicuramente capace di presa sui lettori grazie all’abilità stilistica del­ l ’autore. L’esigenza dei philosophes di distanziarsi dal mondo cristiano era stata sminuita - secondo Gay - riconducendo il serio impegno di un grup­ po di intellettuali alla semplice e riduttiva scelta di chierici medievali in fog­ ge moderne, ingrati ed immemori eredi della tradizione cristiana. Quello di Becker sarebbe stato, cioè, un tentativo di ritrovare nel pensiero di Voltai­ re, Hume, Diderot, d’Holbach non ciò che essi avevano portato di nuovo e di storicamente fecondo, ma ciò che era coinciso sostanzialmente con alcu­ ne, fondamentali idee elaborate in passato: l ’idea di legge naturale, di mo­ ralità, d’immoralità. In una tale ricostruzione retroattiva (pur se condotta con charme e grande dottrina), l ’errore di fondo consisteva, per Gay, in una nozione fallace di continuità e in una mancata restituzione della com­ plessa realtà storica, che si può ricavare solo dall’attenta analisi di un con­ testo specifico. Porre sullo stesso piano il razionalismo tomistico e quello voltairiano significherebbe operare una semplificazione scorretta. Tomma­ so d’Aquino e Voltaire avevano entrambi creduto che il potere della ragio­ ne fosse limitato, ma - osservava Gay - mentre per il primo ciò che è inac­ cessibile all’uomo era il fondamento della teologia, per il secondo quanto non è razionalmente pensabile era apparso una pura chimera. Quanto alla

30 K. Lowith, Significato e fin e d ella storia. I presupposti teologici d ella filosofia d ella storia

(con una prefazione di Pietro Rossi utile per inquadrare la formazione dell’allievo di Husserl e di Heidegger e la sua forte carica di relativismo storico e speculativo), Milano, Comunità, 1963 (ed.

originale M eaning in history. The theological im plications o f the philosophy o f history, Chicago,

The University of Chicago Press, 1949, poi, con la correzione del titolo, W eltgeschichte undH

eil-sgeschehen. D ie teologischen Voraussetzungen der Geschichtsphilosophie, Stuttgart, Kohlhammer, 31 Per un puntuale raffronto tra la nozione continuista di illuminismo sostenuta da Becker e

quella secolare e di profonda rottura adottata da Gay cfr. R. Emerson, P eter Gay and the H ea­

venly C ity, «Journal of the history of ideas», XXVIII, 1967, pp. 383-402.

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questione della legge naturale (che Becker aveva presentato come un filo rosso fra Medio Evo ed età dei Lumi), essa veniva ricondotta dal giovane studioso, piuttosto che a una matrice cristiana, a una reminiscenza stoica.32 Gay contrappose allora al concetto di continuità fra cristianesimo ed illu­ minismo (che era stato individuato da Becker) una propria idea di conti­ nuità: quella che era esistita fra Bentham, Hegel e i loro ispiratori (Hume e Turgot). Dopo lo studio dedicato a Bernstein, egli preannunciava, così, le ricerche che, a distanza di qualche anno, avrebbe compiuto sulle affinità - dietro gli apparenti contrasti - tra philosophes e intellettuali otto e novecen­ teschi.