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Tra storiografia e visione del mondo: alcune ipotesi interpretative Ho dedicato quasi tutta la mia vita a cercare di capire un periodo storico che

ho sempre ritenuto non una cosa morta del passato, ma un elemento di vitale im­ portanza per la nostra fantasia e il nostro spirito. 69

L’interesse e la passione per il mondo rinascimentale che hanno accom­ pagnato la Yates per oltre trent’anni non rappresentano forse una fuga al- l’indietro da parte di un’intellettuale dotata di «un atteggiamento quasi in­ fantilmente fuori del mondo, che si associava a un sano buon senso nel giu­ dicare persone e situazioni».70 Durante il secondo conflitto mondiale e nel­ l’immediato dopoguerra, la riscoperta del Rinascimento nasce dalla presa di coscienza da parte di molti intellettuali europei di una radicale rottura verificatasi, a partire dagli anni trenta, nel mondo contemporaneo.

Fedi antiche e radicate - ha scritto Cesare Vasoli - , comportamenti etici e po­ litici che avevano faticosamente retto alla dura prova della grande guerra e del pri­ mo dopoguerra, apparivano adesso colpiti in modo irreparabile; e mentre risorge­ vano gli antichi e nuovi mostri che la ragione umanistica e illuministica si era illusa di avere esorcizzato per sempre, sembrava tramontare quella stessa fiducia nella funzione liberante e progressiva della cultura di cui la tradizione umanistica aveva fatto la propria insegna [...]. Adesso, dopo gli orrori della guerra, dopo i campi di sterminio [...], gli antichi fondamenti umanistici della cultura europea, i loro miti e utopie apparivano immagini corrose, un lontano sogno sopravvissuto solo nella tarda testimonianza degli ultimi epigoni.71

68 Si veda l’intervento di B. Vickers, Frances Y ates and the w riting o f history, «Journal of

modem history», 51, 2, 1979, pp. 287-316; p. 289. 69 F. A. Yates, A strea cit., Prefazione, p. xxi.

70 Cfr. E. H. Gombrich, La valutazione delle correnti esoteriche cit., p. 231, che ha fornito

una chiave di lettura priva di implicazioni ideologiche.

71 Sulla riscoperta del Rinascimento a partire dagli armi trenta cfr. C. Vasoli, I l concetto d i

Rinascim ento n el pensiero contemporaneo, in V. Branca-C. Griggio-M. e E. Pecoraro-G.

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In un’epoca di drammatica inquietudine ideologica e politica, volgersi al Rinascimento per scoprire gli ideali di quella grande trasformazione cul­ turale ha il significato di una profonda autoanalisi, poiché il problema in­ veste l ’origine e la natura stessa della civiltà contemporanea, di cui ormai si vive la «catastrofica conclusione».72 Il periodo rinascimentale diviene dun­ que uno dei punti di riferimento indispensabili per chi voglia risalire ai pro­ cessi costitutivi della civiltà moderna. Al Rinascimento guardano, con inte­ ressi, approcci ed esiti interpretativi anche profondamente diversi tra loro, storici di differenti nazionalità e formazione: da Federico Chabod a Euge­ nio Garin, da Wallace Klippert Ferguson a Lucien Febvre,73 per citarne solo alcuni, che avviano una vivace discussione sulle origini, i caratteri e il senso storico della rinascita, contribuendo a mettere in dubbio l ’immagi­ ne rinascimentale offerta da Jacob Burckhardt nella sua opera del 1860.74

glio-E. Sequi (a cura di), II Rinascim ento. A spetti e problem i attu a li, Atti del X Congresso dell’As­

sociazione Intemazionale per gli studi di lingua e letteratura italiana, Belgrado, 17-21 aprile 1979, Firenze, Olschki, 1982, pp. 19-43 ; p. 22.

72 Si veda la riflessione di E. Garin sulla spinta «verso un ripensamento degli aspetti più importanti della cultura umanistico-rinascimentale [che] è dovuto al bisogno di renderci conto

fino in fondo delle linee orientatrici essenziali della nostra cultura», nel saggio Interpretazioni

del Rinascim ento, in M edioevo e Rinascim ento. Stu d i e ricerche, Roma-Bari, Laterza, 1993 (Ia ed. 1954), pp. 90-107.

73 Nel 1942 Federico Chabod riflette sul Rinascimento, esaltandone l’aspetto laico, tipico

della tradizione umanistica (si veda II Rinascim ento in: Problem i sto rici e orientam enti storiogra­

fic i, a cura di E. Rota, Como, Cavalieri, 1942, pp. 445-491, poi ristampato in Q uestioni d i storia moderna, a cura di E. Rota, Milano, Marzorati, 1948, pp. 53-99 e ora in S critti su l Rinascim ento,

Torino, Einaudi, 1981, pp. 73-109). Eugenio Garin, l’anno prima, aveva insistito piuttosto sulla molteplicità della Rinascita, per avviare, dal 1950 in poi, lo studio sul volto magico, ermetico e

astrologico della cultura rinascimentale (si veda l’antologia di testi dal titolo II Rinascim ento ita ­

liano, Milano, Istituto per gli Studi di politica intemazionale, 1941). Wallace Klippert Ferguson,

nel libro su II Rinascim ento nella critica storica, trad. it., Bologna, Il Mulino, 1969 (1948), non ha

dubbi riguardo all’esistenza di un’effettiva rinascita. Negli anni cinquanta Lucien Febvre dichiara

invece che il Rinascimento è un’invenzione di Jules Michelet (cfr. Studi su Riform a e R inasci­

mento e a ltri scritti su problem i d i metodo e d i geografia storica, Torino, Einaudi, 1982 (1966),

in particolare Come Ju les M ichelet inventò i l Rinascim ento, pp. 435 e sgg.). Su questi aspetti si

veda C. VASOLI, I l concetto d i Rinascim ento cit., pp. 23 e sgg. Su Chabod e Febvre, storici del

Cinquecento, cfr. i profili di D. Cantimori, in Id., Sto rici e storia. Metodo, caratteristiche e signi­

ficato d el lavoro storiografico, Torino, Einaudi, 1971, pp. 281 e sgg. e 213-254. Anche le riviste, e in particolare il «Journal of thè history of ideas», negli anni cinquanta testimoniano la vivacità del

dibattito. Si veda inoltre II Rinascim ento. Significato e lim iti, Atti del III Convegno Internazionale

sul Rinascimento, 25-28 settembre 1952, Firenze, Sansoni, 1953.

74 J. Burckhardt, La civiltà d el Rinascim ento in Italia, trad. it., Firenze, Sansoni, 1996. Sul­

l’interpretazione burckhardtiana si veda R. Klein, La form a e l ’intellegibile. Scritti su l Rinascimento

e l ’arte moderna, trad. it., Torino, Einaudi, 1975, pp. 212 e sgg. e soprattutto W. K. Ferguson, I l Rinascim ento nella critica storica cit., pp. 255 e sgg., lavoro importante per la ricostruzione dei di­

battiti storiografici sul Rinascimento. Al riguardo si vedano anche C. Vasoli (a cura di), Umanesimo

e Rinascim ento, Palermo, Palumbo, 1969 (II ed. 1976); i saggi contenuti nel volume di A. Prandi (a

cura di), Interpretazioni d el Rinascim ento, Bologna, Il Mulino, 1971, in particolare F. Chabod, I l

Come per molti storici, anche per la Yates lo studio del Rinascimento non è materia neutra, ma trae origine da una riflessione complessiva sul mondo moderno; nasce dalla volontà di riportare alla luce filoni di pensie­ ro, sogni e ideali trascurati in sede storiografica e che invece hanno avuto un peso determinante nel processo di avvio alla modernità. Proprio chi ha assistito al «crollo» di quegli antichi «sogni», «tra guerre anche più spaven­ tose e più terribili cacce alle streghe», può volgersi a contemplare il Rina­ scimento «con un più profondo senso del precario e pericoloso equilibrio su cui [tali sogni] si libravano».75

Il percorso della Yates - come si è detto - pare connesso alla crisi della civiltà e alla caduta dell’idea di progresso, e si manifesta nella denuncia del­ l’universo materialistico, di cui l’autrice offre molte testimonianze nei suoi

fram m enti autobiografici. Nel disprezzo per la «musica elettrica [che] ci riempe i timpani da mattino a sera», nel rifiuto in «un’età di materialismo» di possedere una macchina76 si scorge la volontà di mantenere intatta un’o­ riginaria purezza, fatta di un contatto quotidiano con la natura e di un in­ tegrale rifiuto di tutti gli aspetti tecnologici della vita contemporanea.

[L’uomo] è divenuto prigioniero della tecnologia, ridotto, come essere uma­ no, a una condizione di asservimento dagli imprevisti risultati della scienza appli­ cata. Tale insoddisfazione ha dato origine al diffondersi della ricerca di valori re­ ligiosi, all’interesse per il mistero o l’«esoterico», nella speranza che ciò possa riso­ spingere indietro verso un senso perduto del fine o del significato del mondo.77

Ma la Yates non è né una portavoce dell’«oscurantismo antiscientista» di Spengler né una compagna di strada degli esponenti della letteratura an­ tiscientista assai diffusa negli anni sessanta.78 Dinanzi alla proclamata

ban-UN PROFILO INTELLETTUALE DI FRANCES AMELIA YATES

Rinascim ento n elle recenti interpretazioni (pp. 25-43); P. O. Kristeller, Le interpretazioni della civiltà del Rinascimento dopo Burckhardt (pp. 165-184); I l Rinascimento. Interpretazioni e problem i,

Roma-Bari, Laterza, 1979, soprattutto D. Hay, Storici e Rinascim ento negli ultim i venticinque an ni

(pp. 3-41) e P. O. Kristeller, I l Rinascim ento nella storia d el pensiero filosofico (pp. 151-179); M.

Ciliberto, I l Rinascimento. Storia d i un dibattito, Firenze, La Nuova Italia, 1988 (1975), pp. 1-53.

75 G li u ltim i dram m i d i Shakespeare cit., p. 126.

76 «E questo scrive la Yates perché rifiutai sempre di averne una. Certamente si sarebbe potuto porre un freno a tutto, o se non altro controllarlo, se solo ci si fosse rifiutati di possedere

quella robaccia» {Frammenti autobiografici cit., pp. 182 e 195).

77 L ’Illum inism o dei Rosa-Croce cit., Introduzione, p. xv.

78 Su questi aspetti ha riflettuto PAOLO Rossi, Tradizione erm etica e rivoluzione scientifica in

Id., Im m agini d ella scienza cit., pp. 149-181 (pubblicato prima in «Rivista di filosofia», 66, 1, 1975, pp. 20-56), che si è domandato se la Yates «si limita a [...] utilizzare alcune affermazioni avanzate (fra gli altri) da Jung e da Eliade oppure è giunta a far propria la loro tesi della scienza come incapacità di «sperimentare il sacro»?» (pp. 170-171).

carotta della scienza e della civiltà contemporanea, l’autrice non reagisce negando la forza della ragione, la possibilità di costruire un progetto per il futuro. Tutt’altro. Guardare a un certo passato rinascimentale (e vedre­ mo di quale passato si tratti) non vuol dire per lei rifugiarsi in un paradiso perduto, rifiutando il presente e la storia. Nel suo percorso intellettuale, «la perdita delle illusioni» coincide solo in parte con «il desiderio della regres­ sione».79 Alla cultura della crisi è infatti connessa la cultura della ricostru­ zione, che attinge agli ideali politici, religiosi e morali che la Yates ritrova nella sua im m a g in e del Rinascimento. E riflettere su alcuni degli elementi fondamentali a ll’o rig in e del mondo contemporaneo - la nascita della scien­ za moderna, il rapporto tra questa e la morale e la religione, per citarne so­ lo alcuni - significa anche offrire una propria risposta alla crisi della civiltà, cercando nel passato un modello da proporre per il presente. E chiaro in­ fatti che «i temi discussi - scrive l ’autrice - stanno al punto nodale di quelle preoccupazioni per la scienza e la religione che sono d’importanza tanto fondamentale ai nostri giorni».80

La scoperta di una via alternativa alla modernità, attraverso cui la studiosa ha profondamente rinnovato la visione del Rinascimento, è dunque legata a una scelta ideologica precisa: il Rinascimento, interpre­ tato in chiave autobiografica, costituisce una parte della sua coscienza culturale e politica. Più che una «teorica dell’apocalisse», la Yates sem­ bra, secondo la definizione, solo in apparenza sprezzante, di Delio Can­ timori, uno dei «lontani e squallidi epigoni» degli umanisti81 o, per dir­ la con la Yates, «a survivor from a distant p ast»;82 uno tra gli esponenti di una cultura ormai al tramonto, ma in cui ella ancora crede ferma­ mente. Non a caso, di fronte alla storiografia, soprattutto economica, propensa a mettere in dubbio l ’esistenza di un’effettiva rinascita e a sot­ tolineare maggiormente le «om bre» dell’epoca,83 la Yates sempre

difen-79 Si vedano le riflessioni di Paolo Rossi sulla rivolta contro la scienza, iv i, p. 181; cfr., inol­

tre, Id., N aufragi senza spettatore. L ’idea d i progresso, Bologna, Il Mulino, 1995.

80 L ’Illum inism o dei Rosa-Croce cit., Introduzione, p. xxv.

81 D. Cantimori, Umanesimo, Rinascim ento, Riform a, in: Stud i d i storia, Torino, Einaudi,

1976 (1959), 3 voli., voi. II, Umanesimo, Rinascim ento, R iform a, p. 376. Si veda anche Valore

d ell’um anesim o, iv i, pp. 379-390.

82 Così si definisce F. A. Yates in una lettera a Corrado Vivanti, Londra 21 marzo 1975

(A.W.I., The w orking m aterials and correspondence cit.). È stato proprio Vivanti a promuovere

la traduzione italiana dei libri della Yates presso la casa editrice Einaudi (le lettere relative sono conservate presso il citato fondo d’archivio).

83 A l riguardo cfr. M. Ciliberto, I l Rinascim entocit., pp. 47 e sgg. e, soprattutto, W . K.

Ferguson, O rientam enti recenti n ella storiografia economica d el Rinascim ento,in Interpretazioni d el Rinascim ento cit., pp. 225-244.

UN PROFILO INTELLETTUALE DI FRANCES AMELIA YATES

derà il concetto di Rinascimento e la validità di questa categoria storio­ grafica.84

Quali siano i tratti caratteristici del Rinascimento e in che cosa consi­ sta davvero la rinascita cinquecentesca, è il primo interrogativo da porsi nell’affrontare il problema del rapporto tra storiografia e visione del mon­ do nella Yates. In quella rinascita l ’autrice scorge l’inizio dell’era moder­ na, contrassegnata dalla riscoperta dell’uomo e della natura, ma è ben lontana dal fare propria la tesi burckhardtiana, del resto già respinta da Aby W arburg e da altri storici - a partire da Henry Thode e Emile Geb- hart, negli ultimi decenni dell’Ottocento, per giungere, attraverso Konrad Burdach, a Giuseppe Toffanin o a Delio Cantimori e alla sua lettura pro­ blematica85 - , di un Rinascimento pagano tutto teso a liberarsi dai vincoli della religione. Dinanzi all’incapacità del sapere contemporaneo di unire armoniosamente cultura, morale e religione, dinanzi all’incapacità della scienza, ridotta a mera tecnologia e piegata a scopi utilitaristici, di con­ templare la sacralità del cosmo e di porsi come strumento di conoscenza fine a se stessa (in ciò consiste, per la studiosa, il volto demoniaco della modernità), volgersi al Rinascimento vuol dire percorrere un itinerario antico alla ricerca di un’immagine unitaria della cultura; una cultura in cui la religione occupa un posto di primissimo piano. L ’uomo rinascimen­ tale dipinto nel grande affresco della Yates è tutt’altro che lontano dalla divinità. Come gli appartenenti alle accademie francesi del Cinquecento, così Giordano Bruno e gli «invisibili» Rosa-Croce - per citare solo alcuni dei protagonisti amati dalla Yates - avevano una «missione religiosa». Co­ storo condividevano il sogno, destinato a svanire, «d i una religione uni­ versale in cui la scienza interpretata come «magia naturale» si legasse in­ dissolubilmente con la religione intesa come “magia divina”» .86 E pro­ prio nell’armonia tra religione, morale e scienza stanno, per la Yates, la

84 Per una riflessione sul concetto di Rinascimento cfr. H. Baron, The first history o f the

historical concept o f the R enaissance, «Journal of the history of ideas», 11, 4, 1950, pp. 493-

5 10 (si tratta di una recensione a W . K. Ferguson, The Renaissance in h istorical thought: Five

centuries o f interpretation, Boston, Houghton Mifflin Company, 1948). Si veda inoltre il capitolo

Sulla storia d el concetto d i Rinascim ento di D. Cantimori in: Storici e storia cit., pp. 412-462 (già pubblicato come saggio in «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», serie II, 1 , 1932, pp. 229-268).

85 Riguardo al dibattito sulla religiosità del Rinascimento si veda C. Angeleri, I l problem a

religioso d el Rinascim ento. Storia d ella critica e bibliografia, Firenze, Le Monnier, 1952, con In­ troduzione di E. Garin (pp. v-vn); M. Ciliberto, I l Rinascim ento cit., pp. 19 e sgg.

86 F. A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione erm etica, trad, it., Roma-Bari, Laterza, 1989

(la prima traduzione è del 1969), p. 427 (edizione inglese Giordano Bruno and the herm etic tra­

dition, London, Routledge and Kegan, 1964).

vera grandezza del Rinascimento e il suo nucleo caratterizzante, e nel con­ tempo il messaggio da esso inviato alla posterità.

Dalla visione di un Rinascimento per nulla irreligioso, ma indelebil­ mente segnato da una profonda, seppure inquieta, religiosità, deriva un ripensamento complessivo circa la questione del rapporto tra Medioevo e Rinascimento.87 Lungo il sentiero già percorso da Pierre Duhem e da Lynn Thorndike,88 che hanno richiamato l’attenzione sull’importanza delle ricerche scientifiche della tarda scolastica, svalutando il carattere innovativo della scienza rinascimentale, sulla scia tracciata da Konrad Burdach,89 che ha evidenziato le origini cristiano-medievali dell’idea di rinascita, e avendo ben presenti le riflessioni di vari membri del War- burg, la Yates contribuisce a porre in crisi la visione dualistica Medio- evo/Rinascimento, per individuare invece già nel Medioevo molte delle tendenze che avrebbero contraddistinto l ’epoca rinascimentale. In real­ tà, la Yates, fedele alla lettura warburghiana, rintraccia le origini del Ri- nascimento molto più indietro nel tempo e giunge sino alla tradizione classica. Una tradizione che non è quella del «paganesimo antico», da opporre alla barbarie del Medioevo religioso, ma piuttosto quella di una diversa forma di religiosità, più «p ura» e personale, che viene indi­ viduata nella corrente ermetica. Se un lungo filo rosso collega il periodo classico al Rinascimento, esiste d’altra parte un processo continuo che da quest’ultimo conduce direttamente al movimento dei Lumi, passan­ do attraverso l ’esperienza rosacrociana, definita «Rinascimento mancato o Illuminismo prematuro».90 Sembra che la Yates faccia propria la pro­ posta avanzata nel secondo dopoguerra da studiosi come Delio Canti­ mori, e poi ampiamente dibattuta, di connettere in un unico periodo

87 Sui problemi di periodizzazione del Rinascimento cfr. il saggio di D. CantimorisuLa

periodizzazione d e ll’età d el R inascim ento, in Id., Sto rici e storia cit., pp. 553-577, che fornisce una breve sintesi del dibattito. Per la discussione sui rapporti tra Medioevo e Rinascimento si

rinvia alla bibliografia presente in C. Vasoli, Umanesimo e R inascim ento, in: La storia (a cura

di N. Tranfaglia-M. Firpo), voi. IV, L ’età moderna, 2 , La vita religiosa e la cultura, Torino, UTET,

1986, p. 36 e in W . Ullmann, O rigini m edievali d el R inascim ento, in: I l Rinascim ento. Interpre­

tazioni e problem i cit., pp. 45-102.

88 P. Duhem, Le systèm e du monde: histoire des doctrines cosmologiques de Platon à

Coper-nic, Paris, Hermann, 1914-1958, 10 voli.; L. Thorndike, A h isto rical o f m agic and experim ental

Science, New York, Columbia University Press, 1923-1958, 8 voli. È la stessa Yates a sottolineare

la grande influenza di questi lavori sulla sua prima produzione. Cfr. i Fram m enti autobiografici

cit., p. 2 16 e la Prefazione a G iordano Bruno cit., p. 7.

89 K. Burdach, Riform a, Rinascim ento, Umanesimo, trad. it., Firenze, Sansoni, 1935, a

cura di D. Cantimori. Per un profilo di Konrad Burdach cfr. D. Cantimori, Storici e storia

cit., pp. 5-11.

90 L ’Illum inism o d ei Rosa-Croce cit., p. 36.

UN PROFILO INTELLETTUALE DI FRANCES AMELIA YATES

il rinnovamento quattro-cinquecentesco e l ’avvio dell’Illuminismo.91 Per lei però (e non a caso l ’autrice depotenzia e liquida la tradizione uma­ nistica, in quanto giudicata anticristiana) l’elemento unificante è altro ri­ spetto al viaggio dell’uomo che via via si libera dai valori trascendenti per collocarsi definitivamente sulla Terra. E così anche lTlluminismo, categoria storiografica utilizzata in un’accezione astorica per indicare un’idea di riforma del mondo, viene ricondotto nell’ambito di una cul­ tura che non rompe davvero con il passato, ma conserva una grande continuità rispetto ad esso.92

Che la riscoperta del Rinascimento e la riscoperta dell’Illuminismo93 siano state contemporanee non è forse un avvenimento casuale, perché volgersi, in un’epoca di barbarie, ai valori che quelle culture sembravano proporre significava trovare una conferma alla fiducia nel potere della ra­ gione; significava sostenere l’individualità del singolo e la sua forza nel co­ struirsi il proprio destino e nell’intervenire positivamente sul reale. In tal senso il rapporto della Yates con il Warburg Institute pone stimolanti in­ terrogativi, e forse non può essere presentato soltanto come uno scambio di metodologie e di approcci alla storia. Il «warburghismo» appare non

91 Si veda la raccolta di saggi di E. Cassirer, D all’Umanesimo a ll’Illum inism o, trad. it., Fi­

renze, La Nuova Italia, 1967; D. Cantimori, E retici ita lia n i d el Cinquecento. Ricerche storiche,

Firenze, Sansoni, 1992 (1939); E. Garin, D al Rinascim ento a ll’Illum inism o. Stud i e ricerche, Fi­

renze, Le Lettere, 1993 (1970); Id., R inascite e rivoluzioni. M ovim enti cu ltu rali d al X V a l XVIII

secolo, Roma-Bari, Laterza, 1990 (1975). Da una riflessione sull’eredità di Giordano Bruno, at­

traverso la riscoperta dei freethinkers, hanno preso avvio gli studi sull’Illuminismo radicale. Si

veda M. Candee Jacob, John Toland and thè N ewtonian ideo logi, «JWCI» 32, 1969, pp. 307-

331; Id., I new toniani e la rivoluzione inglese (1689-1720), trad. it., Milano, Feltrinelli, 1980;

Id., L ’Illum inism o radicale. P anteisti, m assoni e repubblicani, trad. it., Bologna, Il Mulino,

1983; C. Giuntine Toland e Bruno: «erm etism o rivoluzionario»?, «Rivista di filosofia», 67, 2,

1975, pp. 199-235; Id., Panteism o e ideologia repubblicana: John Toland (1670-1722), Bologna,

Il Mulino, 1979. Per una discussione sui rapporti tra ermetismo rinascimentale e illuminismo ra­

dicale cfr. G. P. Romagnani, «Ideologia new toniana» e «illum inism o radicale» n el recente dibat­

tito storiografico, «Rivista di storia e letteratura religiosa», 22, 1, 1986, pp. 102-146.

92 Non a caso la Yates si forma sulla lettura di J. Seznec, La sopravvivenza d egli an tich i dei.

Saggio su l ruolo della tradizione m itologica n ella cultura e n ell’arte rinascim entali, trad. it., Torino, Boringhieri, 1990 (1940). «Studiavo accanitamente. C’era a quel tempo, a causa delle difficoltà

della guerra, soltanto una copia de La survivance des dieux antiques di Jean Seznec. Io avevo il

permesso di prendere in prestito quell’unica copia da cui apprendevo il punto di vista del W ar­

burg riguardo alla mitologia e la sua storia» (F. A. Yates, Fram m enti autobiografici cit., p. 221).

Presente è inoltre la lezione di P. O. Kristeller, La tradizione classica n el pensiero d el R inasci­

mento, trad. it., Firenze, La Nuova Italia, 1969 (1955). Sulla sopravvivenza dell’antichità classica

quale fondamento degli studi warburghiani cfr. P. Ga y, La cultura d i W eim ar cit., pp. 56 e sgg. e

E. Rosenthal, Interpretazioni d el Rinascim ento n ella storia d e ll’arte, in Interpretazioni d el R ina­ scimento cit., pp. 205-223; pp. 213 e sgg.