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Dalla parola a ll’immagine: l’ingresso a l Warburg Institute

Se la stampa del volume su John Fiorio fa emergere la Yates «dalla più totale oscurità di Claygate alla fama di autrice di un libro celebre»,34 è la traduzione in inglese, iniziata intorno al 1935-36 e mai condotta a termine, della Cena de le ceneri di Giordano Bruno a metterla in contatto con Do- rothea Waley Singer e con il marito Charles Singer e poi con Edgar Wind.

32 Su questi aspetti si veda ancora R. Runcini, Illusione e paura cit., passim .

33 Non direttamente influenzato, cioè, dalla lettura dei testi classici della «crisi», come ri­

sulta dallo schedario della L ibrary o f Frances Yates e dalla L ist o f offprints and books from the

lib rary o f Frances A . Y ates not retained by the library, eith er because not required or because du­ plicates, com piled October-December 1984 (conservati presso gli A.W.I).

34 Fram m enti autobiografici cit., p. 210.

UN PROFILO INTELLETTUALE DI FRANCES AMELIA YATES

Wind, appartenente al Warburg Institute, l ’istituto trasferito nel 1933 a Londra dall’Amburgo nazista,35 la invita a servirsi della biblioteca. Si tratta di un incontro decisivo, anche se inizialmente informale, per la studiosa, che nel Warburg trova grandi stimoli a livello sia metodologico sia temati­ co.36 Fondamentale è la frequentazione della biblioteca, il labirinto che af­ fascinò e terrorizzò intere generazioni di studiosi, dove «storia dell’arte, del mito, della religione, della linguistica non erano solo poste lu n a accanto all’altra ma collegate l’una con l’altra e collegate tutte a un comune centro ideale».37 Da questa raccolta di problemi, più che di libri, e dai rapporti con altri membri del Warburg - oltre a Edgar Wind, in particolare Fritz Saxl e Gertrud Bing38 - , la Yates apprende un nuovo tipo di «scrittura del­ la storia»: «una storia completa, enciclopedica, che integra [...] la storia dei simboli e del linguaggio metaforico nella storia generale», una «storia war- burghiana», come la definisce l’autrice stessa.39 In realtà, individuare gli

35 Sulla famiglia Warburg in quegli anni cfr. l’autobiografia di I. Warburg Spinelli, II

tempo d ella coscienza. R icordi d i un’altra Germ ania 1910-1989, trad. it., Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 51 e sgg.

36 Nel discorso pronunciato, l’8 ottobre 1978, durante il ritiro del premio Galileo Galilei per i suoi studi sulla civiltà italiana, sotto gli auspici dell’università di Pisa, la Yates afferma che l’incontro con il Warburg «era una rivelazione assolutamente nuova per me, abituata come ero a lavorare entro la tradizione inglese di studi rinascimentali, una tradizione prevalentemente letteraria o storico-fattuale». Il discorso si legge in traduzione italiana in T. Bolelli (a cura di),

Studiosi stran ieri della civiltà italian a. Testim onianze e discorsi d ei vincitori d el Prem io Internazio­ nale G alileo G alilei dei Rotary ita lia n i, Pisa, Pubblicazione del Ventennale, 1981, pp. 133-147; p.

137; versione inglese, Speech on thè acceptance o f thè Prem io G alileo G alilei, Pisa, in Collected

essays cit., II, Renaissance and Reform , pp. 1-5; p. 3. Nel 1937 iniziano le pubblicazioni del «Jour­ nal of Warburg Institute» (da ora in poi «JWI»), ad opera di Edgar Wind e Rudolf Wittkower, e la Yates vi collabora nella veste di italianista con la traduzione in inglese dello studio sugli Orti

Oricellari di D. Cantimori, R hetoric and politics in Italian H umanism e con il saggio Italian

tea-chers in E lizabethan England, pp. 83-102 e 103-116 (farà parte del comitato editoriale fino al 1981). I volumi successivi ospitano molti saggi di storici italiani e attorno all’Istituto si viene len­

tamente formando un gruppo di «Londinian Italians» (cfr. Speech cit., p. 5), di cui fanno parte

tra gli altri Roberto Weiss, Carlo Dionisotti, Giovanni Aquilecchia e Arnaldo Momigliano.

37 S. Settis, W arburg continuatus. D escrizione d i una biblioteca, «Quaderni storici», 58, 1,

1985, pp. 5-38; pp. 9-10. Sulla biblioteca del Warburg Institute cfr. anche F. Saxl, La storia della

Biblioteca W arburg (1886-1944), un lavoro incompiuto e pubblicato in E. H. Gombrich, Aby W arburg. Una biografia in tellettuale, trad. it., Milano, Feltrinelli, 1983, pp. 277-290.

38 Per i rapporti con questi intellettuali cfr. le lettere conservate in A.W.I, The w orking

ma-terials and correspondence cit.

39Fram m enti autobiografici cit., p. 219. Sul metodo warburghiano cfr., oltre alla biografia di

E. H. GombrichsuAby W arburg cit., G. Pasquali, Aby W arburg, in Id., Vecchie e nuove pagine

stravaganti d i un filologo, Torino, De Silva, 1952 (II ed. Firenze, Sansoni, 1968), pp. 49-67; G.

Bing, Aby A. W arburg, «Rivista storica italiana», 72, 1, 1960, pp. 100-113; Id., Introduzione a A.

Warburg, La rinascita d el paganesim o antico. C ontributi a lla storia d ella cultura, trad. it., Firenze,

La Nuova Italia, 1966 (ristampa 1996), pp. ix-xxxi; Id., Ricordo d i F. S ax l (1890-1948), in F.

Saxl, La storia delle im m agini, trad. it., Roma-Bari, Laterza, 1982, pp. 267-293, di cui si veda

elementi costitutivi di un supposto metodo warburghiano è operazione piuttosto complessa, che ha suscitato, anche in Italia, un interessante di­ battito.40

E noto che l’attività dell’Istituto è andata sempre più diversificandosi rispetto alle proposte del suo fondatore Aby Warburg, morto nel 1929, a tal punto da rendere decisamente problematico l’esame delle relazioni tra la Yates e tale milieu. «Una miniera, un pozzo centrale scavato dal W ar­ burg, da cui si dipartono gallerie a destra e a sinistra e a livelli diversi, ognuno sfruttando una vena differente della medesima sostanza»: così Ger- trud Bing ha presentato l’opera di Warburg, un’opera diventata feconda anche «perché era rimasta frammento, con la potenza che ha il frammento di testimoniare dell’esistenza di un edificio più grande e di sfidare l’imma- ginazione a completarne i particolari».41 Al percorso storiografico di W ar­ burg si affiancano infatti, fin dall’epoca in cui ad Amburgo la biblioteca si trasforma in istituto di ricerca (1921),42 filoni culturali profondamente di­ versi tra loro, che vanno dagli studi di Ernst Cassirer a quelli di iconologia e di iconografia di Erwin Panofsky e Fritz Saxl, dai lavori sulla mitologia clas­ sica di Jean Seznec a quelli sulla simbologia e sull’architettura di Rudolf Wittkower, cui si aggiunge, negli anni successivi, un rinnovato interesse per la psicologia e per la psicanalisi. Una «scuola di maestri»,43 dunque, di personalità fornite ciascuna di un profilo intellettuale preciso. Nell’Isti­ tuto la Yates non trova quindi una vera scuola, ma piuttosto un ambiente assai vivace e ricco di incentivi, che, rimanendo tra l’altro un’isola a parte

l ’Introduzione di E. Garin, pp. v x v ii; E. Panofsky, I l significato delle a n i visive, trad. it., Torino,

Einaudi, 1999; Id., La prospettiva come form a sim bolica e a ltri scritti, Milano, Feltrinelli 1995 (a

cura di G. D. Neri); D. Cantimori, Conversando d i storia, Bari, Laterza, 1967, pp. 179 e sgg.; D.

Eribon-E. H. Gombrich, I l linguaggio d elle im m agini, trad. it., Torino, Einaudi, 1994, pp. 30 e

sgg.; O. Niccoli, Le testim onianze figu rate, in II mondo contemporaneo (a cura di N. Tranfaglia),

Firenze, La Nuova Italia, 1981-1983, X, G li strum enti d ella ricerca, 3, Q uestioni d i metodo, pp.

110 1-112 1. Si veda inoltre S. Ferretti, I l demone d ella memoria. Sim bolo e tempo storico in W ar­

burg, C assirer, Panofsky, Casale Monferrato, Marietti, 1984, che offre anche alcune riflessioni sul warburghismo.

40 Si vedano in particolare gli interventi di E. Garin, Introduzione a F. Saxl, La storia delle

im m agini cit. e le riflessioni critiche di C. Ginzburg, Da A. W arburg a E. H. Gombrich. (Note su un problem a d i m etodo), «Studi medievali», 7, 2, 1966, pp. 1013-1065, ristampato in Id., M iti em blem i spie. M orfologia e storia, Torino, Einaudi, 1986, pp. 29-106. Sulla ricezione della meto­

dologia warburghiana in Italia cfr. G . Agosti, Qualche voce italian a d ella fortuna storica d i Aby

W arburg, «Quaderni storici», 58, 1, 1985, pp. 39-50.

41 G . Bing, Introduzionecit. a A. Warburg, L a rinascita d el paganesim o,p. xv.

42 Sull’attività dell’Istituto negli anni venti si veda P. Ga y, La cultura d i W eim ar. The out­

sid er as insider, trad. it., Bari, Dedalo, 1978, in particolare pp. 56-60.

43 Così l’ha defunta S. Ferretti, I l demone d ella memoria cit., Introduzione, p. xin.

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rispetto alla cultura del tempo (la tradizione empirica inglese accoglie con difficoltà l’apparato teorico warburghiano e, non a caso, solo nel 1944 l ’I­ stituto viene inserito nella struttura universitaria londinese),44 costituisce un luogo ideale per chi, come lei, proviene da una formazione extra-acca­ demica. Né va dimenticato che, se negli anni trenta la Yates entra come «allieva» al Warburg, nei decenni che seguono diventa ella stessa imo dei maîtres à penser del gruppo, contribuendo a rinnovare profondamente l’indagine sul Rinascimento e ad estendere all’intera storia della cultura un metodo nato nell’ambito della storia dell’arte.

Ma, al di là dei singoli indirizzi di ricerca, è forse possibile riconosce­ re, almeno a grandi linee, una serie di elementi comuni agli studiosi war- burghiani, elementi che hanno innovato alle radici i concetti stessi di sto­ ria e di fonte storica e che la Yates ha fatto propri:45 l’idea dell’interdisci- plinarietà, innanzi tutto, intesa non come cooperazione tra specialisti di diverse materie, ma come presenza, nella mente di ognuno, di un’imma­ gine unitaria del sapere; l’uso, accanto alle fonti letterarie e documentarie, delle testimonianze figurate, ossia delle immagini viste come riflesso di idee e, dunque, il superamento di un’analisi formale dell’opera d’arte. A partire dal libro su The Trench academies of thè Sixteenth Century del 1947, nato da una serie di seminari tenuti al Warburg nel 1940,46 fino all’ultimo volume su Cabbaia e occultismo n ell’età elisabettiana (1979), sempre vi è la volontà di proporre una storia interdisciplinare che, inda­ gando il lungo periodo, sia capace di fondere la filosofia e la religione con la letteratura, la musica e l ’arte, lette in chiave non estetica ma ideologica, alla ricerca cioè di un riposto e unitario messaggio morale e, a volte, im­ plicitamente anche politico. Di qui l’uso di diverse fonti che vanno dai te­ sti, a stampa o manoscritti, filosofici e religiosi a quelli letterari e musicali, fino ai documenti iconografici e iconologici. Mentre dal primo lavoro sul movimento accademico francese del Cinquecento a LTlluminismo dei

Ro-44 Sui difficili rapporti tra il Warburg e la cultura londinese si veda O. Niccoli, Le testim o­

n ia n e figurate cit., p. 1103. In generale sulla storiografia inglese degli anni trenta-cinquanta cfr.

Paolo Rossi, Teoria d ella storia e m etodologia storiografica n el pensiero inglese contemporaneo, «Rivista storica italiana», 66, 1, 1954, pp. 68-91. Interessanti sono anche le considerazioni sull’in­

sularità degli storici inglesi di M. Beloff, L a storiografia inglese contem poranea, iv i, 72, 2, 1960,

pp. 304-316.

45 Si vedano le riflessioni di E. Garin, Introduzione cit. a F. Saxl, La storia delle im m agi­

n i cit.

46 F. A. Yates, The French academ ies o fth e Sixteenth Century, London, Studies of thè W ar­

burg Institute, 1947; ristampe Nelden, Liechtenstein, Kraus Reprint, 1968 e Frome and London, Butlerand, 1988 (a cura di J. B. Trapp).

sa-Croce47 l’autrice fonda le sue interpretazioni sull’equilibrato esame di una documentazione molteplice, negli ultimi tre studi Astrea. L ’idea di im­

pero nel Cinauecento (1975), Gli ultim i drammi d i Shakespeare (1975) e Cabbaia e occultismo si nota una netta prevalenza della letteratura come fonte storica. Una letteratura che è utilizzata non come strumento di com­ prensione del sociale, secondo il modello teorizzato, tra gli altri, da Louis Chevalier,47 48 bensì come chiave interpretativa per accedere al cosmo cul­ turale di un autore o di un’intera epoca, come mezzo per ricostruire bat­ taglie intellettuali e scontri politici, con un chiaro privilegio concesso al momento ideologico rispetto a quello artistico.

L esperienza storiografica della Y ates non si esaurisce, in realtà, nel­ l’ambito del cosiddetto metodo warburghiano. Nel suo apparato concet­ tuale confluisce la tradizione della history of ideas, avviata con la nascita delV History of Ideas Club, fondato a Baltimora nel 1923 per iniziativa di Gilbert Chinard, George Boas e Arthur Lovejoy.49 Con tale gruppo - che a partire dagli anni trenta ha quale organo ufficiale il «Journal of thè history of ideas» - la Yates entra in contatto attraverso George Boas, che Ernst H. Gombrich ha conosciuto in America nel 1949 e che diviene intimo amico della studiosa.50 All incontro seguono nei decenni successivi frequenti e reciproche visite e un proficuo scambio culturale tra l ’équipe londinese e la scuola americana, che nel 1960, a Cambridge, diviene 17«-

ternational Society for thè History of Ideas con la partecipazione di alcuni membri del Warburg, tra cui Gombrich e W ittkower.51 Sono queste le

47 The Rosicrucian E nlightenm ent, London, Roudedge and Kegan Paul, 1972 (trad, it., L ’Il­ lum inism o d ei Rosa-Croce. Uno stile d i pensiero n ell’Europa d el Seicento, Torino, Einaudi, 1976. Il sottotìtolo compare solo nell’edizione italiana).

4iì d r- ie riflessioni di L. Chevalier, h a letteratu ra, in: I l mondo contemporaneo cit., G li

strum enti d ella ricerca, 3, pp. 1170-1187.

49 Cfr. A. Lovejoy, R eflections on the history o f ideas, «Journal of the history of ideas», 1 ,1 ,

1940, pp. 3-23 (poi ripubblicato in Ph. P. Wiener-A. Noland (a cura di), Ideas in cu ltu ral perspec­

tive, New Brunswick, Rutgers University Press, 1962, pp. 3-23); G. Boas, The history o f ideas- An introduction, New York, Ch. Scribner’s, Sons, 1969; A. O. Lovejoy, L ’albero d ella conoscenza. Saggi di stona d elle idee, trad, it., Bologna, Il Mulino, 1982, in cui si veda l’Introduzione di Paolo

Rossi, pp. 7-17. Cfr. inoltre P. Rossi, Problem i d i m etodologia storiografica n ella cultura am eri­

cana, in Id., Storia e filosofia. Saggi su lla storiografia filosofica, Torino, Einaudi, 1975 (1969),

pp. 125 e sgg.; Id., I ragn i e le form iche. Un’apologià d ella storia d ella scienza, Bologna, Il Mulino’

1986, pp. 178-181.

50 Cfr. E. H. Gombrich, La storia d elle idee. Omaggio personale a George Boas (1891-1980),

in Id., Custodi della memoria cit., pp. 179-199; p. 183. Per i rapporti tra la Yates e Boas si vedano

anche le lettere conservate presso A.W.I., The w orking m aterials and correspondence cit.

51 Si veda P. Rossi, Introduzione cit. a A. O. Lovejoy, L 'albero d ella conoscenza cit, pp. 13-

14. Tra i membri figurano, tra gli altri, Pierre Francastel per le arti, John Hightower e Max Loher per le culture orientali, Juan Marias per la letteratura e Peter Gay per il pensiero politico.

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due tradizioni che fanno da sfondo al percorso intellettuale della Yates, la quale ricostruisce la storia non tanto «nel senso di storia degli avve­ nimenti», quanto piuttosto «nel senso di storia delle idee quali si sono storicamente sviluppate e come sono state espresse in immagini».52 È indubbio che, se la storia delle immagini occupa una parte di primo pia­ no nel suo itinerario storiografico (la Yates negli anni cinquanta collabo- ra, tra l ’altro, alla nuova edizione di Saturn and melancholy, poi pubbli­ cata da Raymond Klibansky, Erwin Panofsky e Fritz Saxl nel 1964, an­ che se il saggio sulla melanconia in età elisabettiana, troppo lungo, non viene inserito nel libro),53 è il primato delle idee a caratterizzare i suoi lavori. Nella History o f ideas la Yates trova un tentativo di sintesi capace anch’esso di porre fine alle barriere tra le discipline e di originare una conoscenza unitaria.54 Il fondamentale apporto della scuola americana non può che convivere con il rifiuto di un’altra parte, non meno impor­ tante, della tradizione warburghiana: quella basata sullo sforzo di conci­ liare lo studio delle idee con lo studio delle vicende concrete e delle «cose» tra esse circolanti, e anche attenta a tutti gli aspetti della civiltà materiale, che ha rappresentato la vera essenza del progetto di Aby W arburg.55 Si coglie, talvolta, nella Yates, una sorta di atteggiamento aristocratico che la porta a disdegnare tutto ciò che attiene alla sfera della cultura materiale. Al primato assoluto delle idee sui fatti sono con­ nessi il sostanziale disinteresse dell’autrice verso i problemi economici e sociali e, di qui, la chiusura completa, metodologica ma anche ideologi­ ca, nei confronti del materialismo storico. Totalmente estraneo alla pro­ spettiva della Yates è anche il percorso tracciato dalle «Annales» con la loro apertura alla storia economica e sociale da un lato, antropologica

52 F. A. Yates, G li u ltim i dram m i d i Shakespearecit., p. 97.

53 Cfr. F. A. Yates, Prefazione a Cabbala e occultismo cit., pp. ix-xi; p. ix. Il saggio della

Yates confluirà nel libro appena citato, in particolare nei capitoli su La filo so fia occulta e la me­

lanconia: D ürer e Agrippa e su A grippa e la m elanconia elisab ettian a: The shadow o f night di George Chapman. Per il libro su Saturno e la m elanconia. Stu d i d i storia d ella filosofia naturale, religione e arte cfr. l’edizione italiana, Torino, Einaudi, 1983.

54 «My aims - scrive la Yates - have been hardly conscious but I think that one of them has been crossing frontiers, crossing national frontiers in studies overlapping different national cul­ tures, and crossing frontiers between disciplines, those artificial divisions between disciplines. I think that I have concentrated in history of ideas on ideas which cross frontiers and belong to

mankind as a whole» (A.W.I, The w orking m aterials and correspondence, Personal papers, Auto­

biographical fragm ents cit., p. 4). Sul ruolo della storia delle idee in tal senso si veda P. Rossi,

Sulla storicità d ella filosofia e d ella scienza, in Id., Storia e filosofia cit., pp. 201-226; pp. 219- 221 (saggio già pubblicato sulla «Rivista di filosofia», 15, 2, 1964, pp. 131-153).

55 Cfr. G. Bing, Introduzione a A. Warburg, La rinascita d el paganesim o cit., pp. x x e sgg.

dall’altro.56 Al centro delle sue opere sta sempre lo sviluppo di un’idea o di un movimento di idee, indagate nell’ambito della storia religiosa, scientifica, filosofica, letteraria, artistica e politica; e spesso le idee sem­ brano sganciarsi dal loro artefice e dal contesto che le ha generate per assurgere al ruolo di protagoniste assolute. Storia delle élites colte, dun­ que, ma visitata più spesso attraverso l ’analisi di autori marginali, che si rivelano significativi, perché proprio la loro scarsa originalità fa emerge­ re le credenze tipiche di un’epoca.

Nell’apparato storiografico della Yates paiono inoltre confluire - sulla base di un approccio puramente strumentale attento a singoli spunti più che ad un metodo complessivo - alcuni risultati della psicoanalisi, coltivata da vari membri del Warburg Institute, che nei lavori di Sigmund Freud e di Cari Gustav Jung in particolare trovano una conferma alla tesi dello stretto legame esistente tra le questioni estetiche e i valori morali.57 La psi­ coanalisi, infatti, sollecita l’individuazione di nuovi significati nel linguaggio poetico-artistico e nelle sue metafore.58 L ’autrice accoglie, mediante Gom- brich di cui utilizza il volume sulle Icones symbohcae del 1948,59 l’idea, an­ che junghiana, che i simboli e le immagini possano avere un senso

intrin-56 Per uno sguardo generale alle «Annales», dalla fondazione a Strasburgo nel 1929 sino

agli esiti più recenti, cfr. J. Le G off (a cura di), La nuova sto ria, trad. it., Milano, Mondado­

ri, 1988.

57 Si veda E. Kris, Ricerche psicoanalitiche su ll’arte, trad. it., Torino, Einaudi, 1988 con Pre­

fazione di E. H. Gombrich, pp. xm-xxvm; E. H. Gombrich, Freud e la psicologia d ell’arte. Stile, form a e struttura a lla luce della p sican alisi, trad. it., Torino, Einaudi, 1982; Id., A cavallo di un manico d i scopa. Saggi d i teoria d e ll’arte, trad. it., Torino, Einaudi, 1980, in particolare la Prefa­ zione, pp. x ixxxiv; Id., Im m agini sim boliche. Stu d i su ll’arte d el Rinascim ento, trad. it., Torino, Einaudi, 1979.

58 «Non si può mettere in dubbio - ha scritto Ernst H. Gombrich - che le scoperte di Freud ci abbian messi in grado di guardare più a fondo nelle consonanze e dissonanze dei molteplici strati significativi intessuti nel simbolo artistico. Esse ci hanno concesso di allargare di molto i confini del

segno, e di proporre nuovi problemi». Id., Freud e la psicologia d e ll’arte cit., p. 107. A coltivare

studi psicanalitici sono soprattutto Otto Kurz, assistente di Ernst Kris - dal 1933 direttore, su in­ vito di Freud, della rivista «Imago», nata dall’incontro tra cultura e psicoanalisi - e Ernst H. Gom­ brich, entrati al Warburg Institute per iniziativa di Kris. Sui rapporti tra Kris, Kurz e Gombrich cfr. la Prefazione cit. di E. H. Gombrich a E. Kris, Ricerche psicoanalitiche. Su Kris si veda E. H. Gom­

brich, Studio d ell’arte e studio d ell’uomo. R icordi d ella m ia collaborazione con Ernst Kris (1900-1957)-, su Kurz Id., L’esplorazione d ei contatti culturali. I l contributo d i Otto Kurz (1908-1975) a l progresso d egli studi, in: Id., Custodi d ella memoria cit., pp. 241-255 e pp. 257-274.

59 Id., «Icones sym bolicae» : thè v isu al im age in neoplatonic thought, «Journal of thè W ar­

burg and Courtauld Institutes» (da ora in poi «JWCI»), 11, 1948, pp. 163-192, poi ristampato in Im m agini sim boliche. Studi su ll’arte d el Rinascim ento cit., dove tra l’altro l’autore discute cri­

ticamente su A spirazioni e lim iti d e ll’iconologia, pp. 3 e sgg., prendendo parzialmente le distanze

dall’uso di fonti iconologiche. Si veda anche Id., In search o f cu ltu ral history, Oxford, Clarendon

Press, 1974 (1969).

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seco di natura ideologica, a patto - per Gombrich - che siano calati in un preciso contesto. Se la scrittura della Yates, che procede spesso sulla base di associazioni di idee, può richiamare alla memoria le tecniche freudiane, è dallo studio junghiano su Psicologia e alchimia, pubblicato nel 1944,60 che ella pare soprattutto attingere. Da questo libro - che cita solo in Giordano