• Non ci sono risultati.

DAI DOCUMENTI DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI ALLA NUOVA LEGISLAZIONE

5. IMPORTANZA E SIGNIFICATO DELL’ANALISI DEL RISCHIO

5.1 DAI DOCUMENTI DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI ALLA NUOVA LEGISLAZIONE

ALIMENTARE DELL’UE

Storicamente il primo documento nel quale sono tracciate le linee principali sulle quali si svilupperà successivamente l’analisi del rischio applicata alla sicurezza alimentare, risale al 1995 ed è un rapporto della FAO/WHO. In esso si specifica che “il ruolo delle autorità sanitarie è anche quello dell’uso dell’analisi del rischio al fine non solo di determinare i livelli di rischio (realistici e raggiungibili) rappresentati da patogeni alimentari, ma di utilizzare i risultati che da esso scaturiscono per l’elaborazione delle misure normative per la sicurezza alimentare”. Successivamente, nell’ambito della realizzazione degli accordi commerciali internazionali (World Trade Organization, WTO 1994), per la prima volta i paesi partecipanti agli scambi si impegnarono ad elaborare opportuni standard alimentari e ad armonizzare le specifiche normative nazionali sulla base di un rigoroso processo scientifico, basato sui tre elementi che costituiscono l’analisi del rischio alimentare: Risk management (FAO/WHO, 1997), Risk assessment (CAC, 1999) e Risk

communication (FAO/WHO, 1998). Oltre ad elaborare raccomandazioni e linee-guida, a partire dal 1999, FAO e WHO hanno finanziato e condotto studi di valutazione del rischio applicati a diverse combinazioni patogeni-alimenti, sia per affrontare problematiche di gestione dei rischi specifici e migliorare la relativa metodologia, sia per formulare opportune linee-guida da applicare alle diverse fasi che costituiscono la valutazione quantitativa del rischio (valutazione dell’esposizione, valutazione dose-risposta, caratterizzazione del rischio).

In ambito europeo, le istituzioni comunitarie hanno già da tempo introdotto nella normativa sulla sicurezza alimentare e sanità animale i concetti di Risk analysis e Risk assesssment. Il Regolamento CE n° 178/2002 del 28 gennaio 2002, che stabilisce e fissa i requisiti generali della legislazione alimentare, comprese le procedure nel campo della sicurezza alimentare e le responsabilità degli stati membri, ha istituito l’Autorità per la sicurezza alimentare con il compito di fornire alla Commissione la necessaria assistenza scientifica e tecnica per l’individuazione e valutazione dei nuovi rischi o “rischi emergenti” associati agli alimenti (Risk assessment). (88,139)

Il Regolamento CE n° 178/2002 costituisce il punto di arrivo, di un cammino intrapreso precedentemente dalla Comunità Europea che già aveva enunciato, tra gli obiettivi del Libro Verde (1997), l’importanza della valutazione del rischio e della validità scientifica delle informazioni, come principi fondanti della legislazione, concetti poi successivamente ampliati e approfonditi nel Libro Bianco (2000), che rappresenta, a tutti gli effetti, il diretto precursore del Regolamento sopra citato. Esso non prende in considerazione soltanto l’analisi del rischio nelle sue tre componenti, come punto centrale nella politica di sicurezza alimentare, ma delinea, nel suo insieme, una nuova era nel campo della legislazione alimentare della Comunità. (63,64,88,138)

Tornando al Regolamento CE n° 178/2002, il legislatore europeo ha previsto, con riguardo a tutta la legislazione alimentare, l’applicazione del sistema di

analisi del rischio precisando che «quando la legislazione alimentare è intesa a ridurre, eliminare o evitare un rischio per la salute, le tre componenti interconnesse dell’analisi del rischio, vale a dire la valutazione, gestione e comunicazione del rischio, forniscono una metodologia sistematica per definire provvedimenti, o altri interventi a tutela della salute, efficaci, proporzionati e mirati». Lo stesso regolamento stabilisce i criteri generali secondo i quali l’analisi del rischio deve essere correttamente applicata sia dalle Istituzioni e dalle competenti Autorità europee, sia da quelle nazionali. Va segnalato, a tale proposito, che soltanto una corretta applicazione della valutazione e della gestione del rischio possono giustificare misure europee o nazionali restrittive alla libera circolazione dei prodotti alimentari o dei mangimi. Per dimostrare la presenza di un rischio reale per la salute umana, gli Stati membri devono applicare i criteri tecnici dell’analisi del rischio, che sono stati armonizzati con l’adozione del Regolamento CE n° 178/2002. (9,88) Nel Regolamento CE n° 178/2002 l’analisi del rischio è definita nell’articolo 3 come: «processo costituito da tre componenti interconnesse: valutazione, gestione e comunicazione del rischio», sempre nel medesimo articolo vengono definite le componenti di tale processo e i concetti di rischio e pericolo, mentre l’articolo 6 è interamente dedicato all’analisi del rischio. (88)

La valutazione del rischio deve basarsi sugli elementi scientifici a disposizione (principio di eccellenza) e deve essere condotta in modo indipendente, obiettivo e trasparente. Ciò significa, innanzitutto, che la valutazione del rischio si fonda unicamente sulle informazioni e sui dati scientifici obiettivi che sono disponibili. Essa deve essere coadiuvata da esperti scientifici, che operano in piena indipendenza e trasparenza, anche perché raramente sono disponibili tutti i dati scientifici necessari, così che l’esperienza degli esperti è chiamata a sopperire tali carenze. L’approccio scientifico, con cui devono essere affrontate le problematiche connesse all’alimentazione, è uno degli

elementi valorizzati nella nuova disciplina europea del settore dell’alimentazione. (9,88)

A livello comunitario la valutazione del rischio è affidata all’Autorità Europea per la sicurezza alimentare, (European Food Safety Authority o E.F.S.A) e alle diverse autorità ed agenzie di sicurezza alimentare interne, a livello nazionale. Occorre ricordare che la Commissione, già nella comunicazione sulla salute del consumatore e sulla sicurezza dei generi alimentari, pubblicata il 30 Aprile del 1997, parallelamente al Libro Verde sulla legislazione alimentare, aveva precisato che per l’elaborazione dei pareri scientifici occorreva valorizzare tre principi essenziali, ossia l’eccellenza, l’indipendenza e la trasparenza.

Il principio dell’eccellenza viene osservato affidando il compito di valutazione del rischio ad eminenti scienziati, altamente qualificati e con vasta esperienza nel campo della ricerca, per tale motivo il compito della valutazione scientifica è stato affidato all’E.F.S.A.

Il rispetto del principio dell’indipendenza è assicurato dall’assenza di qualsiasi interesse negli scienziati a sottrarsi ai doveri loro imposti dalla funzione ricoperta, contravvenendo alla missione loro affidata. È molto importante che gli scienziati incaricati della valutazione del rischio siano indipendenti, per evitare che interessi economici e politici possano influire sulla valutazione stessa, ma anche sulla successiva gestione e comunicazione del rischio. (9,63) Infine la trasparenza è un altro dei principi che devono essere osservati dagli esperti che si pronunciano in una qualsiasi valutazione del rischio. È fondamentale che i dati sui quali si basa la valutazione, siano chiaramente identificati, unitamente alle loro limitazioni ed eventuali carenze, allo stesso modo anche i metodi utilizzati per eventuali estrapolazioni o interpolazioni, devono essere descritti con chiarezza. Il principio di trasparenza viene rispettato con la pubblicazione degli atti riguardanti la valutazione del rischio, pur tutelando la riservatezza commerciale, permettendo in particolare, sia l’accesso ai pareri elaborati dagli esperti scientifici sia l’accesso alle

informazioni su cui i pareri si fondano, nonché alle procedure di lavoro delle autorità incaricate della valutazione del rischio. (9,63)

Come chiaramente espresso dallo stesso regolamento la fase di valutazione del rischio è distinta dalla fase di gestione del rischio. La corretta gestione del rischio viene pianificata in base ai risultati della valutazione del rischio ed (in particolare sui pareri dell’E.F.S.A) e rappresenta la fase decisionale per la scelta delle misure più idonee al controllo o alla prevenzione di un rischio legato al consumo di un alimento. La gestione del rischio viene effettuata da organi politico-decisionali sia a livello europeo che a livello nazionale. Il ricorso a misure specifiche viene riservata, a livello europeo, alla Commissione che decide insieme al Consiglio e al Parlamento europeo, mentre, a livello nazionale, questo compito spetta alle competenti Istituzioni e autorità nazionali. Le autorità competenti devono quindi dimostrare, che la misura di gestione del rischio da loro identificata, è stata adottata sulla base di una rigorosa valutazione scientifica ed è giustificata dalla reale presenza di un rischio per al salute umana. Le stesse autorità potrebbero discostarsi dal parere scientifico, qualora fossero in grado di motivare in modo preciso la loro diversa valutazione rispetto a quella espressa nel parere. Tale motivazione dovrebbe essere di un livello scientifico almeno equivalente a quello del parere in questione. (9)

Come dall’articolo 6, paragrafo 3 del Regolamento CE 178/2002 nella fase di gestione del rischio, non è solo legittimo ma spesso anche necessario prendere in considerazione fattori pertinenti come, ad esempio, gli aspetti di natura sociale, economica, etica e ambientale, nonché quello della realizzabilità ( 19° considerando del medesimo regolamento); ciò si spiega alla luce del fatto che la valutazione scientifica del rischio, non esaurisce tutti gli aspetti, necessari all’adozione di decisioni relative alla gestione del rischio.

La gestione del rischio deve essere conforme ai principi di proporzionalità, di non-discriminazione e di coerenza.

Secondo il principio di proporzionalità, i provvedimenti scelti ai fini di gestione, devono essere innanzi tutto idonei e necessari al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti; ciò significa, che qualora sia possibile, bisogna scegliere, tra le misure appropriate, la meno restrittiva, in modo che gli eventuali inconvenienti causati non debbano essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti. La Commissione riguardo alla sicurezza alimentare, ritiene sproporzionato il tentativo di raggiungere un livello di rischio zero (tolleranza zero), considerando che raramente un rischio potrà essere totalmente eliminato. Occorre sempre verificare, nei casi di adozione di misure estremamente restrittive, l’esistenza di misure alternative e quindi meno drastiche, che consentano di raggiungere livelli di protezione equivalente di una popolazione esposta ad un rischio. La fissazione di una tolleranza zero, con la conseguente introduzione di un divieto totale in relazione alla presenza di una determinata sostanza in un alimento, potrebbe essere giustificata solo nell’ipotesi in cui fosse l’unica misura idonea, ad esempio in mancanza di dati scientifici sufficienti o adeguati, in osservanza del principio di precauzione del Regolamento CE 178/2002.

È bene ricordare, che tale principio deve essere applicato nel caso in cui in circostanze specifiche, a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di insorgenza di effetti dannosi per la salute, ma permanga una situazione di incertezza scientifica, che non consente una valutazione completa del rischio. In tal caso in base all’articolo 7, paragrafo 1 del Regolamento CE 178/2002 «possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio». Tali provvedimenti sono, quindi, per definizione, provvisori e per questo da riesaminare entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio. (9,88)

Sempre in applicazione del principio di proporzionalità, prima enunciato, ogni volta che vengono adottate delle misure di gestione del rischio, occorre effettuare un esame dei vantaggi e degli oneri che una specifica misura comporta. Questa analisi dei costi-benefici, consiste nel confronto tra le conseguenze positive e negative più probabili prodotte dall’azione e quelle prevedibili in mancanza dell’azione medesima, sotto tutti gli aspetti (economico, sociale, efficacia, accettabilità da parte della popolazione).

La gestione del rischio inoltre non deve produrre effetti discriminatori (principio di non-discriminazione). Il principio di non-discriminazione, basato sul principio di uguaglianza, impone che situazioni diverse non siano trattate in modo uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato. Ciò comporta che le suddette misure debbono essere coerenti con quelle già adottate in situazioni analoghe, secondo il principio di coerenza. In particolare, le misure di gestione possono essere giustificate soltanto finché il rischio sia ritenuto sufficientemente elevato, per questo è necessario reperire nuovi dati scientifici, che consentono di eliminare o modificare le misure adottate, che non potrebbero più essere giustificate in rapporto all’evoluzione delle conoscenze scientifiche. (88,103)

La terza e ultima fase, che completa il processo dell’analisi del rischio, è la comunicazione del rischio medesimo, che deve accompagnare l’intero processo, concludendolo. Si tratta di un elemento chiave per assicurare che tutte le parti interessate, compresi i consumatori, siano tenute informate anche per ridurre il rischio che insorgano preoccupazioni infondate riguardo la sicurezza alimentare. Tale compito è svolto sia dagli addetti alla valutazione del rischio, sia dagli addetti alla gestione del rischio. In particolare la comunicazione del rischio rientra tra i compiti riconosciuti all’E.F.S.A, nonché alle varie autorità ed agenzie, competenti in materia di sicurezza alimentare, come organi scientifici deputati alla valutazione del rischio, in ambito nazionale. L’E.F.S.A in ambito europeo, ha l’obiettivo di promuovere la

coerenza dei messaggi sui rischi alimentari in tutta la Comunità europea. (88,103)

Dopo il Regolamento CE 178/2002, i più recenti Regolamenti CE 852/2004, 853/2004, 854/2004 e 882/2004, in vigore da Gennaio 2006, contengono riferimenti al processo di Analisi del rischio.

Ad esempio il sistema HACCP, al quale si fa riferimento nel Regolamento CE 852/2004, dovrà basarsi sulla valutazione dei rischi ed identificare quali pericoli siano di natura tale che la loro eliminazione o riduzione ad un livello accettabile sia essenziale, per garantire la sicurezza delle produzioni. Si possono così stabilire dei limiti critici reali e prevedere in modo efficace dove si debbano concentrare le azioni di prevenzione e controllo. La Risk analysis diventa così, lo strumento di elezione per le Autorità sanitarie, per individuare gli obiettivi specifici da raggiungere e per verificare il corretto funzionamento dei sistemi di autocontrollo. (43,83,89,90,91,92)

Sempre nel Regolamento CE 852/2004, all’articolo 1 è scritto: « è necessario determinare criteri microbiologici e requisiti in materia di controllo delle temperature sulla base di una valutazione scientifica dei rischi». (89)

Secondo il Regolamento CE 882/2004 la frequenza e l’intensità dei controlli ufficiali, devono poggiare sulla valutazione del rischio e nel Regolamento CE 854/2004 viene messo in correlazione la valutazione del rischio con l’audit, nel senso che la natura e l’intensità dei compiti di audit dipende dal rischio valutato. (38,91,92)

Inoltre, in un contesto basato sull’analisi del rischio, a livello di controllo ufficiale o di autocontrollo, la figura del veterinario, potrà o dovrà inserirsi quale “gestore del rischio”, unitamente alle industrie alimentari.

5.2 I NUOVI STRUMENTI USATI A LIVELLO