• Non ci sono risultati.

L’IMPORTANZA DELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO (RISK ASSESSMENT) NEL COMPARTO ITTICO

NELL’ANALISI DEL RISCHIO IN AMBITO DELLA SICUREZZA ALIMENTARE

5.3 L’IMPORTANZA DELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO (RISK ASSESSMENT) NEL COMPARTO ITTICO

In seguito al notevole sviluppo del settore ittico, realizzatosi negli ultimi anni, è diventato necessario garantire l’applicazione dei processi di analisi del rischio e gestione del rischio previsti dalla nuova normativa, anche per i prodotti della pesca. C’è da aggiungere, che fra gli ambiti applicativi della normativa, il settore dei prodotti ittici rappresenta un contesto critico per la tutela delle garanzie di sicurezza alimentare, tanto per le modalità produttive, che sono svolte spesso in condizioni ambientali e tecnologiche limitate, quanto per la gestione del controllo, non sempre accompagnato da una sufficiente conoscenza dei pericoli e della valutazione dei fattori di rischio. Sicuramente, nell’intero processo dell’ Risk analysis, la componente scientifica, ovvero la valutazione del rischio (Risk assessment), richiedendo grosse disponibilità di dati, è quella che trova maggiori difficoltà di applicazione in questo settore soprattutto nel nostro Paese. Il problema principale è rappresentato dalla carenza di dati e di informazioni relativi all’effettiva incidenza di questo tipo di prodotti tra i veicoli di malattia alimentare. Infatti non sono numerose le informazioni epidemiologiche sui casi di tossinfezione alimentare da consumo di prodotti della pesca, così come sono pochi i dati sulla frequenza di

isolamento di determinati patogeni, in quanto molti campionamenti derivano da prelievi per sospetto e le informazioni che si ottengono dal sistema di notifica sono spesso viziate. (83)

I dati che si ricavano dal sistema di allerta rapido, attivo in Italia dal 1998, non hanno valore epidemiologico, visto che derivano da campionamenti mirati, su prodotti più frequentemente importati e potenzialmente a rischio, per i quali le ricerche batteriologiche, vengono effettuate per sospetto. La segnalazione delle tossinfezioni alimentari legate ai prodotti ittici riguarda molto spesso le associazioni patogeno-alimento più note. Inoltre alcune classiche malattie alimentari da consumo di prodotti della pesca, non sono molto note a livello medico, ad esempio le patologie da Anisakis e da istamina, con una conseguente sottostima del problema. (83)

La valutazione del rischio costituisce senza dubbio la fase più importante dell’intero processo di analisi del rischio, senza la quale non si prenderebbero le misure di gestione, al fine di controllare eventuali rischi, né avrebbero luogo la comunicazione a tutti soggetti interessati, consumatori compresi, dei risultati riguardanti i rischi e delle eventuali decisioni da prendere per fronteggiarli. Attraverso la valutazione del rischio, infatti, vengono esaminate in modo sistematico, informazioni e dati scientifici disponibili per arrivare a descrivere quantitativamente e qualitativamente la probabilità con cui un dato pericolo può manifestarsi. Quest’ultimo può essere costituito da un’infezione, una patologia grave o addirittura dalla morte di una persona, conseguente al consumo di alimenti inquinati da patogeni alimentari. La valutazione del rischio si articola in quattro distinte fasi, ognuna delle quali costituisce il presupposto essenziale della successiva, ragione per la quale esse devono essere sviluppate consecutivamente. Di seguito verrà spiegata ciascuna di queste fasi, applicabili non soltanto ai prodotti ittici ma a qualsiasi prodotto alimentare. (82,83,139)

La prima fase è quella di identificazione del pericolo (hazard identification), con la quale si vuole mettere in evidenza la pericolosità nei confronti della salute da parte di un agente microbico, un composto chimico o un corpo estraneo. Questa fase a sua volta deve seguire un processo logico che tiene conto di varie ipotesi da dimostrare:

evidenza degli effetti patogeni e/o tossicologici sull’uomo; dimostrazione del nesso di causalità;

verifica della validità dei dati sperimentali;

accertamento del meccanismo di azione patogena o tossica; verifica della qualità e della completezza dei dati di base;

identificazione della fascia di popolazione che presenta una maggiore sensibilità al pericolo.

Questa prima fase assume un’estrema importanza, in quanto da essa dipende tutto lo sviluppo della valutazione del rischio. Infatti, si deve dimostrare l’esistenza di un potenziale pericolo dal punto di vista scientifico, altrimenti non esisterebbe un hazard e non sarebbe necessario effettuare una valutazione del rischio. Basti pensare, ad esempio, che, nonostante l’enorme varietà di microrganismi patogeni e tossine che possono costituire un potenziale pericolo alimentare, solo alcuni di questi necessitano di un’attenzione particolare. La loro selezione può essere fatta in base allo studio delle malattie alimentari da essi causate solo in casi specifici. Ciò può essere realizzato prendendo in considerazione dati epidemiologici, informazioni e dati raccolti da organi di sorveglianza, studi sulla somministrazione sperimentale ad animali o persone e report di casi documentati. (57,83,130)

Dopo questa prima fase, che ci consente di identificare un particolare pericolo, c’è la fase di caratterizzazione del pericolo stesso (hazard characterization), che consiste nella valutazione qualitativa e/o quantitativa della natura degli effetti sfavorevoli associati ad un agente fisico, chimico e biologico, che può essere presente nell’alimento. Per un agente biologico, in questa fase è

necessario sviluppare una curva dose-risposta, che consiste nel mettere in evidenza le relazione tra il livello di esposizione (dose) all’agente preso in considerazione e la frequenza e/o gravità degli effetti avversi alla salute ad esso associati (risposta), in diverse categorie di individui, in base al fatto che esiste una diversa suscettibilità. Ciò può essere fatto se sono disponibili dati utili in letteratura, basati su prove sperimentali su volontari, estrapolati da test su animali o relativi agli episodi di malattia alimentare, che si sono verificati. La terza fase riguarda la stima dell’esposizione (exposure assessment), ha lo

Esempio di curca dose-risposta per Listeria monocytogene (51)

scopo, quindi, di fornire la valutazione quantitativa e/o qualitativa della probabile assunzione di un pericolo con l’alimento. Ad esempio, nel caso di un contaminante microbiologico, è necessario considerare la presenza del patogeno nell’alimento, non soltanto nelle diverse fasi della sua produzione, ma anche durante il trasporto e in fase di vendita, tenendo conto di tutti i fattori che possono influenzare la sua sopravvivenza, amplificazione ed eventuale regressione. (57,83,130) La carica microbica di un alimento può crescere o diminuire sia in base ad una serie di fattori intrinseci ed estrinseci all’alimento (e.g. il valore del pH, aw, presenza nel substrato di nutrienti e composti ad

azione antimicrobica naturale, ma anche temperatura e umidità dell’ambiente esterno), sia per i trattamenti subiti dall’alimento durante il processo di lavorazione (ad esempio trattamenti termici, aggiunta di sale, additivi ecc). Per valutare l’andamento della flora microbica nelle diverse situazioni in cui viene a trovarsi un prodotto alimentare, oggi si può fare uso di sistemi di modellazione microbica predittiva, rappresentazioni semplificate della realtà, che tengono conto di una serie di effetti. Con questi metodi, comunque, c’è sempre un certo margine d’incertezza dei dati, legato al fatto che la crescita microbica è un evento con caratteristiche probabilistiche e non deterministiche, non seguendo sempre le stesse regole.

Quanto detto finora deve essere tenuto presente per conoscere il livello di carica microbica in un alimento, che può essere determinata oltre che dai modelli di microbiologia predittiva, anche dai dati già esistenti in letteratura. È ovvio che, per avere una stima dell’esposizione ad un contaminante microbiologico, non è sufficiente conoscere l’entità della sua presenza in un determinato alimento, ma anche la quantità di assunzione dello stesso alimento da parte del singolo consumatore. Per questo aspetto è necessario fare riferimento a dati statistici sul consumo alimentare.

Infine la quarta e ultima fase della valutazione del rischio è la caratterizzazione del rischio (risk characterization), che consiste nella stima qualitativa e/o quantitativa della probabilità di comparsa e della gravità di effetti dannosi per la salute noti o presunti, in una determinata popolazione, comprese le incertezze attese. Essendo basata sull’integrazione dei dati ottenuti dalle precedenti fasi di valutazione, è evidente che tutte le incertezze accumulate in precedenza nelle singole fasi, si rifletteranno inevitabilmente in quest’ultima, condizionando in parte la capacità analitica. (57,83,130)

Secondo la definizione di Buchanan (2000) la caratterizzazione del rischio esprime “la probabilità della risposta di individuo in seguito all’esposizione ad un patogeno alimentare”. (139)

I diversi tipi di valutazione del rischio applicabili anche nei confronti dei prodotti della pesca

Le tipologie e i relativi modelli di realizzazione possono essere utilizzati non solo nei confronti dei prodotti della pesa ma anche per altri tipi di alimento. Esistono diversi tipi di valutazione del rischio, che rientrano in tre grandi categorie:

• valutazione qualitativa; • valutazione semi-quantitativa; • valutazione quantitativa del rischio.

Tutte, per essere realizzate, richiedono una grande disponibilità di dati e di informazioni, la scelta di una o di un’altra dipende dai tempi a disposizione e dal livello di complessità richiesta. Infatti, mentre una stima quantitativa richiede molte informazioni e procedure elaborative relativamente lunghe, una stima semiquantitativa o qualitativa richiede minor disponibilità di informazioni scientifiche e anche meno tempo per essere svolta. (83,117) In particolare, nel caso di una metodologia qualitativa, questa viene usata sia per carenza di dati scientifici, ma anche quando il tempo e le risorse non consentono di applicare una metodologia alternativa, come quella quantitativa. Un’altra possibile situazione di impiego è il suo utilizzo durante la prima fase di valutazione della sicurezza, quando si intende accertare se il rischio è significativo e richiede un’analisi più approfondita. (139)

La valutazione qualitativa del rischio è quella più semplice da realizzare e come risultato finale dà una stima del rischio di tipo categorico e soggettivo (rischio basso, medio, elevato), che non tiene conto dell’incertezza. La sua natura soggettiva ne riduce il valore, inoltre è un tipo di valutazione, che è molto difficile da adattare ai rischi di tipo microbiologico e che meglio si adatta ai rischi di natura chimica. (83,117,139)

Ogni piano di HACCP contiene una semplice valutazione del rischio basata su un approccio di tipo qualitativo, grazie al quale, per ciascun pericolo, viene

assegnata una stima del rischio, definito alto, medio o basso in base alla gravità e alla probabilità che esso si verifichi (vedi tabella).

Controllo dei pericoli nel foglio di lavoro.

Hazard control worksheet HACCP (da Sumner et al; 2004)

Rischio Fase del processo Process step Pericolo Hazard go frong Errore What can Gravità del pericolo Severity of hazard Probabilità che accada Likelihood of hazard occuring Controllo del pericolo Hazard control BIOLOGICO BIOLOGICAL CHIMICO CHEMICAL FISICO PHYSICAL

Il problema principale è che spesso la definizione del rischio per categorie risulta essere inadeguata.

Per comprendere ciò è sufficiente un esempio: supponiamo che il pericolo da prendere in esame sia Clostridium botulinum durante la fase di inscatolamento del pesce all’interno di un processo di lavorazione di un prodotto ittico. Per alcuni consumatori il pericolo potrebbe essere alto e per altri basso, visto che, nonostante l’elevato numero di scatolette prodotte ogni giorno è molto raro che questo pericolo si manifesti. Per questo motivo è necessario poter collegare alla stima del rischio fattori come un’alta gravità e una bassa probabilità, per poter ridurre il livello di imprecisione nella definizione delle diverse categorie di rischio, previste nella valutazione qualitativa. (83,117) Un mezzo che consente di considerare, durante la stima del rischio come alto, medio e basso, fattori legati alla valutazione dell’esposizione (probabilità che il pericolo si verifichi ed esposizione con la dieta) ed alla caratterizzazione del pericolo (gravità del

pericolo) è il cosiddetto risk ranking (classificazione del rischio) (vedi tabella sotto). (83,117)

Valutazione qualitativa del rischio (risk ranking). Qualitative risk ranking (da Sumner et al; 2004)

Pericolo Hazard Prodotto Product Gravità del pericolo Severity of hazard Probabilità che accada Likelihood of occurence Esposizione con la dieta Exposure in diet Dati epidemiologici Linkage with epidemiology Risk ranking Risk ranking

Un altro schema utilizzato per effettuare una valutazione qualitativa del rischio microbiologico applicabile ai prodotti della pesca è quello proposto da Huss et al. (2000), in cui, ad ogni pericolo rilevato nell’intero processo di lavorazione, viene attribuito un +, in modo da ottenere una classificazione del rischio in alto o basso, in base al numero dei +, che sono stati assegnati; in particolare, un rischio è classificato come alto, se si riscontrano 4 o più +, come basso se i + sono meno di 4. Lo schema è costruito, tenendo conto dell’epidemiologia, e si focalizza sui punti critici di controllo per ciascun pericolo all’interno dell’intero processo, cercando di dare una valutazione sulle possibilità di sviluppo e devitalizzazione dei contaminanti microbici. Utilizzando tale schema per la valutazione del rischio nei prodotti della pesca, sono considerati ad alto rischio i molluschi, i pesci cosumati crudi, quelli conservati con trattamenti termici blandi, mentre sono a basso rischio i pesci ed i crostacei refrigerati o congelati, le semiconserve ed il pesce in scatola; infine, il pesce seccato e salato è invece privo di rischi (vedi tabella). (83,117)

Valutazione qualitativa del rischio basata sul processo. Qualitative risk assessment based on the process (da Huss et al; 2000) Attributi del rischio Risk criteria Molluschi crudi Raw molluscan Shellfish Pesce in scatola Canned fish Pesce essiccato Dried fish Livello di sicurezza materia prima Bad safety + + _ Assenza di CCP No CCP for the + _ _ Possibilità di contaminazione o ricontaminazione Possibility of contamination or ricontamination + + _ Manipolazioni errate Abusive handling + _ _ Possibilità di crescita di patogeni Growth of pathogens can + _ _ Assenza di trattamento termico finale No terminal heating + + + Categoria di Rischio Risk category Alto High Basso Low Nessun rischio No risk

La valutazione semi-quantitativa del rischio ci fornisce una stima numerica del rischio che si basa su una serie di dati e di informazioni sia numerici che qualitativi. Per lo svolgimento di questa valutazione è necessaria quindi una buona dose di dati, caratteristica che accomuna tale tipo di valutazione con quella quantitativa, anche se il tempo e il tipo di lavoro per svolgere quest’ultima sono sicuramente più vasti. Ross & Sumner (2002), per svolgere tale tipo di valutazione, hanno sviluppato un sistema su foglio elettronico per descrivere il rischio di microrganismi patogeni nei prodotti ittici trattati con i metodi tipici di conservazione (inscatolamento, refrigerazione, cottura, ecc.). Questo sistema si basa su una serie di semplici domande alle quali si può rispondere in termini qualitativi come alto o basso. I Ricercatori australiani, tramite l’inserimento di funzioni logiche e matematiche all’interno del foglio elettronico, sono riusciti ad assegnare un valore quantitativo alle risposte date, tramite il sistema di conversione (effettuato con Microsoft® Excel) dei parametri qualitativi scelti da un operatore tra quelli suggeriti: ogni volta che viene cliccato su un input qualitativo, il software lo trasforma in quantitativo mediante un calcolo. Nella tabella sottostante vengono mostrati quelli che sono i criteri tipici del rischio proposti da Ross & Sumner, con le undici domande previste, alle quali deve essere data la risposta più oggettiva possibile per mantenere la trasparenza del modello, chiamato Risk Ranger. (83,105,116,117)

Criteri tipici del rischio per una valutazione semi-quantitativa. Typical risk criteria in a semi-quantitative risk assessment

(da Ross & Sumner, 2002) Criteri del rischio

Risk criteria

Input Input

Dose e gravità Dose and severity

1. Gravità del pericolo 1. Hazard severity 2. Sensibilità 2. Susceptibility

Probabilità di esposizione Probability of

exposure

3. Frequenza nel consumo 3. Frequency of consumption 4. Proporzioni del consumo 4. Proportion consuming 5. Entità della popolazione 5. Size of population

Probabilità di avere una dose infettante Probability of infective

dose

6. Probabilità di contaminazione 6. Probability of contamination 7. Effetti del processo di lavorazione 7. Effect of process

8. Possibilità di ricontaminazione 8. Possibility of recontamination 9. Controllo dopo la lavorazione 9. Post-process control

10. Sviluppo fino alla dose infettante 10. Increase to infective dose

11. Effetti del trattamento prima del consumo

11. Effect of treatment before eating

Un modello di questo tipo, oltre ad essere utilizzato per una valutazione del rischio completa, potrebbe essere anche usato, per conoscere se un determinato patogeno è una fonte importante di rischio, che quindi merita più di un altro di essere indagato, indirizzandoci verso una valutazione del rischio più approfondita come quella quantitativa. Inoltre, stabilendo in quali circostanze il livello di rischio associato ad un determinato patogeno tenda ad aumentare, può aiutarci a prendere decisioni in merito alle misure da adottare per ridurlo. (117) Come mostra la tabella sopra, il Risk Ranger tiene in considerazione una serie di fattori come la gravità del pericolo e la suscettibilità della popolazione di interesse, la probabilità di avere una dose infettante al momento del consumo, frequenza e proporzioni del consumo, nonché l’entità della popolazione.

Attraverso il foglio elettronico è facile rispondere alle undici domande, per ciascuna delle quali sono previste una serie di opzioni a carattere qualitativo, in alcuni casi anche a carattere numerico. Nel caso di selezione di dati numerici, chi utilizza il modello deve averne conoscenza certa, affinché il risultato finale sia il più vicino possibile alla realtà. Le risposte verranno convertite in dati quantitativi, per giungere così ad un risultato numerico della stima del rischio, che potrà assumere valori compresi tra 0 e 100. A tali valori sono associate probabilità diverse della comparsa di malattie causate dall’assunzione di alimenti contaminati da una dato pericolo. Inoltre viene calcolata una stima del numero totale di ammalati a causa dello stesso pericolo, per anno, o la probabilità di malattia in una popolazione target, nel caso la nostra indagine valutativa sia stata rivolta ad una parte della popolazione più suscettibile. (105,117)

La prima domanda rivolta dal sistema riguarda la gravità di un dato agente (grave, moderata, blanda e bassa). Per scegliere una di queste opzioni, è necessario basarci su studi scientifici che ci descrivono le caratteristiche degli effetti negativi alla salute, provocati dall’agente in questione. Ad esempio, per i prodotti della pesca, la presenza di Tetraodontotossina e tossina botulinica è classificata come grave, quella di Listeria monocytogenes, Vibrio vulnificus e Vibrio cholerae come moderata, Vibrio parahaemoliticus, Norwalk-like virus, istamina, ciguatera, biotossine algali, Salmonella, sono pericoli considerati blandi, infine Staphylococcus aureus e Clostridium perfringens sono catalogati come a bassa gravità. (105,116,117) La seconda domanda richiede la selezione del livello di suscettibilità della popolazione di interesse. Esistono, infatti, categorie di persone con suscettibilità molto più elevata; queste possono essere rappresentate da bambini appena nati o con una età compresa tra uno e cinque anni, persone anziane sopra i 65 anni, persone con malattie croniche come diabete, cirrosi, malati di cancro o AIDS. Scegliendo una sottopopolazione, tra queste ed altre, automaticamente l’entità della sottopopolazione, alla domanda

5, verrà calcolata in base alla sua proporzione nella popolazione totale. È ovvio, che ciascuna sottopopolazione suscettibile avrà una dose infettante diversa, per questo, alla domanda 10, il livello di dose infettante sarà automaticamente aggiustato in base alla scelta fatta nella domanda 2. La terza domanda richiede la frequenza del consumo di un alimento, infatti più alta sarà e più sarà probabile lo stato di malattia. La quarta domanda riguarda la proporzione della popolazione, presa in esame, che consuma un dato alimento, questa può essere dell’ordine di tutti (100%), della maggior parte (75%), di alcuni (25%) e di pochi (5%). La quinta domanda, come già anticipato precedentemente, riguarda l’entità della popolazione, nel caso alla seconda domanda non sia stata selezionata nessuna sottopopolazione suscettibile, per rispondere a questa domanda possiamo scegliere la popolazione di un paese particolare, altrimenti verrà stimato il numero della categoria scelta alla seconda domanda. (83,117) La sesta domanda richiede la probabilità di contaminazione di un dato alimento; nel caso di dati certi, è possibile indicare la percentuale conosciuta, altrimenti senza un’accurata idea dell’esatte proporzioni in cui alimento risulta contaminato, è necessario scegliere la categoria più appropriata. Per la domanda 7 vengono presi in considerazione gli effetti dell’intero processo di lavorazione su un determinato agente, ad esempio la Salmonella nei gamberetti cotti, risente del processo di cottura, esso è sufficiente ad eliminare tutte le cellule batteriche; lo stesso vale per Listeria monocytogenes nei prodotti affumicati a caldo. La domanda 8 riguarda la possibilità di ricontaminazione lungo la filiera, questa può riguardare, come per la Listeria monocytogenes il confezionamento di salmone affumicato. Con la nona domanda è richiesta la valutazione del controllo sulla crescita di un agente dopo la lavorazione di un prodotto, analizzando sempre il caso della Listeria monocytogenes nel salmone affumicato; la sua crescita dopo le previste 4-6 settimane di conservazione a temperature di 4-5° C, può essere