NELL’ANALISI DEL RISCHIO IN AMBITO DELLA SICUREZZA ALIMENTARE
6. RISCHI ASSOCIATI AL CONSUMO DI PRODOTTI ITTIC
6.2 INTOSSICAZIONE DA ISTAMINA
L’intossicazione da istamina, causata dal consumo di certi prodotti ittici, è una delle forme più diffuse in tutto il mondo. Nonostante ciò non abbiamo buone statistiche riguardo la sua incidenza, che spesso è sottostimata, poiché certi casi d’intossicazione vengono confusi, in fase diagnostica, con semplici forme allergiche ai cibi. Alcuni dati riportano un alto numero di casi in Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna, mentre il resto d’Europa, Asia, Africa , Australia e Nuova Zelanda, sarebbero caratterizzati da una minore incidenza. (51) L’Unione europea, al fine di evitare i fenomeni d’intossicazione da istamina, dovuti al consumo dei prodotti della pesca, ha fissato un limite medio per i campioni da analizzare che deve essere di 10mg/100g, ad ogni modo nessun campione deve superare il contenuto di 20mg/100g. Inoltre la presenza di istamina rappresenta un ostacolo nell’esportazione, verso i mercati internazionali, di prodotti (soprattutto tonno) dai paesi tropicali e subtropicali,
dove scarse condizioni igieniche durante i processi di lavorazione, associate a temperature elevate, costituiscono fattori significativi nella formazione di istamina e delle altre ammine biogene. L’FDA (Food and Drug Administration), per garantire la sicurezza dei prodotti, ha fissato limiti sul contenuto di istamina pari a 5mg/100g. (47) Al giorno d’oggi, casi di intossicazione d’istamina sono legati anche all’uso di pratiche tecnologiche non consentite (come l’utilizzo del CO per la conservazione del tonno) che tendono a mascherare i fenomeni alterativi preesistenti, o a rendere difficilmente identificabili quelli in atto.
Che cos’è l’istamina
L’istamina è un’ammina biogena presente in piccole concentrazioni in tutti gli organismi viventi. Tale molecola si forma per dercabossilazione dell’amminoacido istidina. Nelle masse muscolari del pesce, tale composto deriva in piccola parte per l’attività di enzimi tissutali endogeni, ma soprattutto ad opera di batteri che possiedono elevate quantità di istidina-decarbossillasi. I meccanismi che portano alla formazione di istamina in tali prodotti verranno analizzati successivamente. Prima di questo, è necessario sottolineare il ruolo che l’istamina svolge negli organismi viventi, essendo prodotta dai leucociti basofili e dai mastociti presenti nel torrente circolatorio di quest’ultimi. Tali cellule liberano istamina in seguito a stimoli esterni, come la presenza di tossine e veleni, mettendo in atto una risposta di tipo infiammatorio. L’istamina determina dilatazione dei vasi sanguigni, e quindi calo di pressione sanguigna, in casi di reazioni particolarmente violente si può arrivare allo shock. (61) Oltre al ruolo nelle reazioni infiammatorie, essa, in piccole dosi fisiologiche, è implicata nella regolazione di importanti funzioni organiche, come il rilascio delle secrezioni acide da parte delle ghiandole dell’apparato digerente. (51)
L’intossicazione da istamina
L’intossicazione da istamina è anche conosciuta come “avvelenamento da scombridi” poiché le specie ittiche maggiormente coinvolte da un suo accumulo sono quelle appartenenti alle famiglie Scomberesocidae e Scombridae, alle quali appartengono tonni, albacore, bonito, sgombri, anche se alcuni casi sono riconducibili al consumo di sardine, acciughe e aringhe, comprese nelle famiglie Clupeidae ed Engraulidae.
La formazione di istamina derivante dai processi autolitici di origine tissutale è in quantità sicuramente trascurabile rispetto a quella prodotta dall’azione dei batteri che prolificano sul pesce, in seguito a cattive condizioni di conservazione. I batteri, coinvolti in tale processo, sono quelli che comunemente posseggono l’enzima istidina-decarbossillasi e che appartengono sia alla flora indigena che esogena, come ad esempio membri delle Enterobacteriaceae (Morganella morganii, Klebsiella pneumoniae, Proteus vulgaris), e generi come Clostridium, Lactobacillus Streptococcus, Micrococcus, Pseudomonas, Photobacterium, Vibrio. (51,61,112)
La formazione di istamina dipende principalmente dalla presenza di istidina libera, dalla quantità e qualità delle popolazioni batteriche, ma anche dai valori di temperatura a cui è sottoposto un determinato prodotto. Bassi livelli di istamina si riscontrano a temperature di 1°C, mentre, a temperature tra 6 e 20°C, la sua quantità supera addirittura i livelli di ammoniaca, ritenuta il miglior
indicatore dello stato di freschezza del pesce; le temperature ottimali per la sua Fattori favorenti la formazione di istamina (1)
sintesi sono ritenute quelle tra i 20 e i 35°C. (47) Una volta che essa si è formata, a causa della sua elevata termostabilità, neppure processi di cottura o altri trattamenti con il calore come l’affumicatura o i processi di sterilizzazione usati nella produzione degli inscatolati, sono in grado di distruggerla. Anche se il mantenimento dei prodotti a temperature elevate costituisce la più probabile evenienza per la formazione di istamina, ne sono documentati anche casi di sintesi a temperature di circa 5°C per la presenza di batteri pscicrotrofi come quelli appartenti al genere Photobacterium (es. P. phosphoreum) o più raramente al genere Vibrio. Esiste la possibilità che l’istamina possa aumentare di livello anche nei prodotti mal conservati prima della refrigerazione, nei quali essa era già presente. (51,56,61) Per questo motivo, al fine di ridurre il rischio di contaminazione da tale ammina, è fondamentale non solo mantenere la catena del freddo dopo la cattura e durante tulle le operazioni che seguono, ma anche cercare di ridurre al minimo la presenza dei batteri che possiedono la istidina-decarbossilasi, attraverso buone pratiche igieniche in tutte la fasi di produzione e di somministrazione. (51) L’importanza di tale concetti è sottolineata anche da alcuni episodi di intossicazione avvenuti in Italia, che dimostrano la possibilità di produzione di istamina non solo nei prodotti alimentari non stabilizzati alle temperature adeguate, ma anche in seguito alla contaminazione con certi batteri dopo l’apertura di confezioni (es. tonno). (12) Nonostante la sola istamina venga imputata come responsabile della sindrome, è stato dimostrato che altre ammine biogene, formatesi contemporaneamente ad essa ed in analoghe condizioni, ne potenzierebbero l’azione tossica attraverso vari meccanismi.
Le più importanti ammine coinvolte sono la putrescina, cadaverina, tiramina, triptamina, β-fenilentilamina, spermina e spermidina. In alcune sperimentazioni su animali da laboratorio, sono riuscite ad aumentare il potere tossico dell’istamina anche di 10 volte. (51,61,112) Tre teorie sono state avanzate per spiegare il potenziamento della tossicità dell’istamina. Le ammine biogene
potrebbero svolgere un azione inibente sugli enzimi coinvolti nel metabolismo dell’istamina. Infatti quest’ultima, una volta ingerita, subisce l’azione di due enzimi principali, uno sintetizzato dall’intestino, chiamato diamina-ossidasi o istaminasi (DAO), l’altro di origine sia epatica che intestinale, responsabile della metilazione dell’istamina (HMT). Tali enzimi, convertendo l’istamina in altri composti, svolgono un importante attività detossificante. Come facilmente comprensibile, se questa azione viene bloccata, le quantità di istamina assorbita aumentano, e conseguentemente anche la probabilità di dare maggiori effetti negativi. Inoltre l’assorbimento a carico intestinale viene ostacolato dalla presenza del muco che impedisce il legame tra l’istamina e le cellule intestinali. Le ammine biogene avrebbero un ruolo non molto chiaro che porterebbe una riduzione dell’attività protettiva svolta dal muco a livello intestinale. Infine un’ulteriore meccanismo potenziatore delle ammine biogene, favorirebbe il rilascio di istamina, da parte dei mastociti e leucociti basofili. Il corredo dei sintomi connesso ai casi di intossicazione è molto variegato. Si può avere coinvolgimento cutaneo con rash, orticaria, edema ed infiammazioni localizzate, a carico gastroenterico nausea, vomito, diarrea e crampi addominali. Nei casi più gravi oltre all’ipotensione, palpitazioni, mal di testa, si può arrivare a situazioni di broncospasmo e grave distress respiratorio, che può causare anche la morte dei soggetti. (51,61,112)